“Gennaio”, una poesia di Rainer Maria Rilke

 

Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo, via via.
Le candide strade si fanno più zitte:
le stanze raccolte, più intense.
Rintoccano l’ore. Ne viene
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sovra gli alari, lo schianto di un ciocco
che in lampi e faville , rovina.
In niveo brillar di lustrini
il candido giorno là fuori s’accresce,
diviene sempiterno, infinito.

(Rainer Maria Rilke)

 

 

Tendenze AI 2023/24 – L’eco pelliccia, una scelta all’insegna del cruelty-free

Andreadamo

Inverno, è tempo di pelliccia. E grazie al cielo, la quasi totalità dei fashion brand propone ormai esclusivamente pellicce eco: una scelta che, oltre a denotare rispetto nei confronti degli animali, si rivela un perfetto espediente stilistico. La faux fur permette infatti di spaziare tra innumerevoli materiali incrementando la sperimentazione ed esaltando l’impatto visivo dei capi. Il risultato, immancabilmente scenografico, ha il valore aggiunto che contraddistingue ogni creazione  all’insegna del cruelty-free.

 

Philosophy di Lorenzo Serafini

Sportmax

Alberta Ferretti

Vivetta

Bottega Veneta

Gucci

Sacai

MSGM

Stella McCartney

Shiatzy Chen

Palm Angels

Missoni

Luisa Spagnoli

 

Neve in città

 

Quante lezioni di fede e bellezza perderemmo, se non ci fosse l’inverno nel nostro anno.
(Thomas Wentworth Higginson)

 

In Scandinavia il nuovo anno ha portato un’ondata di gelo senza pari: le temperature sono scese al di sotto dei – 40° centigradi, neve e ghiaccio imperano, il vento soffia forte. E a cominciare proprio da oggi, sembra che il freddo artico raggiungerà anche l’Italia. Niente a che vedere con i rigori del Nord Europa, naturalmente, ma le nevicate non dovrebbero mancare. In sintesi: l’Inverno è davvero arrivato. Chi come me lo ama, però, ne accetta anche i lati più estremi. Coglie la magia della neve, rimane incantato davanti ai riflessi dei cristalli di ghiaccio…adora l’aspetto che assumono le lande, le foreste, le città imbiancate, perchè cambiano completamente volto e sembrano uscite da una fiaba. E’ da questo spunto che nasce la photostory di stamattina: la neve che ammanta i centri abitati. Gli scatti immortalano tutte città europee, per compiere un immaginario viaggio all’interno del nostro continente. Avete mai visitato qualcuno dei luoghi che includo nella gallery? E quale tra i tanti siete in grado di riconoscere? Fatemelo sapere nei commenti.

 

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

“Elisir”, il nuovo reading show di musica e poesia della Contessa Pinina Garavaglia e Dj Panda trasmesso in FM da Radio Studio Più

 

Gennaio, come ho già scritto, è il mese dei buoni propositi e dei nuovi progetti. E la Contessa Pinina Garavaglia, insieme al fido DJ Panda, sono l’esempio vivente di questo assioma. Insieme hanno appena lanciato “Elisir”, un nuovo programma radiofonico trasmesso, ogni primo venerdì del mese (ma eccezionalmente il secondo, ovvero il 12 Gennaio, in occasione dell’inizio del 2024), da Radio Studio Più, una radio che è possibile ascoltare in FM oltre che via web. L’orario? Mezzanotte, naturalmente: l’ora fatata in cui si aprono i cancelli del magico universo della Contessa. “Elisir”, che ha come sottotitolo “Infusion Power” e di questo format rappresenta l’evoluzione, è un reading show performativo che unisce musica e poesia. Il programma è stato ideato dalla Contessa Pinina Garavaglia in persona, autrice anche dei versi che recita live con il soundtrack creato da Dj Panda, all’anagrafe Ermanno Mainardi, producer di grande esperienza musicale e creativa. E’ d’obbligo aggiungere che i versi della Contessa sono tratti, nessuno escluso, dal suo libro “Per sempre giovani. Poesie viventi. Sonetti attraenti”, pubblicato esattamente un anno orsono per i tipi di Zacinto Edizioni. “Elisir”, come recita il comunicato stampa, è “la ricerca di un’unione in consonanza creativa di musica e versi shakerati in una metaforica pozione tonico-energetica per ballare, pensare, ricrearsi ed evadere nel “multiverso” della musica dance elettronica di tendenza nelle sue varie modulazioni techno.” Il radio show di poesia e musica proposto dal consolidato duo Garavaglia-Dj Panda si rivolge a un target eclettico, ageless e trasversale. Per saperne di più, ho voluto porre qualche domanda ai diretti interessati. Prima di lasciare spazio alla doppia intervista, vi ricordo che la prossima puntata di “Elisir” verrà trasmessa su Radio Studio Più (95,5 MHz e, via web, www.studiopiu.net) venerdì 12 Gennaio a mezzanotte in punto. Stay tuned!

 

 

QUATTRO CHIACCHIERE CON LA CONTESSA PININA GARAVAGLIA

 

 

Come presenteresti “Elisir” ai lettori di VALIUM?        

“Elisir” potrebbe essere definito, metaforicamente, il nettare musicale e poetico necessario ad introdurre nella magia di una notte fatata. Un iter extrasensoriale concepito per pensare, ballare e sognare. Io lo immagino anche intriso di sensualità: nel suo divenire lo paragonerei ai preliminari, allo svolgersi e all’apice di un rapporto sessuale, un crescendo che subito dopo lascia spazio a un senso di appagamento romantico. Tutto questo viene raccontato in musica e versi che ci trascinano in una sorta di viaggio nei meandri della nostra sensibilità di ascolto. Questo programma è unico, una sfida. Non è un semplice radio show, bensì un’innovazione, una narrazione che assume sembianze diverse per ogni singolo ascoltatore. Può diventare un’immagine, un’azione, essere utilizzato come sottofondo di qualsiasi cosa desideriate fare: ballare, sognare, amare…volare. “Elisir” ha la durata di un’ora e richiede un ascolto impegnativo, le parole non devono sfuggire e la musica deve penetrare. Prima ho parlato di “sfida”, perché lo considero tale: è particolare, una novità, e piacerà a un tipo di pubblico in sintonia con la sua formula inedita, ricreativa e riferita alla club culture. L’importante è che l’impronta del programma sia dinamica, assolutamente non intellettualistica, impreziosita da una punta di glamour che strizza l’occhio alla nightlife.

Il programma viene trasmesso da Radio Studio Più, una radio che trasmette anche in FM. E’ un traguardo importante nell’era del web: cosa pensi al riguardo?

Radio Studio Più è una top radio ed in grande espansione, offre una reale panoramica della musica internazionale attuale, quella dei grandi dj e producer che contano…Quelli della musica elettronica, dei Festival, per intenderci, che nel mondo radunano milioni di persone e che sono il vero trend della Glob Culture musicale che fa da base al nostro esclusivo radio show performativo. Posso asserire che il suo effervescente editore Claudio Tozzo è un vero esperto di ogni settore musicale, quello Pop compreso…l’eclettismo di qualità della sua radio è sicuramente vincente!

Con quale spirito affronti questa nuova avventura?

Sicuramente con uno spirito di innovazione soprattutto nell’abbracciare quello che è il mood internazionale, pur parlando in italiano perché i miei versi sono in italiano. Ma nonostante questo la cifra del nostro radio show è cosmopolita, perché l’italiano – anche secondo un sondaggio – risulta una lingua che piace molto, essendo così dolce e musicale. Ultimamente sta avendo una grossa spinta anche a livello di fruizione, tant’è vero che, proprio il 6 Dicembre scorso, il canto lirico italiano è stato dichiarato Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’Unesco. Quindi, se all’inizio il fatto che recitassi i miei versi in italiano poteva sembrare un handicap, oggi direi che li dota di un valore aggiunto; anche perché la nostra lingua viene studiata in un numero sempre maggiore di paesi…Declamerò i miei versi sempre ed esclusivamente in italiano pur dedicandomi all’inglese in qualche occasione, ad esempio la citazione di Samuel Beckett che riporto nell’incipit del libro “Per sempre giovani”: “Dance first. Think later. It’s the natural order” (“Prima balla poi pensa, è l’ordine naturale delle cose”).

I progetti che porti avanti, di qualunque tipo essi siano, emanano sempre un profondo senso di magia. Da dove nasce questa tua dote?

Cerco sempre di individuare una via di fuga dalla mera realtà, che come esseri umani ci obbliga a sottostare a determinati concetti: la cognizione del tempo, ad esempio. La magia per me è un groove, un modo di evadere, ma sempre con una tendenza al bello e all’epica…a tutto ciò che può esaltare i nostri cinque sensi. E’ una bellezza che ricrea e trasmette un senso di fascino fiabesco, permette di distaccarsi dalla negatività inesorabile dell’esistenza e di cercare rifugio in qualcosa che vada al di là, anche nel soprannaturale volendo.

La tua collaborazione con Dj Panda prosegue ininterrotta, potreste ormai essere considerati un duo inscindibile. Su quali elementi si basa la vostra intesa?         

Prima di tutto, il fatto che lui sia imperturbabile ben si concilia con la mia tendenza allo “Sturm und Drang”, tant’è vero che definisco me stessa un forno e Panda un freezer. Alla fine, tutto sommato, facciamo parte della stessa cucina! La nostra è un’alchimia misteriosa, inspiegabile; sviscerarla sarebbe riduttivo. Direi che Panda ha colto appieno il mio senso poetico, in più riesce a trasmettermi un’emozione che è sempre rimasta quella degli esordi. Il rischio in agguato per tutti i performer, quando esibirsi diventa un lavoro, è che l’entusiasmo iniziale si tramuti in routine. Ma in una situazione simile io perdo l’ispirazione! Non potrei mai concepire di fare un programma senza emozione, e al riguardo io e Panda siamo in perfetta sintonia. A livello caratteriale sono abbastanza impulsiva, per cui se lui fa delle scelte che non condivido arrivo anche ad essere “tempesta e impeto”.  Poi magari mi pento, vengo a più miti consigli, ma lui non si scompone. I nostri gusti, invece, sia sotto l’aspetto estetico che musicale, sono identici. Le differenze tra noi sono temperamentali: io sono enfatica, mi infiammo, lui è sempre impassibile. Lo definirei una roccia! Però siamo riusciti a trovare un compromesso; quando gli dò dei suggerimenti li segue, mentre io cerco di tenere a freno la mia irruenza.

Quali sono i criteri con cui scegli di volta in volta i versi destinati ad “Elisir”?

Scelgo i versi che conducono più facilmente a un’emozione, a un desiderio di evasione e di riflessione poetica vera e propria. Molti poeti utilizzano i loro versi per mandare dei messaggi impegnativi, più che impegnati. Io, invece, cerco sempre di donare uno stimolo ricreativo che offra spunto per un’evasione sia in se stessi che al di là di se stessi, un’evasione che dia anche degli input. Un’evasione creativa ed evocativa al tempo stesso, che evochi emozioni, sensazioni…Che distacchi da tutto ciò che divide e possa essere fautrice di un piacere universale. Dj Panda si serve della sua sensibilità e creatività per “tradurre” in musica i miei versi. Non avrei mai fatto una trasmissione incentrata solo sulla poesia perché credo nella trasversalità delle arti, nella loro comunione. Tutto questo, oltre a donare un valore aggiunto, va in direzione del teatro, perché il teatro è quel luogo ricreativo dove puoi unire la musica, la poesia, la scenografia, la recitazione, il ballo…Il teatro è un luogo universale. Quindi potrei dire che in questo spazio radiofonico cerco di fondere e potenziare una comunicazione performativa d’arte con la mia creazione musicale e la creazione di regia, in quanto Panda interpreta musicalmente i miei versi. Lui durante il programma inserisce brani che ha firmato ma non solo, per cui fa il doppio lavoro di dj e producer; come un pittore utilizza una tavolozza e dà un’immagine ai miei versi, ideando una musica che connota momenti altamente emozionanti.

Il nuovo anno è appena iniziato. Che cosa auguri ai nostri lettori?

Tuffiamoci nell’onda del tempo e che propizia ci culli anche quando c’è vento. E’ un augurio che faccio a tutti ed è molto importante, lo ripeterò anche durante la puntata del 12 Gennaio. Per me l’arte dev’essere assolutamente trasversale e universale, portata a tutti. Anche quella più concettuale, perché non si può mai sapere da chi verrà recepita; per qualcuno potrebbe essere uno spunto per migliorare la propria esistenza. La musica, l’arte e la poesia vanno al di là del tempo, delle religioni e delle ideologie politiche di ogni epoca. La politica divide, l’arte unisce.

 

A TU PER TU CON DJ PANDA

 

 

Come presenteresti “Elisir” ai lettori di VALIUM?

“Elisir” è un connubio di musica e poesia, che con il loro intreccio creano grande pathos ed energia.

Il programma viene trasmesso da Radio Studio Più, una radio che trasmette anche in FM. E’ un traguardo importante nell’era del web: cosa pensi al riguardo?

Essere approdati nuovamente all’FM dà sicuramente grande credibilità e solidità al programma, grazie a un pubblico più trasversale e non per forza settoriale come quello della radio web.

La tua collaborazione con la Contessa Pinina Garavaglia prosegue ininterrotta, potreste ormai essere considerati un duo inscindibile. Su quali elementi si basa la vostra intesa?

Sicuramente la grande professionalità di entrambi e l’esperienza che abbiamo accumulato in questi anni trainano questo progetto che sta raccogliendo molti consensi in più ambienti, non solo nel mondo delle discoteche ma anche in teatro grazie soprattutto alla Contessa Poetessa.

Con quali criteri imposti, di volta in volta, la scaletta di “Elisir”?

Ogni volta viene fatta una selezione diversa, con la quale si crea un connubio legato ai versi che propone la Contessa. I brani spesso si sposano perfettamente con il significato della sua poesia.

Ai versi della Contessa fa da sottofondo una techno trance epica dal ritmo mozzafiato. Qual è il punto di forza di questo genere che regna incontrastato nei club da oltre trent’anni?

La longevità della techno/trance è perlopiù da attribuire alle basi cariche di energia e alla melodia. Le persone percepiscono da questa musica la carica emotiva dandone poi sfogo nei vari club, nei più blasonati festival oppure nelle proprie auto.

Il nuovo anno è appena iniziato. Che cosa auguri ai nostri lettori?

Gli auguri più sinceri a tutti voi che ci state leggendo per un 2024 all’insegna della semplicità ma non della banalità. Cit. Contessa Pinina Garavaglia!

 

 

L’Epifania nel mondo: usanze e riti della ricorrenza che “tutte le feste porta via”

 

E’ arrivata l’Epifania, una solennità cristiana fortemente contaminata dal folklore. Derivante dal greco ἐπιϕάνεια, ovvero “manifestazione”, il termine Epifania designa appunto la manifestazione, la rivelazione di Cristo all’umanità. La Chiesa cattolica celebra anche l’arrivo a Betlemme dei tre Re Magi, che vollero rendere omaggio a Gesù Bambino donandogli oro, incenso e mirra, mentre per la Chiesa Ortodossa l’Epifania coincide con il battesimo di Gesù. Alla sacralità della festa si uniscono tradizioni che probabilmente affondano le origini nelle figure di antiche divinità pagane (rileggi qui l’articolo su Frau Holle, Berchta e Frigg), ed ecco apparire la Befana: secondo una leggenda, mentre i Re Magi si dirigevano a Betlemme chiesero indicazioni sul tragitto a una donna molto anziana, che però si rifiutò di seguirli nel loro percorso. Poco dopo, pentita, la donna riempì un cesto di dolciumi e andò in cerca dei Re Magi affinchè potessero consegnarlo a Gesù, ma non riuscì più a rintracciarli. Decise allora che sarebbe arrivata a Betlemme, bussando di casa in casa per lasciare doni ai bimbi con la speranza di imbattersi in Gesù Bambino. Nasce così il personaggio della Befana, che tuttora, nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio, penetra nelle case attraverso i comignoli con un sacco ricolmo di regali. L’ Epifania non si festeggia solo in Italia, ma anche in molti paesi del mondo. Continuate a leggere per conoscere le usanze internazionali associate a questa ricorrenza.

Tutte le foto, raffiguranti la Festa Nazionale della Befana di Urbania, sono di Diego Baglieri, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0> via Wikimedia Commons

 

 

In Italia

Nel nostro paese, la Befana (una donna anziana che indossa abiti rattoppati e sorvola le case a cavallo di una scopa) consegna i suoi regali nottetempo. La mattina del 6 Gennaio, come per magia, i camini si riempiono di pacchi e pacchetti di ogni dimensione, ma anche delle tipiche calze, ricche di dolci per i bambini buoni e di carbone (sostituito oggi con il carbon dolce) per i bambini meno buoni. Dagli anni dell’infanzia riemergono ricordi di una notte passata in bianco, facendo capolino dalla porta per spiare l’arrivo della vecchietta, ma niente da fare: nessun curioso è mai riuscito a scorgere la Befana. I dolci tipici differiscono a seconda delle regioni. Tra i più famosi rientrano i Befanini, biscotti di pastafrolla dalle svariate forme decorati con zuccherini colorati.

In Spagna e in molti paesi dell’America Latina

Il 6 Gennaio è il Dìa de Reyes, il “giorno dei Re”. Sono i Re Magi a portare doni ai bimbi: la tradizione vuole che Melchiorre, Gaspare e Baldassarre siano arrivati a Betlemme in groppa, rispettivamente, a un cavallo, un cammello e un elefante che rappresentano i loro paesi di provenienza. La notte di vigilia dell’Epifania, i bambini non vanno a dormire senza aver prima lucidato le proprie scarpe: è lì che i Re Magi depositeranno i regali. Accanto alle scarpe sistemano bicchieri di latte o vin dolce, ciotole di frutta o uno spuntino per rifocillare i Re e i loro animali. Il dolce associato al 6 Gennaio è il Roscòn de Reyes, una ciambella ricoperta di frutta candita pressochè identica alla Rosca de Reyes, la torta degustata in Messico, Argentina, Paraguay e Uruguay.

 

 

In Francia

La torta dei Re la fa da padrone. Nel nord della Francia prende il nome di Galette des Rois, nel meridione è il Gâteau des Rois: in entrambi i casi si tratta di un dolce dalla forma rotonda e ripieno di frutta, sebbene la Galette possa contenere anche cioccolato o frangipane. Nell’ impasto viene nascosta una piccola statuetta, e la persona che la trova nella sua fetta di torta viene eletta Re oppure Regina. Il o la fortunata dovrà adornarsi il capo con la corona di carta abbinata al dolce e potrà, a sua scelta, offrire da bere ai presenti o invitarli nella propria abitazione per proseguire il rituale della torta dei Re fino alla fine di Gennaio.

Nei paesi europei di lingua tedesca

In buona parte della Germania cattolica, in Austria e nella Svizzera tedesca, l’Epifania viene incentrata sulle figure dei Re Magi. La tradizione più diffusa è quella degli Sternsinger, i Cantori della Stella, bambini e ragazzi travestiti da Re Magi (con grandi corone di carta sul capo e una stella di legno dorata unita ad un bastone) che vanno di casa in casa per esibirsi in canti a tema. I Cantori ricevono in cambio offerte in denaro che devolvono a cause benefiche, oppure dolcetti. L’usanza prevede anche che i giovani benedicano le case scrivendo l’anno in corso sopra una porta con un gessetto. Le offerte in denaro ricevute vengono raccolte durante la messa della domenica seguente all’Epifania: i Cantori, che indossano di nuovo i costumi dei Magi, formano veri e propri cortei. Il dolce del 6 Gennaio è la torta dei Tre Re; in Svizzera sono molto diffusi i Buchlten, focaccine unite l’una all’altra delineanti la sagoma di una corona. Come avviene in Francia, chi nel dolce trova un ciondolo o una mandorla viene proclamato Re, ma per un solo giorno.

 

 

In Inghilterra

L’Epifania, o meglio la sua vigilia, coincide con la dodicesima notte del periodo compreso tra Natale e il 6 Gennaio. In tempi molto antichi nei villaggi si esibivano i Mummers (attori dilettanti provenienti dal popolo), il ceppo di Yule ardeva per l’ultima volta nel camino (con il carbone si sarebbe acceso quello dell’anno successivo) e si beveva wassail (sidro di mele con spezie) a fiumi. Fu sulla falsariga di queste tradizioni che William Shakespeare scrisse “La dodicesima notte”, non a caso messa in scena per la prima volta durante la vigilia dell’Epifania del 1601. Riguardo ai dolci, c’è solo l’imbarazzo della scelta: la Twelfth Cake è una torta di frutta, affiancata ai biscotti di zenzero e alla crostata di marmellata a forma di stella. Tra le bevande vince la birra speziata, un richiamo ai doni dei Magi. La Twelfth Cake (dodicesima torta) è la protagonista di un divertente rituale: trovare un fagiolo nero arrosto nel suo impasto dà diritto ad essere eletto Re per un giorno, mentre un chiodo di garofano e un ramoscello indicano, rispettivamente, il cattivo e il beota della situazione.

In Irlanda

E’ una sorta di “Festa delle donne”, non per nulla l’ Epifania viene anche chiamata il “Natale delle donne”: dopo le fatiche e gli impegni culinari delle festività natalizie, le donne si rilassano e vanno a cena insieme al ristorante o al pub; i membri della famiglia le riempiono di regali in segno di amore e di riconoscenza.  Il 6 Gennaio, inoltre, vengono bruciati i rametti di agrifoglio che hanno ornato la casa durante le feste.

 

 

In Bulgaria

L’ Epifania è chiamata Bogoyavlenie, giorno in cui Dio si manifesta. Secondo la tradizione, un sacerdote lancia una croce di legno nell’acqua (di mare, di fiume o di lago) e spetta ai giovani il compito di correre a prenderla. Date le temperature polari del Gennaio bulgaro, colui che la recupera sarà ricoperto di tutti gli onori. Il gesto viene considerato di buon auspicio anche per la salute del nuotatore e di tutta la sua famiglia.

In Romania, Moldavia e Transilvania

La Boboteaza viene celebrata con diversi rituali. Nell’area sud-occidentale della Romania si tengono le corse dei cavalli dell’ Epifania: prima della gara è prevista una benedizione, a gara ultimata i festeggiamenti sono travolgenti; il vincitore si ammanta di un’aura di gran prestigio. I riti associati all’acqua, come in Bulgaria e negli altri paesi ortodossi, sono diffusissimi. Secondo un’antica credenza, se una giovane donna cade in un corso d’acqua il giorno dell’Epifania è destinata a maritarsi entro l’anno. In Transilvania ritroviamo la tradizione dei Cantori della Stella, anche se con differenze sostanziali rispetto ai paesi di lingua tedesca: al posto della stella, i cantori portano con sè una lanterna di vetro in cui è racchiusa un’icona ortodossa.

 

 

In Slovenia

Il 6 Gennaio la tradizione vuole che i bambini bussino di porta in porta e che le famiglie regalino loro noci, mandorle, fichi o dolcetti.

In Russia

L’ Epifania si festeggia il 19 Gennaio e commemora il Battesimo di Gesù. La Grande Benedizione delle Acque è il rito supremo dell’Epifania russa: ci si reca solitamente presso un lago o un fiume per prendere parte a un cerimoniale che risale al 1525. A quell’ epoca, era uno degli eventi più maestosi mai tenutosi alla corte dello Zar. Lo Zar e il Patriarca di Mosca (capo spirituale della Chiesa Ortodossa russa) capeggiavano la processione organizzata dopo la liturgia nella Cattedrale della Dormizione. La meta era il fiume Moscova, nelle cui acque ghiacciate veniva scavato un foro denominato Giordano in onore al fiume in cui fu battezzato Cristo. Un gazebo adornato di icone raffiguranti il suo battesimo si installava sopra la buca, dopodichè il Patriarca benediva lo Zar e i suoi dignitari con la croce che aveva precedentemente immerso nel Moscova. Oggi, durante l’ Epifania, i russi sono soliti ricavare fori che chiamano Giordano nelle acque ghiacciate dei laghi e dei fiumi; è una tradizione recente, inaugurata negli anni ’90, e affida alle acque ritenute sacre il potere di lavare i peccati di coloro che si immergono per tre volte nel Giordano. L’acqua del foro, prima del rito, viene benedetta dal sacerdote ortodosso. Il rituale della Grande Benedizione delle Acque ha luogo in tutte le chiese, dove l’acqua santa viene distribuita ai fedeli affinchè possano portarla nelle proprie case. In generale, per i russi, il giorno dell’Epifania ogni tipo di acqua diviene sacra.

 

 

 

Befana e tradizioni: dal carbon dolce ai falò della vigilia dell’Epifania

 

“La Befana vien di notte”, come recita un’antica filastrocca. E se ai bimbi buoni riempie la calza di regali, quelli cattivi da lei ricevono soltanto carbone. Ma non si tratta di carbone vero e proprio: il carbone della Befana è uno dei dolci più noti associati a questa ricorrenza. Si tratta di un carbone di zucchero tinto di nero grazie a un colorante alimentare e tagliato in svariati pezzi. Ma dove nasce una simile tradizione e perchè proprio il carbone? Il motivo rimanda a un’usanza molto diffusa nell’ Italia Nord-orientale: i falò della vigilia dell’ Epifania. In epoca pre-cristiana, i falò avevano valenza purificatrice e propiziatoria presso molte popolazioni. I Celti, ad esempio, li utilizzavano per attirarsi la benevolenza delle divinità. Pare che l’usanza di dare alle fiamme fantocci che simbolizzavano il “vecchio”, ovvero il passato, fosse un rituale di matrici sia celtiche che romane. Nella Roma antica, i festeggiamenti in onore di Diana (la dea della Natura) si tenevano a distanza di dodici giorni dal Solstizio d’Inverno e prevedevano il falò di un fantoccio emblematico dell’anno appena trascorso; la stessa Diana veniva raffigurata come un’ottuagenaria, incarnando la duplice figura di Madre Natura e dell’anno vecchio. In tempi più recenti, questo tipo di fuochi si è tramutato in uno dei riti più diffusi della sera antecedente all’Epifania: le fiamme sono una potente allegoria del vecchio che brucia, del passato che viene distrutto per lasciar spazio al nuovo, a un futuro migliore. La tradizione, un cardine della cultura agreste, è tipica di regioni italiane quali il Veneto, il Friuli Venezia-Giulia e l’Emilia Romagna; chi ha visto “Amarcord” di Fellini ricorderà il “falò della vecchia” proprio all’inizio del film, anche se in quel caso inaugurava la Primavera. Il rituale prende nomi diversi a seconda della zona: in provincia di Treviso e di Venezia è il “panevìn”, a Padova la “fogherata”, nel Veneto dell’est la “casera”, a Parma e Reggio Emilia la “fasagna”.

 

 

Nonostante le differenti denominazioni, il procedimento è simile in ogni regione: sul calar della sera, il fantoccio che rappresenta il vecchio viene sistemato su una pira di legna; quando il falò comincia ad ardere, il parroco benedice il fuoco con l’acqua santa e lo scoppiettio che le gocce originano tra le fiamme, secondo un’antica tradizione, simboleggerebbe il diavolo che, furente, abbandona il falò. Molto importante è decifrare i presagi associati alla direzione del fumo e delle faville del fuoco: sono immancabilmente riferiti al raccolto e all’abbondanza dei frutti che la natura elargirà (o meno) dopo il suo risveglio. Gli uomini presenti, talvolta, si servono di un forcone per “aizzare” la produzione di scintille. Mentre il falò arde, la comunità si riunisce e trascorre momenti all’insegna della convivialità: nelle regioni del Nord-Est, ad esempio, è comune degustare una torta chiamata “pinza” accompagnata dal vin brulè. Tornando al carbon dolce, è facile intuire il link che lo connette ai fuochi dell’Epifania. Il carbone si associa direttamente a quei falò propiziatori, diviene il loro simbolo e al tempo stesso il simbolo della Befana. Con il passar del tempo, regalare carbone cominciò ad essere identificato come una “punizione” destinata ai bambini che non si comportavano bene. In realtà, il carbon dolce che lo rappresenta è una vera e propria delizia per il palato: potete prepararlo in casa seguendo una delle tante ricette disponibili in rete oppure comprarlo bell’e pronto ed inserirlo in una calza adeguatamente decorata.

 

 

 

Gennaio, il look del mese

 

E’un abito, un maxi maglione o un capospalla? Tutte e tre le cose messe insieme. Ho scelto questo eclettico capo in knitwear di Antonio Marras per rappresentare il mese di Gennaio: il suo candore rimanda a quello della neve, la calda lana di cui è composto lo rende un must dell’Inverno. La lunghezza non arriva a sfiorare il ginocchio, le maniche sono lavorate a trecce; sull’orlo e sulle spalle lo adorna un tripudio di piume effetto fake fur. Gli accessori che lo completano sono un paio di calze a rete e delle platform interamente ricoperte di piume, il tutto in total white a parte la suola nera delle scarpe. Il look appare raffinato e confortevole al tempo stesso: i volumi ampi si combinano alla perfezione con l’agevolezza della lunghezza mini, mentre le piume, presenti in abbondanza, evocano l’elegante immagine di un cigno d’Inverno. L’importanza che assume il make up è fondamentale. Per imporsi sul biancore imperante, dona il massimo risalto allo sguardo sottolineandolo con dosi massicce di matita e ombretto. Il bianco, come ho già scritto nella parade dei colori del Natale (rileggi qui l’articolo), in questo periodo dell’anno assume una valenza importante: è il colore del nuovo inizio, una pagina da riempire con un nuovo capitolo della nostra vita. Non esiste nessun’altra tonalità, inoltre, in grado di tramutarci in un’eterea e affascinante Regina delle Nevi.

 

Gennaio

 

È profondo gennaio. Il cielo è duro. Gli steli sono saldamente radicati nel ghiaccio.
(Wallace Stevens)

 

Diamo il benvenuto a Gennaio, primo mese dell’anno e cuore dell’Inverno. Gennaio conta 31 giorni e il suo nome deriva dal latino Ianuarius, derivante a sua volta da Ianus ovvero Giano: il dio bifronte che regnava sulle porte e i ponti poichè simboleggiava i periodi di passaggio e di trasformazione (ianua in latino significa porta). Nel calendario romano, originariamente, Gennaio non esisteva. Per gli antichi romani, infatti, l’Inverno era una stagione non suddivisa in mesi. Ad introdurlo fu Numa Pompilio, che nel 713 a.C. lo inserì insieme a Febbraio decretandoli, rispettivamente, il primo e il secondo mese dell’anno. Fu solo nel II secolo a.C., tuttavia, che Gennaio divenne ufficialmente il primo tra i dodici mesi: il calendario romano continuò ad iniziare a Marzo fino al 153 a.C., dato che Marzo coincideva con importanti eventi militari ed istituzionali. Solo molti anni dopo, quando l’elezione dei consoli fu fissata a Gennaio, questo mese passò ad aprire le porte del nuovo anno. Nonostante ciò, nel Medioevo il Capodanno variava ancora da regione a regione; fu Papa Gregorio XIII, con la riforma del calendario gregoriano nel 1582, a far coincidere l’inizio dell’anno con il 1 Gennaio in tutto il mondo cristiano. Gennaio, in quanto mese di un nuovo inizio, è il periodo dei nuovi progetti e dei buoni propositi. Le temperature sono gelide, il ghiaccio e la neve imperano e la natura è nel pieno del suo assopimento. Tutto questo dota Gennaio di un fascino “nordico” il cui culmine coincide con gli ultimi tre giorni del mese, i cosiddetti “giorni della merla”. Tra le ricorrenze più importanti troviamo il Capodanno e l’Epifania, Giorno dei Re Magi per il cristianesimo e della Befana per il folklore. I segni zodiacali compresi in questo mese sono il Capricorno e l’Acquario, il colore associato al periodo è il grigio (come la cenere del camino, un elemento che si ricollega alla celebre leggenda della merla) mentre la pietra è il granato, così chiamata perchè ricorda i semi rossissimi della melagrana.

 

 

Foto via Unsplash e Pexels

 

A Sparkling New Year

 

Apriremo il libro. Le sue pagine sono bianche. Le riempiremo con le nostre parole. Il libro si chiama “Opportunità” e il suo primo capitolo è “Capodanno”.
(Edith Lovejoy Pierce)

 

Vi auguro di trascorrere un 2024 scintillante, luminoso, splendente più che mai. Pieno di svolte positive e di sfide da raccogliere con grinta e propositività. Festeggio questo nuovo anno insieme a voi prorogando i bagliori e i fuochi d’artificio del 31 Dicembre, circondata dagli abiti sfavillanti che spero abbiate indossato o che, comunque, potrete indossare prima del 6 Gennaio: perchè le feste non sono ancora finite…e lo Speciale Natale di VALIUM vi accompagnerà fino alla suggestiva ricorrenza dell’Epifania. Buon Anno a tutti voi!

 

Gonzalo Peixoto

Paco Rabanne

Gucci

Lanvin

Isabel Marant

Lili Blanc

Emporio Armani

Philosophy di Lorenzo Serafini

Nathalie Chandler

 

Il magico Capodanno dell’età vittoriana

 

Le parole dell’anno trascorso appartengono al linguaggio dell’anno trascorso e le parole dell’anno a venire attendono un’altra voce.
(T.S. Eliot)

 

Capodanno non è mai stato così magico come lo era in epoca Vittoriana. Fu la Regina Vittoria in persona ad estendere le celebrazioni per il nuovo anno in Inghilterra: prima si festeggiava sontuosamente solo in Scozia, dove il 31 Dicembre era stato ribattezzato Hogmanay. Gli scozzesi solevano dedicarsi a una serie di riti che non di rado duravano fino al 2 Gennaio, e la Regina era rimasta altamente intrigata da queste usanze. La passione per l’esoterismo tipica dell’età vittoriana ben si sposava con la data di Capodanno, impregnata di suggestioni incantate in quanto situata proprio a metà dei 12 giorni che intercorrono tra Natale e il 6 Gennaio: in un’epoca in cui lo spiritismo e la preveggenza la facevano da padrone, l’interesse per i riti propiziatori e divinatori dell’ultima notte dell’anno raggiunse proporzioni straordinarie. Le superstizioni associate al Capodanno proliferavano, si arrivò persino a pensare che tutto ciò che accadeva il 1 Gennaio sarebbe stato una sorta di “anteprima” sull’andamento dell’anno nuovo. La divinazione, di conseguenza, divenne un vero e proprio leitmotiv della notte del 31 Dicembre. Libri e manuali consigliavano di trascorrere il Capodanno in famiglia o con gli amici più cari: il modo ideale per dedicarsi tutti insieme alla chiaroveggenza.

 

 

La notte di Capodanno, legata a doppio filo a un nuovo inizio, veniva considerata la notte magica per eccellenza. Non erano necessari grandi strumenti per compiere riti divinatori: bastavano un po’ d’acqua, qualche guscio di noce, un numero indeterminato di candele e via dicendo. Le previsioni più richieste riguardavano il nuovo anno e quello che avrebbe portato con sè, oppure i dettagli sul futuro partner, un argomento dall’enorme appeal per le giovani donne in età da marito. Erano moltissime, poi, le usanze propiziatorie. Prima che scoccasse la mezzanotte, innanzitutto, il caminetto andava svuotato di tutta la cenere: l’anno che stava per iniziare sarebbe stato foriero di molte novità. Molte tradizioni riprendevano quelle dell’ Hogmanay scozzese. Eccone qualcuna.

 

 

Le visite

Il “primo passo” aveva inizio subito dopo mezzanotte. La prima persona da cui si riceveva una visita avrebbe dovuto portare con sè vari doni. Bevande e cibarie erano i benvenuti, dato che sarebbero stati distribuiti a tutti gli ospiti presenti. Così il visitatore si muniva di whisky, sale, carbone, frutta e dolci tipici, in particolare torte e biscotti. Il cerimoniale dello scambio di regali era interminabile, talvolta durava fino al giorno seguente. Si considerava di buon auspicio ricevere la prima visita dell’anno da un uomo scuro di capelli; i biondi non erano ben visti e spesso veniva loro impedito di varcare la soglia.

Le visite divennero un cardine del Capodanno vittoriano: uscire e andare a far visita agli amici era beneaugurante. Per il principio secondo cui ciò che si fa a Capodanno lo si fa per l’anno intero, fare vita sociale propiziava un anno intenso e pieno di opportunità. Chi rimaneva a casa correva il rischio di passare l’anno tra le proprie quattro mura, magari perchè costretto da una malattia.

 

 

A varcare le soglie delle case, tuttavia, erano esclusivamente individui di sesso maschile. Alle donne spettava il compito di ricevere, e i bambini che non avevano ancora compiuto il decimo anno rimanevano con loro. Nelle case, a Capodanno, era tutto un viavai di visite e visitatori: ci si presentava con un biglietto e si entrava subito a far parte della baraonda familiare. Molti fidanzamenti iniziarono proprio grazie alle visite di Capodanno. I giovani uomini e le giovani donne potevano conoscersi, incontrarsi, intrecciare liasons approfittando dell’andirivieni incessante. Le dimore dei benestanti si tramutarono nel punto di riferimento per chi puntava a un pasto luculliano: i loro rinfreschi erano memorabili così come le bevande che erano soliti offrire agli ospiti.

Intorno alla fine dell’800 le visite impazzavano. Si giunse a un punto di non ritorno quando divennero una sorta di competizione: tra gli uomini “vinceva” chi effettuava il maggior numero di visite, mentre le donne gareggiavano a colpi di biglietti da visita ricevuti. Ad imporre una svolta di tipo etico fu la morigeratezza tipica della società vittoriana. Le visite cominciarono a ridursi e si lasciò spazio a tradizioni più “innocue”.

 

 

I riti di buono e cattivo auspicio

Alcune azioni, a Capodanno, dovevano essere evitate assolutamente perchè di cattivo auspicio. Ad esempio pulire la casa e fare il bucato, oppure uscire portandosi dietro una lanterna: il fuoco doveva ardere esclusivamente nel camino per non attirare la mala sorte. Foriero di sventura era anche indossare un abito nuovo di zecca, mentre per i giovani uomini uscire con una manciata di monete nelle tasche avrebbe propiziato un prospero anno nuovo. Ascoltare una campana che suonava era un’altro indizio beneaugurale. Esisteva poi una tradizione molto particolare per scongiurare la fame: si usava prendere una torta e lanciarla contro una porta; il nuovo anno non avrebbe fatto mancare le provviste.

 

 

I canti di Capodanno

In questa tradizione rientra “Auld Lang Syne”, un’antica canzone scozzese che in Italia conosciamo con il nome di “Valzer delle Candele”: veniva (e viene tuttora) cantata nei paesi anglosassoni per congedarsi dall’ anno vecchio e, in generale, in ogni situazione che implichi una separazione (per esempio quando si termina il liceo e si consegue il diploma). Le parole del canto inneggiano ai bei momenti trascorsi con gli amici e al ricordo grato di quel periodo idilliaco.

In epoca vittoriana, inoltre, a Capodanno si diffuse l’usanza di spedire a parenti e amici delle bellissime cartoline di auguri illustrate, quelle che ammiriamo ancora oggi. Tra i soggetti predominavano bimbi o putti raffiguranti il nuovo anno e personaggi del folklore come i folletti e gli immancabili maiali, senza alcun dubbio emblemi di abbondanza e floridezza.

 

Illustrazioni

Immagine di copertina via Royce Bar from Flickr, CC BY-NC-ND 2.0 DEED

Immagine n.5 e n.6 dall’alto SMU Central University Libraries, No restrictions, via Wikimedia Commons