“È solo nella tristezza che il maltempo ci domina; nella gioia affrontiamo la tempesta e la sfidiamo.”
(Amelia Edith Barr)
Foto: Victoria Sterlka via Pexels
Il blog di Silvia Ragni
“È solo nella tristezza che il maltempo ci domina; nella gioia affrontiamo la tempesta e la sfidiamo.”
(Amelia Edith Barr)
Foto: Victoria Sterlka via Pexels
Fendi
Torna la parata degli accessori più cool tratti dalle collezioni Autunno Inverno 2023/24. Siamo ormai a Novembre inoltrato: il freddo repentino, le piogge e il vento sferzante ci accompagnano verso l’Inverno lungo un sentiero sempre più breve. E’ tempo di cuissardes, di ankle boots da combattimento, di plaid-mantelle da avvolgere attorno al corpo…Le tonalità sono perlopiù neutre, ma non mancano vividi accenti di colore. I gioielli si fanno maxi per non “perdersi” tra le sciarpe, i colli dei cappotti o delle eco pellicce. Del passamontagna abbiamo già parlato (rileggi qui l’articolo). Tra i copricapi, lo affiancano cappelli e calotte inedite che velano finanche gli occhi. La battaglia modaiola contro i primi freddi presegue imperterrita, spesso incurante delle temperature ogni giorno più gelide: un ultimo giro di valzer prima di raggiungere i bagliori e lo scintillio del Natale.
Max Mara
Eudon Choi
Etro
Ermanno Scervino
Vivienne Westwood
Roberto Cavalli
Zimmermann
Jil Sander
Vivienne Tam
Gucci
Marco Rambaldi
Vaquera
Isabel Marant
Alberta Ferretti
A Novembre, puntuali, tornano a ravvivare il grigiore con il loro colore vibrante. Un colore che ha preso spunto dal loro nome, perchè è proprio alle arance che si ispira l’arancione. Proveniente dalla Cina e dall’Asia del sud-est, il Citrus Sinensis (questo il nome botanico dell’arancio, una pianta appartenente alla famiglia delle Rutacee) venne importato in Europa dai marinai portoghesi. Secondo alcuni studiosi il suo ingresso nel Vecchio Continente risalirebbe al XV secolo, mentre altri affermano che l’albero approdò in Italia, più precisamente in Sicilia, molto tempo prima grazie ai romani e passando per la Via della Seta. Nel IX secolo furono gli Arabi a reintrodurre l’arancio nell’isola, quando ebbe inizio la conquista islamica della Sicilia. Non è un caso che un frutto siciliano chiamato “melarancia” venga citato in più d’un libro della Roma antica: i tomi sono datati al I secolo d.C. E sempre nella città eterna, un arancio che San Domenico piantò intorno al 1200 fa bella mostra di sè nel chiostro del convento di Santa Sabina; tuttavia, non se ne conosce la provenienza. E’ certo, invece, che il termine “portogallo” equivalga a dire “arancia” in diverse lingue, tra cui il rumeno, il greco, l’arabo, l’albanese e l’italiano del 1800. Peraltro, il frutto del Citrus Sinensis prende il nome di “portogallo” in molti dialetti della nostra penisola: ciò sembra confermare, almeno apparentemente, la diffusione ad opera dei portoghesi della pianta.
Ma veniamo alle caratteristiche di questo frutto, tondeggiante e tinto di un vivace color arancio. Ha una forma sferica, una buccia spessa e increspata; la dolcezza dei suoi spicchi, succosissimi, contrasta con accenti aspri che ne rendono ancora più intrigante il sapore. Le arance cominciano a maturare a Novembre, mese in cui vengono raccolte le prime varietà. Un periodo ideale, considerando la loro efficacia nel prevenire i malanni della stagione fredda. Iniziare la giornata con delle arance, anche in versione spremuta, è un’ottima idea: regalano energia e sono ricche di vitamina C, un noto rafforzante del sistema immunitario. In più, contengono pochissime calorie e un indice glicemico talmente esiguo da permettere anche ai diabetici di consumarle. Le loro virtù sono innumerevoli: oltre a racchiudere acqua in dosi massicce, le arance sono un’autentica miniera di fibre come la pectina, la lignina e la cellulosa, che accentuano il senso di sazietà e fanno sì che gli zuccheri e i grassi vengano assorbiti in quantità moderate. Il licopene, contenuto soprattutto nelle arance rosse, è un carotenoide dalle spiccate doti antiossidanti e antinfiammatorie; contrasta le patologie cardiovascolari, oculari e ossee (come l’osteoporosi). La vitamina C è un po’ il “marchio di fabbrica” di questo frutto: favorisce un adeguato assorbimento del ferro e del calcio, è un potente antiossidante e un toccasana per le difese dell’organismo. La vitamina A (o retinolo) mantiene in salute la pelle e gli occhi e assicura un buon funzionamento sia del sistema immunitario che del metabolismo. Le vitamine del gruppo B, essenziali per la produzione dei globuli rossi, tengono sotto controllo i livelli di omocisteina e si rivelano portentose per il sistema nervoso. Tra i sali minerali contenuti nell’arancia risaltano il ferro (imprescindibile per il benessere del’organismo), il rame (antiossidante efficacissimo contro le patologie cardiovascolari), il potassio (ottimo per la salute dei muscoli) e il calcio (benefico in particolare per le ossa, i denti e la coagulazione sanguigna). Le antocianine e i polifenoli, di cui l’arancia abbonda, sono degli importanti antiossidanti.
I benefici che apporta il consumo di arance, quindi, sono molteplici. La vitamina C contrasta le infezioni potenziando le difese immunitarie, le fibre regolarizzano i livelli di colesterolo, gli antiossidanti combattono i radicali liberi e mantengono sotto controllo la pressione poichè fluidificano il flusso sanguigno. I citroflavonoidi contenuti nell’arancia, inoltre, svolgono una valida azione nei confronti della fragilità capillare. E non è finita qui: incrementando la formazione dei succhi gastrici, il frutto del Citrus Sinensis facilita la digestione, mentre la funzione antiossidante degli antociani incentiva il metabolismo. Le fibre, infine, hanno virtù diuretiche e impediscono ai grassi e agli zuccheri di essere assorbiti troppo velocemente (con buoni risultati anche per la linea).
Dell’ arancia esistono molte varietà, ammontano a oltre 100. Le differenze principali possono essere ricondotte a due tipologie: arance dolci e arance amare (le prime le compriamo dal fruttivendolo, le seconde si utilizzano in ambito cosmetico e per la produzione di marmellate dal gusto particolare), arance bionde e arance rosse (la distinzione riguarda essenzialmente il colore della loro buccia). Qualche nome delle numerose varianti? Ci sono le Navel, le Tarocco, le Moro, le Sanguinello, le Belladonna, le arance alla vaniglia…Ma quel che ci interessa ora è come includere questo succoso frutto nella prima colazione.
La classica spremuta d’arancia è un toccasana, però prima di prepararla bisognerebbe osservare qualche accorgimento. Innanzitutto, non va mai bevuta a digiuno: l’acido citrico contenuto nel frutto potrebbe risultare difficilmente digeribile o provocare acidità di stomaco. Sempre per questo motivo, chi soffre di patologie gastriche dovrebbe evitare l’aranciata o perlomeno consumarla dopo qualche pasto, foss’anche solo un toast o un dolcetto. Le arance possono essere mangiate a spicchi o tagliate a fette, lo spunto ideale per una prima colazione coi fiocchi: arricchiscono il porridge e i pancake, diventano deliziosi biscotti (se volete strafare, immergetele nel cioccolato fuso). Con il succo, la polpa e la scorza di arancia si preparano dolci sfiziosissimi, dalle torte al pan d’arancio siciliano, dai ciambelloni alla crema di arancia passando per i muffin, il rotolo e le crostate. Cercate qualche ricetta? Cliccate qui. E dato che a Natale manca poco più di un mese, vi suggerisco di provare le scorze di arance candite: sono una ghiottoneria unica (qui la ricetta), anche in questo caso – volendo – da intingere nel cioccolato fuso per esaltarne al massimo il sapore. Se invece optate per una colazione essenziale e super salutare, puntate sulla marmellata di arancio spalmata sulle fette biscottate o su una fetta di pane; è una prelibatezza “minimal”, ma dalla bontà garantita.
Cesare Breveglieri, “San Martino” (1932)
“Da San Martino l’inverno è in cammino”, “Per San Martino si buca la botte del miglior vino”, “A San Martino il grano va al mulino”, “Chi vuol far buon vino zappi e poti a San Martino”, “A San Martino si sposa la figlia del contadino”…I proverbi sulla festa di San Martino, solennità che ricorre l’11 Novembre (VALIUM ne ha parlato qui), sono innumerevoli. Questa data, in effetti, ha sempre assunto un’importante valenza simbolica nel folklore italiano ed europeo: a San Martino venivano rinnovati i contratti agricoli, se ciò non avveniva i mezzadri erano costretti a traslocare; l’11 Novembre era una sorta di “Capodanno contadino”, poichè sanciva un decisivo passaggio stagionale. Non bisogna dimenticare, poi, che gli antichi Celti si erano insediati in molti paesi europei (tra cui la Francia, dove a Tours venne seppellito il corpo di San Martino), e festeggiavano il Capodanno proprio a cavallo tra Ottobre e Novembre. Con l’avvento del Cristianesimo, la Chiesa conferì il massimo risalto alla festa in onore del Santo, e finì per soppiantare i riti e le tradizioni celtiche del periodo. Tuttavia, soprattutto nell’ ambito della cultura agreste, quella data rimase perennemente associata a una fase di transizione: al Capodanno Celtico si sostituivano le celebrazioni commemorative di San Martino, nel Medioevo popolarissimo in tutto l’Occidente, ma la valenza rimaneva pressochè invariata. Con il passar del tempo, tuttavia, dalle tradizioni popolari è scaturita una nuova definizione per l’11 Novembre: festa dei cornuti. Ma cos’ha a che vedere tutto questo con il Santo? Assolutamente nulla.
Il nesso tra la “festa dei cornuti” e quella di San Martino è tuttora avvolto nel più fitto mistero. Alcune teorie, però, rimandano alle antiche fiere del bestiame che si tenevano proprio intorno all’11 Novembre: buoi, caproni e montoni sono dotati di corna, non a caso dire “becco” è come dire “cornuto”. Durante quelle fiere, il tradimento diventava una possibilità reale; gli uomini si allontanavano da casa e – tra caldarroste e vino novello – non mancava l’occasione di fare bisboccia, magari in compagnia di qualche gentil donzella. Le donne, rimaste a casa sole, cedevano facilmente alla tentazione di una scappatella. Le fiere duravano diversi giorni e permettevano di concedersi al mezzadro o a qualsivoglia spasimante. Il vino dell’ ultima vendemmia fungeva da potente euforizzante: l’ebbrezza alcolica favoriva la spregiudicatezza, rendeva tutti più audaci. E spuntavano le corna…Una metafora ispirata, appunto, dalle corna del bestiame. Altre ipotesi riguardano il Capodanno Celtico e la Cabala ebraica. Partiamo subito dalla prima. Le celebrazioni dei Celti si concludevano attorno all’ 11 Novembre, e alcuni ritengono che durante quei festeggiamenti abbondassero la promiscuità e i rituali licenziosi. A tutto ciò si aggiunge l’utilizzo del corno potorio, un corno di bovide dal quale si beveva vino a fiumi: riappare l’associazione tra ebbrezza alcolica e spudoratezza, un’equazione che dà come risultato il tradimento. Nella Cabala ebraica, invece, il numero 11 viene collegato alle corna. Ma l’11 è altresi connesso con due termini che potremmo definire evocativi: “Dibah”, ovvero “maldicenza”, e “Zad”, che significa più o meno “impertinente”. E’ una spiegazione piuttosto nebulosa, ma rientra tra le ipotesi relative alle origini della “festa dei cornuti”. La teoria riguardante le fiere del bestiame risulta, tutto sommato, la più plausibile. Eppure, non c’è nessuna certezza. Quel che è certo è che in cittadine italiane come Roccagorga (in provincia di Latina), Santarcangelo di Romagna (in provincia di Rimini), Grottammare (in provincia di Ascoli Piceno) e Ruviano (in provincia di Caserta), la “festa dei cornuti” viene a tutt’oggi celebrata in un tripudio di giocosità e goliardia: un modo per mantenere vivo il legame con il mondo agreste e le sue tradizioni ancestrali.
Immagine di copertina: Fondazione Cariplo, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
Foto del bestiame via Unsplash
Le castagne sono la pace
del focolare. Cose d’altri tempi.
Crepitare di vecchi legni,
pellegrini smarriti.
(Federico García Lorca)
“San Martino castagne e vino”, come recita un antico proverbio. Del vino novello abbiamo già parlato (rileggi l’articolo qui), e le castagne? A questo frutto simbolo d’Autunno, nel Medioevo chiamato “pane dei poveri” perchè grazie alle sue proprietà nutrienti e alla farina che se ne ricavava veniva consumato abitualmente da chi non aveva soldi per sfamarsi, ho voluto dedicare la nuova photostory di VALIUM. Ma ritorneremo prestissimo sull’argomento; le castagne lo meritano, soprattutto in questo periodo: domani le degusteremo in occasione della festa di San Martino, e i venditori ambulanti di caldarroste già proliferano ad ogni angolo di strada, dandoci la possibilità di deliziarci con un bel cartoccio di castagne fumanti. Sul frutto del castagno, inoltre, aleggiano innumerevoli leggende e anche un piccolo mistero. Sapevate, infatti, che le castagne hanno delle sorelle chiamate “marroni”? E che le differenze tra loro furono addirittura sancite da un regio decreto del 1939? Nei prossimi giorni scopriremo tutto al riguardo, perciò…Stay tuned su VALIUM!
Foto via Pexels, Piqsels, Pixabay e Unsplash
Area
Le lunghezze mini hanno letteralmente impazzato, sulle passerelle delle sfilate Autunno Inverno 2023/24. A trainare il trend è stato un gran ritorno, quello dei mini shorts, ma in una versione inedita e del tutto contemporanea: si presentano a metà tra i pantaloncini e le culottes, fasciano i fianchi e lasciano le gambe completamente scoperte, limitandosi talvolta ad abbassare l’orlo all’ inizio della coscia. Come le culottes sono aderentissimi, non a caso molto spesso si declinano in maglina o comunque in materiali elasticizzati. Collant, parigine e cuissardes rappresentano l’abbinamento vincente con questa tipologia di shorts: proteggono dal freddo e donano loro un potente tocco di iconicità.
Lebor Gabala
Noir Kei Ninomiya
Oscarleon
Coperni
Missoni
Dundas
Abra
KGL
Andreadamo
L’Equinozio d’Autunno è già alle nostre spalle, ma la natura raggiunge solo ora i suoi picchi di bellezza: il caldo imperante, fino a poco tempo fa, le impediva di tingersi dei meravigliosi colori che caratterizzano questo periodo dell’anno. Un periodo che Gabrielle Chanel, peraltro, adorava. Non è un caso che sia stata ispirata proprio dall’ Autunno e dalle sue cromie al momento di creare i suoi leggendari capi in velluto e in tweed, o il knitwear “rivoluzionario” che liberava il corpo femminile. Le tonalità del foliage, punta di diamante della palette stagionale, riappaiono oggi nella collezione make up Equinoxe de Chanel ideata dallo Studio di Creazione Maquillage della Maison. A predominare sono sfumature colte nei precisi istanti del passaggio dall’Estate all’Autunno, quando gli ultimi raggi di sole lambiscono un fogliame già cromaticamente orientato verso la nuova stagione. Quegli attimi sospesi nel tempo sprigionano una magia ineguagliabile: Equinoxe di Chanel se ne appropria e la profonde in una serie di prodotti che inneggiano all’ Autunno e al suo splendore.
Speciali formule nutrienti, polveri e pigmenti ad alta concentrazione si alternano e fondono in una collezione che magnifica i rossi, i beige, i viola, i marroni e i granata tipicamente autunnali, una serie di colori impregnati di profonda suggestività. La collezione risulta incantevole anche nel packaging: alcune confezioni esibiscono la lussuosa texture laccata in nero con il logo della doppia C, altre si declinano in materiali come il vetro tingendosi di un seducente nero dégradé. E’ il caso di Ombre Première Libre, un ombretto in polvere libera e impalpabile che diventa cremosa dopo l’applicazione. I suoi molteplici pigmenti si combinano con particelle madreperlate dando origine a sei tonalità vibranti, intrise di bagliori e di riflessi satinati. I colori che lo contraddistinguono sono Sycomore (un beige avvolgente), Chêne Brun (marrone intenso), Cèdre Cuivré (rame), Acacia (Terra di Siena bruciata), Bois d’Amarante (rosso granato) e Mûrier Noir (un profondo viola).
I fard Douceur d’Equinoxe, concepiti con l’intento di replicare gli splendidi chiaroscuri autunnali, esaltano un connubio di colore e luce ricco di fascino. Radiosità, luminosità ed effetto bonne mine sono i loro punti di forza: declinati in un duo di tonalità perfettamente armoniche, entrambi esaltano gli zigomi e le guance con un velo di colore. L’eleganza che emanano coinvolge anche le cialde dei prodotti, impreziosite da uno sfondo in “basso rilievo” di foglie morte su cui si staglia la doppia C; è un inno all’ Autunno e, al tempo stesso, alla perpetua bellezza dei cicli stagionali. I duetti cromatici in cui Doucer d’Equinoxe viene proposto sono Beige et Corail (beige più un corallo delicato) e Beige Rosé et Mauve (beige virato al rosa più malva): il primo dona un’intensità vibrante al colorito, il secondo accende il viso di un impalpabile splendore.
L’iconico rossetto Rouge Coco Bloom sfoggia sei nuance inedite appositamente pensate per questa collezione. Le sue doti, tuttavia, rimangono invariate: idratante, rimpolpante, brillante e raffinatissimo, vanta una speciale formula che fonde i pigmenti ad alta intensità con gli oli nutrienti e le cere naturali – mimosa, girasole e jojoba – del complesso Hydraboost. Il risultato è spettacolare; il colore si mantiene a lungo inalterato sulle labbra, che appaiono morbide, irresistibilmente volumizzate e ricche di lucentezza. Le sfumature di cui si tinge Rouge Coco Bloom richiamano le cromie dell’Equinozio e spaziano dalle tonalità tenui a quelle più calde e intense: spiccano il corallo, il rosa delicato, il Terra di Siena bruciata, affiancati dal rosso vivido e da un penetrante bordeaux. I loro nomi sono 150 Ease de Chanel (un mix di nude e rosa caldo), 152 Sweetness (rosa antico), 154 Kind (Terra di Siena bruciata), 156 Warmth (rosso vivido), 158 Bright (un rosso vibrante ma più scuro del precedente) e 160 Wild (rosso granato).
La collezione dedica allo smalto per unghie delle tonalità altrettanto affascinanti; Le Vernis, un’altra icona della Maison Chanel, esibisce un vibrante color arancio e un ammaliante Terra di Siena bruciata per simboleggiare il passaggio dall’ Estate all’ Autunno sancito dall’ Equinozio. 163 Eté Indien, vivace, rimanda alla spensieratezza estiva, mentre 165 Bois des Iles ostenta una nuance che rievoca la terra e il suo assopimento autunnale. E’ proprio in questo dualismo che risiede il fascino di Equinoxe de Chanel: ogni suo colore celebra la transizione tra la seconda e la terza stagione dell’anno, quell’attimo sospeso in cui si compenetrano e avvicendano due cicli della natura. Sono istanti preziosi; l’armonia cosmica tocca il suo apice, la notte e il giorno raggiungono un equilibrio perfetto, il creato inizia la sua metamorfosi per affrontare la nuova fase stagionale. Equinoxe de Chanel è un’ode alla magia di questa ciclicità perenne e al periodo in cui la natura si ammanta dei colori più stupefacenti: non stupisce che l’Autunno fosse la stagione preferita di Gabrielle Chanel.
Photo courtesy of Chanel Press Office
All photos are Copyright Chanel
Novembre, tempo di vino novello: in Italia è disponibile dal 30 Ottobre, e potrà essere commercializzato fino al 31 Dicembre. Molti festeggiano la sua immissione sul mercato a San Martino, in parte perchè così voleva la tradizione e in parte perchè, prima del decreto del Ministero delle Politiche Agricole del 2012, veniva venduto a partire dal 6 Novembre. Oggi tale data è stata anticipata, permettendoci di assaporare il suo aroma fruttato e il suo gusto fresco, vagamente frizzante, già dall’ inizio del mese. E’ un tipico vino aromatico il vino novello, il cui nome sembra sottolinearne la provenienza dalla vendemmia dello stesso anno in cui viene degustato. Affinchè possa essere definito “vino novello”, tuttavia, il Ministero delle Politiche Agricole ha stabilito una normativa ad hoc: deve possedere una gradazione alcolica che si attesta a un minimo di 11 gradi, contenere almeno un 40% di uve vinificate per macerazione carbonica e un 60% tramite processi di vinificazione tradizionali, e un massimo di zuccheri riduttori che ammonta a 10 grammi per litro. E’ stato fissato un limite anche per il procedimento di vinificazione, che non può oltrepassare i 10 giorni. Il vino novello, inoltre, va consumato “giovane”: ottenuto con livelli tannici bassissimi, è un “pronto da bere” da degustare per non oltre sei mesi dal suo imbottigliamento. Dopo questo periodo è soggetto a un deterioramento graduale, ma irreversibile, poichè si tratta di un tipo di vino che non possiede i requisiti affinchè possa “invecchiare bene”. La denominazione di vino novello riguarda, infine, solo i vini DOP (Denominazione di Origine Protetta) o IGP (Identificazione Geografica Protetta) sia fermi che frizzanti. Potrete trovare tutte queste informazioni sull’etichetta.
Bere vino a poca distanza dall’ ultima vendemmia è una tradizione remotissima che accomunava i Greci e i Romani: in Grecia, il vino novello veniva consumato in abbondanza durante le feste dedicate a Dioniso; nell’antica Roma, invece, si preferiva degustarlo in Autunno. Un po’ come avviene in Francia con il vin bourru, tanto per intenderci. Dire “vino novello”, però, non significa dire “vino nuovo”: il suo segno distintivo è la tecnica di vinificazione a macerazione carbonica a cui viene sottoposto il 40% dell’uva. Ma in cosa consiste esattamente questa tecnica? In sintesi, si inseriscono dei grappoli d’uva interi in un serbatoio saturo di anidride carbonica fino ad azzerare completamente l’ossigeno. I grappoli rimangono nel serbatoio per qualche ora o qualche giorno, a una temperatura di 25°; nel frattempo, la mancanza di ossigeno dà il via a un processo di fermentazione alcolica intracellulare. Gli zuccheri si tramutano in etanolo prima che l’uva venga pigiata al termine della macerazione. Il vino che si ottiene, il vino novello, possiede un dolcissimo sentore fruttato frammisto all’aroma del mosto.
Non è raro che il suo gusto rievochi quello di frutti quali la fragola, il mirtillo, il lampone o la ciliegia, perfettamente armonizzati con vaghi accenti floreali. La gradazione alcolica relativamente bassa rende possibile assaporare più di un calice di questo vino dal caratteristico color rubino. Degustarlo è un’esperienza sensoriale unica, impreziosita dal breve lasso di tempo in cui ci è consentito sperimentarla. La freschezza del vino novello fa sì che si sposi con molteplici cibi autunnali: il top viene raggiunto con il classico tagliere di salumi e formaggi, ma anche le castagne (specie a San Martino) rappresentano un abbinamento ideale. Zucche, funghi, legumi e formaggi di stagione come il pecorino compongono un connubio all’ insegna della delizia con il vino novello, per non parlare degli stuzzichini a base di pesce. Se al salato preferite il dolce, sarà perfetto accompagnare un dessert al cioccolato fondente alle note fruttate di questo vino.
Foto via Unsplash
Il nero è sempre il nero, non c’è niente da fare. E dopo essersi associato alle suggestioni gotiche e “stregonesche” di Halloween, torna ad affascinare in versioni più minimal, ma rigorosamente sartoriali. Un esempio? Questo look di Luis Carvalho, il brand fondato 10 anni orsono dallo stilista omonimo. Carvalho, laureato in Fashion & Textile Design alla Scuola di Arti Applicate del Portogallo, è un giovane designer già premiatissimo nonostante i pochi anni di carriera alle spalle. Per la sua collezione Autunno Inverno 2023/24, “Touch”, si è ispirato all’ opera di Caroline Walls: guardando al corpo femminile, l’artista delinea grafismi fluidi e “in movimento” puntando su colori quali il nero, il grigio, il beige e le loro gradazioni. Fortemente influenzata dal lavoro della pittrice australiana, “Touch” coniuga i suoi stilemi con i codici estetici del brand. La collezione, un’ode al genderless, inneggia a forme minimali ma morbide, prediligendo i volumi oversize. Il taglio impeccabile, talvolta asimmetrico, orientato alle sovrapposizioni, esalta tessuti e broccati di alta qualità; la palette cromatica privilegia il nero, il grigio, il bianco e i toni del beige con incursioni nel verde in Tartan style.
Il look che vi propongo, dal gusto vagamente anni ’60, viene arricchito da lunghi guanti decorati, gambaletti alla caviglia e una fascia per capelli: il tutto, declinato in total black. L’abito, dallo scollo a barchetta, ha maniche a tre quarti che cadono morbidamente sulle spalle; i volumi sono ampi, ma ristretti nel fondo; il tessuto spesso favorisce l’identificazione dell’ outfit con un capospalla. La fascia è l’accessorio per capelli più gettonato del momento: è stata avvistata persino alle sfilate dell’ Haute Couture (vedi alla voce “Maison Schiaparelli“). I guanti, con i loro decori, creano uno stiloso connubio tra lo chic e l’avantgarde. E i gambaletti? Cortissimi e indossati insieme ai sandali fanno tendenza, ma dato il freddo portato dal ciclone Cioran in questi giorni penso che sia lecito sostituirli con dei collant.
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