Nessuno sa dire a quando risalgano queste leggende pasquali: probabilmente a tempi molto antichi. Sono arrivate fino a noi perchè tramandate nel corso dei secoli, e tuttora risultano estremamente toccanti. Somigliano a favole brevi intrise di pietas, ispirano coinvolgimento e commozione. Il loro denominatore comune è la semplicità: raccontano con toni delicati storie che si intrecciano alla Passione di Gesù, instaurando un legame profondo tra la sofferenza di Cristo e i tre regni della Natura (in particolare, quello animale e quello vegetale). Quasi certamente, le leggende che riporto sono sorte per favorire la comprensione del Mistero della Pasqua anche presso i ceti più umili. Eppure, risultano altamente suggestive proprio nella loro poetica genuinità.
Il coniglio e il sepolcro di Gesù
Un coniglio si nascose fortuitamente nel sepolcro dov’era seppellito Gesù. Osservava, non visto, il viavai di tutti coloro che piangevano la sua morte e rimase molto colpito dalla vicenda. Si chiese chi fosse quell’ uomo, ripromettendosi di scoprirlo al più presto. Ma quando all’ alba della domenica lo vide alzarsi e uscire dal sepolcro dopo che un angelo aveva rimosso la pietra tombale, realizzò che era il figlio di Dio. Pieno di gioia, il coniglio avrebbe voluto annunciare a tutti l’ incredibile notizia. Avrebbe voluto gridare che Gesù era risorto, rendere partecipe il mondo intero della sua contentezza. Purtroppo, però, i conigli non hanno il dono della favella. Così, pensò di recarsi di casa in casa e di portare a chiunque un uovo colorato che simboleggiava la vita e la felicità per la resurrezione di Cristo. Ancora oggi, a Pasqua, il coniglio regala uova colorate a tutte le famiglie del mondo in ricordo del giorno in cui Gesù sconfisse la morte.
Gesù e il salice
Gesù, con la croce in spalla, avanzava a fatica verso il monte Calvario. A un certo punto, stremato, cadde di fronte a un salice. Tentò di rialzarsi afferrando il suo tronco, ma era talmente esausto che non ci riuscì. Il salice, allora, addolorato per la grande sofferenza di Gesù, piegò i rami fino a terra di modo che potesse aggrapparsi a loro. Il salice rimase nella stessa posizione anche quando il Signore proseguì il cammino. L’ albero, con le fronde che sfioravano il suolo, sembrava che piangesse (e certamente lo faceva). Da quel momento in poi, fu chiamato “salice piangente”.
Il pettirosso e il sangue di Cristo
Un uccellino che volava nei pressi del monte Calvario notò, un giorno, una scena raccapricciante: tre uomini stavano morendo sulla croce. Uno di essi era Gesù, talmente sofferente e sanguinante che mosse a compassione il volatile. Aveva il corpo ricoperto di ferite e una corona di spine che gli lacerava il capo. L’uccellino rimase impressionato: l’uomo, agonizzante, non riusciva quasi più neanche a respirare. Allora tentò di confortarlo e poi, servendosi del suo becco, iniziò ad estrarre le spine che gli si erano conficcate nella fronte. Mentre svolgeva questa operazione, il sangue versato da Cristo gli macchiò il collo e il petto. L’ uomo sembrava provare sollievo grazie all’ aiuto dell’uccellino, ma poco dopo esalò l’ultimo respiro. Le macchie di sangue, da allora, rimasero indelebili sul corpo dell’animale: in particolare quelle sul petto, le più vicine al cuore. La storia commovente che lo aveva visto protagonista insieme a Gesù valse all’uccellino il nome di “pettirosso”.
Gli apostoli e la melagrana
Lungo il cammino verso il Calvario, Gesù subiva il tormento della corona di spine e delle numerose ferite che gli dilaniavano il corpo. Uno degli apostoli, mentre lo seguiva a distanza senza farsi notare, raccoglieva i sassi dove cadevano le gocce del suo sangue e li racchiudeva in un sacchetto. Ma quando la sera volle mostrare ai compagni quel plasma benedetto, si accorse che al posto dei sassi c’era uno strano frutto: era polposo, pieno di chicchi dello stesso colore del sangue di Cristo. A quel frutto venne dato il nome di “melagrana”.
La Passione e la passiflora
Quando Gesù fu deposto dalla croce, una sua lacrima e alcune gocce del suo sangue caddero su una pianta non ancora sbocciata. In quell’ istante, i petali si dischiusero improvvisamente: le corolle dei fiori erano singolarissime, sembravano riprodurre i simboli della Passione. Potevano distinguersi forme e colori simili ai chiodi, al martello, alla corona di spine, alcuni degli strumenti utilizzati durante la crocifissione di Gesù. Il nome con cui fu battezzato quel fiore non è casuale. Si chiama “passiflora”, vale a dire “fiore della Passione”.
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