” “Si nasce sempre con qualche talento, anche il più disgraziato di questo mondo ne possiede qualcuno”. Le bambine stanno sedute sulla panca e ascoltano donna Giuseppina, la sorella del canonico Spanò, che ogni domenica si dedica a insegnare la dottrina alle figlie della nuova borghesia rurale di Donnafugata. (…) Fuori dalla chiesa c’è la luce della Sicilia, le bambine ridacchiano tra loro, sono bambine semplici, vestite di percallo nei colori smorti del grigio e del nero, hanno sandali sdruciti ai piedi. Non sono povere però, anzi rispetto al passato delle famiglie si direbbero persino benestanti, ma questo non muta il vestiario tradizionale più simile a un grembiule che a un abito vero e proprio. (…) Angelica pensa alla faccenda dei talenti. Se ciascuno ne ha almeno uno, in tal caso qual è il suo? Ha per caso anche lei un talento speciale che la rende unica agli occhi di Dio? Ma poi è proprio vero che ognuno di noi ce l’ha? Pensa allora al talento del figlio del capraro, che sa fischiare come nessuno, tanto che anche i passeri si fermano. Oppure a Filomena, la serva dei Perrotta, che quando ride sa mostrare tutti i denti della bocca e persino quelli che le mancano. Quanto a lei, forse il suo talento sta nel sentire talvolta le voci che le parlano nella testa. Di chi sono poi? Forse di quei fratelli che mai sono nati, perchè la madre non li aveva voluti e se l’era fatti strappare dalla mammana? O forse delle fate, come quelle delle fiabe, che talvolta in inverno la serva Mimidda le racconta quando davanti al cofone recitano il rosario? In quel momento donna Giuseppina fa alzare le bambine dalla panca. “Ora recitiamo il Salve Regina, bambine”. E subito tutte cominciano a srotolare le preghiere.”
Silvana La Spina, da “Angelica”
(Foto: Claudia Cardinale interpreta Angelica Sedara ne “Il Gattopardo” di Luchino Visconti)
“Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia.” (Proverbio)
Oggi festeggiamo Santa Lucia, una delle ricorrenze più importanti dell’Avvento. VALIUM ne ha parlato spesso, focalizzando l’attenzione sulla sua celebrazione in Svezia e sulla storia della “Santa della Luce”(clicca sui due link per rileggere gli articoli). In questo post, invece, approfondirò la matrice pagana della festa. Le location sono ancora una volta le magiche, innevate lande del Nord Europa: in Scandinavia, anticamente, la notte del 13 Dicembre era dedicata a una suggestiva festività dell’ era pre-cristiana. Innanzitutto, va precisato lo scenario in cui tale data si andava a collocare. Per i popoli nordici, Dicembre è il mese più buio dell’anno; l’oscurità fagocita le distese di fitti boschi, i campi, i laghi, i villaggi. Le forme si fanno indistinte. Questo periodo, molti secoli orsono, veniva identificato con il caos primordiale: l’ indefinito, le tenebre antecedenti alla creazione. Quando arrivava l’ Inverno, era come se si regredisse a quella condizione. La notte del 13 Dicembre, con il suo buio interminabile, rivestiva una precisa valenza simbolica. Era la più lunga, e quindi la più oscura notte dell’ anno; poteva nascondere insidie e pericoli. In Scandinavia venne battezzata “Lussinatt” o “Langnatt”, ovvero “lunga notte”, e si riteneva che Lussi, una divinità pagana il cui nome significa “luce” poichè era considerata la “Madre del Sole Nuovo”, regnasse su di essa.
Lussi era anche la madre degli spiriti dell’ Altro Mondo, e la notte del 13 Dicembre soleva volare nelle tenebre con il suo corteo di gnomi, fate, elfi e troll: un seguito sinistro e fantasmatico denominato Lussiferda. Questo particolare connette la figura di Lussi con il mito della Oskoreia, la “Caccia Selvaggia” capeggiata da Odino; imbattersi in una simile processione soprannaturale non era certo di buon auspicio, si rischiava di essere rapiti e trascinati nel Regno dei Morti. Ma anche Lussi e il suo corteo non scherzavano. Quando arrivava la Lussinatt, sorvolavano le case castigando tutti coloro che non si comportavano a dovere. Lussi si calava nei camini per prelevare i bambini malvagi e portarli nel Regno dei Morti, e puniva le famiglie che non adempivano ai preparativi per la festa di Yule. La notte del 13 Dicembre, inoltre, anche gli animali erano dotati del dono della favella: si riteneva che conversassero tra loro e commentassero come venivano trattati dai rispettivi padroni. Ogni istante della Lussinatt, insomma, era intriso di magia. Il motivo è molto semplice. Nel mese di Yule, quando il buio imperversava, cadevano le barriere tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti e delle creature fatate. Un numero illimitato di ombre poteva celarsi nell’ oscurità; incantesimi e pericoli erano in agguato dietro l’angolo.
Potremmo considerare Lussi la controparte oscura di Santa Lucia. La divinità pagana portava un nome che inneggiava alla luce, eppure regnava sulla notte più lunga dell’ anno; era rappresentata come una vecchia, a metà tra la strega e la maga, ma aveva il compito di concepire l’astro solare, che immergeva in un caldaio e rigenerava grazie al bollore delle fiamme. Queste ambivalenze, in realtà, appaiono frequentemente nel Paganesimo. In quanto Madre del SoleNuovo, Lussi era anch’essa, come Lucia, una “portatrice di luce”: il suo nome aveva una valenza potentemente simbolica.
Ma quando avvenne, esattamente, la transizione dal culto di Lussi a quello di Santa Lucia? In Scandinavia il passaggio non fu così rapido. Il Cristianesimo cominciò a diffondersi nell’ anno 1000 in quelle lande nordiche, e tuttavia svariate testimonianze dimostrano che, nel XIII secolo, la figura di Lussi era ancora saldamente ancorata nell’ immaginario collettivo. La venerazione di Santa Lucia, e i riti che a tutt’oggi la contraddistinguono, sono fenomeni che in Svezia, Danimarca, Finlandia e Norvegia si affermarono dalla fine del 1800 in poi (in Norvegia, il culto di Lucia di Siracusa prese piede addirittura dopo il secondo conflitto mondiale): prova ne è il fatto che “Santa Lucia”, la celebre canzone napoletana che si accompagna alle celebrazioni nordiche, fu scritta da Teodoro Cottrau nel 1849. Solo nel XX secolo la devozione a Lucia, portatrice di luce e protettrice della vista, si consolidò nella penisola scandinava. Fino a quel momento, soprattutto nelle zone rurali, le tracce delle antiche tradizioni pagane non erano mai scomparse del tutto.
Lussi e Lucia: due figure agli antipodi accomunate, però, da più d’una caratteristica. La prima è l’essere entrambe “portatrici di luce”. Lussi in quanto artefice del rinnovamento del Sole, Lucia per il suo nome e poichè nel suo sguardo vibrava la luce spirituale del cambiamento e della speranza. Non è un caso che, secondo la leggenda, le furono cavati gli occhi. Ma gli elementi che Lussi e Lucia hanno in comune sono anche altri. Uno di questi è venato di accenti vagamente sinistri, e sembra riportare al clima oscuro della Lussinatt: gli antichi popoli sostenevano che guardare negli occhi le divinità femminili più “tenebrose” (e tra queste rientrava Lussi) portava a conseguenze terribili e irreversibili. Curiosamente, tutto ciò riporta a una credenza relativa a SantaLucia. Ai bambini si raccomandava di non guardarla, quando passava di casa in casa per consegnare i doni, perchè avrebbe gettato cenere nei loro occhi accecandoli temporaneamente.
Gli stessi occhi che Lucia conserva in un piattino sono un’ immagine inquietante. Eppure, al tempo stesso, hanno una valenza positiva: emblema di luce, gli occhi giacciono inanimi così come il Sole soccombe all’ oscurità dell’ Inverno. Ma la luce e il Sole rinasceranno a Yule, il giorno del Solstizio, quando il buio comincerà ad arretrare progressivamente. In omaggio al Sole che rinasce, gli svedesi hanno ideato un dessert tipico della festa di Santa Lucia: i Lussekatter, ribattezzati in Italia“Gatti di Santa Lucia”. Si tratta di dolcetti soffici e di un giallo luminoso (come lo è, appunto, il Sole) ottenuto con lo zafferano. La loro forma ad “S” rimanda, non a caso, alla rinascita ciclica del Sole, anche se da molti viene associata alla coda del gatto protagonista di un’antica leggenda sui Lussekatter.
L’ illustrazione è dell’ artista svedese Gerda Tirén
Dicembre è un mese straordinario anche dal punto di vista olfattivo: chi potrebbe mai scinderlo dai deliziosi profumi speziati che aleggiano sui mercatini natalizi? La cannella, lo zenzero, la vaniglia, l’arancia, l’anice stellato aromatizzano la maggior parte dei dolci di fine anno; si annusano nell’aria e caratterizzano questo magico periodo al pari dell’ odore del focolare, del vin brulé e degli aghi dell’abete naturale che molti sono soliti addobbare. “La colazione di oggi” ha già approfondito spezie quali lo zenzero e la cannella(clicca sui rispettivi nomi per rileggere gli articoli). E’ il momento di conoscerne qualche altra, di proseguire l’affascinante viaggio alla scoperta degli aromi natalizi: potrete avvalervene per iniziare in bellezza queste affascinanti giornate dicembrine.
L’anice stellato
Ha una forma particolarissima e inconfondibile: somiglia ad una stella a molteplici punte, tant’è che viene chiamato “anice stellato” per differenziarsi dall’anice semplice. E’ il frutto di un sempreverde proveniente dall’ Asia, lo si raccoglie prima che sia completamente maturo e lo si lascia essiccare esponendolo al sole. Ha proprietà ossidanti e antibatteriche; anticamente, i cinesi lo usavano per combattere l’ansia e le infiammazioni delle vie respiratorie. Il suo aroma è molto intenso, simile a una combinazione di liquirizia e mentolo. Viene venduto già in polvere, oppure in semi interi che, dopo aver fatto bollire in acqua per alcuni minuti, si polverizzano con un mortaio. Cosa aromatizzare con l’anicestellato? Lo troviamo in svariati tipi di torte al miele e di biscotti, nel panpepato e in golose marmellate.
L’ arancia
Questa spezia apporta tutti i benefici del frutto che vede protagonista; abbonda di vitamina C, è un antiossidante naturale e un toccasana per il sistema immunitario. Viene adoperata in svariati modi: fette di arancia caramellate, buccia di arancia grattugiata, succo di arancia, scorze di aranciacandite…E’ gettonatissima, versatile, la si può includere nelle ricette più disparate. Cosa aromatizzare con l’arancia? Una quantità innumerevole di dolci e di biscotti. Per un dessert ad alto tasso di golosità, provate a intingere le scorze di arancia candite nel cioccolato fondente.
I chiodi di garofano
Sono profumatissimi e si ricavano dai fiori essiccati del Syzygium aromaticum, un albero originario di Zanzibar e del Madagascar. Il loro aroma inebriante con accenti pungenti aromatizza squisitamente il vin brulè, il panpepato, il punch, il té, dolci come le crostate e i ciambelloni, le creme, la cioccolata calda e la frutta cotta. Insieme alla cannella, allo zenzero e al cardamomo rientrano tra i principali ingredienti dei Pepparkakor, i tipici biscotti che in Svezia si preparano durante l’ Avvento e in occasione della festa di Santa Lucia. Gli antichi popoli conoscevano bene le proprietà antidolorifiche dei chiodi di garofano, e li utilizzavano anche per contrastare il gonfiore e le infiammazioni.
La vaniglia
E’ originaria dell’ India e dell’ America Centrale, viene venduta in baccelli (dai quali estrarre i semini) o in polvere. Può essere considerata la spezia più amata: il suo gusto dolce, intenso e cremoso piace a tutti indistintamente. Con i dessert instaura un connubio ideale, esaltando e intensificando il loro sapore. I dolci che la includono sono incalcolabili: torte, pasticcini, prodotti da forno, salse, creme, panna cotta, glassa, créme brulée e via dicendo. L’ abbinamento con i canditi è un vero e proprio must del gusto. La vaniglia, inoltre, viene considerata un antidepressivo naturale; rilassa e fa bene all’ umore. Per preservarne al meglio l’aroma, i baccelli andrebbero conservati in luoghi bui e con temperature non troppo elevate.
Il cardamomo
E’ una spezia ricavata dai semi di una pianta della famiglia delle Zingiberaceae, da cui derivano anche lo zenzero, la curcuma e il pepe. La pianta del cardamomo proviene dall’ India ed è ampiamente diffusa in Asia, soprattutto nel Vietnam, nello Sri Lanka e in Cambogia. Il cardamomo ha baccelli di un caratteristico colore verde e un gusto deciso e piccante. Questa spezia dalle origini antiche è pregiatissima. I Greci e i Romani la utilizzavano per creare fragranze dall’ aroma unico, molto persistente. E’ molto efficace per favorire la digestione e possiede proprietà antisettiche e antinfiammatorie. In India e nel Medio Oriente il cardamomo accompagna un gran numero di pietanze e di dolci; viene anche mescolato al tè e al caffè. Nel Nord Europa si usa per preparare il pane e dessert tradizionali, abbinandolo di frequente alla cannella e ai chiodi di garofano. Cosa aromatizzare con il cardamomo? Il panpepato, le torte, i biscotti, le cheesecake, il tiramisù, le tortine, il budino…gli spunti sono illimitati.
La noce moscata
Ha un gusto dolce e agro a un tempo, molto versatile. Si ottiene dai semi di un sempreverde originario dell’ Indonesia, il Myristica Fragrans, coltivato in svariati paesi asiatici e caraibici. E’ possibile acquistarla in polvere o in semi interi da grattugiare. In cucina viene utilizzata per aromatizzare sia le pietanze salate che i dessert: soffermandoci su questi ultimi, la troviamo soprattutto abbinata alle torte, alle cheesecake, ai biscotti e alle creme. Possiede proprietà sedative, toniche e antisettiche, è un toccasana per l’ intestino e contrasta l’aerofagia. Ma attenzione a non eccedere con le dosi: un utilizzo smodato di noce moscata può provocare addirittura stati allucinatori (lo sapevano bene gli antichi Egizi, che se ne servivano per potenziare l’effetto dell’ hashish).
” Tutti i grandi uomini sono dei sognatori. Vedono cose nella leggera foschia primaverile, o nel fuoco rosso della sera d’un lungo inverno.” (Thomas Woodrow Wilson)
Oggi il cielo ci regala uno spettacolo imperdibile: la Luna Fredda, l’ultimo plenilunio di Dicembre. Sarà una luna piena luminosissima, quasi abbagliante, nettamente distinguibile. Per 24 ore splenderà incontrastata nella volta celeste, dando vita a uno scenario di pura magia. Il suo fulgore sarà tale da neutralizzare persino quello di Marte. Il “pianeta rosso”, che attualmente si trova nella Costellazione delToro, risulterà osservabile per tutto il dodicesimo mese dell’ anno. In questo periodo raggiunge la minima distanza dal nostro pianeta (a dispetto di quanto si possa pensare, tra Marte e il globo terrestre intercorrono “solo” 81,5 milioni di chilometri) e l’apice della luminescenza, ma stamattina è accaduto qualcosa di molto particolare: la Luna Fredda, piena dalle 23.08 del 7 Dicembre, ha occultato Marte con i suoi bagliori mentre quest’ ultimo si trovava in opposizione al Sole.Il fenomeno ha avuto inizio tra le 6.09 e le 6.21, quando il satellite e il pianeta si sono situati in prossimità l’uno dell’altro. I primi albori hanno permesso di osservare l’occultazione con discreta chiarezza, finchè, intorno alle 7.10, Marte ha fatto capolino dalla Luna Fredda per tornare visibile di lì a poco.
“Occultamento” del pianeta rosso a parte, la Luna Fredda è imperdibile per svariati motivi. L’ ultimo plenilunio dell’ anno, infatti, si manifesta durante una delle notti interminabili che precedono il Solstizio d’Inverno: ciò significa che, in confronto alle altre lune piene, sovrasta l’orizzonte per un notevole lasso di tempo. Si ha quindi l’ impressione che la sua luminosità sia sfolgorante e che troneggi nel cielo pressochè incessantemente. Un’ ulteriore particolarità della Luna Fredda riguarda il suo nome. A battezzarla con questo appellativo furono i nativi americani, che la ricollegarono così al primo mese dell’ Inverno. Il loro auspicio era che l’ ultima luna piena dell’ anno risplendesse dal tramonto all’ alba, per chiudere un ciclo in bellezza e propiziarsi la fortuna nei dodici mesi successivi. Altri nomi che identificavano la Luna Fredda erano “Luna della Notte Lunga”, perchè brillava nelle notti prossime al Solstizio, “Luna dello Sgombero”, perchè si riteneva che spazzasse via gli influssi negativi, e “Luna della Brina Lucente”, in quanto il chiarore lunare accendeva i bagliori della brina. Anche se vi siete persi il fenomeno dell’ occultazione, avete tutto il tempo per ammirare la Luna Fredda: puntate gli occhi verso il cielo, stanotte, e lasciatevi ammaliare dal plenilunio che preannuncia le incantate atmosfere di Yule.
“Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.”
(Gesù di Nazareth)
Così dice Gesù nel Vangelo secondo Giovanni. E ogni anno, a Natale, le città si adornano di luci per commemorare la sua nascita. Oggi anche VALIUM accende le luminarie: un tripudio di bagliori che risplendono nel buio e tramutano in pura magia la realtà. Renne, stelle, fiocchi di neve, maestosi alberi di Natale vestono a festa il blog dando vita ad atmosfere suggestive e trascinando in un vortice di fulgori ipnotici. L’ oro e l’argento predominano, diffondendo un sontuoso alone di regalità. Godetevi la photogallery per immergervi in scenari sublimemente fatati, dove anche gli angoli più bui si ammantano di un’ incantevole luminosità.
” Quando la mamma tira fuori l’ultimo pacchetto dalla cesta, capisco dalla forma che si tratta di un libro. Ma non è per me. Devono evidentemente aver deciso che questa volta mi tocca farne senza. E invece il pacchetto è proprio destinato a me e, quando lo prendo in mano, ho l’assoluta certezza che si tratti di un libro. Divento rossa di gioia e lancio quasi un grido nell’impazienza di farmi passare le forbici e tagliare i nastri. Strappo la carta con foga ed eccomi davanti agli occhi il più bel libro del mondo, un libro di fiabe. È quello che arrivo a capire dalla figura della copertina. Sento che tutti intorno al tavolo mi guardano. Sanno benissimo che questo è il mio più bel regalo, l’unico che mi rende davvero felice. “Che libro hai ricevuto?” chiede Daniel allungandosi verso di me. Lo apro e resto lì a fissare il frontespizio a bocca aperta. Non capisco una parola. “Fammi vedere!” dice, e legge: “Nouveaux contes de fées pour les petits enfants par Madame la Comtesse de Ségur.” Daniel chiude il libro e me lo restituisce. “È un libro di fiabe in francese”, commenta. “Avrai di che divertirti.” Ho preso lezioni di francese da Aline Laurell per sei mesi, ma sfogliando le pagine del libro mi rendo conto che non capisco niente. Ricevere un libro in francese è quasi peggio che non riceverne neanche uno. Faccio fatica trattenere le lacrime. Ma per fortuna mi cade l’occhio su una delle figure. La più incantevole principessina del mondo viaggia in una carrozza tirata da due struzzi e, a cavallo di uno dei due struzzi, c’è un paggetto in alta livrea con lo stemma ricamato e le piume sul cappello. La principessina ha le maniche a sbuffo e una sontuosa gorgiera. Gli struzzi hanno in testa alti pennacchi e le redini sono ornate di grosse catene d’oro. Non si può immaginare niente di più bello. Man mano che sfoglio, trovo un vero e proprio tesoro di illustrazioni, altere principesse, re maestosi, nobili cavalieri, fate raggianti, orribili streghe, meravigliosi castelli fatati. No, non è un libro per cui piangere, anche se è in francese. Per tutta la notte di Natale me ne sto sdraiata a guardare le figure, soprattutto la prima, con gli struzzi. Mi basta quella per passarci ore. Il giorno di Natale, dopo la messa di primo mattino, tiro fuori un dizionario di francese e mi lancio nella lettura. È difficile. L’ho studiato solo con il metodo Grönlund. (…) Il libro inizia così: Il y avait un roi. Cosa mai vorrà dire? Mi ci vuole quasi un’ora per arrivare a capire che va tradotto: “C’era una volta un re.” Ma le figure mi affascinano. Devo capire cosa rappresentano. Provo a indovinare, cerco nel dizionario e, riga per riga, vado avanti. E alla fine delle vacanze di Natale, quel meraviglioso libretto mi ha insegnato più francese di quanto ne avrei mai potuto imparare in tanti anni di metodo Aline Laurell e Grönlund. “
E’ dolcissimo, ha una consistenza viscosa e il colore dell’ oro: del miele, VALIUM ha già parlato nella rubrica La colazione di oggi (rileggi l’articolo qui), ma dato che l’ Inverno è dietro l’angolo vale la pena di dire qualcosa in più sui suoi molti benefici. Per contrastare i malanni di stagione, infatti, il miele è un autentico toccasana. Svolge un’azione antibatterica, antinfiammatoria, emolliente, anticongestionante; è particolarmente efficace contro patologie da raffreddamento come la tosse, la faringite e il mal di gola. Il “nettare degli dei” (così lo chiamavano gli antichi popoli) si declina in innumerevoli tipologie: ad ognuna corrispondono delle caratteristiche, delle speciali doti. Scopriamole insieme esplorando dieci varietà. .
Miele di acacia. E’ detto “monofloreale”, perchè le api lo producono utilizzando unicamente il nettare dei fiori dell’acacia. Il suo colore è un giallo tenue, la consistenza è liquida, il sapore delicato e vagamente simile a quello della vaniglia. Il processo di cristallizzazione è pressochè assente, per cui rimane liquido a tempo indeterminato. Le sue proprietà: è un toccasana per le malattie delle vie respiratorie (raffreddore, muco in eccesso, mal di gola, tosse), ma si rivela anche un ottimo rimedio contro l’acidità gastrica.
Miele di castagno. Deriva dai fiori del castagno e sfoggia un color ambra scuro. Il sapore è aromatico, lievemente amarognolo. Non cristallizza o quasi, per cui rimane liquido molto a lungo. Le sue proprietà: allevia i malanni da raffreddamento e in particolare la tosse, in più favorisce la digestione, la circolazione del sangue ed è un antidoto contro la cistite. Grazie all’acido fenolico, di cui è ricco, combatte l’invecchiamento cellulare e può essere considerato un buon antiossidante naturale.
Miele di tiglio. Il suo colore è un giallo pallido, il sapore è inconfondibilmente aromatico. Cristallizza lentamente fino ad assumere un consistenza compatta. Le sue proprietà: ha un effetto diuretico, aiuta la digestione, svolge un’azione sedativa ed allevia i crampi mestruali.
Miele di Millefiori. Può essere beige chiaro oppure assumere una colorazione scura in base ai fiori di provenienza: è un polifloreale, poichè viene ricavato dal polline di diversi fiori. Il sapore e la cristallizzazione dipendono dalle specie floreali e dalla zona in cui le api hanno raccolto il nettare. Le sue proprietà: oltre a svolgere un’azione decongestionante per le vie aeree, è un buon depurante per il fegato e un ottimo diuretico. Al pari del magnesio, fissa il calcio nelle ossa.
Miele di eucalipto. Monofloreale, deriva esclusivamente dai fiori di eucalipto. Ha il colore dell’ ambra, un aroma intenso e un sapore fortemente aromatico. Cristallizza molto rapidamente. Le sue proprietà: contiene una gran quantità di flavonoidi, per cui è un efficace antiossidante. Contrasta le infiammazioni delle vie urinarie e dell’ apparato intestinale.
Miele di girasole. Il colore è un caratteristico giallo oro, il sapore è soave. Cristallizza velocemente. Le sue proprietà: è un valido rimedio contro le nevralgie e combatte il colesterolo LDL, altrimenti detto “colesterolo cattivo”.
Miele di lavanda. Il colore spazia dal giallo paglierino all’ ambra, ma si tramuta in un beige-bianco dopo la cristallizzazione (estremamente rapida). L’ odore e il sapore sono intensi, ricchi di accenti fruttati e floreali. Le sue proprietà: contrasta gli spasmi, è leggermente sedativo e favorisce il rilassamento.
Miele di corbezzolo. Considerato un miele pregiato, vanta un color ambra che muta in un nocciola scuro o in un ambra tenue una volta cristallizzato. Il gusto è particolarissimo, amaro, definito una sorta di miscela tra il sapore del caffè, del tabacco e del cacao. Il profumo è intenso. Le sue proprietà: è un ottimo antiasmatico, possiede potenti virtù antisettiche e diuretiche.
Miele di erica. Il suo colore, ambra scuro con venature rossicce, si tramuta in un marrone aranciato dopo la rapida cristallizzazione. Il profumo e il sapore sono intensi, vengono paragonati a note di caramello, zucchero cotto, curcuma, caramella mou, liquirizia e legno aromatico. Le sue proprietà: possiede straordinarie virtù antireumatiche, contrasta l’anemia ed è un valido ricostituente.
Miele di Tarassaco. Il colore è un ambra giallognolo che diventa un giallo o un crema dopo la cristallizzazione, molto rapida. Al termine di questo processo la sua consistenza è soffice, incredibilmente cremosa. L’odore è penetrante, il sapore delicato e intriso di accenti speziati. Le sue proprietà: svolge una potente azione depurante, è un buon diuretico e riequilibra le funzioni intestinali.
“Un altro pestone non va via da sotto l’occhio/e le ferite dentro non le mascheri col trucco./La pioggia è di veleno sotto questo cielo muto/nessuno ha visto niente ed oggi è un altro giorno di lutto./Si raccontano favole nella realtà distorta/quel figlio di puttana non lo sa che giaci morta./Quattro colpi in canna dietro quella maledetta porta…” Inizia così il nuovo singolo di Gasoldo, “Linee di confine”, ed ascoltando questi versi, vi giuro, sono riuscita a trattenere a stento le lacrime. Il tema su cui è incentrato il brano è chiaro: la violenza nei confronti delle donne, un argomento di recente sviscerato anche in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne celebrata il 25 Novembre scorso. Le statistiche, in effetti, sono allarmanti. Nel nostro paese, una ricerca dell’ ISTAT ha evidenziato che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una violenza fisica o sessuale, e che ben il 62,7% degli stupri viene compiuto dal compagno di vita della vittima. In base a un report della Polizia Criminale, i 273 omicidi commessi tra il 1 Gennaio e il 20 Novembre 2022 includono 109 femminicidi. In ambito familiare o di coppia, nello stesso periodo, hanno trovato la morte 88 donne e 52 di esse sono state uccise dal proprio partner o da un uomo con cui avevano avuto una relazione. Le percentuali, purtroppo, sono in continua crescita: è un’ escalation di violenza che mette i brividi, a cui spesso si aggiunge l’abuso emotivo.
Gasoldo, che un anno fa ho incontrato in concomitanza dell’ uscita di “Io e te per sempre”, un singolo inneggiante all’amore in tutte le sue sfaccettature, esplora ora il lato oscuro della vita di coppia. E lo fa con la maestria che lo contraddistingue nel catturare le emozioni per tradurle in musica, nel creare atmosfere grondanti di pathos tramite un sapiente intreccio di note e versi in rima. A poco tempo di distanza dalla Giornata Internazionale per l’ eliminazione della violenza contro le donne, giorno in cui “Linee di confine” ha visto la luce, incontro il “poeta del rap” per approfondire le caratteristiche del suo nuovo brano e del video che lo accompagna.
Perchè la scelta del titolo “Linee di confine”?
Il titolo nasce a canzone finita ed è quello che rispecchiava di più tutto il testo nella sua essenza. Nella mia testa la linea di confine è quella che ci separa da qualcosa di “conosciuto”, ma ancora ignoto. Invece le linee di confine sono quelle che separano il rispetto, la gentilezza e i gesti d’amore dai soprusi, da un folle abuso, dall’arroganza, dalla cattiveria che sfocia rabbiosa e infligge dolore. Ci sono linee di confine che non si devono sorpassare perché si può finire in una terra di nessuno dove non esistono né leggi né regole, ma solo odio, tristezza e dolore. Nel testo si capisce molto facilmente: “la realtà ti spara contro linee di confine” (che qualcuno in questo momento non può sorpassare)…”tutto quello che ho bisogno è toglierti quella corona di spine” (tutto quello che desidero ora è toglierti il dolore che stai provando ed alleviarlo). Però sai, io posso descrivere il mio intento ma è anche bello lasciare spazio ad un’ interpretazione personale. Perché è possibile che ognuno possa “sentire” il testo della canzone in maniera diversa ed è giusto che sia così.
Come nasce l’ispirazione al tema della violenza sulle donne?
C’era bisogno di farlo. C’è bisogno di parlare dell’argomento. Il brano è nel nostro grembo creativo da qualche tempo ed è sicuramente un mix di sensazioni, rabbia ed emozioni. È stato scritto velocemente e direttamente sulla magnifica base del mio socio producer Andrea Bonato (Bitinjuice). Il testo è venuto fuori quasi “naturalmente”, mentre scrivevo le rime sgorgavano con facilità straordinaria. È un testo molto musicale nonostante sia fortemente impegnato socialmente, perché in Italia (e non parliamo del resto del mondo, che è pure peggio) questo tema viene assolutamente snobbato. Si sta affrontando ma senza alcuna convinzione, quasi che non esistesse o sia esistito solo durante il lockdown. Ci si dimentica in fretta. Ma tutti sappiamo benissimo che non è così. Sappiamo benissimo, per esempio, che in Spagna delle violenze fra le mura domestiche se ne parla già da molto tempo ed è una vera piaga sociale. Sappiamo benissimo che la violenza in tutte le sue forme è vomitevole, aberrante, vigliacca. Figuriamoci la violenza sulle donne, le adolescenti o le bambine. Bisogna avere il coraggio di intervenire se si sentono delle grida disperate di aiuto. C’è bisogno di fare una telefonata e non di alzare il volume della TV per non sentirle. La TV e i suoi burattini che fanno finta di parlare del tema. Mi ha fatto molto piacere il commento in privato di Abby, che ti riporto perché rende molto bene l’idea del problema: “La canzone racchiude l’essenza e parla di più di tutti quelli che vanno in TV a dire stop alla violenza, grazie”. Cioè se ne parla qualche giorno prima, il giorno stesso, poi l’argomento si dimentica fino all’anno successivo, fino alla prossima vittima. Nella canzone ci sono molti messaggi, uno di questi è quello di non perdere la speranza. Non bisogna certo perdersi d’animo, e provare ogni giorno a realizzare i propri sogni finché ci siamo e finché c’è la forza per farlo. “Sognerò” fino all’ultimo respiro. Finché ci sarò sognerò e nessuno può né deve privarmi di questa libertà. Proviamoci nonostante le insidie, nonostante le difficoltà.
Gasoldo, al secolo Leopoldo Ulivieri
Dedichi questo brano a una donna in particolare, oltre che naturalmente a tutte le vittime di violenza e femminicidio? Esiste, tra i tanti, un caso che ti ha colpito in modo particolare?
Lo dedico a tutte le anime delle donne, delle adolescenti e delle bambine che hanno subito ingiustizie e violenze, a tutte quelle che hanno subito abusi e a tutte le loro famiglie, che devono convivere con questo dolore perpetuo. Io sono ancora sconvolto dal caso di EmanuelaOrlandi e Mirella Gregori, figurati! Sparite nel nulla negli anni Ottanta…Troppi fatti di cronaca nera, è la violenza in generale che mi fa ribrezzo ed è quella che andrebbe sradicata dall’essere umano senza se e senza ma. Purtroppo la realtà è ben diversa e lo vediamo ogni giorno. La quotidianità è pregna d’odio, insulta, deride, ridicolizza, bullizza. Si cerca di non fare distinzione di sesso, ma alla fine credo che la maggioranza che subisce appartenga nettamente al sesso femminile. La mia dedica va a tutte queste anime.
Chi ha firmato la regia del video di “Linee di confine”?
La regia è curata da me in collaborazione con Charmante folie, che ha creato anche il bellissimo costume e la corona della Madonna che si vedono nel video. E’ stata sempre Charmante folie ad ideare la magnifica e significativa cover della traccia, di ispirazione vagamente lachapelliana. La Madonna che vediamo in copertina è stata realizzata da un artista spagnolo, Francisco Romero Zafra.
Il “Wall of Dolls” di Jo Squillo
Potresti dirci qualcosa sul “Wall of Dolls” immortalato nella clip?
Il muro delle bambole si trova a Milano, in via De Amicis. Wall of Dolls – il Murodelle Bambole è stato ideato da Jo Squillo quando nel 2013 ebbe l’idea di creare un’installazione da condividere con vari artisti e stilisti, ed è diventato nel tempo un simbolo contro il femminicidio e la violenza sulle donne. Grande idea! Oltre al muro delle bambole nel video si vede il ponte in Ortica, sempre a Milano, con il progetto Scarpette Rosse: scarpette rosse e targhe commemorative dedicate alle vittime di violenze durante il lockdown, un’ iniziativa curata dall’associazione Or.Me.
La cover di “Linee di confine”, che Charmante Folie ha realizzato avvalendosi dell’immagine di un’opera dell’artista spagnolo Francisco Romero Zafra
Cosa rappresenta la Madonna dal manto celeste che vediamo nelle ultime sequenze?
La Madonna della cover è una Madonna Addolorata, nel video invece il manto celeste rappresenta la spiritualità, la libertà, il cielo e l’aldilà, nonché l’annientamento del male ed il passaggio verso quella vita serena che non di è certo stata questa terrena. Simbologia. Misticismo. Paura dell’ignoto. Il passaggio dalle tribolazioni dell’esistenza verso il celeste cielo in cui tutte le anime sofferenti si spera possano finalmente trovare pace.
La Madonna dal manto celeste della clip
Il video si conclude mostrando un particolare gesto della mano: qual è il suo significato?
Il video inizia con il segnale di aiuto e finisce con lo stesso segno che tutti dovrebbero conoscere. È un messaggio semplice, che può salvare la vita e quindi magari evitare tutta la tribola del video e di questa canzone. È un segnale facile da ricordare, che ha salvato già molte donne dalla violenza domestica durante il lockdown. Grazie a questo gesto, in America una sedicenne è scampata a un rapimento. Si tratta di un SOS assolutamente utile ed è nostro dovere divulgarlo.
La richiesta gestuale di aiuto
“Linee di confine” su Spotify
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