Tendenze AI 2023/24 – Gonne lunghe e a vita bassa per rivivere gli anni ’90

Ann Demeulemeester

Il mood anni ’90 che aleggia sulle passerelle ha riportato in auge un must dell’epoca come la vita bassa: ma a farlo rivivere non sono solo i pantaloni. La tendenza coinvolge anche le gonne, rigorosamente lunghe e con la vita al di sotto dell’ombelico. Prevalgono le silhouette fascianti, non di rado a sirena, alternate a forme più svasate o sinuosamente fluide. A fare da denominatore comune, un top che – come a sottolineare la caratteristica della gonna – lascia la pancia in bella mostra.

 

Gucci

Avellano

Diesel

Menchen Thomas

Zimmermann

404 Studio

Andreadamo

Proenza Schouler

 

Le Frasi

 

“A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.” 

(Pablo Picasso)

 

 

Foto: Pablo Picasso con la sorella Lola nel 1889

 

Lentiggini: il grande ritorno

 

In attesa di un recap sulle settimane della moda di New York, Londra, Milano e Parigi, vi anticipo che il beauty look della Primavera Estate 2024 prevede un ritorno in grande stile delle lentiggini. Si tratta, in realtà, di un trend mai finito nel dimenticatoio: le lentiggini, anche (o forse soprattutto) artificiali, sono ormai quasi un caposaldo del make up. Tuttavia, la stagione calda del 2024 le vedrà di nuovo protagoniste principali. Un esempio? Il beauty look della sfilata di Alberta Ferretti, che ha decretato il loro trionfo accompagnandole a un viso truccato nei toni del nude e a sopracciglia folte e selvagge. Il make up naturale è stato adottato, rivisitato ad hoc, anche da Etro. Ma approfondiremo l’argomento in una panoramica generale delle Fashion Week che troverete a brevissimo su VALIUM. Nel frattempo, una bella “spruzzata” di lentiggini potrà divinamente ravvivare il vostro volto, perchè no?, anche durante i mesi freddi.

 

 

Foto via Unsplash

 

Il fatato santuario dei libri

 

“Per strada si udivano solo i passi di qualche guardia notturna. I lampioni delle ramblas impallidivano accompagnando il pigro risveglio della città, pronta a disfarsi dalla sua maschera di colori slavati. All’altezza di calle Arco del Teatro svoltammo in direzione del Raval, allora Barrio Chino, passando sotto l’arcata avvolta nella foschia, e percorremmo quella stradina simile a una cicatrice, allontanandoci dalle luci delle ramblas mentre il chiarore dell’alba cominciava a disegnare i contorni dei balconi e dei cornicioni delle case. Mio padre si fermò davanti a un grande portone di legno intagliato, annerito dal tempo e dall’umidità. Di fronte a noi si ergeva quello che a me parve il cadavere abbandonato di un palazzo, un mausoleo di echi e di ombre. “Daniel, quello che vedrai oggi non devi raccontarlo a nessuno. Neppure al tuo amico Tomàs. A nessuno.” Ci aprì un ometto con la faccia da uccello rapace e i capelli d’argento. Il suo sguardo si posò su di me, impenetrabile. “Buongiorno, Isaac. Questo è mio figlio Daniel” disse mio padre. “Presto compirà undici anni, e un giorno manderà avanti il negozio. Ha l’età giusta per conoscere questo posto.” Isaac ci invitò a entrare con un lieve cenno del capo. Dall’atrio, immerso in una penombra azzurrina, si intravedevano uno scalone di marmo e un corridoio affrescato con figure di angeli e di creature fantastiche. Seguimmo il guardiano fino a un ampio salone circolare sovrastato da una cupola da cui scendevano lame di luce. Era un tempio tenebroso, un labirinto di ballatoi con scaffali altissimi zeppi di libri, un enorme alveare percorso da tunnel, scalinate, piattaforme e impalcature: una gigantesca biblioteca dalla geometria impossibile. Guardai mio padre a bocca aperta e lui mi sorrise ammiccando. “Benvenuto nel Cimitero dei Libri Dimenticati, Daniel.” Sui ballatoi e sulle piattaforme della biblioteca scorsi una dozzina di persone. Alcune si voltarono per salutarci: riconobbi alcuni colleghi di mio padre, librai antiquari come lui. Mio padre si chinò su di me e, guardandomi negli occhi, mi parlò con il tono pacato riservato alle promesse e alle confidenze. “Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza. Molti anni fa, quando mio padre mi portò qui per la prima volta, questo luogo era già vecchio, quasi come la città. Nessuno sa con certezza da quanto tempo esista o chi l’ha creato. Ti posso solo ripetere quello che mi disse mio padre: quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro si perde nell’ oblio, noi, custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito. Noi li vendiamo e li compriamo, ma in realtà i libri non ci appartengono mai. Ognuno di questi libri è stato il miglior amico di qualcuno. Adesso hanno soltanto noi, Daniel. Pensi di poter mantenere il segreto?” Il mio sguardo si smarrì nell’immensità di quel luogo, nella sua luce fatata. Annuii e mio padre sorrise.”

Carlos Ruiz Zafòn, da “L’ombra del vento” (Mondadori)

 

Ottobre

 

È il caro mese dell’anno quando
più dolci nubi il cielo del mattino
attraversano, e il passo di chi parte
trova foglie più fitte nel sentiero
che s’allontana.
(Attilio Bertolucci)

 

Il tempo vola, e siamo già arrivati al secondo mese dell’Autunno: dici “Ottobre” e pensi alla castagne, alle zucche, al tripudio di colori delle foglie, ad Halloween, ai funghi, ai campi di mais…Lo scrittore Ray Bradbury ha eletto questo mese ad uno dei leitmotiv dei suoi romanzi (pensiamo solo a “Paese d’ottobre” e “Il popolo dell’autunno”). Se Settembre ancora conserva un’impronta estiva, Ottobre ci accompagna, poetico e suggestivo, verso le brume di Novembre. Per il calendario romano era l’ottavo mese dell’ anno, da qui il nome di October, anche se l’imperatore Commodo lo ribattezzò Invictus. Tuttavia, la riforma ebbe vita breve: quando Commodo morì, tornò a chiamarsi October immediatamente. Il 13 del mese nell’antica Roma si onorava il dio Fontus, la divinità dei pozzi e delle fonti; i romani lo omaggiavano con offerte a base di vino, olio e ghirlande fiorite, che deponevano sul suo altare nei pressi del Gianicolo. A Ottobre la vendemmia si avvia a concludersi ed ha inizio il processo di vinificazione. In campagna ci si appresta ad arare i campi prima della semina del grano, e si va per funghi in cerca di varietà prelibate come i porcini, i finferli, i pioppini, i prataioli, gli ovoli, le mazze di tamburo e così via. Abbiamo parlato molte volte dei tipici frutti autunnali. Nell’ orto invece è tempo di broccoli, carote, cetrioli, cavolfiori, cachi, melanzane, tartufi, sedano, zucche, zucchine, menta, porri e cime di rapa, per citare solo alcune delle verdure di stagione. In Italia, tra le ricorrenze di Ottobre rientrano la festa dei Nonni e la festa degli Angeli Custodi: entrambe ricorrono il 2 del mese. Il 7 Ottobre si celebra la Madonna del Rosario e il 31, vigilia di Ognissanti, è dedicato ad Halloween, una festività di origine celtica ormai divenuta globale. Sul colore che contraddistingue Ottobre, le scelte sono discordi: qualcuno indica l’arancio (che rimanda alla zucca halloweeniana), altri optano per una palette nelle tonalità del foliage: rosso, giallo, arancio, vinaccia, beige, marrone e borgogna. A questo mese si associano due pietre, l’opale (che gli antichi Greci ritenevano possedesse virtù divinatorie) e la tormalina, considerata mistica e declinata in tutte le cromie dell’arcobaleno. Per quanto riguarda lo zodiaco, invece, Ottobre comprende i segni della Bilancia e dello Scorpione.

 

 

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