La colazione di oggi: le castagne, il “pane” dell’ Autunno

Ottobre = castagne: un’equazione che viene spontanea. Insieme alla zucca, infatti (che tratteremo a tempo debito), i frutti del castagno rappresentano un emblema dell’arrivo dell’ Autunno. E dell’ Autunno incarnano la suggestività più profonda. Pensate solo alle caldarroste degustate insieme al vino, meglio ancora se davanti al focolare…un’ immagine ricorrente, quando si vaga con la mente all’ inizio della stagione fredda. Ma oltre ad evocare tutta un’ atmosfera, le castagne sono ricche di proprietà benefiche. Comincio subito col dire che – ebbene sì – contengono parecchie calorie: gli zuccheri, declinati in amido, compongono l’ 84% del frutto della “Castanea Sativa” (questo il nome dell’ albero da cui ha origine). In compenso, però, le castagne racchiudono un’ alta quantità di fibre e di vitamina E, B2 e PP, accompagnate da minerali quali il potassio, il fosforo, il ferro, il magnesio, il calcio e lo zinco. Da questo mix scaturisce vigore puro, una vera e proprio bomba di energia. Ecco perchè i “marroni” sono spesso utilizzati per combattere la stanchezza, durante la convalescenza e dagli sportivi quando devono fare il pieno di sprint. Per contrastare gli effetti della copiosa dose di amidi, però, c’è un trucco: bisognerebbe diminuire (o addirittura eliminare del tutto) la quantità di pane che si ingerisce insieme a un pasto a base di castagne. Tanto per farvi un’idea, considerate che una decina di castagne contengono amidi in un numero pari a quello di 50 g di pane integrale. In più, le castagne sono prive di glutine e le fibre, di cui al contrario abbondano, diminuiscono drasticamente il quantitativo dei grassi compresi nel frutto. Riassumendo il concetto, dunque, dovrebbero essere sempre degustate evitando l’ abbinamento con cibi come appunto il pane, ma anche la pasta e le patate, ricche di amidi parimenti. 

 

 

Bisogna aggiungere che, proprio in virtù dell’ elevato contenuto di amidi racchiusi nelle castagne, l’ideale sarebbe consumarle durante i pasti brevi o gli spuntini. La prima colazione o la merenda, per esempio, oppure a pranzo o a cena, ma combinandole preferibilmente con le verdure. A noi, però, interessa la prima colazione: come inserire le castagne nel menu di inizio giornata? In modi innumerevoli. Torte, biscotti, budini, creme spalmabili (utilizzate anche per guarnire i dolci), mousse di castagne, sono solo alcune delle delizie a cui dà vita questo frutto tipicamente autunnale. Oppure, gustatele sotto forma di caldarroste: se le abbinate alla vaniglia o alla cannella in polvere otterrete, garantito, un connubio irresistibile.

 

 

Le ricette, comunque, sono numerose e tutte da leccarsi i baffi. Basti pensare che la farina di castagne viene utilizzata per preparare delle succulente crepes! Tramite una ricerca mirata sul web, potrete trovare una miriade di spunti. Accantonando l’ aspetto culinario per esplorare quello delle tradizioni e delle leggende associate al frutto ottobrino, scopriamo notizie estremamente interessanti. Le sue radici pare che risiedano nell’ antica Grecia: lì, in Tessaglia (una regione centrale del paese), sorgeva una città nel bel mezzo di vasti castagneti. I Romani, ghiotti di castagne a tal punto da decantarle nei componimenti poetici, non esitarono nel diffondere il castagno non solo in Italia, bensì in tutta Europa. Grazie alle loro proprietà nutrienti, le castagne vennero subito utilizzate dai poveri come pasto principale; abbiamo già visto, infatti, che la ricchezza di amidi del frutto fa sì che possa sostituire il pane (lo storico Senofonte, vissuto tra il 400 e 300 a.C., non a caso aveva battezzato il castagno “albero del pane”). Dal 1770 in poi, tuttavia, anche l’aristocrazia cominciò ad apprezzarle sotto forma di marron glacé. Con il passar del tempo, le castagne spopolarono soprattutto in versione “dessert”: in Francia era ricercatissima la crema di cioccolata e farina di castagne preparata dal dottor Bonneau, un farmacista parigino. Da allora, cucinate in modi incalcolabili, quei frutti divennero un “basic” della gastronomia europea.

 

 

Esistono moltissime leggende sulle castagne, sia correlate al loro aspetto che alla loro valenza di “pane dei poveri”. Una di queste, ad esempio, narra che le castagne, stanche di patire il freddo dell’ Inverno, chiesero al castagno che le aveva generate se avesse qualche consiglio da fornire al riguardo. L’ albero suggerì ai suoi frutti di convocare i ricci del bosco: avrebbero avuto, per caso, amici non più in vita a cui sottrarre il manto spinoso? Le castagne seguirono il suggerimento e i ricci le aiutarono di buon grado. Consegnarono loro una serie di manti ispidi e, da quel momento, le castagne rimasero per sempre al riparo dai rigori dell’ Inverno. Sapete, invece, perchè il guscio delle castagne si apre a croce? Racconta una leggenda che il popolo medievale, attanagliato dalla fame, avrebbe voluto nutrirsi di castagne, ma non poteva a causa delle spine dei loro ricci. Supplicò quindi San Benedetto affinchè venisse in suo aiuto; al che, il Santo benedisse i frutti e questi si aprirono formando una croce per onorare il sacrificio di Cristo. Sempre riguardo le spine dei ricci, esiste un’ altra leggenda: Dio aveva creato le castagne perchè potessero sfamare le popolazioni della montagna. Il loro guscio era liscio, apribilissimo. Ma il Diavolo, per impedire che la povera gente raccogliesse quei frutti, lo cosparse di spine. Non appena se ne accorse, Dio benedisse le castagne e il guscio, apertosi a forma di croce dopo il suo gesto, cadde a terra in modo che tutti i bisognosi potessero coglierlo facilmente.

 

 

 

 

La Contessa Pinina Garavaglia per Adriana Hot Couture: un’icona sulla passerella di uno dei brand più iconici della Milano Fashion Week

 

Prima di trasferirci a Parigi per ammirare le collezioni Primavera Estate 2022 presentate nella Ville Lumière, un approfondimento sulla Fashion Week milanese è d’obbligo. Soprattutto perchè voglio annunciarvi una favolosa news: la Contessa Pinina Garavaglia, che i fan di VALIUM conoscono benissimo anche grazie alla sua presenza ricorrente in questo blog, ha sfilato nelle vesti (è il caso di dirlo) di super special guest del brand Adriana Hot Couture, il più avantgarde tra i pilastri della “extravaganza” fashion. Tanto per darvi un’idea: un marchio scelto da star del calibro di Rihanna, Jaret Leto, oltre che – per rimanere entro i confini italici – da Miss Keta per il video di “Le ragazze di Porta Venezia”. Un concentrato di kawaii style e colori al neon, ruches all over e tulle a profusione, glitter e piume, romanticismo e seduttività sfrontata, sancito da una giocosità vertiginosa come le zeppe abbinate agli outfit, è il trademark della griffe fondata a Milano dalla fashion editor Elisa Zaccanti insieme a Rujana Cantoni, Greta Gerardi e Bianca Luini. Il binomio “arte e moda” rappresenta il cardine su cui Adriana Hot Couture poggia le sue basi, proponendo uno stile allegramente distante dal mainstream. La Contessa Garavaglia, da sempre ironica sperimentatrice di mode e modi sia nella sua attività di poetessa “dell’ Infusione” che nel circuito del clubbing, non poteva che essere la protagonista ideale del défilé Primavera Estate 2022 di questo brand emergente ma già iper acclamato.

 

 

La location? La casa dell’ artista Maurizio Cattelan, uno scrigno fatato, surreale e coloratissimo al pari delle creazioni indossate dalle modelle. Qui, in una sorta di Wunderkammer variopinta, lo show “Tacky Hangover” – che tradotto suona pressappoco come “post-sbornia kitsch” – è andato in scena lo scorso 24 Settembre. Ma Pinina Garavaglia non si è limitare a sfilare: i suoi ipnotici sonetti, alternati alla colonna sonora del sound designer Paolo Forchetti, hanno fatto da sottosfondo a buona parte della sfilata. “Se bastassero i nastri, i fiori, i colori/per scordare le pene, gli affanni, i dolori, che mai vincono chi crede, chi spera/ dall’ alba del suo mattino/fino all’ ombra della sera”…Così recitava uno dei componimenti di apertura, in apparente contrasto con l’ estetica caleidoscopica della collezione ma, a guardar bene, non troppo. Perchè se la forza d’animo appartiene a chi crede, a chi spera, a chi tiene a debita distanza dolori e affanni, è anche vero che la moda di Adriana Hot Couture è un inno esplosivo all’ ottimismo, alla vivacità, alla gioia di vivere.

 

 

Il 24 Settembre alle 18, dunque, ha avuto inizio una travolgente parata: su una passerella di pelliccia sintetica rosa bordata di fiori finti hanno sfilato, in una serie di audaci look a tinte fluo impreziositi da cappelli enormi e da un tripudio di ruches, le extravaganti dee di Adriana Hot Couture. La Contessa, personificazione vivente del mood del brand, è stata subito accolta da un’ ovazione. Ma se pensate che fosse “en pendant” con i cromatismi vibranti che si alternavano in passerella, vi sbagliate di grosso: Pinina Garavaglia ha lasciato senza fiato il parterre sfoggiando un lungo abito nero in lattice corredato da guanti in tinta e da un headpiece simile a una cuffia, sempre in lattice, cosparsa di ruches. Mentre avanzavano modelle in mini-outfit lingerie nei più disparati colori, la Contessa trionfava in un total black che sottolineava e ribadiva a chiare lettere la sua unicità. D’altronde, non stupisce. L’ indiscussa regina della techno made in Italy (rileggi qui l’ ultimo post che VALIUM le ha dedicato) con Adriana Hot Couture condivide l’ immaginario onirico e fiabesco, giocoso e deliziosamente naif, provocante e audace…(“Audace ci piace”, recita un suo celebre motto). Può quindi permettersi di declinarlo in nero pece senza alterarne lo spirito e i tratti identificativi. Perchè solo la Contessa Pinina Garavaglia, potentemente iconica oltre che ironica, è in grado di indossare un look corvino come se fosse vestita di rosa dalla testa ai piedi: lo stesso rosa che Adriana Hot Couture ha assurto a suo colore-emblema. Volete saperne di più? Stay tuned su VALIUM per un (meritatissimo) focus su questo intrigante brand che inneggia al massimalismo e all’ opulenza!

 

 

L’ onirica facciata della casa di Maurizio Cattelan
La Contessa Pinina Garavaglia in uno scatto nel backstage

Photos and videos courtesy of :

Contessa Pinina Garavaglia e Adriana Hot Couture

Il Profumo

 

” Voleva essere il dio onnipotente del profumo, così come lo era stato nella sua fantasia, ma ora nel mondo reale e regnando su uomini reali. E sapeva che ciò era in suo potere. Poiché gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’ orrore, davanti alla bellezza, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi al profumo. Poiché il profumo era fratello del respiro. Con esso penetrava negli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore, e là distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’ amore dall’ odio. Colui che dominava gli odori, dominava i cuori degli uomini. “

 

Patrick Suskind, da “Il Profumo “

 

 

 

 

 

Il luogo

 

La location più suggestiva dell’ autunno? Senza dubbio, un fuoco e i suoi dintorni. Che siano fiamme che ardono in un camino o quelle di un falò, magari acceso in giardino oppure nei boschi. Ottobre è appena iniziato, ma di notte le temperature calano a picco: non c’è niente di meglio che godersi un po’ di tepore accanto alla fonte di calore che, per prima, diede conforto all’ umanità ancestrale. Sebbene oggi tendiamo a trascurarlo, il fuoco ha rivestito una primaria importanza per lo sviluppo della civilizzazione. Non a caso incarna una valenza emblematica ben precisa in moltissime religioni, culture, persino filosofie. Innanzitutto, è uno dei quattro elementi di contatto tra il microcosmo umano e il macrocosmo naturale (gli altri tre elementi sono aria, acqua e terra). Da tempi immemorabili viene associato all’ energia, alla forza, alla passione, al maschile, quattro termini che per gli antichi equivalevano a un tutt’uno. Si contrappone alla frescura, all’ umidità dell’ acqua con il suo potente calore; tra i punti cardinali lo si identifica con il Sud. L’ esoterismo conferisce al fuoco una funzione purificatrice, vivificante, trasformatrice. Riflettendo la luminosità dello Spirito, è in grado di innalzare qualsiasi cosa a livelli di perfezione sublime. Per gli alchimisti rappresentava il numero 1 in quanto emblema dell’ Unità: dal fuoco si erano forgiati i restanti tre elementi e ciò favoriva la sua associazione con il creare, con il fervore inventivo. Anche le emozioni vissute al massimo, senza timori, rimandavano al fuoco. “Ardente” è un aggettivo in tal senso esemplare. Tornando alla vita di tutti i giorni, il fuoco possiede numerose valenze. E’ convivialità, intimità, calore, anche figurativamente parlando. Attorno al fuoco, in autunno, ci si riunisce per chiacchierare, mangiare caldarroste, bere un calice di buon vino. Oppure per danzare, ascoltare musica, celebrare i più disparati eventi. Da tempi remotissimi, fino al momento in cui è comparsa la televisione, nei casolari di campagna vigeva l’usanza di ritrovarsi la sera davanti al focolare. La cena era appena terminata: il momento giusto per lasciar spazio alle conversazioni, ai racconti, alle leggende, alle dicerie che correvano in paese. Il vino rappresentava una sorta di “pozione magica” inebriante che dava sapore a quelle riunioni. Ai bambini venivano narrate le fiabe, ma al tempo stesso aleggiava il gusto di procurarsi brividi a vicenda. Non è un caso che, di frequente, ci si intrattenesse nel tramandare storie e leggende dagli accenti macabri. Era uno dei modi prediletti per provare e per trasmettere emozioni, amplificandole attraverso la cassa di risonanza della paura; un modo che, al pari della convivialità delle chiacchiere e del vino sorseggiato tutti insieme, alimentava il piacere della condivisione. Proprio lì, di notte, come in una sorta di rituale…mentre ardevano le fiamme del focolare.

 

 

 

L’ Autunno, tempo di rinascita

 

” In qualche modo, il ciclo della natura è replicato nell’ anima dell’ essere umano: dalla pianta nasce il fiore che attrae le api che lo impollineranno e gli consentiranno di tramutarsi in frutto. Quel frutto produrrà sementi, le quali faranno nascere altre piante che si caricheranno di fiori che attireranno sciami di api fecondatrici che renderanno possibile la crescita dei frutti – e così per sempre, sino all’ eternità. Che sia benvenuto l’ autunno, la stagione in cui bisogna abbandonare il vecchiume per permettere al nuovo di emergere. “

 

Paulo Coelho, da “Hippie”

 

 

 

 

 

 

La colazione di oggi: l’ uva, emblema di vita e di prosperità

 

Nella scorsa puntata di questa rubrica abbiamo parlato delle mele (e della torta di mele), stavolta parleremo dell’ uva. Molti frutti autunnali, in effetti, sono miniere inesauribili di salute e di benessere. L’ uva è uno di questi. Oltre a darci l’occasione di dilettarci con la vendemmia (io l’ho fatto da piccola, mia zia aveva un podere in campagna) ci regala il vino, e i suoi acini succosissimi sono ottimi anche per la prima colazione. Ma quali sono le virtù di questo frutto che, più di ogni altro, rappresenta la fine dell’ estate? Innanzitutto, contiene un’ alta quantità di polifenoli: la sostanza che dà il colore all’ uva e la mantiene sana.  Ingerendoli, contrastiamo l’ invecchiamento cellulare poichè agiscono contro i danni causati dai radicali liberi. I polifenoli sono molecole preziose anche per la salute dell’ apparato cardiovascolare; favoriscono infatti un buon funzionamento dell’ endotelio (il tessuto che riveste le pareti interne del cuore), dei vasi linfatici e sanguigni, svolgendo al tempo stesso un’ azione antinfiammatoria e antiaggregante. L’ uva, inoltre, è un ottimo antidoto contro la degenerazione della macula, la parte centrale della retina. Si rivela utile, quindi, a preservare il benessere della nostra vista.

 

 

Se volete mantenervi giovani e attivi a lungo, poi, l’ uva fa al caso vostro: il resveratrolo e l’ acido linoleico di cui è ricca incentivano, rispettivamente, la sopravvivenza delle cellule grazie a potenti proprietà antiossidanti, e il mantenimento dell’ elasticità della pelle. Lo stress ossidativo, drasticamente ridotto dai componenti dell’ uva, viene contrastato e anche la memoria ne risente: ecco perchè i grappoli di questo frutto sono dei veri e propri toccasana contro le malattie degenerative. Ma non è finita qui: la lista dei benefici dell’ uva è ancora molto lunga. La presenza dei polifenoli apporta ulteriori vantaggi, combatte la sindrome metabolica contribuendo a mantenere ottimali, di conseguenza, i valori dei trigliceridi, del colesterolo, della glicemia e della pressione. Avete mai sentito parlare di vitamina K? Bene, l’ uva la contiene. E’ un efficacissimo fluidificante del sangue, che previene il rischio di emorragie. Inoltre, la presenza di fibre solubili nel frutto regolarizza le funzioni intestinali e diminuisce i livelli del colesterolo e degli zuccheri nei vasi sanguigni.

 

 

L’ uva è squisita sia mangiata da sola che in innumerevoli altre versioni: potete utilizzarla per guarnire dessert quali torte, crostate, pancake, includerla tra i frutti della macedonia o tra i componenti di un tagliere, ricavarne un delizioso succo. Avete solo l’ imbarazzo della scelta! Per concludere, come sempre, lascio spazio alle curiosità e alle leggende. Che in questo caso sono numerosissime: basti pensare che l’ uva, in tempi remoti, veniva considerata il Nettare degli Dei. Non è un caso che gli antichi popoli associassero al vino una divinità in carne ed ossa, Bacco nel caso dei Romani e Dioniso in quello dei Greci. Questi Dei donavano l’ uva all’ uomo come atto di generosità, e dall’ uva veniva ricavata una bevanda, il vino, che aveva uno straordinario potere sull’ animo umano; se bevuto in quantità moderate, alimentava il coraggio, l’ euforia e la loquacità. I valori più comunemente attribuiti all’ uva erano molteplici: il vino, ma ancor prima la vendemmia, venivano associati alla condivisione e alla convivialità. Attorno all’ uva ruota un’ antica leggenda. Si raccontava che, agli albori del tempo, la vite non producesse frutti. Un contadino decise così di potarla, per far sì che le altre piante potessero godere della luce solare. Ma quando si vide disadorna e priva delle sue rigogliose fronde, la vite scoppiò in un pianto disperato. Un usignolo che passava da quelle parti, ascoltandolo, si commosse, e cominciò a intonare una canzone per darle conforto. Le stelle furono toccate profondamente da quella scena, e decisero di rianimare la vite con la loro luminosità. All’ improvviso, la pianta ritrovò le forze e ognuna delle sue lacrime si tramutò in un acino dolcissimo: erano nati i grappoli d’uva.

 

 

Una leggenda della mitologia ellenica, invece, ricollega la genesi della vite alla morte di Ampelo, uno splendido giovane di cui Dioniso era innamoratissimo. Quando Ampelo morì incornato da un toro, Dioniso versò lacrime amare. Il dio che non conosceva la sofferenza si rese conto, nel modo più triste, di cosa fosse il dolore. Inconsolabile, Dioniso continuava a piangere quando un giorno le sue lacrime, cadendo sul corpo inanimato di Ampelo, operarono il miracolo: Ampelo si tramutò in una vite e le lacrime di Dioniso, fondendosi con il sangue di colui che tanto aveva amato, diedero origine al vino. Una sostanza, non a caso, in grado di donare ebbrezza e quindi di cancellare i ricordi strazianti tramite la gioia e la spensieratezza. Il vino cominciò a incarnare la vita, l’allegria, un modo per sconfiggere la morte e qualsiasi pena. Ulteriori motivi che favoriscono l’associazione tra uva e vita si rinvengono nella vendemmia: un autentico rituale che coincide con l’ inizio dell’ autunno. La terra sta per assopirsi, inaugura il suo periodo di riposo in attesa del risveglio primaverile. Ma prima di farlo ci fa dono dell’ uva, o per meglio dire del vino, che ci accompagna lungo tutto l’ inverno restituendoci calore e gioia di vivere. L’ uva diventa così l’ emblema della vita stessa, del trionfo della vita sulla morte, dell’ amore, della prosperità. Non stupisce che in Spagna, a Capodanno, si usi ingurgitare 12 chicchi d’uva in concomitanza con i 12 rintocchi della mezzanotte. L’ uva è fertilità e abbondanza; nell’ Eucarestia il vino simboleggia il sangue di Cristo, che diventa anche il nostro affinchè possiamo rinnovarci, rigenerarci in Lui. Esiste poi un detto, “In vino veritas”, che celebra l’ effetto disinibitorio del vino. Il vino “libera”, elimina i freni e le inibizioni. Sconfigge la doppiezza e favorisce l’ affiorare della verità: rappresenta, dunque, una saggezza pura e “senza filtri”.

 

 

 

 

Nel cuore dei boschi autunnali

 

” Ottobre è il mese delle fronde dipinte. È allora che prendono a brillare in tutto il mondo del loro suntuoso fulgore. Come i frutti e le foglie, – anzi come il giorno stesso –, poco prima di morire, si vestono di colori luminosi, così fa l’anno prossimo al suo termine: ottobre è il suo cielo al tramonto; novembre, il crepuscolo che a quello segue. Qualche tempo fa ho pensato di darmi la pena di raccogliere un esemplare di foglia per ogni albero, arbusto o pianta erbacea, quando ciascuno di essi fosse giunto ad acquisire la gradazione più brillante di quella caratteristica accensione cromatica colta nel suo virare dal verde al bruno, per poi disegnarne le forme e colorarle con pigmenti adatti, riproducendone esattamente le varie tonalità in un libro che potrebbe intitolarsi Ottobre, o Colori d’autunno; – a cominciare dalle prime vampe rossastre dei caprifogli e dalle lacche delle altre rampicanti, per giungere in ultimo – attraverso gli aceri, i noci americani, i sommacchi e le tante varietà di arbusti forse meno noti, ma dalle fronde comunque altrettanto meravigliosamente screziate, – alle querce e ai pioppi tremuli. Che bel promemoria potrebbe costituire un libro del genere! Sarebbe sufficiente sfogliarne le pagine per ritrovarsi a passeggiare nel cuore dei boschi autunnali ogniqualvolta ci colga l’uzzolo di farlo. “

 

Henry David Thoreau, da “Colori d’autunno”

 

 

 

 

 

Equinozio di Autunno

 

” Per questo preferisco di gran lunga l’autunno alla primavera, perché in autunno si guarda il cielo. In primavera la terra.”
(Soren Kierkegaard)

Buon Equinozio di Autunno! La nuova stagione farà il suo ingresso ufficiale stasera, alle 21.21. Oggi, il sole si trova allo zenit dell’ equatore: le ore di luce e quelle di buio avranno una durata identica e inizieranno i sei mesi più oscuri dell’ anno. Il secondo raccolto si è ormai concluso, la terra si prepara al suo periodo di riposo. Le foglie si tingono di cromie incredibili prima di staccarsi dai rami e volteggiare al suolo. Se in estate viaggiamo per esplorare il mondo, in autunno inizia l’ affascinante viaggio alla scoperta di noi stessi. Quando il ciclo produttivo della natura si arresta, assopendosi momentaneamente, è tempo di fare bilanci. Di riflettere sulla nostra interiorità, acquisire una nuova consapevolezza. Analizzare il proprio personale “raccolto” è il primo passo verso il raggiungimento di un’ armonia, di un equilibrio che coinvolgono spirito e materia in parti uguali: esattamente come giorno e notte, oggi, si trovano in simmetria perfetta. E se volete omaggiare l’ autunno con qualche gesto speciale, non dimenticate di bruciare incenso a base di mirra, pino o ibisco e di utilizzare le foglie morte per accendere eventuali falò. Ma il miglior rituale rimane una passeggiata nella natura, magari tra i boschi, per godere dei colori mozzafiato e delle avvolgenti atmosfere che questa stagione ci regala…

 

 

 

 

 

Andar per funghi

 

” Sono i giorni più belli dell’anno. Vendemmiare, sfogliare, torchiare non sono neanche lavori; caldo non fa più, freddo non ancora; c’è qualche nuvola chiara, si mangia il coniglio con la polenta e si va per funghi. Noialtri andavamo per funghi là intorno; Irene e Silvia combinarono con le loro amiche di Canelli e i giovanotti di andarci in biroccino fino a Agliano. Partirono una mattina che sui prati c’era ancora la nebbia; gli attaccai io il cavallo, dovevano trovarsi con gli altri sulla piazza di Canelli. (…) Quel giorno venne un grosso temporale, lampi e fulmini come d’agosto. Cirino e la Serafina dicevano ch’era meglio la grandine adesso sui funghi e su chi li cercava che non sul raccolto quindici giorni prima. Non smise di piovere a diluvio neanche nella notte. Il sor Matteo venne a svegliarci con la lanterna e il mantello sulla faccia, ci disse di stare attenti se sentivamo il biroccio arrivare, non era tranquillo. Le finestre di sopra erano accese; l’Emilia corse su e giù a fare il caffè; la piccola strillava perché non l’avevano portata a funghi anche lei.”

 

Cesare Pavese, da “La luna e i falò”

 

 

 

 

 

 

Primo giorno di scuola

 

Lo scopo dell’educazione è quello di trasformare gli specchi in finestre.
(Sydney J. Harris)

Primo giorno di scuola qui nelle Marche, dove vivo, così come in molte altre regioni. Auguro un buon inizio a tutti, perchè la scuola svolge un ruolo fondamentale: educa, amplia gli orizzonti, arricchisce culturalmente, ma non solo. La scuola insegna il valore della socialità e della convivenza. Non stupisce che oggi, per molti, sia una giornata gioiosa: dopo tre mesi di vacanze, si ritrovano gli amici e i compagni di classe. Fate tesoro del periodo trascorso sui banchi, sarà una miniera di apprendimento inesauribile sotto molteplici aspetti. E la spensieratezza che caratterizza questi anni diventerà uno dei più bei ricordi che possiate portare nel cuore.

 

 

Foto di Polina Tankilevitch via Pexels