Buon Equinozio di Primavera

 

Già riede Primavera

Col suo fiorito aspetto:
Già il grato zeffiretto
Scherza fra l’erbe e i fior.

 

 

Tornan le frondi agli alberi,
L’erbette al prato tornano;
Sol non ritorna a me
La pace del mio cor.

 

 

Febo col puro raggio
Sui monti il gel discioglie,
E quel le verdi spoglie
Veggonsi rivestir.

 

 

L’orride querce annose
Sulle pendici alpine
Già dal ramoso crine
Scuotono il tardo gel

 

 

A gara i campi adornano
Mille fioretti tremuli,
Non vïolati ancor
Da vomere crudel.

 

 

Al caro antico nido
Fin dall’egizie arene
La rondinella viene,
Che ha valicato il mar:

 

 

Che mentre il volo accelera,
                         Non vede il laccio pendere,
                         E va del cacciator l’insidie ad incontrar.

 

 

L’amante pastorella,
Già più serena in fronte,
Corre all’usata fonte
A ricomporsi il crin.

 

 

Escon le gregge ai pascoli;
D’abbandonar s’affrettano
Le arene il pescator,
L’albergo il pellegrin.

 

 

Fin quel nocchier dolente
Che sul paterno lido,
Scherno del flutto infido,
Naufrago ritornò;

 

 

Nel rivederlo placido
Lieto discioglie l’ancora;
E rammentar non sa
L’orror che in lui trovò.

 

 

E tu non curi intanto,
Filli, di darmi aita;
Come la mia ferita
Colpa non sia di te.

 

 

Ma se ritorno libero
Gli antichi lacci a sciogliere,
No, chè non stringerò
Più fra catene il piè.

 

 

Del tuo bel nome amato,
Cinto del verde alloro,
Spesso le corde d’oro
Ho fatto risuonar.

 

 

Or, se mi sei più rigida,
Vo’ che i miei sdegni apprendano
Del fido mio servir
Gli oltraggi a vendicar.

 

 

Ah no; Ben mio, perdona
Questi sdegnosi accenti,
Che sono i miei lamenti
Segni d’un vero amor.

 

 

S’è tuo piacer, gradiscimi;
Se così vuoi, disprezzami:
O pietosa o crudel,
Sei l’alma del mio cor.

(Pietro Metastasio, “Già riede Primavera”. St. John Lucas, “The Oxford book of Italian verse, XIIIth Century — XIXth Century”. Oxford, Clarendon Press, 1910)

 

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