Raffaello Bellavista: un 2020 di importanti svolte

 

Per Raffaello Bellavista, ospite fisso di VALIUM, la quarantena non è certo coincisa con uno stop. Mai come in questo periodo la sua vita è stata ricca di novità, progetti, svolte decisive, sia sul versante privato che professionale: lasciatosi alle spalle il Duo Bellavista-Soglia, Raffaello sta consolidando la propria carriera da solista e, al tempo stesso, ha intrecciato ben due nuove collaborazioni. Nonostante il sodalizio con Michele Soglia si sia concluso, porterà avanti il progetto pianoforte-marimba con un nuovo partner musicale, il giovane marimbista Matteo Marabini, ma il vero e proprio scoop riguarda il suo rapporto con Serena Gentilini. Che da rapporto sentimentale, sancito da una convivenza avviata proprio in occasione della quarantena, è diventato un rapporto artistico con tutti i crismi. E se – come disse Antoine de Saint-Exupéry –  “Amore non è guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”, Raffaello e Serena guardano entrambi verso un unico orizzonte: la passione per la musica. Alternandola, da personalità poliedriche quali sono, ad interessi altrettanto creativi che ruotano attorno alla moda (soprattutto per quanto riguarda Serena) e all’arte. Sono molteplici e sorprendenti le news che Raffaello Bellavista ha in serbo per voi, non ultima quella del suo debutto da solista; si rende quindi necessario un perno, un punto di riferimento ben preciso per iniziare questa conversazione. Al momento di sceglierlo, non ho avuto dubbi. Da dove partire se non da “Eros e Thanatos”, lo straordinario evento veneziano che ha visto affiancare Raffaello, Serena e Matteo Marabini al fantasmagorico Principe Maurice? Ma prima di dare il via alle domande, vi lascio con una ghiotta anticipazione: per farci sapere qualcosa di più sulla sua carriera in bilico tra moda e musica, anche Serena Gentilini sarà presto ospite di VALIUM. Non posso che concludere invitandovi a “rimanere sintonizzati”!

Vorrei iniziare parlando del prestigioso evento a cui hai preso parte al Carnevale di Venezia, “Eros e Thanatos”, diretto e interpretato dal Principe Maurice. Come è andata forgiandosi l’idea di questa collaborazione?

Premetto che l’evento “Eros e Thanatos” ha significato davvero molto per la mia crescita professionale ed é indubbiamente stata una delle esperienze più interessanti e complete. L’idea era nell’aria, avevo già avuto diverse collaborazioni con Maurice nei festival che organizzo in Romagna e c’era sempre stata la massima intesa e voglia di unire più forme d’arte in un’ esperienza sinestetica. Partendo da questi saldi presupposti, il destino ha fatto il resto. Infatti, proprio durante il periodo del celebre Carnevale Veneziano avevo in repertorio il concerto “Magellano” per pianoforte e marimba legato al tema del viaggio, “Lascia ch’io pianga” per pianoforte e voce ed una rielaborazione in chiave crossover di “Enjoy the Silence” dei Depeche Mode per pianoforte e voce. Proprio queste composizioni si legavano in maniera diretta e simbolica con i monologhi e le interpretazioni del poliedrico Principe Maurice. Dopo alcuni incontri si é capito subito che era nata una perfetta intesa e comunione d’intenti. E proprio da questo é sorto uno spettacolo che sicuramente farà molto parlare di sé.

 

 

Due scatti tratti da “Eros e Thanatos”. L’ evento ha avuto come cornice lo splendido Palazzo Labia, sede di RAI Veneto.

Inizialmente avrebbe dovuto affiancarti Michele Soglia, poi c’è stato un cambio di programma e sono subentrati il marimbista Matteo Marabini e la cantante Serena Gentilini. Su quali elementi ha fatto perno la sintonia immediata che è sorta tra di voi?

L’evento veneziano ha avuto un’importante carica simbolica per me. Infatti ha sancito due nuove collaborazioni: da un lato ha dato il via al mio sodalizio artistico con il marimbista Matteo Marabini, giovanissimo talento che é divenuto l’artista con il quale porto avanti il progetto pianoforte e marimba. E’ stato incredibile come si sono sviluppate le cose, avevamo solo dieci giorni per preparare un programma davvero complesso e variegato che andava dal trascendentale concerto “Magellano” a brani conosciuti al grande pubblico di Sakamoto, Piazzolla…che avevo arrangiato proprio per l’occasione per pianoforte e marimba. Questa situazione di estrema difficoltà ha fatto sì che durante le poche prove intercorse sia nata una grandissima complicità e una determinazione che mai avevo visto prima. Ed il successo riscosso é stato un ottimo battesimo di questa collaborazione artistica. L’altra grande soddisfazione é stato inaugurare il mio rapporto artistico con la mia fidanzata: la cantante Serena Gentilini. Una giovanissima promessa del canto che il Principe Maurice ha deciso di inserire in maniera geniale nello spettacolo con una duplice connotazione artistica. Infatti, nella prima parte dello spettacolo il dialogo avveniva tra monologhi e citazioni di grandi figure femminili del passato in alternanza a brani ad essi correlati per pianoforte e marimba.Parallelamente Serena era seduta su questo trono al centro del palco, con un velo che le copriva il volto ponendola in una dimensione di sospensione metafisica, tanto che molti pensavano, all’inizio, che si trattasse di una statua. Nella parte finale invece, in un momento di grande phatos, con un gesto pregno di carica evocativa il Principe Maurice ha sollevato quel velo nello stupore generale, facendo risorgere una ninfa che ha concluso lo spettacolo cantando la celebre e difficile aria di Haendel “Lascia ch’io pianga”.

 

Raffaello Bellavista e Matteo Marabini. Sullo sfondo, la “donna velata” Serena Gentilini

Serena Gentilini insieme al Principe Maurice durante la performance

In “Eros e Thatanos” il Principe ha totalmente improvvisato il suo monologo, mentre l’accompagnamento musicale aveva una scaletta predefinita. E’ stato facile “scandire” la vostra colonna sonora sui ritmi recitativi imprevedibili di Maurice?

E’ stato molto semplice per quanto fino al momento dello spettacolo c’era molta emozione. Infatti “Eros e Thanatos” aveva una scaletta di massima divisa per brani e significato di quest’ultimi, sui quali il Principe si inseriva. Proprio la maestria di Maurice ha saputo tradurre in beneficio il fatto di non aver provato in maniera forzata ogni parte dello spettacolo, determinandone la naturalezza e la freschezza. Quando finivamo i brani danzava, e con le sue movenze e la sua dialettica sembrava quasi proseguire le melodie terminate da poco traducendole in parola. Il Principe Maurice é una figura geniale, sono in pochi a saper condurre con efficacia uno spettacolo così equilibrato. Molto spesso ci sono concerti con qualche intervento letterario, oppure spettacoli teatrali con qualche intervento musicale. Ma qui é tutto diverso, é una cosa a sé stante dove suoni, profumi, parole, sensazioni si uniscono dando vita al primo spettacolo multisinestetico al mondo.

 

Serena Gentilini

Come si sono incrociati il tuo percorso e quello di Matteo Marabini?

Oggi il Conservatorio é proprio come un’ Università, quindi abbiamo una laurea triennale, un biennio ed eventualmente un dottorato. Il mio biennio di Pianoforte l’ho conseguito presso il Conservatorio di Cesena, proprio dove ora sta per diplomarsi Matteo Marabini. Avevamo sentito parlare l’uno dell’altro ed avevo visto il suo nome molte volte, inserito in varie rassegne concertistiche. E così, attraverso il suo professore, ho avuto un primo incontro dove abbiamo eseguito una prima parte del concerto “Magellano” con grande trasporto e senza alcuna indecisione. Infatti una decina di giorni prima del concerto c’è stato il cambio di programma del mio ex collega, e Matteo Marabini é subentrato con sicurezza e grande preparazione. Tutto ciò é stato davvero incredibile. La musica mi ha dato degli insegnamenti importanti, ha fortificato la mia caparbietà. In un momento di drammatici cambiamenti, il fatto di resistere nella tempesta ha fatto nascere un grande collaborazione.

La presenza di Serena Gentilini è stata una sorpresa del tutto inaspettata. Raccontaci la genesi della sua partecipazione e il motivo della scelta del brano “Lascia ch’io pianga”, tratto dal “Rinaldo” di Händel.

Come anticipato prima, la partecipazione di Serena Gentilini si deve ad una acuta scelta del Principe Maurice, che ha deciso di valorizzare le sue qualità sia di cantante che di modella inserendola nella prima parte al centro del palco con un magnifico costume veneziano coperta da un velo, e nella seconda parte di resuscitarla per farle cantare questa magnifica aria di Haendel. Scelta ancor più geniale, se si pensa al brano selezionato. Infatti in uno spettacolo dove convivono pulsioni di morte e amore nulla si sarebbe potuto associare meglio a quest’aria che é un emblema sia della sofferenza che della morte, ma anche della rinascita e della potenza dell’amore. Ed è proprio qui che mi viene da fare una riflessione molto profonda. Pochissimi giorni dopo questa prima rappresentazione é scoppiato il dramma del Coronavirus, che ha sprofondato il paese e il mondo intero in una dimensione oscura e di grande oppressione. Nei mesi bui della quarantena sono tornato più volte con la mente a questa esperienza veneziana, ed ora che il cielo sembra rischiararsi sento schiudersi in me la potenza dell’amore. Faccio proprio ai lettori di VALIUM questa confidenza perché é forse la prima volta che mi sento di vivere in un’opera d’arte.

 

Serena Gentilini e Raffaello Bellavista

Serena, Raffaello e il Principe, intervistato da RAI Veneto

Il successo di “Eros e Thanatos” è stato incredibile: Palazzo Labia era gremito e l’evento è stato addirittura ripreso da RAI Veneto. Pensate di replicare la performance o comunque di tornare ad esibirvi, come duo (tu e Serena Gentilini) o come trio, insieme al Principe Maurizio Agosti?

Sicuramente lo spettacolo “Eros e Thanatos” ha significato qualcosa di grande per tutti noi. Perché sia la situazione che si era creata prima del concerto che il successo riscosso ci hanno fatto capire molte cose. Inoltre, tutto ciò ha rafforzato il mio sodalizio artistico con il Principe Maurice. La scelta é quella di portare nei principali teatri italiani e stranieri questo spettacolo, integrando ulteriori aspetti e continuando il lavoro di ricerca costante. Ovviamente sto proseguendo i miei progetti sia in solo che in duo, ma sicuramente lo spettacolo “Eros e Thanatos” é inscindibilmente legato alla figura di Maurice che funge da maestro delle cerimonie per questo rituale musicale e letterario. Penso che il mondo culturale e non solo abbia bisogno di questo spettacolo, per dare nuova linfa ad un sistema che già da diversi anni non sta funzionando più come dovrebbe. Non voglio aprire polemiche, ma sicuramente questo progetto artistico lascerà un segno anche per la capacità di integrare l’arte su più livelli, con argomenti a noi vicini ed attuali. Coniugando un linguaggio fruibile con aspetti simbolici.

 

Il Principe Maurice in “Eros e Thanatos”

Un flashback: il 7 Dicembre scorso, ti sei esibito da solista nel concerto “Tra apollineo e dionisiaco” (con musiche di Chopin e di Liszt) al Goethe-Zentrum di Bologna. Quell’ evento, oltre a ribadire il tuo talento musicale, ha sancito un importante punto di svolta nella tua carriera. Potresti dirci qualcosa di più?

Sì, esattamente, la fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno rappresentato un grande periodo di svolta, probabilmente quello di maggiore portata nei miei 28 anni. E’ stato infatti il mio primo recital nel prestigioso Istituto di Cultura Tedesca di Bologna, sede di numerosi concorsi musicali e stagioni concertistiche nel quale ho scelto di valorizzare le mie due dimensioni artistiche: quella del pianista e del cantante lirico. Nella prima parte ho eseguito celebri e difficili brani per pianoforte solista come la “Dante Sonata” di Liszt, la “Prima ballata” di Chopin e le “Variazioni KV 265” di Mozart. Nella seconda parte, invece, accompagnato dalla docente e pianista Nicoletta Riccibitti ho interpretato celebri arie d’opera tratte dalle “Nozze di Figaro”, ”Don Giovanni”, “Carmen”. E’ stata una scelta coraggiosa, perché mi ha dato finalmente la possibilità di imporre il mio punto di vista dopo anni di studio ed attività concertistica. In un ambiente musicale in cui si predilige di perseguire una sola strada volevo dire la mia e proprio a partire da questo concerto. Forte anche del sostegno di vari esponenti della cultura italiana, porterò in tour questo mio progetto artistico che sarà focalizzato attorno alla figura di Dante Alighieri, del quale nel 2021 ricorre il VII centenario della morte.

Il Carnevale di Venezia era ancora in corso quando è esplosa l’emergenza Coronavirus. Il periodo della quarantena è iniziato poco dopo e segnerà, penso, una tappa indelebile nell’esistenza di ognuno. Come hai vissuto quell’ esperienza?

Come accennato in precedenza, é stato un periodo denso di significato per me. Infatti poco prima dello scoppio del Coronavirus avevo concluso diversi accordi per i miei debutti sia da solista, sia in duo con Serena Gentilini, in diversi teatri italiani ed esteri. Tutto ciò é stato spazzato via e il danno personale si é sommato alle immagini drammatiche che ognuno di noi ha visto sui mass media, unitamente al fatto che molti dicevano che le attività culturali sarebbero state sospese addirittura per anni e che l’artista si sarebbe estinto. Dopo un primo periodo di grande meditazione interiore ho capito che le cose dovevano andare avanti, e grazie anche al grandissimo e prezioso aiuto della mia fidanzata ho scelto di incidere un disco intitolato “Trinus” (che significa viaggio in latino), dove ho inserito brani per pianoforte solista ed arie d’opera tutte legate al tema del viaggio ed alla figura di Dante Alighieri, che viaggerà dagli Inferi all’ascesa in Paradiso. Un disco che è il risultato di un concerto live tenuto in una notte oscura durante il periodo di quarantena. Parallelamente a questo primo disco ho registrato assieme a Serena Gentilini un video per la Regione Emilia-Romagna che é stato trasmesso su Lepida TV, dove ho reinterpretato assieme a lei celebri brani conosciuti al grande pubblico come “Billie Jean”, “Heroes”, “Enjoy the Silence” e “Arrivederci” in chiave colta. Abbiamo anche registrato diversi brani per progetti di raccolta fondi nella lotta al Coronavirus che hanno fatto sì che decine di migliaia di euro potessero andare in beneficenza in svariate iniziative, molte delle quali organizzate dal MEI. Infine, grazie alla mentalità illuminata e poliedrica della mia compagna, ho deciso di allargare i miei orizzonti artistici ponendo la mia attenzione sull’arte figurativa: realizzando, cioè, una scultura in ceramica con precisi riferimenti simbolici legati al complesso momento che sta vivendo la nostra umanità ma anche alla grande energia creativa che dà la vita.

 

Le sculture in ceramica, un’ ennesima sfaccettatura dell’ eclettismo di Raffaello Bellavista e Serena Gentilini

Se per molti la quarantena ha rappresentato un “periodo di fermo”, per te è coincisa con l’ apice della fertilità creativa: il video e il disco live che omaggiano Dante Alighieri (del quale nel 2021 ricorreranno i 700 anni dalla morte) sono nati allora. Cosa ci racconti, al riguardo?

Il periodo della quarantena é stato molto complesso. In un primo momento è prevalso uno sconforto sia su un piano globale, perché le immagini alle quali eravamo sottoposti erano drammatiche, sia su un piano soggettivo, perché la mia attività concertistica era stata totalmente bloccata per via delle disposizioni relative alla chiusura dei teatri. Dopo questo  periodo di demoralizzazione, la voglia di rinascere ha fatto sì che la mia attenzione si ponesse sul sommo poeta fiorentino Dante Alighieri, sepolto a Ravenna e del quale nel 2021 ricorre il VII centenario della morte. E’ stato quindi un omaggio simbolico, dove nei brani registrati nell’Auditorium Pagliaccine all’interno di casa mia, immerso nella natura, ha preso vita questo viaggio musicale tra brani della grande tradizione pianistica ed arie d’opera che si snodano attraverso un percorso che parte dagli Inferi e giunge all’ascesa in Paradiso. Senza scendere troppo in particolari complessi il primo brano é la trascendentale “Dante Sonata” di Liszt, che rappresenta l’ingresso nell’inferno dantesco, si passa poi per l’aria tratta dal “Don Giovanni” “Deh vieni alla finestra”. C’è un momento di Purgatorio con la “Prima ballata” di Chopin scritta in un periodo di chiaroscuri sentimenti ed avverse difficoltà, il passaggio poi dal Purgatorio al Paradiso é sancito dalla “Sonata al chiaro di Luna” di Beethoven, dove nel primo tempo c’è un riferimento al “Don Giovanni” di Mozart che si tramuta nell’ultimo tempo in una ascesa. La vetta del Paradiso é rappresentata dalle variazioni su “Ah, vous dirai je maman” di Mozart in DO maggiore che simbolizzano l’apollineo tradotto in musica. Quasi una sorta di rituale musicale per auspicare l’arrivo di una nuova era lontana dai dolori del periodo della quarantena. L’artista, secondo il mio pensiero, deve essere questo: un mago dei suoni che attraverso lo specchio della coscienza si rapporta con l’esterno analizzando ciò che sta accadendo e proponendo un via di ascesa e di estasi per l’essere umano, ormai gettato in una prigione senza mura e senza odore.

Sempre durante il lockdown, aderendo all’ iniziativa #laculturanonsiferma dell’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, tu e Serena Gentilini avete girato un video dove vi esibite insieme in alcune cover rivisitate in versione crossover. Introducendole, hai annunciato la creazione di un vostro duo: che tipo di sonorità lo caratterizzano e come avete intenzione di battezzarlo?

Il progetto era già nell’aria da alcuni mesi, in quanto a mio avviso manca un artista che porti sonorità e stilemi classici nella musica conosciuta al grande pubblico e che in qualche modo svolga un’azione di nobilitazione dei brani pop. Proprio da questa mia idea é scoccata la scintilla quando ho sentito la cantante Serena Gentilini. Infatti da una parte ci sono le mie conoscenze in ambito classico e crossover, e dall’altro c’è l’esperienza di questo giovanissimo talento in ambito jazz, pop che come detto in precedenza ha avuto modo di esibirsi già su palchi prestigiosi a New York oltre che in Italia. E’ una geometria che si completa e che risulta estremamente vincente. Infatti, il video che abbiamo realizzato per la Regione Emilia-Romagna e che é stato trasmesso su Lepida TV é in poco tempo divenuto il video più visto su tutta la piattaforma con oltre 11. 000 visualizzazioni. Questo ovviamente é solo l’inizio, stanno bollendo in pentola numerosi progetti che avranno molta risonanza.

 

Serena e Raffaello circondati dal verde della loro Romagna

Una domanda che scava un po’ nel personale. Come vivi il fatto di condividere una carriera nella musica con la donna che ami? E’ più probabile che, con il tempo, possa incrementarsi la complicità oppure sorgere una sottile (ed eventuale, ovvio) vena competitiva? Penso a film come “A Star is Born” con Lady Gaga…

In realtà il mio rapporto con Serena si é ulteriormente rafforzato grazie ad una reciproca stima e ad un sodalizio artistico che non conosce rottura. Personalmente siamo dell’ idea che non c’è nulla di più bello del condividere con la persona che si ama la passione ed il lavoro, senza prevaricare in alcun modo le scelte che ognuno vuole intraprendere. Certamente non é un ambiente semplice, a volte i ritmi di lavoro possono essere molto duri, però la voglia di comunicare sia in solo che con lei il mio messaggio artistico mi dà la forza di non arrendermi mai. Inoltre, Serena ha una grandissima disciplina e una conoscenza delle lingue straniere che le permettono di essere molto reattiva nell’affrontare ogni tipo di difficoltà.

 

Un’ altra immagine di Serena mentre si esibisce a Palazzo Labia

A proposito di competitività, in una tua intervista sul blog on line “Brisighella by Night” hai dichiarato che hai trovato certi aspetti dell’ambiente musicale molto ostici da affrontare. A che ti riferivi esattamente, e qual è l’antidoto per non lasciarsi sopraffare?

L’intervista a “Brisighella by Night” é stata una piacevole sorpresa, in quanto era un’iniziativa che partiva da giovani del territorio volta a far conoscere i talenti di maggiore spicco con base a Brisighella. Infatti, a differenze delle interviste che solitamente rilascio per varie testate giornalistiche, c’è stata la voglia di portare il colloquio su un piano più profondo tramite un dialogo che si é snodato per oltre un’ora e che ha visto centinaia di spettatori, anche di giovane età, interessarsi ad argomenti legati all’ambito classico. Tornando alla domanda in questione, l’ambito musicale e quello classico in particolare hanno sviluppato nel corso dei decenni delle dinamiche sociali a mio avviso molto brutte e dannose. Infatti, a differenza dei valori alti che l’artista é tenuto a trasmettere quando si fregia di tale titolo, nel comportamento sociale spesso ci sono grandi scorrettezze da parte dei colleghi e la voglia di indottrinare creando dei manichini da parte dei docenti. Io dopo aver terminato il mio percorso con il massimo dei voti ho scelto nell’ultimo periodo di fortificare la mia visione e di non scendere più a nessun tipo di compromesso per cercare di compiacere qualche docente o collega. Bisogna rendersi conto che la vita é una sola, e che se si sceglie di seguire una vocazione artistica affrontando mille difficoltà bisogna e si deve andare fino in fondo. Perché il rischio é quello di fare una musica che non é veramente propria e rendersi conto di aver magari per anni vissuto una vita che non é la propria. Quindi, in conclusione, il mio antidoto che posso dire anche essere la mia arma più letale é la caparbietà totale e la fiducia totale, anche a costo di sembrare arroganti in quello che si fa.

In quarantena, oltre che a dedicarvi alla musica, tu e Serena avete dato il via alla creazione di bellissime opere in ceramica. Pensate che l’arte possa diventare una vostra ulteriore modalità di espressione?

Serena Gentilini ha davvero molte abilità artistiche, infatti oltre al canto nel quale eccelle ha coltivato nel tempo il talento per la pittura, l’abilità nel creare vestiti d’alta moda e la capacità di realizzare opere in ceramica. Diciamo che rappresenta la figura di donna per me ideale e di artista a tutto tondo. L’idea della ceramica era quella di imprimere in materia sensazioni, tensioni e idee a quattro mani cercando equilibrio, ideali e rilassatezza. Così sono nate diverse opere, l’ultima delle quali di grande impatto emotivo. In questo caso ci siamo dedicati alla realizzazione di un’opera astratta legata al simbolo della spirale che abbiamo applicato su tre strutture, ognuna delle quali con una diversa connotazione simbolica. Il concetto di spirale é legato al concetto di vita e morte, di creazione e distruzione ed al concetto di rigenerazione. A completamento del tutto, abbiamo inserito due figure geometriche per collocare questo passaggio surreale in una dimensione metafisica.

 

 

 

 

Alcune opere in ceramica firmate Bellavista-Gentilini

Per concludere, Raffaello, vorrei chiederti cosa puoi anticiparci rispetto ai tuoi progetti più imminenti.

Ho deciso di riprendere la mia attività concertistica ad agosto e per farlo ho scelto uno dei luoghi più suggestivi ed esclusivi della Romagna. La Tenuta Mara, costruita e concepita dall’imprenditore Giordano Emendatori e seguita dalla figlia Elena: una tenuta di vino biodinamica sui colli del riminese dove la vite viene fatta crescere cullata dal suono della musica classica. Infatti, la tenuta é completamente amplificata con un impianto di diffusione di ultima generazione. Il rapporto con la musica continua anche durante il riposo in botte del vino. All’interno di questa tenuta tutto é in armonia e ci sono opere d’arte sia all’aperto che all’interno della cantina. Un aspetto incredibile é riservato all’auditorium realizzato sulla sommità di quest’ultima e che ha un’acustica davvero incredibile. Qui a fine agosto terrò un mio concerto unico nel suo genere, in quanto presenterò i miei tre progetti al pubblico in un concerto diviso nel seguente modo: nella prima parte suonerò la “Dante sonata” di Liszt per pianoforte solo presentando il mio progetto solista, poi sarà il momento del “concerto Magellano” di Sejourneè che farò assieme al marimbista Matteo Marabini,  infine ci sarà la magnifica voce di Serena con la quale presenterò 5 brani celebri rielaborati in chiave colta. Il tutto, durante una serata esclusiva con una degustazione di vini finale. A fine settembre sarò tra gli ospiti di un evento molto esclusivo a Merano, del quale in futuro renderò noti i dettagli ed al quale parteciperanno diverse personalità dello spettacolo. In autunno porterò a Ravenna il mio progetto su Dante ed a dicembre debutterò in uno dei templi della musica a Milano. Prossimamente debutterò anche a Bolzano e non é escluso un ritorno in un grande evento a Venezia. Ovviamente, tutti i progetti citati in questo nostro dialogo saranno sviluppati a lungo termine attraverso concerti in luoghi prestigiosi e rientreranno in una produzione discografica.

 

 

 

 

 

 

Diversi scorci della Tenuta Mara, splendido Relais panoramico sui colli nei dintorni di Rimini

Raffaello e Serena, la coppia d’oro emergente della musica italiana

 

 

Photo courtesy of Raffaello Bellavista

 

 

Frida.Kiza, il brand di Fabiola Manirakiza: l’Italia nel cuore, il mondo come meta

Fabiola al party “The New Beginning” di VOGUE Italia nel 2017

Fabiola Manirakiza è una stilista originaria del Burundi, ma fabrianese d’adozione. Vive nelle Marche dal 1990. Quando abbandona l’ Africa insieme alla famiglia, è giovanissima. Il trasferimento a Fabriano, la “città della carta”, le permette di scoprire un patrimonio culturale e artistico da cui rimane affascinata. La storia millenaria di quel luogo, ricca di splendide testimonianze, la conquista immediatamente. Innamorata del bello, Fabiola può assecondare il proprio senso estetico: dedicarsi alla moda è per lei una scelta istintiva, del tutto naturale. Vola all’estero per frequentare alcuni corsi nel settore, poi torna in Italia e mette le sue competenze al servizio di svariate aziende. Intanto, il successo delle creazioni che realizza per se stessa e per le amiche è tale da indurla a fondare un proprio brand. E’ il 2016 e a quel brand dà il nome di Frida.Kiza, un mix tra un omaggio a Frida Kahlo e l’ abbreviazione del suo cognome. Da allora, la strada è tutta in discesa per la talentuosa designer di origine africana: Fabiola intensifica le ospitate in TV (dove appare già da tempo), partecipa alle più importanti manifestazioni fieristiche sia in Italia che oltreconfine e, dulcis in fundo, inizia a presentare le sue collezioni durante la Milano Fashion Week. A Fabriano mantiene la sede legale di Frida.Kiza, ma lo showroom è situato a Milano, e i capi del brand sono venduti nelle più prestigiose boutique italiane e internazionali. Le celebs adorano lo stile di Fabiola Manirakiza, un inno al Made in Italy in quanto a sartorialità, ispirazione e ricercatezza dei tessuti. Basti pensare che l’attrice e conduttrice Emanuela Tittocchia, direttrice artistica dell’ “Opening Sanremo 2020”, ha indossato un abito Frida.Kiza in occasione dell’ evento che ha inaugurato la 70esima edizione del Festival. L’ amore per il Belpaese si esprime a tutto tondo nelle creazioni della designer, diventando parte integrante della sua cifra stilistica: l’arte italiana, in particolare, è uno dei maggiori motivi ispirativi di Fabiola, come i colori degli antichi dipinti e le opere architettoniche che appartengono al nostro patrimonio storico. La collezione Primavera/Estate 2020 di Frida.Kiza declina questi elementi in un tripudio di stampe, cromie vivaci e fantasie floreali. I look sono chic ma freschi, disinvolti, alternano linee contemporanee a silhouette vagamente anni ’50. Risaltano abiti con la gonna svasata, pantaloni cropped, mantelle nella stessa fantasia dell’ outfit, shorts in full color…Il punto vita viene sottolineato costantemente, il più delle volte da un’alta cintura rossa. “Summer Mood” – così si chiama la collezione – racconta di un sogno che fonde suggestioni artistiche, naturali e floreali in un vortice inebriante: a fare da leitmotiv è Venezia, che le stampe riproducono nei suoi squarci più romantici (come il ponte di Rialto), affiancata alle visioni di una natura rigogliosa ed a fiori dai colori travolgenti in cui predominano il turchese e il fucsia. I tessuti (jersey, denim, viscosa) sono versatili e pratici, perfetti per l’ estate ma anche per esaltare questo surreale viaggio nella città lagunare. Ancora una volta, Frida.Kiza combina l’ eccellenza del Made in Italy con tecniche e tendenze up to date; è un connubio che seduce, rappresenta il suo marchio di fabbrica. Quella proposta dal brand è una moda rivolta sia alle “taglie da passerella” che alle più comode, valorizzate da una collezione pensata apposta per le curvy. Intrigata dalle creazioni di Fabiola Manirakiza, ho voluto fare quattro chiacchiere con lei per saperne di più sulla sua griffe. Viviamo nella stessa città, e nonostante Fabiola sia sempre in giro per il mondo, mi ha concesso un po’ del suo tempo prezioso per rispondere ad alcune domande. Il risultato è l’ intervista che segue: non mi resta che augurarvi una buona lettura.

Fabiola, tu provieni dal Burundi. Come sei approdata in Italia?

Amo l’Italia da sempre: ho lavorato al Consolato Italiano e frequentato ambienti della diplomazia italiana. Trasferirmi in questo paese, per me, è stato un passo naturale.

Quando hai scoperto la tua passione per la moda, e in che modo l’hai coltivata?

La moda è sempre stata il mio sogno…Creavo abiti per me stessa già da bambina. Con il tempo, ho semplicemente assecondato una passione innata.

 

Frida.Kiza PE 2020

Raccontaci le tappe più salienti del tuo percorso nel fashion system.

Nel mio percorso formativo figurano, tra l’altro, studi di moda a Londra. Dopodichè, ho iniziato ad essere presente in varie trasmissioni televisive per poi approdare al Festival di Sanremo 2020, dove ho vestito Emanuela Tittocchia in occasione della serata inaugurale: Emanuela ha scelto il mio abito tra i tanti che le erano stati proposti.

 

Emanuela Tittocchia indossa un sontuoso abito firmato Frida.Kiza all’ “Opening Sanremo 2020”

Come è nata l’idea di fondare un tuo proprio brand?

Frequentando e conoscendo molti stilisti, ho voluto anch’io dare un volto alle mie creazioni.

Frida.Kiza è sorto a Fabriano, nelle Marche, a oltre 300 km da una capitale della moda come Milano. Perché questa scelta?

A Fabriano si trova la sede legale del brand. Lo showroom di Frida.Kiza, però, e’ a Milano.

 

Frida.Kiza PE 2020

A quale donna si rivolge il tuo brand, hai una musa ispiratrice?

Quando creo penso a una donna che ama la vita, piena di gioia di vivere. La mia musa? Senza dubbio, Coco Chanel.

Nelle tue recenti collezioni fai un ampio uso delle stampe e di una palette cromatica vibrante. Sono leitmotiv che derivano da riferimenti specifici?

Direi che esprimono perfettamente la personalità di Frida.Kiza.

 

Fabiola al lavoro

Chi sono i designer che ami e che ti ispirano maggiormente?

Coco Chanel, Armani e Dolce & Gabbana su tutti.

A proposito di ispirazione, hai mai attinto a motivi o a suggestioni africane? E più in generale, esistono degli elementi ispirativi che ricorrono nelle tue creazioni?

Non mi sono mai ispirata all’ Africa nelle mie creazioni, ma non è detto che non possa essere un’ idea per le prossime collezioni. Utilizzando, come sempre, dei colori cromatici.

 

Un outfit della collezione PE 2019 di Frida.Kiza

Personalmente, ti senti più italiana o più africana?

Italiana al cento per cento, ma sento di appartenere al mondo.

Quale futuro attende la moda, nell’era del Coronavirus?

Un cambiamento epocale, sia nel creare che  realizzare e proporre.

 

Fabiola insieme alla mitica Suzy Menkes, International Fashion Editor di VOGUE

Pensi che varierà qualcosa nel tuo modo di creare, di ispirarti, di presentare le tue collezioni?

Il brand rimarrà sempre Frida. Kiza con le sue creazioni e ispirazioni, ma guarderà costantemente ai continui cambiamenti che ci coinvolgeranno.

Quali sono i progetti più immediati che ti vedono coinvolta?

Sicuramente, la preparazione della nuova collezione Primavera/Estate 2021.

 

 

 

Altri look tratti dalla collezione PE 2020 di Frida.Kiza

Un ritratto fotografico di Fabiola Manirakiza

La designer con Carla Sozzani, un’ icona indiscussa (nonchè sorella dell’ indimenticabile Franca)

Stampe e ancora stampe: uno dei leitmotiv delle collezioni griffate Frida.Kiza (nella foto, un look della PE 2019)

Fabiola in uno scatto insieme alla nota giornalista di moda Giusi Ferrè

 

 

 

Il ritorno di Jack Paps, carismatico cantastorie

(Photo by Luca Zizioli)

Questo weekend inizia con un bell’ incontro. Ricordate Jack Paps, già ospite di VALIUM nel 2017? Bene, è tornato a trovarci. E siccome detesto perdere di vista gli amici, lo accolgo molto volentieri. Negli ultimi tre anni, per lui, si sono succeduti eventi che l’hanno coinvolto sia sul piano privato che professionale, ma ha sempre mantenuto il proprio imprinting: quello di artista eclettico e felicemente underground. Prima del lockdown, Jack si suddivideva tra sporadiche puntate in Veneto e Milano, dove si è trasferito in pianta stabile. La musica ha continuato ad appassionarlo sotto forma di sperimentazioni e collaborazioni con amici di lunga data, sebbene i suoi interessi siano innumerevoli.  Ne parliamo in una chiacchierata dove – carriera nelle sette note a parte – toccheremo temi come le discipline orientali, i ricordi associati all’ arte di strada, le aspirazioni, Venezia ai tempi della pandemia, l’ ispirazione e molto, molto altro ancora. Una chicca in anteprima? Per ammazzare il tempo durante la quarantena, Jack ha aperto un profilo Instagram dove posta le sue “canzoni della domenica” ogni settimana: un appuntamento imperdibile in cui rivisita, nel giocoso e onirico stile Paps, brani noti e meno noti del passato. Se volete saperne di più su questo immaginifico cantastorie contemporaneo, godetevi il botta e risposta qui di seguito. Ah, vi avverto: parecchi dettagli sono rimasti invariati, rispetto al nostro primo incontro. L’ alone di mistero che circonda l’artista è sempre lo stesso, così come il look bohémien e pittorescamente “fin de siècle”. Ma soprattutto permane il carisma di una personalità ipnotica, del tutto sui generis, che cattura all’ istante. Sarà solo una mia impressione, però non riesco a immaginare Jack Paps mentre lotta con le unghie e con i denti per catapultarsi nel mainstream musicale…

Una domanda semiseria. Jack, riannodiamo il filo: nel 2017, quando ti ho chiesto che progetti avevi dopo la tua esperienza al Summer Jamboree di Senigallia, mi hai risposto che pensavi di mollare tutto per insegnare yoga. Com’è andata, invece?

E’ stato così in parte, con l’eccezione che non ho abbandonato il lavoro di artista, ma non dubito che in futuro potrei farlo. In parallelo alla mia vita di musicista c’è un’ossessione e uno studio continuo per le pratiche e le discipline che arrivano dall’ Oriente, soprattutto per ciò che riguarda l’ascetismo.

 

 

Il tuo percorso professionale è intriso di un mistero che lo carica di fascino: potremmo tornare sull’argomento per ricapitolare? Come ti racconteresti a chi non ha letto la tua prima intervista per VALIUM?

Questa professione è capitata per caso in verità, in un susseguirsi di situazioni concatenate. Sono un solitario con una pervasiva malinconia e durante la mia infanzia e la mia adolescenza ho saziato questa mia emozione predominante con le note di una piccola pianola trovata tra le cianfrusaglie. Passavo molto tempo, in uno stato di raccoglimento, a cullarmi col volto disteso sulla tastiera mentre suonavo. Fatto sta che gli anni passavano e ho imparato a suonare. La musica è rimasta di fatto una voce intima nella mia vita, finché a 24 anni circa, disilluso dalle aspettative di una vita ordinaria e con l’incoscienza e l’audacia che contraddistinguono quella età, mi sono gettato tra le calli e i campielli Veneziani con una piccola fisarmonica blu, suonando e cantando a squarciagola. Da cantastorie squattrinato per le strade a performer professionista per eventi di prestigio, nel giro di pochi anni mi sono perfezionato e ho fatto della musica il mio mestiere. Agli inizi ero persuaso che la musica e le mie espressioni artistiche fossero il fine e che la mia passione, le mie aspirazioni fossero il carburante per raggiungere questo traguardo. Oggi invece, a distanza di qualche anno, penso che la musica sia stato il mezzo, e che il fine fossero le relazioni e le connessioni che potevo creare attraverso di essa.

In questi anni hai alternato le esibizioni nelle location più esclusive alle performance in strada. Qual è il trucco per trovarsi a proprio agio in entrambi gli ambienti?

Cerco disperatamente il trucco. Ho chiesto anche al mio amico mago che lavora ogni tanto con me, molto abile nei trucchi, ma anche lui non ha saputo dare una risposta. Vivo una perenne dicotomia, anche quella interiore tra me e Jack Paps.

 

(Photo by Elisa Cuneo)

A proposito di arte di strada, quali ricordi hai dei tuoi esordi nelle calli di Venezia? E cosa pensi della Laguna in quarantena, della sua trasformazione sbalorditiva?

Venezia è stata il teatro della mia crescita. L’ho vista vestirsi a festa durante il Carnevale, l’ho accompagnata con la mia musica e l’ho vista ballare, l’ho vista piangere lacrime amare durante le inondazioni che l’hanno ferita, l’ho vista assediata di turisti che l’animavano e la tormentavano e l’ho vista oscillare davanti ai miei occhi alla fine dei Bacaro tour con gli amici (il Bacaro tour è una forma tutta veneziana che prevede il giro delle locande bevendo almeno un bicchiere in ognuna di esse). Poi è arrivato il COVID-19 e pochi giorni prima che cominciasse la quarantena l’ho vista per la prima volta deserta, affascinante e silenziosa, riprendere il respiro. L’ho salutata commosso e sono ritornato a Milano.

 

(Photo by Serena Rose Zerri)

Dopo il trasferimento a Milano, hai deciso di tornare in Veneto di tanto in tanto per riannodare le collaborazioni che avevi già avviato con svariati musicisti: penso a Damien McFly o a Gabriele Fassina, in arte FACS. In che modo si intersecano i vostri talenti?

Dopo sei anni di vita a Milano, ho voluto ritrovare gli amici che avevo perso di vista, specialmente nel Veneto. Mi sono messo in testa che fosse una cosa importante e alla quale dare priorità. Questa scelta è stata importante sia a livello umano che lavorativo. E così per prima cosa sono andato a trovare un vecchio amico e la sua band della quale facevo parte prima di diventare solista, Damien McFly. Un cantautore a cui voglio bene e che stimo profondamente come professionista, un ragazzo che da una città di provincia è riuscito con la sua musica e i suoi testi a farsi sentire internazionalmente, e in un certo senso il primo con cui ho potuto imparare il mestiere. Trovare una formazione musicale con cui si è in sintonia non è una cosa scontata, e dopo anni ho avuto l’occasione di poter suonare di nuovo con loro. Tra le altre buone occasioni ho potuto risuonare e confrontarmi con un altra persona speciale nel mio cuore, un musicista che personalmente reputo il più talentuoso tra tutti quelli incontrati fino a oggi, Gabriele Fassina in arte FACS. Con lui ho condiviso tante avventure e musicalmente c’è un intesa molto forte. Quando suoniamo insieme non c’è bisogno di parole o gesti, a volte penso che non ci sia neanche bisogno di comunicare, tanto siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Pensi che qualcuno di questi connubi possa sfociare in una collaborazione duratura?

Penso che le collaborazioni non verranno a mancare con entrambi, ma l’aspetto dell’amicizia per me è molto più importante. Le collaborazioni verranno da sé.

 

Jack e Damien McFly (photo by Massimiliano Berto)

FACS e Jack

Ultimamente hai aperto un profilo Instagram che, ogni settimana, propone una splendida chicca: la “canzone della domenica”, ovvero brani del passato che rivisiti con il tuo magico estro. Come nascono questi piccoli gioielli?

Sono appassionato di musica “tamarra” anni ’90, e trovo che i tormentoni dance di quegli anni abbiano un grande potenziale: si possono trasformare in versioni anche distanti e diverse tra loro, per esempio in versioni orchestrali o motivetti, come nel mio caso, da cantastorie. E’ uno spensierato passatempo in questi giorni di reclusione.

 

La Damien McFly Band (photo by Massimiliano Berto)

Parlando invece in generale, cosa fa scoccare la scintilla tra te e l’ispirazione?

La musica in sè è per me fonte di ispirazione. Spesso ho la necessità di comporre o di trasformare partendo da una musica che ho sentito e che mi ha colpito.

L’ era del Coronavirus sta rivoluzionando gli stili di vita. Che ci racconti della tua quarantena?

Come già si è capito dalle mie risposte, io non soffro nell’isolamento perché spesso la solitudine placa le mie paure. Sono quindi forse uno dei pochi ad aver ritrovato un armonico equilibrio con me stesso. Il fatto che la città si sia fermata ci ha regalato un insolito silenzio nel quale le nostre riflessioni hanno fatto eco.

 

(Photo by Elisa Cuneo)

Per un artista che, come te, privilegia la dimensione live, il Covid-19 rappresenta un fattore penalizzante. In quale direzione potrebbe evolvere l’esibizione musicale?

Penso semplicemente che si debba aspettare. Esistono dei mestieri che vivono del contatto diretto col pubblico, si possono utilizzare delle piattaforme Internet ma personalmente lo trovo un rattoppo in attesa di tempi migliori.

 

(Photo by Elisa Cuneo)

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice – Fase 2: tra bilanci, Flassy Mask e doverose considerazioni

Il Principe “au naturel”, baciato dal sole e immerso nel verde

La Fase 2 dell’ emergenza Coronavirus è appena cominciata, e VALIUM prosegue il suo percorso sulle tracce del Principe Maurice. E’ un percorso ricco di sorprese, dove profonde riflessioni e un’ incisiva vis critica si alternano al mood giocoso di Maurice: a fine lockdown (o quasi), la nostra conversazione telefonica straborda di sprint e spirito propositivo. La quarantena, con i suoi tempi dilatati e l’azzeramento di ogni precedente stile di di vita, ha accentuato più che mai la voglia di reinventarsi del Principe. Nella casa-atelier della costumista Flavia Cavalcanti ha trovato il modo di continuare a fare, a creare, lasciando un doveroso spazio alle considerazioni sulle professioni del mondo della notte e al loro futuro. Intanto, l’ “icona notturna” per eccellenza vive di giorno e lancia già nuovi progetti e iniziative: li scoprirete qui di seguito, leggendo l’ intervista. Posso anticiparvi che non cessa mai di rimanere accanto ai fan, anche solo con il pensiero. E che i limiti imposti dalla pandemia non scalfiscono la sua indole costruttiva, perchè tutto ciò che fa lo fa con passione. Mettendoci il cuore sempre. Ormai lo conosciamo bene…Al punto che potremmo dire, con Stendhal, che “la passione non è cieca, è visionaria”: nessun aforisma sembra più adatto a descrivere il Principe Maurice e il motore che lo anima.

La tanto attesa Fase 2 è appena cominciata: qual è il bilancio della tua quarantena in quel di Milano?

La mia quarantena è stata tutto sommato piacevole, con i limiti e le angosce di chiunque. Come vi ho detto nella puntata scorsa sono ospite di Flavia Cavalcanti e stiamo procedendo nella sistemazione dei suoi archivi, della sua casa atelier, abbiamo addirittura fatto dei lavori di decorazione…Diciamo che in due, tutti e due creativi, il tempo passa e si riesce ad investirlo bene. Poi, sto implementando i miei studi musicali: mi sono procurato una piccola consolle con la quale sto prendendo confidenza per gestire in modo ancora più professionale il mio ruolo di emotional dj. E’ un’ottima consolle virtuale della Pioneer che si collega al computer e mi dà la possibilità di lavorare meglio. Mi sto divertendo molto! Ho anche fatto un piccolo corso con un dj e produttore discografico mio amico, Alessandro Panicciari , che mi ha dato delle dritte per poter utilizzare al meglio questo strumento. Flavia aveva comprato la consolle tempo fa perchè era ne rimasta intrigata, poi me l’ha regalata perchè era sempre molto presa dai suoi costumi! Per cui, ora sarò un po’ più attrezzato nel mio ruolo di dj per dinner show, cocktail e vernissage. Voglio precisare, non sono un dj vero e proprio. Mi definisco, piuttosto, un emotional selector: è la visione che sto implementando in questo periodo in cui abbiamo tempo a sufficienza per organizzare, per pensare…Il mio futuro, molto probabilmente, mi vedrà vestire anche quei panni. Dal punto di vista umano, invece, le sofferenze della quarantena sono tante, perché io sono un animale sociale e detesto la solitudine. Ma il fatto di essere in due, con quella persona straordinaria che è Flavia, è positivo di gran lunga. Anche se la visione un po’ fumosa di questa Fase 2 sta inquietando tutti e ha cominciato ad inquietare anche me. Ho notato che negli ultimi periodi, purtroppo, non ho più ritmi: mi sveglio frequentemente di notte, mi addormento di giorno, comincio a essere stufo…è un fenomeno che mi dà un po’ fastidio. Se consciamente sto passando bene la quarantena per i motivi che già ti ho detto, dal punto di vista inconscio certe paure che ci instillano continuamente, certe insicurezze stanno iniziando a logorarmi: questa preoccupazione nelle retrovie del cervello sfasa la gestione dell’ansia.

 

La nuova consolle del Principe

Balou, ospite fisso di casa Cavalcanti

Cosa hai imparato su te stesso, in questi giorni?           

Posso dirti che, in realtà, non ho fatto altro che avere la conferma di quello che sapevo di me: mi conosco bene. La circostanza indubbiamente è particolare, però io sono già passato attraverso fasi di dolore, senso di perdita, cambiamento dal punto di vista professionale, per cui so bene come mi comporto. Cerco di rendere positive tutte le esperienze, anche quelle più drammatiche. Non ho scoperto tante cose nuove su di me, però ho scoperto che mi manca il mio lavoro! Soprattutto dal punto di vista dell’incontro con il pubblico. Come sai ho fatto una live su Facebook che mi è piaciuta, dove ho parlato con il cuore…Però mi sentivo un imbecille: mi sembrava una masturbazione mentale l’esibirmi davanti a uno schermo, distratto dai commenti – tantissimi devo dire, voglio ringraziare gli spettatori anche attraverso il tuo blog – che ho letto tutti e ai quali ho risposto. Questo feedback sì, è stato bellissimo, perché essendo assolutamente vergine delle live non ho fatto altro che essere me stesso in quel momento, così come mi sentivo. Non volevo fare qualcosa di roboante con costumi, travestimenti vari…Ho parlato con il cuore in mano, senza filtri. E poi ho individuato una canzone straordinaria, “Because the night” di Patti Smith, e l’ho voluta interpretare in una maniera molto intima, proprio in base al senso profondo che può avere per il mondo della notte, per chi ama la notte, quella canzone lì. Le dirette, in ogni caso, non diventeranno un mio modo alternativo di fare spettacolo: ne sono sicuro! Ogni tanto apparirò, perché queste iniezioni di umanità fanno bene. Sono stato me stesso come lo sono sempre, però in una dimensione più intima ed anche colpita da tutto quello che ci sta succedendo…che è qualcosa di veramente allucinante.

 

In versione “Silver Devil” durante la live con i Datura e Rexanthony

Una domanda quasi scontata: parlami della prima cosa che farai ora, in linea con le nuove misure precauzionali.

Purtroppo, come sai, non ci si può ancora abbracciare o stringere la mano, però ci si può almeno vedere di persona…grazie alle nuove norme sulle visite ai congiunti. Quindi, senza dubbio, presto andrò a trovare mia sorella che abita a pochi passi da Milano. Anche se non posso abbracciarla o stringerla voglio vederla con i miei occhi, guardarla negli occhi davvero e non attraverso lo schermo del telefono o del computer! Voglio ridere e piangere con lei del fatto che siamo ancora qui e che possiamo farcela. Questa è la prima cosa che voglio fare! Metto innanzi a tutto i rapporti più forti, gli affetti più intimi e familiari. Dopodichè, mi piacerebbe ricominciare a diventare progettuale e operativo riguardo alla mia nuova professionalità proiettata per la contingenza sul concetto di dinner show. Aggiungo che il 5 Maggio ho un appuntamento importante: andare alla libreria Mondadori, qui a Milano, per comprare l’ ultima fatica letteraria – “Caffè Voltaire” – della mia cara amica Laura Campiglio. Un libro che doveva uscire a Marzo, ma si è arenato nel limbo delle restrizioni.

 

On stage insieme a Grace Jones, amore mai dimenticato e amica di sempre

A livello di fantasia, invece, qual è la prima cosa che vorresti fortissimamente fare? Cosa ti è mancato di più, durante questa interminabile clausura?              

Vorrei abbracciare chiunque, a diversi livelli a seconda dell’attrazione fisica! A parte questo, una cosa che vorrei fare tantissimo coinciderebbe con due desideri, non con uno solo: prendere l’aereo, andare in Giamaica e abbracciare Grace (Jones, ndr.), che da lontano mi è stata molto vicina così come io sono stato molto vicino a lei. Ho un grande desiderio di viaggiare, di ritrovare i miei amici sparsi in tutto il mondo, ma in particolare di rivedere la mia amica di sempre che è Grace. L’ idea di riuscire a raggiungerla, anzi, mi ispira anche qualcosa di più di un abbraccio! E poi c’è un’ altra cosa, naturalmente: vorrei tanto ritornare nella mia Venezia! Vorrei riuscire a vederla così surreale, così meravigliosamente e drammaticamente surreale. Mi catapulterei nel mio delizioso boudoir, Ca’ Pier, dove c’è un giardino segreto sicuramente fiorito e un pianoforte da suonare fino allo sfinimento…Molte città (compresa Milano), in questo silenzio e nell’ essere così vuote, hanno recuperato una purezza nella loro bellezza.

 

Il libro (freschissimo di stampa) “Caffè Voltaire”…

…e la sua autrice: la scrittrice, giornalista e conduttrice Laura Campiglio

In questi due mesi, comunque, mi giunge voce che tu non sia rimasto con le mani in mano…

Con Flavia abbiamo dato il via a una bellissima iniziativa. Avendo tanto tempo a nostra disposizione, abbiamo fatto questa considerazione anche per il fatto che sono soprattutto io, tra i due, quello che esce a fare la spesa e deve quindi indossare la mascherina chirurgica. Funzionale, per carità, ma brutta! Siccome il senso dell’estetica in noi è potente, sono nati degli input anche da fuori: perché Flavia Cavalcanti, così brava, non si inventa delle mascherine belle, particolari? Tra l’altro, non dimentichiamo che le mascherine dovremo indossarle ancora per un bel po’. Non solo, ormai saranno obbligatorie. Così abbiamo creato una nostra linea. Non sono un presidio medico ma abbiamo fatto in modo che una tasca interna possa far passare dei filtri migliori, chirurgici e via dicendo, però diciamo che dal punto di vista del droplet sono funzionali. Sono molto belle, realizzate con dei meravigliosi tessuti a fantasia, applicazioni speciali…Alcune sono più di largo consumo, ma sempre fashion, altre sono pezzi in edizione limitata ed altre ancora pezzi unici che ci hanno già richiesto alcuni VIP. Vengono usati materiali preziosi quali cristalli Swarovski, perle coltivate, paillettes, strass, ricami fatti a mano e pietre dure… E’ stata un’idea straordinaria! Flavia e un suo collaboratore stanno procedendo nella produzione, io intervengo con un mio tocco creativo (mi è sempre piaciuta la moda, quindi ci metto anch’io del mio) per cui ci sarà anche una limited edition a me dedicata…Siamo molto felici! Accettiamo ordini piccoli o singoli e verrà presto creato un sito apposito. Potete ricevere informazioni, dettagli e ordinarle via e-mail (flassymask@gmail.com), acquistarle on line e farvele consegnare a casa, non c’è nessun problema. Nel frattempo, abbiamo già battezzato la nostre creazioni: si chiamano Flassy Mask, l’ acronimo dei nomi dei due creatori Flavia Cavalcanti e Vassy Longhi – un giovane hair stylist e makeup artist (già consulente per Dolce & Gabbana e altri brand di prestigio) che ha collaborato con Flavia ai costumi teatrali del musical “Pinocchio”. L’idea è piaciuta moltissimo e svariati cantanti, attori, attrici e soubrette sono pronti ad acquistarle. Riassumendo, le nostre mascherine sono di tre tipi: alcune sfoggiano stampe animalier, tessuti pregiati e di marca (Cavalli, Philipp Plein e altri… è una serie riprodotta, anche se in un numero limitatissimo). Altre sono tutte fatte a mano e adornate con delle belle applicazioni, altre ancora sono dei preziosi pezzi unici. La nostra è un po’un’ ”Haute Couture” della mascherina! Quando il dramma del Coronavirus sarà finito, secondo me, la mascherina diventerà un feticcio ricordo con cui farsi immortalare. L’emblema di questo momento storico. Quindi averlo bello, averlo griffato Flassy sarebbe un bel cimelio da lasciare alle prossime generazioni. Non è da trascurare!

 

Flavia Cavalcanti e Vassy Longhi con le Flassy Mask

 

Alcuni esemplari di Flassy Mask, mascherine ultrafashion

Hai esordito con una live su Facebook la sera del lunedì di Pasqua. E’ stata, non c’è bisogno di dirlo, apprezzatissima: l’affetto dei fan nei tuoi confronti si percepiva a pelle. Come hai vissuto quel debutto virtuale?

Mentre la giravo ero un po’ imbarazzato. Ho dovuto far forza su me stesso, ma ciò era anche dovuto al fatto che durante la diretta stavo cercando di capire come funzionasse la parte tecnica. Poi, però, mi sono sentito sempre più a mio agio e mi sono lasciato andare. Ho parlato a ruota libera di quello che provavo, messo e descritto la musica che ho scelto al momento, incastonata perfettamente in quell’occasione: proprio come una colonna sonora dei miei sentimenti. E’ per questo che la chiamo “musica emozionale”. Mi è piaciuto, esibirmi in una live. Non riuscivo a capire quanta gente mi stesse seguendo, non capisco una mazza di quella roba lì, però vedevo parecchi commenti il che mi incoraggiava…Sono riuscito ad arrivare indenne alla fine. Successivamente, altri artisti mi hanno proposto di fare delle live insieme e i primi a cui ho detto di sì sono stati i Datura e Rexanthony: sabato 25 Aprile, infatti, ci siamo riuniti virtualmente per una diretta ispirata alla trasmissione che avevamo su M2O, “Rememo”, di musica e di interventi vocali. Il pubblico ha potuto seguirci sia su Facebook che su Instagram. Un’ altra live che ho in programma mi vedrà con Francesca Faggella, lei da Palma di Maiorca e io da Milano, dove riproporremo la New Disco con un intervento “Gloss’n’Glitter”. Cerchiamo di mantenere vivo l’interesse sulle cose belle che facciamo e queste live possono essere degli spot, ma non diventeranno la mia forma alternativa di esibirmi. Io ho bisogno di esibirmi davanti a un pubblico, folto o esiguo che sia.

 

 

Due Flassy Mask della special edition “Principe Maurice”: preziose, notturne e vagamente esoteriche (soprattutto il modello che vedete qui sopra)

Quindi, riguardo alle live, non si può parlare di un vero e proprio progetto che ti manterrà connesso con i tuoi ammiratori…

No. Non è un progetto vero e proprio: lo farò soltanto quando avrò gli inviti simpatici e adeguati. O il desiderio di apparire, perché ogni tanto apparire è anche un’esigenza. Però non diventerà un appuntamento fisso. Me l’hanno chiesto in molti, ma non lo diventerà perché non è nelle mie corde. Potrebbe saturarmi. Di tanto in tanto mi farò vivo molto volentieri, magari anche in compagnia di artisti con cui collaboro, però sempre con la speranza di ricominciare presto ad esibirmi. Sto pensando ad un’ ironica diretta con ospiti qualificati per affrontare l’argomento “sesso” in quarantena: “Fallo a casa (se non hai un congiunto)”, sfruttando il palese doppio senso (ahahahah!) e ispirandomi al personaggio della sessuologa della mitica Anna Marchesini!

 

Alcuni screenshot della live del 25 Aprile con i Datura e Rexanthony

Il futuro dei lavoratori dello spettacolo dopo il lockdown, purtroppo, è ancora nebuloso: gli assembramenti dovuti a serate e concerti rendono difficile una riapertura dei locali a breve. Molti artisti hanno lanciato appelli al Governo, suggerimenti per ovviare allo stand by (penso al teatro in TV di Monica Guerritore). Hai elaborato anche tu una proposta che vorresti divulgare?

Intanto è scandaloso che i lavoratori del mondo dell’entertainment non siano mai stati mai nemmeno citati. Parlo di dj, vocalist, perfomer, ballerini, tecnici vari, camerieri, baristi, manutentori…di tutta quella popolazione che mantiene le famiglie con questo tipo di lavoro nei club della notte. Non sono stati mai menzionati e non è stato pensato alcunchè per quanto riguarda la loro ripartenza. Noi siamo stati i primi ad essere chiusi, saremo sicuramente gli ultimi a riaprire, ma non c’è alcuna forma di sostegno per le famiglie che vivono dei proventi del nostro settore. Penso, che so, anche agli addetti alla sicurezza, alle donne delle pulizie, a chiunque…Tutte persone che con il loro reddito contribuivano al ménage familiare. Nei loro confronti, al momento, non c’è in programma una tutela ufficiale. Ora il sindacato (Silb) sta cercando di muoversi, si stanno organizzando delle raccolte di firme, però la cosa scandalosa è che da parte del Governo o del Ministero non esiste la minima attenzione nei nostri confronti. Ma che a loro piaccia o meno, noi esistiamo. Non ci sembra giusto sentirci dei paria! Io mi occupo anche di altre cose, per carità, però l’industria degli eventi in toto – anche solo i matrimoni, per dire, piuttosto che i congressi aziendali o celebrazioni varie- non è stata mai presa in considerazione. Lo trovo inquietante. Non possiamo fare degli eventi in streaming! La Guerritore è un’attrice, peraltro bravissima, ma io non è che potrei mettermi a recitare con una telecamera davanti. Il mio tipo di lavoro non potrà essere realizzato se non quando ci sarà la possibilità di riunirsi di nuovo. E non c’è alcun accenno a tutto questo, sotto nessun punto di vista. C’è solo il divieto. Però il divieto significa anche che non si lavora, non si guadagna, in certi casi non si mangia! Io ringrazio il cielo, la mia situazione non è così drammatica, ma è una tragedia che stanno sperimentando in molti. L’ industria del divertimento ha un suo valore, e non è un valore così relativo. Ha un suo fatturato, tasse pagate, stipendi, tutto l’indotto che vive intorno…Pensa, che so, alla Riviera Romagnola. Per quanto mi riguarda, investirò sicuramente nel dinner show. Non esiste alternativa alla discoteca, la discoteca non può essere fatta in altro modo se non quello di ballare insieme. Il problema è anche quello di riaprire in maniera economicamente conforme, e con poca gente non si può. Non so neanche se alcuni ristoranti riusciranno a essere di nuovo attivi, perché se un locale da 60 coperti ne può contenere 10 non ce la fa a pagare neppure le spese. Mi chiedo: esistono enti statali appositi, perchè non vengono consultati? Ad esempio c’è il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia del Lavoro), che da sempre dovrebbe essere di sostegno in caso di necessità perché è composto da operatori del mondo dell’industria, dell’economia, del commercio, eccetera…però non è stato consultato. Invece hanno istituito questo “Comitatone” di esperti (?) che ci sta di fatto governando, perché se il Governo pende dalle loro labbra lo facciamo anche noi. Ma si può sapere chi sono questi signori? Che competenze hanno, che esperienze hanno, soprattutto, della vita reale?  Con l’Europa, poi, dovremmo essere tutti uniti: secondo me qui o diventiamo Stati Uniti d’Europa o l’Europa si sfascia, e sarebbe un peccato perché a me piacerebbe l’idea di un’unione salda e reale. L’ unico neo che ho notato all’ interno del mondo della notte è che, purtroppo, non siamo coesi. Ognuno pensa alle proprie iniziative. Invece, siccome l’unione fa la forza, dovremmo farci sentire tutti insieme. Bisogna trovare un modo per far valere i nostri diritti, anche quelli di semplici cittadini che lavorano. Ci stiamo ragionando, purtroppo ne avremo di tempo per ragionare! Però, per far fronte all’ emergenza, auspico che proprio dal punto di vista sociale e politico si prenda atto che esistono anche delle figure professionali che in questo momento sono ferme e lo saranno per molto più tempo degli altri: sono una forza lavoro che va aiutata con un sostegno monetario immediato.

 

 

Nel video, il Principe al pianoforte nel suo boudoir veneziano “Ca’ Pier” e (di seguito) uno scatto dello stesso

Lo stile di vita che ci aspetta non sarà più quello di prima. Come cambierà in meglio e come in peggio, a tuo parere?

Di positivo direi che ci sarà che avremo voglia di fare. Anche chi si era un po’ assopito, adesso, vuoi per necessità o per il fatto di essere obbligato a non far niente, avrà voglia di ricominciare in qualche modo. Sarà sicuramente tutto molto diverso, ancora molto frustrante…In ogni caso darà un’apertura alla speranza il fatto di poter ricominciare a scendere per le strade (sempre con le dovute precauzioni, per carità), poter andare al ristorante o anche solo a lavorare, per dire. Farà ricominciare ad apprezzare quel poco o quel tanto che ognuno di noi aveva. Di certo aumenteranno la coscienza, l’apprezzamento nei confronti di ciò che consideravamo routine o normalità, che davamo per scontato. Però il percorso per tornare a una normalità “vera” sarà ancora lungo e difficile. Probabilmente il fatto di essere isolati, con molto tempo a disposizione, ha aguzzato l’ingegno di chi è propositivo per natura. Penso che potrebbero esserci dei cambiamenti positivi e belli anche per quanto riguarda la gestione dell’ecologia, ma la cosa più inquietante sarà che molte famiglie faranno fatica a mettere insieme persino i pasti giornalieri. La crisi economica è paragonabile a quella di una guerra. E’ di fondamentale importanza, adesso, nell’urgenza, che vengano dati immediatamente degli aiuti a fondo perduto a chi deve pagare l’affitto, le bollette…L’unico modo che vedo possibile sarebbe poter avere a disposizione dei finanziamenti – a fondo perduto, ribadisco –  erogati dalla Comunità Europea, proprio come se fosse scoppiata una guerra mondiale. Con il Piano Marshall, dopotutto, noi non abbiamo dovuto restituire i soldi all’ America quando ce li ha dati per ricostruire. Quel che è certo è che il mondo non sarà più quello di prima. Sotto alcuni punti di vista, soprattutto quello filosofico, sarà migliore: ritroveremo una coscienza oltre che individuale anche comune. Per quanto riguarda l’edonismo e tutto il resto, invece, sarà peggiore perché non saremo più in grado di riavere il nostro stile di vita. Però, dato che si è resettato tutto, si può creare qualcosa di nuovo se ce ne danno la possibilità materiale. Potrebbe venirne fuori una nuova società, una forma nuova di fruire tutto: le bellezze naturali, le bellezze artistiche, musicali…anche il divertimento, che magari sarà molto più intenso, intelligente e di qualità. Ci sarà meno massificazione, forse è così che dev’ essere. Quello che mi auguro è che questa pausa, questo poter tanto riflettere, possa creare dei nuovi fermenti. Sto cercando anch’io di capire come e quando “rinascere” in maniera inedita e interessante…Il primo passo sarà quello di inserire il mio personaggio nell’ambito delle cene spettacolo, quindi dell’intrattenimento durante il pasto. Per il momento, sarà l’unico modo: le strutture di ristorazione che hanno spazio e capienza a sufficienza hanno anche la possibilità di rendere la cena un’occasione non più soltanto conviviale, ma anche in cui ricominciare a fruire di spettacoli speciali, artistici, ben curati, divertenti, leggeri e pregni al tempo stesso. Come quelli che io avevo già iniziato a fare. Questo è il primo modo di esibirmi che vedo realizzabile. Esistono strutture ben dotate e organizzate dove, se la gente vorrà recepire questo nuovo inizio, il dinner show potrebbe avere un buon successo. Immagino che non sia possibile ballare, però se mentre ceni sei circondato da pochi artisti sul palco, qual è il problema? Non potremmo certo esibirci in mascherina, o magari sì se fosse una Flassy Mask! La maschera, dopotutto, appartiene al teatro: stavolta, invece di metterla sugli occhi la metteremmo sulla bocca!

 

Flavia Cavalcanti immortalata durante la creazione di una Flassy Mask

Il Principe con una Flassy Mask dalle suggestioni neon

Vorrei concludere con un tuo messaggio per i fan del mondo della notte, che vedono avvicinarsi un’estate tristemente priva dei loro templi. Cosa diresti per rinvigorire l’animo di tutti quei giovani che amano tirare l’alba a suon di musica o – nel caso del tuo pubblico – al potente ritmo della techno?

Se si potrà uscire sarebbe bello che magari andassero in luoghi anche isolati o particolari, dove ci sono dei bei paesaggi, ad aspettare l’alba (soli o con pochi amici più intimi) o a godere del tramonto mettendo in macchina le cassette, i cd o le chiavette con la musica che amano di più. La ascolteranno chiudendo gli occhi e lasciandosi andare ai loro balli, tornando con la mente ai momenti in cui sono state registrate quelle performance. Per ora, bisogna avere pazienza. Da parte nostra stiamo cercando di fare il possibile perché si possa di nuovo riuscire a stare insieme, ma non dipende da noi. Siamo tutti in sospeso e dobbiamo muoverci in base a come si svilupperà la situazione. Però vorrei dire ai giovani: non rinunciate mai alle vostre passioni, fanno parte del vostro DNA…Non rinunciate alle vostre passioni perché in questo modo tenete vivi anche noi che siamo pronti, prontissimi – appena si potrà – a ritrovarvi e ad amarvi come sempre per essere riamati. Quando sarà possibile uscire, visto che in molti avete un’automobile con un bell’ impianto stereo, raggiungete una spiaggia deserta, un posto ameno. Godete della bellezza della natura, che in questo periodo ha potuto riprendere fiato visto che non l’abbiamo più deturpata né inquinata. Oppure ecco, potreste organizzare dei silent party con le cuffie: magari vi ritrovereste, sempre nel rispetto delle distanze, ascoltando la stessa musica. Perché anche il discorso dell’inquinamento acustico può dar fastidio, quantomeno ai vicini non affini… E questa estate, nel caso non potessimo uscire dalle nostre regioni di residenza, noi italiani siamo talmente fortunati da avere ovunque un patrimonio meraviglioso di cui godere. In ogni regione, in ogni città, anche nel più piccolo borgo esistono delle ricchezze indescrivibili. Quindi vi raccomando di andare alla scoperta della nostra bellezza, del nostro valore, e ve lo dico forte e chiaro: italiani, riscoprite l’Italia, perché è il posto più bello del mondo! Credo che non ci mancherà niente. La nostra estate non sarà un adattarsi ma un riscoprire, un ricominciare ad amare la nostra straordinaria terra.

 

 

Altre due immagini del boudoir del Principe a Venezia

“Andrà tutto bene”…e se indosserete una Flassy Mask, ancora meglio!

 

 

Photos courtesy of Maurizio Agosti

 

Eve delle meraviglie

 

Eve La Plume è un’ amica di VALIUM ormai da un lustro, quando debuttò come conduttrice al Summer Jamboree del 2015. Ho avuto modo di ospitarla nel mio blog in svariate occasioni e desideravo fortissimamente rincontrarla. Il destino ha voluto che la contattassi in uno dei periodi più drammatici della storia dell’ umanità, l’era del Coronavirus; questo tema, quindi, è diventato il nostro argomento di conversazione principale, inglobando anche racconti sulla quotidianità di Eve e sulla sua attività di Burlesque performer. La quarantena a cui siamo confinati va avanti da oltre un mese, è una condizione che spegnerebbe l’entusiasmo di chiunque. Fedele alla sua personalità propositiva, invece, Eve La Plume ha mantenuto la grazia, il sorriso e la raffinata ironia che la contraddistinguono. Con lei la conversazione raggiunge le più alte vette di profondità senza mai perdere la leggerezza: potrei dire che si snoda volteggiando con la soavità di una piuma, parafrasando il nome d’arte che ha scelto. In questa intervista, posso assicurarvelo, Eve ci è vicina con il cuore. Lo dimostra anche il fatto che ha voluto farci un magnifico regalo: il “making of” dell’iconico abito che indossa durante uno dei suoi act più applauditi, la performance sul cavallo a dondolo. L’ artista del Burlesque (cosa sono se non arte, gli eterei e sofisticati spettacoli in cui si esibisce?) ha pensato di crearne una nuova versione per sostituire l’originale, e in una serie di scatti ci illustra l’intero processo di creazione. Eh già, perchè Eve La Plume inventa e cuce personalmente tutti i suoi costumi di scena, ha una fantasia inesauribile. Non è un caso che i capi che sfoggia siano veri e propri gioielli rétro, preziose chicche che ci trasportano nelle atmosfere della Belle Epoque e in un mondo dove la meraviglia regna sovrana. Le foto numerate inserite qui di seguito delineano il percorso che potete compiere per addentrarvi in quell’ universo: ognuna cattura una tappa del “work in progress” di Eve fino ad arrivare all’ abito finito. A voi commentare il risultato!

Ci rincontriamo dopo tre anni e stavolta, purtroppo, in piena pandemia di Coronavirus. Come stai trascorrendo la quarantena?

Me la cavo molto bene: a casa ho un piccolo laboratorio dove realizzo i miei costumi, e sta andando a pieno regime! Quindi, in quel senso, io continuo a lavorare. Non posso fare spettacoli ma proseguo nella preparazione, metto a posto le mie cose e così via…Per me questo è un periodo anche lavorativo, nonostante tutto. Poi c’è da dire che ho una casa carina, esposta al sole.  Apro le finestre e viene inondata dalla luce! Mi considero fortunata, qui sono nel mio habitat, altrimenti la quarantena sarebbe stata decisamente più dura. E poi, sono impegnata in un’impresa titanica: da anni sto cercando di creare un nuovo costume per la mia performance con il cavallo a dondolo, ma ho sempre posticipato perché l’abito che ho cucito tempo fa era davvero speciale, e rifare qualcosa di altrettanto speciale è molto difficile. Allora rimandavo e rimandavo…Ma adesso quel costume sta soffrendo, mi guarda con occhi imploranti perché vuole andare in pensione! Alla fine ho deciso di accontentarlo, così dovrò sostituirlo. Non ne voglio cucire uno identico, però: manterrò solo il genere e i colori. Il mio obiettivo è quello di riuscire a battere il precedente, che era venuto una meraviglia. In questi giorni sono in piena opera di ricostruzione, speriamo che vada tutto bene.

 

L’ ABITO ORIGINALE dell’ act con il cavallo a dondolo

Prima che scoppiasse l’emergenza, amavi passare molto tempo in casa?

Guarda, dal momento che per lavoro sono spesso fuori, per me la vacanza è stata sempre stare in casa. Forse anche perchè mi sento un po’ sovraesposta. Già solo quando esco mi si nota per come vesto, per tutto un insieme di cose… sono sotto i riflettori di continuo. Dipende senza dubbio anche dal lavoro che faccio, che mi mette costantemente al centro dell’attenzione. Quindi, per me stare in casa è il relax totale. Adesso che siamo in quarantena, per esempio, mi mancano cose come le chiacchiere quotidiane con le vecchiette del quartiere: io esco e mi fermano, mi raccontano della loro giovinezza, di come erano, perché esteticamente rimando molto alla loro epoca. Ecco, questo tipo di contatto semplice, carino e delicato a me sta mancando parecchio. Comunque, in genere, rimanere in casa mi fa sentire a mio agio.

Tu sei un’artista del Burlesque: ti esibisci su un palco, davanti a un pubblico che ipnotizzi con performance di una raffinatezza rara. Cosa ti manca di più, di quelle serate?

Mi mancano proprio le serate. Oltre che stare sul palco, il clou di tutto il mio lavoro, a me manca molto il contatto con i miei assistenti. E poi caricare il furgone, il viaggio, la fatica anche. Il fatto di condividere dei momenti istruttivi e stancanti, perché la mia attività è fatta di traslochi: montare le scenografie, smontarle, fare le prove è impegnativo, ha tempi lunghi. Mi manca proprio l’avventura. Quel tipo di esperienza che, comunque, rivivrò in futuro. Però c’è da dire che io mi esibisco in prevalenza nel fine settimana, non vado al lavoro tutti i giorni. In questo caso, forse, le persone sentono maggiormente la mancanza della loro quotidianità. Per quanto mi riguarda, ripeto, l’avventura del viaggio e lo stare insieme ai miei assistenti sono le cose per cui provo più nostalgia in questo periodo.

 

 

Quando il lockdown terminerà, quanto ci avrà cambiato questa drammatica esperienza?

Sai che ci sto pensando molto? Perché trovo che ultimamente predominasse un po’ l’elogio della stupidità, il continuo estraniarsi per essere presenti solo sui social network…I miei, per ora, sono solo interrogativi, ma anche speranze. Potrebbe essere che scopriamo quali sono i nostri veri amici, che cominciamo a essere più professionali e seri, ad applaudire di meno all’ idiozia. Sarebbe un grande insegnamento, in questo senso: essere più seri, ma nel senso positivo del termine. Io, per esempio, a volte mi sono sentita la “rompiscatole di turno” per il semplice fatto di essere molto professionale, perché la tendenza era dire “Ma sì, ma dai, ma chi se ne importa…”. Spero che un simile modo di fare cambierà. Abbiamo visto delle persone parlare con cognizione di causa per la prima volta, abbiamo visto figure istituzionali dire cose serie, che avrebbero cambiato il corso delle nostre vite: secondo me è un ritorno alla consapevolezza, al fatto stesso di essere più comprensibili ed anche più precisi nell’ esprimersi. Probabilmente tutto questo apporterà un importante miglioramento alla società. O magari ci dimenticheremo tutto, diremo “Per fortuna è finita” e saremo ancora più stupidi…Non so. Le mie riflessioni non troveranno risposta finchè non vedremo che succederà. D’altronde, né la nostra generazione né quelle immediatamente precedenti hanno mai vissuto drammi del genere. E’ una situazione completamente nuova.

 

1. Il “MAKING OF” della creazione del nuovo abito. Seguite il percorso delle foto numerate per ammirare il risultato finale…

Sei un’ospite ricorrente nei programmi di Piero Chiambretti, peraltro appena guarito dal Coronavirus. Hai avuto modo di sentirlo, di recente?

Questa, per me, è la storia più triste del momento. Io sarei dovuta essere l’ospite della puntata in cui a “La Repubblica delle Donne” hanno fermato tutto, ma già dalla domenica prima vedevo che c’era aria di chiusura generale. Stavo preparando una performance ispirata a uno dei miei spettacoli, che per i tempi televisivi sono molto lunghi. Quindi lavoravo a una nuova coreografia, a un sottofondo musicale abbreviato, mi impegnavo nelle prove e così via… Quella domenica, intuendo che avrebbero potuto sospendere la trasmissione, ho fatto qualche telefonata e alla fine ho scoperto che Piero non stava bene, per cui hanno deciso di stoppare tutto e la puntata che dovevo fare è saltata. Ho pensato che fosse giusto, data la situazione. Di lì a poco, Piero è stato ricoverato in ospedale insieme alla madre perché accusavano dei sintomi sempre più gravi. Sono risultati entrambi positivi al Coronavirus, sua mamma tra l’altro era anziana…e qualche giorno dopo è morta. Piero, è risaputo, era legatissimo alla madre. Mi sono immedesimata in quella circostanza: immaginavo Chiambretti sotto respiratore, la madre morta a cui non poteva neanche dire addio…E’ stata una cosa che mi ha turbato moltissimo. Ecco, l’aspetto più terribile di questa malattia è il fatto che le persone che muoiono non possono neppure essere salutate in modo degno. E pensare a una persona a me cara come Piero, che stimo molto, in quell’ orrendo frangente, mi ha fatto soffrire davvero. Adesso è uscito dall’ ospedale, si sta riprendendo, ha il tampone negativo, per cui gli è andata bene. Però ha perso la madre…

 

2.

Quando ti rivedremo in TV? Se “andrà tutto bene” come ci auguriamo, qual è l’appuntamento futuro con Eve La Plume che non potremmo mai mancare?

Ti racconto qualcosa di buffo. Ho in programma degli show previsti a Novembre del 2020 e a Febbraio e Marzo del 2021. Siccome ho firmato i contratti a Gennaio, all’ epoca mi sembrava una cosa un po’ strana. Mi dicevo: ho un lavoro importantissimo per l’anno prossimo, ma quest’ anno che succederà? In realtà, poi è andata benissimo. Tutte le date previste finora sono saltate, però non avevo impegni rilevanti come quello che ho sottoscritto per il 2021. Si tratta di un tour della Germania in cui girerò i teatri insieme a un gruppo che fa musica swing e rockabilly. Con noi ci saranno altri artisti –  non di Burlesque – e faremo uno spettacolo itinerante che durerà due mesi. Sono molto felice, non vedo l’ora di iniziare! L’ impegno del prossimo Novembre non so se ci sarà, essendo al momento tutto bloccato. Ma se andasse in porto, posso anticiparti che si tratta di una mostra interattiva all’ interno di un contesto molto importante del mondo dell’arte. Di più non posso dire perché, se saltasse, perlomeno non ho dato troppe informazioni! In realtà credo che io ripartirò nella fase 35, perché facendo spettacoli che prevedono assembramenti probabilmente sarò l’ultima a ricominciare a lavorare. Magari, se tornassi in TV, i tempi potrebbero accorciarsi un po’. Quella puntata di “La Repubblica delle Donne” è ancora in ballo, non so se la rifaremo. Sarebbe un peccato, perché era tutto pronto. Però la situazione è ancora così incerta che fare previsioni è molto difficile.

Teatri e locali sono chiusi, a tutt’oggi è impossibile prevedere i tempi della loro riapertura. Hai qualche progetto alternativo per mantenerti in contatto con i tuoi fan, con il tuo pubblico?

Per la prima volta nella mia vita sto curando i social, nello specifico Instagram (clicca qui per seguire il profilo di Eve), dove aggiorno i miei fan quasi quotidianamente. Devo dire che è più nelle mie corde rispetto a Facebook: privilegiando le immagini esalta l’aspetto estetico e a me piace proprio per questo. Io sono molto indietro rispetto all’uso dei social, ma in questo momento trovo carino rimanere in contatto con il mio pubblico. Più che altro inserisco le immagini dei costumi che sto realizzando durante la quarantena, vestiti che indosso e poi fotografo nel cortile, però sto anche mettendo on line il mio archivio fotografico e parecchi contenuti inediti. Non è un modo per avere un guadagno, per lavorare davvero. Sebbene io abbia un numero ancora abbastanza ristretto di follower, trovo che Instagram sia uno strumento che dia la possibilità di seguirmi a chiunque lo desideri.

 

3.

Immagino che non ti vedremmo mai in vestaglia e pantofole neppure se dovessi apparire in una live tra le pareti di casa…Giusto?

Guarda, è una cosa che fa ridere i più. Perchè ogni mattina, anche se non devo far niente, io mi sveglio, mi faccio la doccia, mi trucco di tutto punto, mi faccio i capelli come una diva degli anni ’40, mi vesto come per una copertina di Vogue e poi rimango in casa! In questo momento, mentre parliamo al telefono, sono vestita, truccata e pettinata come se fossimo in videochiamata (ride, ndr). A proposito, un amico un giorno mi ha fatto una videochiamata a sorpresa. Nei primi giorni di lockdown si divertiva a chiamare tutti per sorprendere chi in pigiama, chi in maglietta, chi con le scarpe rotte e via dicendo, ma quando ha chiamato me sembrava che fossi uscita da un ricevimento di gala. Ero perfetta, non è riuscito a prendermi in fallo! E’ proprio una mia caratteristica, una routine da cui non derogo per niente al mondo. Io la mattina mi sveglio, mi trucco, mi prendo cura di me stessa e soltanto dopo comincio la giornata.

 

4.

Che futuro prevedi per il mondo degli eventi, nel post-Coronavirus? Le restrizioni per arginare il contagio potrebbero dar vita a dei format inediti di spettacolo?

Vedo che in molti si stanno organizzando on line, pubblicano video su YouTube eccetera, però io penso che il contatto umano dia un’emozione diversa. Ci sono delle cose, secondo me, che vale la pena di aspettare per poi viverle tradizionalmente. Diciamo che tutto quello che si sta facendo a livello virtuale è di grande aiuto. Esistono iniziative molto belle, molto interessanti, che possono essere efficaci in questo momento di chiusura. Però spero che dopo si ricominci a condurre una vita reale, con un contatto umano che dà un piacere ben diverso da quello di un video. Io mi auguro che tutto possa riprendere così come era prima. Probabilmente, come ti dicevo, nel mio settore si ripartirà tardissimo, ma spero che il contatto umano continui ad essere il perno e il punto di forza del mondo degli eventi.

Quale messaggio rivolgi ai lettori di VALIUM in questo momento così difficile?

Vorrei fare una riflessione. E’ vero, questa è una situazione tragica, stiamo piangendo tantissime vittime. Ma c’è una cosa che mi ha stupito, anche se sarò banale: il fatto che sia stato messo da parte l’aspetto economico per salvare la salute di un popolo. Per me è qualcosa di meraviglioso. Se tempo fa mi avessero chiesto “Cosa farà l’Italia, salverà prima l’economia o gli esseri umani?”, io il dubbio che avrebbe salvato l’economia lo avrei avuto. Quindi per me è stato un gran sollievo constatare che, sebbene il denaro sia al primo posto nella nostra società, per una volta viene messo un po’ da parte. Con tutte le problematiche che ciò comporta. Non sto dicendo che siano tutte rose e fiori, anzi: le conseguenze economiche del Coronavirus sono drammatiche. Però si è pensato alla salute, si è pensato alla vita delle persone. Sentiamo dire “Prima la vita” anche nei discorsi. Secondo me è molto importante. Per cui quello che voglio dirvi è di riacquistare la fiducia. Nelle persone, nel governo, nella nazione…E quando tutto finirà, andiamo avanti con un po’ di fiducia in più. Certo, in un contesto così terribile gli errori sono stati fatti, ma stavamo vivendo una situazione caotica che non si era mai presentata prima. Non è andato tutto liscio, in modo perfetto, però le scelte che sono state fatte sono state forti, giuste e a favore della vita, e questo è un dato positivo. Aver dato la precedenza alla vita è un’ottima cosa, secondo me. E’ un bell’ incoraggiamento. Prima regnava il culto del denaro, io vedo fare cose tremende in nome dei soldi…Quotidianamente e senza troppi rimorsi. Questa volta non è andata così, questa volta l’economia è crollata ma sono state salvate le nostre vite: lo trovo altamente positivo.

 

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GRAN FINALE.  Ecco il costume rivisitato in versione 2020: spettacolare a dir poco!

 

 

Le foto di Eve La Plume sono di Marielise Goulene: https://marielisegoulene.com/

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: nell’ era del Coronavirus

Evento “Eros & Thanatos” a Palazzo Labia, Venezia: il Principe Maurice interpreta la Marchesa Casati e una miriade di ulteriori personaggi in un accavallamento esilarante di personalità che “litigano” tra di loro

Pensare al Principe Maurice è evocare la magia del Teatro Notturno, il magnetismo di incredibili performance, la gioia sfrenata della festa. Però, da circa un mese, qui ogni festa si è interrotta. Sull’ Italia è piombato il silenzio, un silenzio intriso di paura e di cupezza: il lockdown per arginare il contagio da Coronavirus ha stravolto i connotati delle nostre esistenze. E barricati nelle case, bloccati in città blindate per motivi di salute pubblica, abbiamo salutato anche l’arrivo della Primavera. Il Principe, com’è ovvio, non è sfuggito alla regola. Mi sono messa sulle sue tracce via telefono e l’ho trovato in quel di Milano, deciso a trascorrere diligentemente il periodo contraddistinto dall’ hashtag #iorestoacasa: ancora attonito per l’ emergenza che ci è piovuta addosso, affronta la vita indoor con spirito propositivo e in buona compagnia (sarà lui stesso a rivelarvi con chi sta condividendo la “clausura”, non voglio rovinare la sorpresa!) . “Questa casa, per me, è un Paese dei Balocchi! Me la sto passando meravigliosamente. Abbiamo tirato fuori vecchie cose, vecchi costumi…stiamo creando il mio nuovo look”, mi dice entusiasta. Pensa già al futuro, a quando l’incubo sarà finito, e la sua energia mi galvanizza. Maurice approfitta della pausa generale per lasciare la creatività a briglia sciolta: lo immagino muoversi in quella Wunderkammer milanese come un pesce nell’acqua, tingendo la quotidianità di colori scintillanti. D’altronde, non potrebbe essere altrimenti. La fantasia è la sua più grande alleata, gli permette di tramutare ogni esperienza in una nuova avventura. Vi invito a leggere l’ intervista che segue, perchè è un autentico tripudio di racconti, consigli, considerazioni e reminiscenze: il Principe Maurice vi stupirà ancora una volta, regalandovi il perfetto antidoto contro la monotonia di queste giornate di semi-reclusione.

Nessuno di noi, credo, avrebbe immaginato che la diffusione del Coronavirus potesse avere un impatto così devastante sulle nostre vite: tra l’era del Coronavirus e quella pre-Coronavirus esiste un abisso. Per cominciare, vorrei innanzitutto chiederti come stai vivendo tu, icona della notte per eccellenza, un periodo in cui gli eventi sono stati accantonati in tutta fretta e annoverati tra i veicoli di maggior contagio.

Lo sto vivendo con grande senso di consapevolezza e di responsabilità. All’ inizio, sinceramente, avevo minimizzato pensando che fosse tutto un po’ esagerato. Ma alla luce dello sviluppo della pandemia, degli effetti, della facilità di contagio eccetera, mi sono immediatamente reso conto che bisognava stare veramente accorti, attenti per se stessi e per gli altri. Quindi, sto vivendo questo periodo in accordo con le indicazioni del Governo. Devo dire che, effettivamente, sarebbe rischiosissimo frequentare dei luoghi affollati, concordo in pieno sulla decisione di chiudere i locali. Naturalmente mi sono saltate parecchie date, alcune molto importanti, però sono state rimandate. In ogni caso credo che si debba mantenere un atteggiamento di speranza, di positività, osservare la dovuta cautela per non ammalarsi ed essere pronti alla rinascita, che sarà sicuramente meravigliosa. E poi ho capito da contatti, telefonate, videochiamate e così via, che questo isolamento si sta rivelando un po’ una scrematura: ha risvegliato il senso di umanità e di solidarietà tra gli amici veri. E’ qualcosa che mi piace molto, perché nel calderone dei social non si riusciva a capire chi veramente tiene a te, chi è davvero un amico oppure ti segue per curiosità e basta.

 

Cin cin nel backstage del Gala Ufficiale del Carnevale di Venezia a Ca’ Vendramin Calergi: oggi, potrebbe essere un brindisi di buon auspicio per una rapida fine dell’ emergenza Coronavirus

Avventuriamoci nell’ era pre-Coronavirus del Principe Maurice. Recentemente l’hanno contraddistinta due performance al top, seppur molto diverse tra loro. Comincio con la prima in ordine cronologico: “The Heroes of Piramide”, l’omaggio che hai tributato alla techno insieme ai dj Cirillo, Ricci Jr.e Saccoman. Quali ricordi conservi di quella serata bomba all’ Aera Club & Place di Fabriano?

Riflettendo sul pre e sul post Coronavirus, devo dire che quel ricordo è vivissimo e consolatorio. E’ stata una serata veramente entusiasmante, pregna, ricca, c’era gente meravigliosa di tutte le età (un dettaglio che mi aveva colpito anche la prima volta che sono venuto all’ Aera Club di Fabriano) e tutto ciò è bellissimo. La musica è un linguaggio universale. Qualsiasi tipo di musica, se trova gruppi di persone che la gradiscono, le fa stare davvero bene insieme. Io in questo periodo ascolto più che altro musica classica, ma eventi come “The Heroes of Piramide” mi riportano agli antichi fasti degli anni ‘90 e mi rincuorano molto. Quella serata è stata meravigliosamente organizzata, siamo stati ospitati con tutti gli onori…Si respirava un mood davvero bello, gioviale e spensierato. Chi avrebbe mai immaginato che di lì a pochi giorni ci saremmo trovati in questa situazione? E’ incredibile. I ricordi che conservo mi riportano quindi ad uno degli ultimi momenti vissuti in libertà e in totale divertimento.

 

Il flyer della serata “The Heroes of Piramide” all’ Aera Club and Place di Fabriano

Il 19 Febbraio, invece, nella meravigliosa cornice di Palazzo Labia hai dato vita ad uno dei più applauditi eventi del Carnevale di Venezia: “Eros & Thanatos”, un atto unico in parole e musica dove hai raccontato la follia d’amore interpretando alcuni personaggi-emblemi. Ad accompagnare i tuoi monologhi c’erano Raffaello Bellavista al pianoforte (un nome già noto ai lettori di VALIUM), Matteo Marabini alla marimba e Serena Gentilini, modella oltre che promessa del canto. La tua esibizione, corroborata dai giovani talenti che ti affiancavano, è stata celebratissima. Che cosa ci racconti al riguardo?

E’ stato un gran successo sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista, chiamiamolo così, istituzionale. Per me è stata un’immensa soddisfazione riuscire a riunire sotto la stessa egida due realtà importanti per la città come Vela (la società che organizza il Carnevale e tutti i grandi eventi per il Comune di Venezia) e la RAI. Questi due enti già collaboravano, ma in sordina. Ti racconto il modo in cui è nato questo spettacolo. Eravamo ancora in fase organizzativa e il direttore artistico Massimo Checchetto mi ha chiesto di organizzare qualcosa per il Carnevale culturale. Il Carnevale di Venezia, come vi avevo già spiegato, vive su due binari: uno più popolare, con tutti gli eventi di Piazza San Marco e quelli sì esclusivi, ma un po’ commerciali del Carnevale ufficiale, ed uno più raffinato, legato ai Musei e alle location alternative. Il direttore, quindi, voleva che io ideassi una performance per il Carnevale culturale a dimostrazione che faccio anche altro, rispetto al genere di spettacoli per cui sono conosciuto. E’ stato un bellissimo stimolo, un bel riconoscimento. Quasi contemporaneamente, siccome avevo già organizzato eventi ufficiali per la RAI e per l’ANICA durante la Mostra del Cinema di Venezia, il direttore di RAI Veneto Giovanni De Luca mi ha messo a disposizione la sede di Palazzo Labia. Non avrei mai pensato di esibirmi lì, è una location a dir poco meravigliosa! Ho fatto quindi 2 + 2 ed ho intuito che da parte di Vela e della RAI c’era la volontà reciproca di collaborare. Sai, è come quando due innamorati non si dichiarano: io ho fatto da “ruffiano” (nel senso positivo del termine!) e li ho fatti sposare. Per cui “Eros & Thanatos” è stato l’unico evento che ha avuto sia il marchio ufficiale del Carnevale che quello di RAI Veneto. Lo spettacolo è stato veramente un exploit culturale e ha sancito la collaborazione di due realtà fondamentali per la città. Penso che la sede della RAI di Venezia sia la più bella sede operativa televisiva del mondo! Il fatto di potermi esibire nel pazzesco salone affrescato dal Tiepolo mi ha dato lo spunto del tema, perché io non avevo ancora deciso cosa fare. Poi, grazie a quella serie di affreschi, ho riflettuto su Cleopatra e sul mistero della sua morte: si era suicidata per motivi politici o per amore, visto che poco tempo prima si era tolto la vita Marco Antonio? Ho cercato di dare una risposta, giacchè sostanzialmente il mio “Eros & Thanatos” era basato sulla follia del suicidio legato alla delusione amorosa. Quindi, in maniera a volte meno drammatica e più grottesca, ho spiegato come la follia d’ amore possa portare anche a questo, oppure, soprattutto oggi, al femminicidio o alla violenza che scaturisce da un amore morboso. Ho sviluppato lo spunto tra il serio e il faceto, con intermezzi musicali ad hoc. Ma mentre la parte musicale era stata studiata, provata, ed era perfettamente sincronizzata nei suoi tempi, la mia esibizione è stata totalmente improvvisata. Tant’è che nel backstage avevo il supporto del mio assistente storico Sascha Sgualdini!

 

Con il fido assistente personale Sascha Sgualdini

Mi sono organizzato così: dietro le quinte ho preso tutti i costumi dei personaggi che pensavo di impersonare, maschili e femminili, li ho messi su un grande tavolo antico e mentre i ragazzi suonavano io decidevo chi interpretare. La “sigla” di apertura dello spettacolo, dopo la presentazione del Direttore di Rai Veneto in persona, è stata la proiezione sulle pareti affrescate della mia video performance dedicata a Lindsay Kemp nei panni della regina Didone, che sembrava un ectoplasma trasudato dal muro… impressionante anche per me vedere questo estratto dal mio “Principe Maurice #Tribute” di Daniele Sartori utilizzato in questo modo suggestivo… Improvvisare è qualcosa che adoro! Quel pomeriggio, ho deciso su due piedi anche in base a ciò che mi ispirava la musica. Ho iniziato con Cleopatra che poi è diventata la Marchesa Casati, dopodichè ho interpretato Casanova, Orfeo e persino me stesso. In fin dei conti, ho sperimentato anch’io un sentimento congiunto di amore e morte a causa della scomparsa del mio compagno. E’ stato veramente straordinario, un esperienza che non dimenticherò mai! Siamo andati in overbooking nel giro di due giorni, per fortuna la RAI ha acconsentito ad aggiungere 20 posti. La gente è venuta in grande spolvero, intuendo l’importanza dell’evento. Alcuni indossavano maschere spettacolari, c’erano persone elegantissime e le autorità. E’ stato tutto molto emozionante. Tra l’altro, Raffaello Bellavista ha avuto l’onore di suonare uno Steinway & Sons grancoda della RAI che è stato trasferito appositamente nel salone del Tiepolo. Per quanto mi riguarda, non avevo altro canovaccio se non il tema: ho oltrepassato addirittura il concetto di Commedia dell’Arte dedicandomi all’ improvvisazione totale! Ma è talmente nelle mie corde che mi è venuto naturale, ed è arrivato in maniera molto naturale anche al pubblico. La gente si è lasciata ammaliare.  Sono venuti a vederci da tutta Europa, per cui ho recitato in italiano, in inglese e in francese. Insomma, è stato veramente bello, bello, bello! (Clicca qui per guardare il servizio che ha dedicato all’ evento RAI Veneto). Credo che questo spettacolo entrerà a far parte delle mie pietre miliari, perché nella sua raffinatezza e nella sua particolarità è sicuramente uno dei gioielli più preziosi della mia carriera. C’ era un po’ tutto quel che provoca l’amore: momenti di grande gioia, disperazione, romanticismo, cinismo…Mancava solo la passione sessuale, che non si poteva espletare in quel frangente! (ride,ndr)

 

Il Principe nei panni di Orfeo, con tanto di lira: la location è quella della cappella privata di Palazzo Labia

Uno scatto tratto da “Eros & Thanatos”

Qual è l’aspetto che ti ha emozionato di più, di “Eros & Thanatos”?

Diciamo che mentre recitavo, e ho citato appunto anche “Didone abbandonata”, l’aspetto che mi ha più emozionato è stato quello dell’abbandono. Il dramma dell’abbandono può essere di due tipi: l’abbandono di un partner che ti lascia oppure l’abbandono voluto dal destino, che ti porta via con la morte. Ecco, il senso dell’abbandono l’ho sentito molto forte, anche perché, come ripeto sempre, molti anni fa io sono stato “abbandonato” da mio fratello gemello. Poter esprimere artisticamente l’abbandono mi ha aiutato una volta di più ad esorcizzarlo. Secondo me è l’aspetto più triste delle relazioni amorose, se vogliamo è anche una morte: la morte di un sentimento nel quale tu credevi. Ai suoi antipodi c’è l’eros, che è l’inizio di tutto. Il primo intrigo non è mai intellettuale, è quello scambio malizioso di sguardi dalla forte valenza erotica: parte tutto da lì. Quindi, sia Thanatos che Eros sono importanti. Io ho vissuto entrambi in maniera molto forte.

 

Il salone da ballo di Palazzo Labia: un dettaglio del meraviglioso ciclo di affreschi del Tiepolo

In adorazione davanti a Mina: ma è veramente lei? Il pubblico di “Eros & Thanatos” per un momento ha dubitato, quando ha adocchiato il geniale travestimento di Alessio Aldini ( l’hairstylist veneziano delle star)

Il forfait di Michele Soglia (del Duo Bellavista Soglia) ha fatto sì che alla tua performance prendessero parte due nomi nuovi come quelli del Maestro Marabini e di Serena Gentilini. Che feeling si è instaurato tra di voi?

Questo forfait è stato dovuto a un cambio di data. Originariamente, lo spettacolo era fissato per il 14 febbraio. Poi, però, sono stato ingaggiato per condurre uno straordinario San Valentino in Piazza San Marco con Federica Cacciola e Tommy Vee, per cui abbiamo dovuto posticiparlo al 19. Il Maestro Soglia, purtroppo, non ha potuto dare la sua disponibilità per quella data. Mi è dispiaciuto moltissimo, perché ho molta stima e molto affetto per lui, ma abbiamo dovuto fare di necessità virtù. L’ha sostituito quindi il giovanissimo Matteo Marabini, che è davvero molto bravo. I Maestri Bellavista e Marabini si sono attenuti al repertorio prestabilito e ci sono riusciti splendidamente. La presenza di Serena Gentilini – una ragazza stupenda, potrebbe essere già una top model – è stata una sorta di ciliegina sulla torta. Ha una voce soave, ma anche intensa, per cui ho proposto che cantasse “Lascia ch’ io pianga” dal “Rinaldo” di Handel: ne è scaturito un gran finale memorabile! Io questi giovani li amo tantissimo, sono seri nel prepararsi, passionali nell’ interpretare, profondi e desiderosi di esprimersi. Sono entusiasta! Troveremo il modo di replicare l’evento nella stessa formula e in location piccole, preziose, già suggestive di per sé, in modo da non aver bisogno di scenografie.

 

Raffaello Bellavista e Matteo Marabini durante l’ evento “Eros & Thanatos”

Serena Gentilini mentre si esibisce in “Lascia ch’io pianga”

Prima dello stop dovuto al Coronavirus, il Carnevale di Venezia era esploso in tutto il suo fulgore. Quali flash ti porti dentro, di questa edizione “incompiuta”?

I flash sono due. Il primo, la bellezza e il successo del Gala Ufficiale a Palazzo Ca’ Vendramin Calergi. Il direttore artistico Massimo Checchetto ha puntato su un tema – “Nurture Love, Feed the Folly” – che ha trasformato il Palazzo in un autentico giardino delle delizie, dove la natura nutre l’amore e porta a un’estasi giocosa, quasi dionisiaca. La scenografia era straordinaria: un letto d’erba con un baldacchino di fiori era l’elemento predominante, tutto era improntato sulla presenza di creature fantastiche. C’erano farfalle, uccelli del paradiso…Due personaggi, come dei grandi pupazzi fatti d’erba, sembravano cespugli che si animavano e volevano far festa con noi. Tanto per citarti solo qualcosa di quello scenario a dir poco fiabesco! Mi è rimasta impressa la band di NuArt che accompagnava l’evento, la cantante Giorgia Papasidero ha una voce pazzesca e una presenza scenica notevole, e poi il format senza soluzione di continuità con la cena. L’ aperitivo veniva accompagnato da un live musicale, io cantavo l’ultima canzone e invitavo a cena gli ospiti; durante la cena, quelle creature fantastiche si esibivano tra i tavoli cantando e giocando in mezzo alla gente. Due altri due miei ricordi sono legati alla domenica finale, quando a mezzanotte il Carnevale è stato sospeso. Quella sera a Palazzo Vendramin Calergi c’era molta gente, abbiamo fatto il countdown di mezzanotte come a Capodanno prima di salutarci e di darci appuntamento al prossimo Carnevale. Noi siamo riusciti a far star bene la gente comunque: tutti sono andati via felici, consapevoli che quella serata sarebbe stata un ricordo a cui aggrapparsi per sorridere in momenti come questi.

 

Il Principe Maurice al Gala “Nurture Love, Feed the Folly” al Casino di Venezia

La scenografia fiabesca del Gala

Sempre al Gala, con la cantante Giorgia Papasidero

Si pensava di chiudere già dal sabato grasso, ma c’era un evento troppo importante per essere disdetto: il Volo dell’Aquila con il campione Kristian Ghedina, una performance legata alla promozione dei giochi olimpici invernali. Per il pomeriggio, invece, ho chiesto e ottenuto che si chiudesse con l’evento a mio avviso più importante del Carnevale di Venezia, l’elezione della Maschera più Bella. E’ stato molto emozionante, la piazza era pienissima perché si sapeva che il Carnevale sarebbe finito lì. Io ho cantato “Heroes” dedicandola al pubblico e a tutti noi, eroici nel portare avanti lo spettacolo fino a quel momento. Ho voluto concludere con il concorso della Maschera più Bella per ringraziare tutte quelle persone che mettono una passione e una creatività incredibili nel creare i loro costumi. Il Carnevale di Venezia è un Carnevale ad personam, ogni persona è l’elemento fondamentale di una kermesse di un’eleganza e una bellezza uniche al mondo. Le maschere, quest’ anno, erano stupende come non mai: io adoro dar spazio al talento, all’ immaginazione di chi si impegna con tanta passione. Ognuno vuole avere il suo momento di gloria! Non è un caso che mi sia vestito da Andy Warhol per condurre il concorso, come per dire che tutti devono avere i loro 15 minuti di celebrità. Ho sublimato questo mood in maniera un po’ pop ed è piaciuto tantissimo! C’è un terzo flash, poi, che vorrei segnalare: Carnevale è cominciato sabato 15 Febbraio, ma siccome il giorno prima era San Valentino, Vela ha deciso di mettere in pre-apertura un evento speciale dedicato agli innamorati. E’ stato divertentissimo…Io ero un po’ il disturbatore, mentre i due conduttori “seri” – molto professionali, seppure ironici – erano Federica Cacciola e Tommy Vee. L’ elemento folle, invece, era rappresentato dal sottoscritto. Ho esordito interpretando San Valentino (ride), ma in maniera simpatica, poi ho impersonato Casanova e davo lezioni di bacio avvalendomi di due enormi lingue di gommapiuma. Infine sono diventato il Professor Agosti, “esperto in ormoni elettivi legati al concetto scientifico di amor”. Intervistavo il pubblico con il microfono, si sono venute a creare situazioni simpaticissime…Lo spettacolo è stato animato da tutte le migliori scuole di danza della città metropolitana di Venezia. Devo dire che quei giovani ballerini e ballerine erano bravissimi, spaziavano dalla danza classica a quella latino americana, è stato davvero molto bello. Anche la danza, così come la musica e l’arte in generale, unisce le persone: soprattutto un tipo di danza come il tango, che favorisce l’incontro fisico.

 

Maurice interpreta San Valentino al “San Valentino Night Ball” del Carnevale di Venezia

Gioioso e giocoso in piazza San Marco

Per le nuove generazioni italiane, diciamo dai Millennials in poi, il decreto “Io resto a casa” si associa a un’esperienza del tutto nuova: come affrontarla al meglio, secondo il Principe?

Io, in realtà, ho notato qualcosa di molto particolare. Cioè: visto che i giovani sono già abbastanza abituati a stare isolati a causa dei social, queste restrizioni li hanno portati, forse per ribellione e in maniera sconsiderata, a volersi incontrare davvero. Quindi si verificano episodi in cui dei gruppi di adolescenti fanno comunella nei parchi, oppure altrove, come se nulla fosse. E’ una cosa bellissima, ma si potrà fare dopo! Non ora. Per cui, sicuramente questa è un’esperienza nuova. Adesso che sarebbero obbligati a non ritrovarsi tra loro, a restare a casa, pare che i giovani vogliano fare il contrario. Allora il mio messaggio è: state vivendo in modo sbagliato le misure precauzionali contro la diffusione del Coronavirus. Adottate un atteggiamento di responsabilità per il vostro bene e per il bene comune, implementate gli incontri via social – tanto, ormai, la tecnologia consente di fare videochiamate e così via. Bisogna che prendiate coscienza della gravità della situazione e che vi preserviate dall’ ammalarvi, perché siete la nostra speranza. Adesso dovete farvi compagnia da lontano e rispettare le regole, che sono per tutti e soprattutto per voi. E’ anche vero che non si può rimanere attaccati 24 ore su 24 allo smartphone, quindi vi suggerisco di ricominciare a leggere, se avete delle passioni iniziate a coltivarle…Una cosa che manca a me in questo momento e dove mi trovo ora, ad esempio, è il pianoforte. Però ascolto tanta musica, cicinfischio anch’io sui social…Insomma, me la cavo. Poi, con la mia mitica grande amica costumista Flavia Cavalcanti, sono in ottima compagnia!

 

A Palazzo Papadopoli (ora Aman Hotel), sul Canal Grande, durante un ricevimento privato super esclusivo

Con le 12 Marie del Carnevale di Venezia 2020 e l’ organizzatrice Maria Grazia Bortolato

Che scenario auspichi, da qui a qualche mese? Pensi che la quotidianità torni a impregnarsi di musica, aggregazione, voglia di condividere?

Sì. Lo spero, più che altro. Il periodo è lungo, c’è il rischio che la depressione prenda il sopravvento, che si vada in paranoia…Ma spero che si trovi tutti la forza di resistere e, per chi ha resistito, la voglia di ritrovarsi con gioia poi sarà tanta. Magari con qualche incertezza, con qualche paura, ormai entrate per sempre nel nostro spirito perché questa è un’esperienza scioccante per tutti…Penso che una cicatrice rimarrà, ma non sarà una cicatrice brutta e ci ricorderà quanto è importante volersi bene subito e non rimandare l’espressione dei sentimenti. Bisogna fare una cernita tra chi ti avvicina con superficialità e per opportunismo e chi invece, da vicino o da lontano, ti manda della bella energia pur non conoscendoti bene. In una situazione come questa, si verifica una selezione naturale dei sentimenti veri.

 

Il Direttore Artistico Massimo Checchetto insieme al Principe al Gran Teatro La Fenice

Natura morta carnascialesca nella magione veneziana del Principe Maurice

Cosa può insegnare la “reclusione” a cui ci costringe il Coronavirus?

A riflettere, a meditare, a implementare le proprie passioni…Se non sai cosa fare, vuol dire che devi trovare qualcosa dentro di te. Cercando bene, magari, troverai un talento, la predisposizione a fare qualcosa: ti servirà a crescere. Sicuramente. L’ho già detto in passato, l’etimologia della parola “crisi” deriva dal greco e ha l’accezione di “crescita”. Io non ho mai vissuto la crisi – né personale, né sociale, né pubblica – come un dramma o la fine di tutto, l’ho sempre vissuta come uno stimolo alla crescita. Credo che quando questa emergenza si sarà conclusa ci sarà un rinascimento, e soprattutto sai di cosa? A rischio di ripetermi, dei sentimenti veri. Perché sono la cosa più importante. Come il gusto di condividere la festa, che prima magari veniva vista in maniera un po’ superficiale e relativa. Io, invece, l’ho sempre considerata un momento importante di aggregazione.

 

L’ invito dell’ evento “Eros & Thanatos”

Tramonto rosso prima della chiusura anticipata del Carnevale. Uno scatto a tinte forti, altamente suggestivo: quasi un emblema del dramma Coronavirus

Il Cocoricò avrebbe dovuto riaprire a Pasqua, con una nuova gestione. Quale messaggio lanci ai tantissimi giovani (e non) già sul piede di partenza, pronti a partecipare a questa attesissima inaugurazione?

Vi posso anticipare che io farò parte della squadra. Attualmente, nel locale si stanno facendo dei lavori di ristrutturazione molto importanti per renderlo ancora più bello. Ci sarà un grande investimento per quanto riguarda le novità, il talento, l’avere tutto il meglio. Bisogna soltanto avere pazienza, perché poi si riaprirà alla grande. La data sarà da stabilire, ovviamente, in base agli sviluppi dell’allarme Coronavirus…Proprio a proposito di questo, l’aver deciso di condividere l’esperienza del lockdown insieme a Flavia Cavalcanti, nella sua casa di Milano, si sta rivelando un’esperienza formidabile! E’ mia amica da sempre, anche lei partecipe di quel rinascimento di fine anni ‘80, inizio anni ‘90, quando si è imposto un nuovo tipo di musica, un nuovo modo di vivere la festa della notte…Mentre gli anni ’80 erano puro edonismo, ognuno si esibiva da sé, negli anni ’90 è sorta una “tribù che balla”. Flavia è stata partecipe di tutto questo perché emigrò dal Brasile proprio in quegli anni e a Riccione entrò a far parte dello “staff” epocale. Poi ha preso la sua strada, che ora è iper luminosa perché sta creando costumi per il musical, il teatro, le pubblicità e le serie TV…E’ lanciatissima. Abbiamo pensato di “restare a casa” insieme per due motivi. Innanzitutto ci accomuna lo stesso tipo di sensibilità, per cui stiamo vivendo questi momenti in simbiosi e in totale sintonia emozionale. Ci conosciamo da anni e ci vogliamo un gran bene, ci legano una stima e una fiducia reciproca, casa sua è comodissima perché siamo nella mitica via Gluck: condividiamo queste giornate in maniera molto intensa, bella e emozionante. In più la mia famiglia vive tutta nei dintorni, nella zona del milanese, e affrontare lo stato di allerta a pochi passi dai miei affetti più cari mi conforta. Con Flavia stiamo già studiando il nuovo Principe Maurice, i suoi nuovi look a partire dal Cocoricò in poi. Posso darti un’esclusiva, un’anticipazione mondiale. Anche per un discorso di purificazione – è come se da questa durissima esperienza ne uscissimo purificati nell’ animo – il colore dominante sarà il bianco. I miei saranno dei costumi particolari, sui quali si potranno fare delle proiezioni mappate per dare una visione di quello “che c’è dentro”. Se io da fuori sembrerò bianco, non va scordato che il bianco è l’insieme di tutti i colori. Attraverso queste mappature, quindi, appariranno immagini grafiche, dinamiche, esplosioni di luce e di colori, accompagnate ovviamente dalla techno o dalla tech house, ma in una versione inedita. Ci sarà una rinascita anche in questo senso: sempre nelle nostre corde, con il nostro gusto, ma con l’aiuto di costumi nuovi, di una tecnologia nuova e di un nuovo spirito. Ai giovani dico: aspettatevi qualcosa di meraviglioso che vi consolerà di tutte le rinunce che state vivendo ora! La raccomandazione è di vivere questo momento con senso di responsabilità e di mettere a frutto i sacrifici per crescere dentro. Capisco che, a quell’ età, nel cuore si hanno tante domande per cui si cerca una risposta. Il mio consiglio è di cercare qualche risposta anche in questa esperienza, che è drammaticissima, ma anche estremamente intensa e dal punto di vista spirituale può diventare veramente preziosa. Io ho sempre parlato di libertà, dignità e amore. Adesso la libertà è condizionata dalle circostanze, dalla dignità e dal senso della responsabilità. Quel che ne scaturirà sarà un maggior amore per se stessi e verso gli altri. Perché avendo più tempo per riflettere ci si capirà di più e perché degli altri, a causa dell’isolamento, sentiamo la mancanza…Quando ci è stato imposto di non stringerci la mano, di non abbracciarci, per me è stato scioccante: io sono espansivo, trovo che abbracciarsi sia uno scambio di energie. Questa rinuncia va sublimata: bisogna convogliare l’energia non più nel contatto fisico, ma in quello mentale e spirituale. Anche se non vedo l’ora di riabbracciare tutti quanti! (ride, ndr) Una critica che mi sento di fare è che il nostro settore, quello dell’entertainment, è stato messo in secondo piano. Come se non lavorassimo. Noi per fare quello che facciamo ci mettiamo studio, sacrificio, investimento, e vorrei che fossimo un pochino più apprezzati e considerati: perché la formica, senza la cicala, magari lavorerebbe meno volentieri. Produciamo divertimento, che è un prodotto essenziale per vivere. Anche gli animali cacciano, mangiano, però giocano tra loro. Una cosa positiva del blocco generale, invece, è che la riduzione delle attività industriali e del traffico ha reso l’aria pulitissima! Milano non è mai stata bella come ora. Guarda, a questo punto ringrazio il cielo che tutto questo sia successo nel momento dell’arrivo della Primavera. Sono sulla terrazza dell’appartamento di Flavia proprio adesso e ci sono piante bellissime che hanno germogli, foglioline nuove…questo spazio è un meraviglioso valore aggiunto!

 

Maurice insieme a Flavia Cavalcanti durante una serata (naturalmente, in epoca pre-pandemia) a Milano

Memento mori: il Coronavirus annienta il Carnevale di Venezia. Foto di Attilio Bruni

Un’immagine intrisa di speranza e positività: a Milano, tra gli zampilli della Fontana Torta degli Sposi si intravede un arcobaleno. E’ l'”andrà tutto bene” del Principe Maurice, un auspicio che il sole torni a splendere dopo questo tragico periodo

 

 

 

 

Le emozioni danzano sulle punte: incontro con l’ Étoile internazionale Petra Conti

(Photo by Joe Shalmoni – Courtesy Fondazione Arena di Verona)

E’ eterea come una ninfa e ha sempre il sorriso sulle labbra: Petra Conti si muove leggera, sembra danzare persino quando cammina. Non riesco a immaginarla che su un palco, mentre si libra in un grand-jeté con la grazia di una farfalla. Eppure, la sua souplesse si coniuga con una straordinaria forza interiore. Questo connubio, a cui si aggiungono un talento innato, dosi massicce di saggezza e un ferreo senso della disciplina, sintetizza gli ingredienti che compongono la personalità di Petra, Étoile con un curriculm che annovera performance nei più prestigiosi teatri internazionali. Classe 1988, nata ad Anagni da padre italiano e madre polacca, a poco più di 20 anni viene nominata Prima Ballerina del Teatro alla Scala e da allora, per lei, inizia una carriera che la porta costantemente in giro per il mondo. Diplomatasi con lode all’ Accademia Nazionale di Danza e perfezionatasi al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, Petra è appena diciassettenne quando viene convocata all’ Arena di Verona per esibirsi come Étoile Ospite nel balletto “Cenerentola”, in cui interpreta la protagonista. Oggi, riapproda su quel palco di frequente. L’ultima volta risale al 2019, in occasione del 97° Festival Lirico, dove è stata invitata a danzare – sempre in qualità di Étoile Ospite – sia in “Aida” che ne “La Traviata”, l’ultima regia del Maestro Zeffirelli, trasmessa in mondovisione e presenziata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo l’ esperienza al Teatro alla Scala, Petra ha rivestito il ruolo di Prima Ballerina al Boston Ballet e, dal 2017, si è stabilita in California dove è Resident Principal Guest Dancer del Los Angeles Ballet. La sua carriera di Étoile Ospite, nel frattempo, si è consolidata stabilmente: le più celebri compagnie mondiali se la contendono e la sua fama è cresciuta al punto tale da elevarla al rango di stella internazionale del balletto. Pluripremiata per le sue doti tersicoree, nel 2014 Petra ha avuto l’ onore di essere insignita del titolo di Ambasciatrice della Danza Italiana nel Mondo. Ma il suo talento non si limita a una tecnica impeccabile: il pathos interpretativo che sprigiona sul palco le è valso la definizione di “Anna Magnani della Danza” (da un titolo che le dedicò il settimanale Panorama), e non sorprende. Petra Conti è così, cuore e determinazione, soavità e potenza, emozioni e ineccepibile rigore stilistico. Se la danza è “arte in movimento”, questa giovane Étoile italiana è un’ Artista con la A maiuscola. Ho voluto fortemente incontrarla per ospitarla nel mio blog.

Il tuo amore per la danza è scoccato come un colpo di fulmine o è maturato a poco a poco?

L’amore per la danza è sbocciato e cresciuto insieme a me. Mia mamma e mia sorella sono state entrambe ballerine, per cui sono nata in una famiglia dove la danza classica era la cosa più naturale del mondo.

 

(Photo by Joe Shalmoni)

Per molte bambine, la danza è “la favola”: tant’è che iniziano a prendere lezioni vedendosi già in tutù sul palco. Cosa ha rappresentato la danza, per te, sin da piccola?

In realtà io non ho iniziato danza da piccolissima, infatti ho preso le prime lezioni solo a 11 anni, quando sono entrata all’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Non ricordo di essermi mai immaginata sul palco con il tutù, forse perché ho sempre percepito la danza come qualcosa di naturale e intrinseco alla mia natura, un linguaggio perfetto. La danza è diventata ben presto il mio modo di esprimermi, di sfogare le emozioni che avevo dentro.

Il tuo percorso ha avuto inizio all’Accademia Nazionale di Danza di Roma, ma il tuo talento si è rivelato ben prima del diploma: avevi solo 15 anni quando hai avuto l’onore di danzare in TV con Roberto Bolle. Che cosa ricordi di quello straordinario evento?

Quell’evento mi ha cambiato la vita e mi ha decisamente incoraggiata a continuare a lavorare ancora di più. L’esperienza di ballare con Roberto Bolle a 15 anni è stata per me una grande conferma, che la danza era la mia strada e che il mio destino sarebbe stato quello di diventare una ballerina; ho sempre creduto che con tanto duro lavoro sarei potuta arrivare lontano.

 

 

Hai debuttato come Étoile Ospite all’Arena di Verona con il balletto “Cenerentola”. Eri appena diciassettenne. Da allora è iniziata, intervallata da prestigiose tappe (la nomina come Prima Ballerina della Scala nel 2011, l’invito al Boston Ballet dove hai ricoperto lo stesso ruolo fino al 2017), la tua carriera di Prima Ballerina ospite. Qual è il valore aggiunto – sia in termini professionali che di emozioni – dell’essere una “freelance” della danza?

Essere invitata come Étoile Ospite nei teatri di tutto il mondo è il traguardo più bello che potessi raggiungere: far combaciare la danza con il viaggiare e’, per me, davvero un sogno che si avvera, visto che sono uno spirito libero per natura. Essere una freelance della danza significa sia essere il “capo di se stessi”, sia assumersi una grandissima responsabilità per il ruolo che si ricopre e il nome che si rappresenta. Significa poi, in concreto, autogestirsi nell’organizzazione delle prove e dei viaggi, essere il manager di se stessi, doversi preoccupare di ogni minimo dettaglio, dallo stare in forma tra un ingaggio e l’altro ad ordinare per tempo la quantità di scarpe da punta che potrebbero servire e, poi, imparare la coreografia prima di arrivare nel teatro che mi ospita… Credo non tutti sopporterebbero un tale stress! A me, invece, tutto questo piace da matti, mi fa sentire viva e sempre sulla cresta dell’onda. E poi c’è il valore aggiunto di lavorare in diversi teatri e, quindi, di confrontarsi con primi ballerini di tutto il mondo, imparare anche da loro sempre qualcosa di nuovo per arricchire la mia carriera, farsi conoscere e apprezzare da un pubblico sempre diverso, essere continuamente ispirata dalla novità di un nuovo posto di lavoro…

 

Petra mentre si esibisce nell’ “Aida” al Festival Lirico 2019 dell’ Arena di Verona (photo Ennevi – Courtesy Fondazione Arena di Verona)

Ancora uno scatto tratto dal Festival Lirico 2019 dell’ Arena di Verona: qui Petra è immortalata ne “La Traviata”, ultimo allestimento del Maestro Zeffirelli (photo Ennevi – Courtesy Fondazione Arena di Verona)

Come danzatrice hai dei modelli, delle figure di riferimento?

Sì, ovviamente, ho figure di riferimento sia nel campo della danza, sia nel campo dell’arte in generale. Credo sia indispensabile farsi ispirare dai modelli di ieri e di oggi; ma non solo, tutto, anche la natura può essere per me fonte di ispirazione! Da Anna Magnani a Michelangelo, da Bob Fosse al film “Joker”, dalle pantere ai cigni… Le parole di un libro, i colori del tramonto, una canzone, un profumo… E poi i video delle grandi ballerine del passato e del presente, eterni miti. Non voglio fare nomi perché per me ogni grande ballerina è, appunto, grande per qualcosa in particolare e ciascuna in maniera differente da un’altra. L’arte non si può paragonare, si può solo apprezzare!

 

 

Alla tua giovane età grazie alla danza hai girato il globo, lavorato con prestigiosi artisti, ricevuto premi ed onorificenze. Cosa provi, facendo un bilancio?

Sono estremamente grata per una carriera da sogno, ma non mi “siedo sugli allori”. A 31 anni sento di aver fatto tanto, mi sento una ballerina matura e con esperienza da vendere, ma non mi sento affatto arrivata! Ho ancora tanto da dare e tanto da imparare.

Come viene percepita la danza al di fuori dei confini italiani? Esistono Paesi che ti hanno colpito particolarmente riguardo l’attenzione rivolta al balletto e la formazione professionale?

Tra i tanti Paesi visitati mi ha particolarmente colpita Cuba! Ho ballato all’Havana nel 2018 ed è stata un’esperienza unica vedere la passione per il balletto fortemente impregnata in ogni angolo dell’isola. A Cuba il rispetto, l’ammirazione e la conoscenza della danza sono sconfinati, a mio avviso, al pari della Russia.

 

Petra Conti e Eris Nezha durante le prove de “Il Lago dei Cigni”

Una delle frasi che sei solita scrivere per motivarti recita: “Ho imparato che tutti vogliono vivere in cima alla montagna, ma tutta la felicità e la crescita avvengono mentre la scali”. La trovo bellissima. Potresti commentarcela?

È uno dei miei motti! In inglese si può riassumere semplicemente in “enjoy the journey” e, in effetti, rappresenta il mio modus vivendi. Apprezzare il viaggio e non pensare ossessivamente solo alla meta, godersi ogni piccola vittoria, imparare da ogni sconfitta, vivere nel momento. C‘è chi dice di non vedere l’ora di arrivare a destinazione, ma per me già il viaggio in sé è bellissimo e fondamentale!

 

 

La tua carriera ha subito una battuta d’arresto dopo che hai scoperto di essere affetta da un cancro al rene. Com’è stato ritornare alla danza, e alla vita in senso lato, dopo quella spiacevole esperienza?

Tutto quanto per me ha un valore diverso adesso: vivo ogni giorno e ogni spettacolo al massimo, con la consapevolezza di essere davvero fortunata ad aver avuto una seconda chance. Ogni giorno ringrazio Dio e sento profondamente la responsabilità di dover fare di più, di aiutare, di motivare… Non posso assolutamente sprecare questa seconda opportunità di vita che mi è stata regalata. E se sono ancora qui è perché ho ancora tanto da fare, ancora tanto da dare, perché devo contribuire di più, perché il mio destino non è ancora compiuto.

(Photo by Joe Shalmoni – Courtesy Fondazione Arena di Verona)

Attualmente sei “Resident Principal Guest Dancer” del Los Angeles Ballet. Potremo rivederti in Italia a breve?

Da qualche anno a questa parte sta diventando un appuntamento fisso tornare in Italia d’estate: negli ultimi tre anni, infatti, sono stata Prima Ballerina ospite all’Arena di Verona in occasione del prestigioso Festival Lirico. Per ora non posso anticipare nulla, ma vi terrò aggiornati!

Viviamo nell’era digitale. Pensi che i social media possano essere efficaci per divulgare l’arte della danza, per stemperare l’alone eccessivamente “elitario” che a volte sembra circondarla?

Assolutamente sì! Io credo fortemente nell’efficacia dei social e mi sto impegnando molto per usare il mio account Instagram come “biglietto da visita”, come specchio della vita di un artista; una sorta di “diario di bordo di una ballerina”, per avvicinare e motivare giovani di tutto il mondo. Cerco infatti di condividere ogni aspetto di questa bellissima arte, dalle prove in sala al lavoro sul proprio corpo, dai dolori alle soddisfazioni, dalla vita di ogni giorno di una prima ballerina ai piccoli consigli e alle frasi motivazionali che possano ispirare i danzatori di domani. L’era del divismo è tramontata da un bel po’ e credo che rendersi più “umani” e raggiungibili, avvicinarsi quanto più possibile al proprio pubblico e ai propri fan sia assolutamente necessario oggi per mantenere viva la danza, per sempre.

 

Petra nell’ “Aida” durante il Festival Lirico 2019 dell’ Arena di Verona (photo Ennevi – Courtesy Fondazione Arena di Verona)

 

 

 

Silvia Elena Resta: quando l’ equitazione diventa arte

Foto di Maurizio Polverelli

I lettori di VALIUM conoscono già Silvia Elena Resta, l’ artista equestre di origine russa che è stata ospite di questo blog qualche mese fa (clicca qui per rileggere la sua intervista). Oggi, Silvia torna a trovarci per raccontarci qualcosa in più sull’ avventura che ha intrapreso anni orsono: un’ avventura che coniuga la magia del teatro equestre con un rigoroso addestramento dei cavalli e dei cavalieri. A tutti coloro che desiderano addentrarsi in questi ambiti, la magnetica amazzone offre la possibilità di partecipare ad un incontro che coinvolgerà esperti di alto livello. L’ evento, strutturato su due giornate, si suddividerà in una conversazione a tema equestre e in una lezione di prova per i workshop di equitazione. L’ idea vi intriga? Se volete saperne di più, non dovete far altro che continuare a leggere. Nell’ intervista che segue, inoltre, Silvia Elena Resta ci introdurrà alla psicologia equina: un’ occasione unica per imparare a conoscere un animale che, dopo una millenaria convivenza con l’uomo, è stato quasi esclusivamente relegato alle attività sportive. Dulcis in fundo, la star del teatro equestre commenterà per noi la campagna Primavera/Estate 2020 di Gucci. Trattata su VALIUM proprio ieri (trovi qui il link), la adv ideata da Alessandro Michele ha donato all’ iconografia del cavallo connotazioni completamente nuove: in questa intervista, il parere di Silvia e le sue considerazioni al riguardo.

L’incontro “Estetica, musicalità e tecnica dell’arte equestre” prevede la partecipazione di un’artista, uno storico, un musicista e un fotografo che intavoleranno una conversazione sullo spettacolo equestre indagandone tutte le sfaccettature. Puoi raccontarci qualcosa rispetto a questo appuntamento?

L’ evento, che si terrà sabato 4 e domenica 5 aprile in via Staggi a Gatteo (FC), è nato da alcuni colloqui che ho avuto con Giovanni Battista Tomassini, giornalista RAI ma anche grande appassionato di cavalli e soprattutto di storia dell’equitazione. Tomassini ha scritto un libro che studia gli antichi volumi dedicati all’equitazione e i grandi maestri del passato, sottolineando l’importanza, per i cavalieri, di approfondire la storia equestre. Ho parlato con lui al telefono del libro che ha scritto e di quei trattati, risalenti al 1500 e ai secoli successivi ma ancora oggi validissimi. Inoltrandoci nei temi dello spettacolo equestre e discutendo di estetica e musica nell’ equitazione, ci siamo trovati d’accordo nel ritenerle degli aspetti fondamentali della cultura equestre classica. La musicalità, per esempio, è imprescindibile: il ritmo è una componente essenziale dell’ andare a cavallo. Un cavaliere, quindi, dovrebbe avere anche cognizioni musicali. Così dicendo mi riferisco a tutta l’equitazione, non solo a quella artistica. L’ incontro sarà una chiacchierata interdisciplinare che verte proprio su questi temi, sarà gratuito e aperto a tutti. Oltre a me, che sarò presente in quanto artista e tecnico equestre, ci saranno Simone Vassalli, musicista diplomato al Conservatorio e grande appassionato di cavalli, Giovanni Battista Tomassini, giornalista e conoscitore dell’equitazione storica, e Maurizio Polverelli, un bravissimo fotografo che parlerà dell’importanza dell’immagine nell’arte equestre contemporanea. Per un artista equestre l’ immagine ricopre un ruolo preponderante, ma presuppone una cura e una preparazione sia del cavallo che della persona, oltre a richiedere specifiche competenze in chi fotografa…Dopo la conversazione presenteremo i nostri workshop, che inizieranno il giorno successivo e proseguiranno per tutto l’anno.

 

Danza aerea con Nicoletta Amaduzzi. Silvia è in sella al cavallo Engraido 14

I workshop successivi all’ incontro saranno incentrati su discipline solitamente integrate nelle esibizioni di arte equestre: la musica, la drammaturgia, l’immagine e via dicendo. A chi sono rivolti e quale sarà il target dei partecipanti?

Penso che il target sarà molto vario, perché i workshop si rivolgono a una vasta tipologia di persone. Sicuramente non verrà chi non è interessato ai cavalli! Possono partecipare anche persone che non hanno mai cavalcato, ma vogliono capire cos’è l’equitazione al di là dei concetti antiquati che vedono il cavallo solo come un mezzo per andare a fare una passeggiata. Un’idea dalla quale spero che tutti si allontanino: i cavalli non sono biciclette, non li si può affittare come se fossero oggetti! L’equitazione è un modo di vivere oltre che uno sport, ed è bella proprio perché ti mette a contatto, a confronto con un altro essere vivente. Ti obbliga a metterti in gioco sia su un piano emotivo che fisico. Chi pensa di montare a cavallo soltanto per fare un giro guardando il panorama dall’ alto, si perde il 90% di quello che il cavallo gli può dare. Tutti coloro che, invece, vogliono scoprire questo 90% di esperienza emotiva, preparazione atletica e confronto con se stessi, possono venire da noi ed apprenderlo attraverso la pratica artistica. I corsi sono interessanti anche per chi pratica già l’equitazione e vuole migliorare la propria tecnica o il rapporto con il proprio cavallo e, in ultima analisi, per chi vuole saperne di più sullo spettacolo equestre e magari metterlo in scena, sia a livello amatoriale che professionale. I workshop sono rivolti anche ai principianti, che prenderanno parte a lezioni apposite. I bambini – ma solo dai 10 anni in su – potranno partecipare in base alla disponibilità dei posti. È chiaro che chi non è mai andato a cavallo verrà istruito soprattutto sulla preparazione di base, mentre chi è a un livello avanzato avrà maggiori possibilità di spaziare.

 

Silvia e Fidalgo, il suo “storico” cavallo bianco. Foto di Sara Baroni

Quali sono, a tuo parere, i requisiti che deve possedere chi vuole intraprendere il percorso dell’equitazione artistica?               

Bisogna essere molto competitivi e molto caparbi, la costanza è importantissima. È un’attività impegnativa dove non si apprende solo una disciplina: c’è sì la tecnica equestre, ma ci sono anche la drammaturgia, le materie riguardanti la musica, la scenografia e così via. La preparazione fisica e atletica sono fondamentali. Per cui, bisogna lavorare veramente tanto e tutti i giorni. Diciamo che è necessario avere lo stesso rigore di un ballerino di danza classica. L’equitazione artistica non è adatta, invece, a chi si aspetta dei risultati immediati. Chi pensa di poter subito eccellere, rimane arenato in livelli superficiali e discutibili; i risultati più apprezzati sono raggiunti solo da chi dimostra un impegno regolare nell’allenamento e possiede una grande curiosità verso il mondo dell’arte in toto. Per una preparazione ideale è ottimo assistere a degli spettacoli, non solo equestri ma di tutti i generi. E poi, bisogna avere una vera passione per i cavalli e per la cultura equestre: amare quel mondo, leggere libri a tema, tenersi informati. Molte persone riescono ad instaurare un buon rapporto con il cavallo spontaneamente. Ma non c’è niente di intuitivo nel cavalcare. Esiste una tecnica ben precisa che va studiata. Quando parliamo di equitazione, tanto più di equitazione artistica, dobbiamo tener conto della necessità di una preparazione quasi scientifica, oserei dire: d’accordo, sono in ballo due esseri viventi e si tratta di un’attività sportiva, non di una scienza, ma la preparazione tecnica è assolutamente imprescindibile.

 

Uno scatto tratto dallo spettacolo “Il sacrificio del Minotauro” al Salon du Cheval di Parigi. Con Silvia c’è Engraido 14. Foto di Jean-Léo Dugast

Cosa offre l’equitazione artistica in termini di benessere fisico e di armonia interiore?

Questa è una bellissima domanda perché è risaputo quanto l’equitazione, il rapporto con il cavallo, possano essere terapeutici. Ad esempio esiste l’ippoterapia, una disciplina rivolta ai portatori di handicap o a coloro che hanno determinate problematiche psico-fisiche, ed è scientificamente provato come il contatto con i cavalli migliori la vita di queste persone. Ippoterapia a parte, l’equitazione può affinare molti lati del carattere attraverso il mettersi in gioco, in discussione, l’instaurare una buona relazione con l’animale. L’equitazione artistica non dovrebbe essere finalizzata solo all’esibizione. Finora, diciamo che il concetto predominante è stato “Chi apprende l’equitazione per lo spettacolo lo fa solo perché vuole esibirsi”. I corsi di danza generici, per dire, non hanno esclusivamente questo scopo. Si può prendere parte al saggio di fine anno, ma non è obbligatorio. Chi frequenta le lezioni vuole anche divertirsi, fare movimento…Nel mondo equestre non era così: è stata quasi sempre tralasciata la preparazione in virtù dell’esibizione. Così facendo, molte persone non hanno osato avvicinarsi all’equitazione artistica perché pensavano che non fosse una disciplina a sé stante. Invece lo è ed è complessa, in quanto oltre alla preparazione sul cavallo comprende svariate materie che la rendono persino più interessante. Sono discipline acrobatiche, di danza aerea o giocoleria, e tutte, oltre che giovare al fisico, aiutano a crescere interiormente. Per cui, se ne ricava un beneficio sicuro!

 

Fidalgo sul palco del Teatro Bonci di Cesena durante le prove di “Ritorno a Itaca”

Il campo della didattica equestre dev’essere estremamente affascinante. Mi chiedo in che percentuale influisca, nell’apprendimento, l’empatia che si riesce ad instaurare con il cavallo, la conoscenza approfondita di questo elegante animale. Chi è il cavallo e qual è il suo principale punto di forza nel rapportarsi con l’uomo?            

Il punto di forza del cavallo è quello di essere molto socievole. Tende a un’alta socializzazione, è un animale che vive in branco, che cerca i suoi simili e, quando non li trova, anche un essere umano per lui è qualcuno verso cui portare le proprie attenzioni. Per quanto riguarda il resto della tua domanda, vi faccio un esempio. Il cane è un animale molto domestico, l’uomo è abituato a vederlo e quindi a conoscerlo. Il cavallo, invece, oggi come oggi è conosciuto molto meno. In passato era diverso, poi la sua conoscenza è andata persa. Il problema non nasce dal fatto che il cavallo non abbia certe caratteristiche, ma dal fatto che l’essere umano spesso non riesce a comprenderle. Torno a ribadire che il rapporto con il cavallo non è di tipo intuitivo: non è che se lo tenessi in casa (per tornare al parallelismo con il cane) dopo un po’ lo capiresti, bisognerebbe che qualcuno ti insegnasse a relazionarti con lui. La psicologia del cavallo, la sua socializzazione, da qualche anno vengono molto valorizzate e tenute in conto. Oggigiorno rientrano nell’ “horsemanship”, una disciplina basata sull’analisi del comportamento del cavallo e sull’ attuazione di alcune tecniche per rapportarsi nella maniera più corretta con l’animale. Diciamo che si tratta di una sorta di educazione equina, ma non ha strettamente a che fare con il montare a cavallo. Di base si attua da terra. Comprendere il cavallo significa educarlo. Qualsiasi animale va educato, e l’educazione si effettua innanzitutto attraverso il gioco: perché il gioco insegna anche a socializzare. Il cavallo non è un animale indipendente né solitario, tende a rapportarsi con gli altri. Per l’uomo, questo potrebbe rappresentare un vantaggio nello stabilire un contatto. Come ti accennavo, il cavallo cerca la compagnia. Non si può tenere da solo in una scuderia. Bisogna che ci siano perlomeno altri erbivori, alcuni per esempio allevano delle caprette:  è un animale che patisce la solitudine. E chiede molta attenzione da parte dell’uomo. Per cui, quando ci sembra distaccato o non riusciamo a capirlo è soprattutto perché non gli abbiamo dato la giusta energia, il giusto spazio.

 

 

Un’ altra scena tratta dallo spettacolo “Il sacrificio del Minotauro”

Personalmente ti trovi più a tuo agio nelle vesti di artista o di istruttore equestre?  

Diciamo che da una parte c’è il lato artistico che sicuramente fa molto parte di me, ho una passione innata per l’arte in tutte le sue sfaccettature, e, dall’ altra, mi sono dedicata alla preparazione dei cavalli sin da piccola. L’ insegnamento è una conseguenza, mi piace ma adoro preparare fisicamente i cavalli perché li ho sempre avuti. Quando ero ancora una bambina ho sentito la necessità di rapportarmi con loro e l’aspetto artistico è andato di pari passo. Poi certo, mi interessa anche insegnare, perché voglio che le persone si relazionino con i cavalli nel modo giusto. Una volta a Giovanni Battista Tomassini (il nostro evento prende spunto anche da colloqui che coinvolsero la prestigiosa rivista “Cavallo Magazine” e da un incontro a cui Tomassini partecipò a Fieracavalli di Verona) è stato chiesto: perché bisogna invitare le persone ad approfondire la propria cultura equestre? Perché l’obiettivo più importante è il benessere del cavallo, e per migliorare la vita di tutti i cavalli è imprescindibile divulgare una valida cultura equestre. È un grosso errore dare al cavallo delle connotazioni antropomorfe, pensarlo come l’uomo. I cavalli non sono personaggi di Walt Disney, non bisogna considerarli né dei mezzi né pupazzi o giù di lì. Dobbiamo imparare a relazionarci con loro nel modo più appropriato.

 

Foto di Silvia Foco

In un passato neppure tanto lontano, l’equitazione veniva spesso considerata uno sport elitario, appannaggio di pochi privilegiati. Cos’è cambiato da allora?    

Negli anni ’80, quando gli italiani avevano molta disponibilità economica, avere un cavallo era quasi uno status symbol. Oggi, invece, mantenerlo è più difficile. Anche perché lo si deve mantenere nel giusto modo. Normalmente c’è chi paga la scuderizzazione in un circolo ippico, una soluzione abbastanza buona perché il cavallo è circondato da altri suoi simili, ma le spese che si affrontano purtroppo non sono poche. C’è anche da dire, però, che le persone tutto l’anno spendono soldi per andare in palestra o dallo psicologo con l’obiettivo di star bene, mentre la scelta potrebbe essere quella di avere un cavallo: l’equitazione può essere concepita benissimo come attività fisica che apporta del benessere. In più, c’è un’alternativa. Si potrebbe condividere il cavallo con un altro cavaliere a mezza fida, sarebbe un vantaggio sotto svariati aspetti.

 

Silvia insieme a Engraido 14

Il cavallo, ultimamente, sta conoscendo un vero e proprio boom di popolarità. Persino il mondo della moda gli affida ruoli da protagonista. Penso ad esempio agli scatti che Yorgos Lanthimos ha realizzato per la campagna pubblicitaria della Primavera/Estate 2020 di Gucci, ambientata a Los Angeles. Cavalli e pony sono presenti ovunque, soprattutto nei luoghi più inaspettati: nell’autolavaggio, sull’ aereo, in mezzo al traffico, persino al supermercato e dal benzinaio. È come se vedere un cavallo nel cuore di L.A. fosse la cosa più naturale del mondo. Cosa pensi di questo concept?

Le foto le ho trovate simpatiche e anche molto belle: si nota una preparazione relativa ai cavalli molto accurata, da parte dello staff. Uno dei temi che affronteremo nell’ incontro del prossimo aprile sarà proprio come, per scattare una bella fotografia con un cavallo, sia necessario avere delle approfondite cognizioni tecniche. Non solo da parte del fotografo, ma anche di chi mette a disposizione i cavalli nonché delle modelle, soprattutto se devono montare a cavallo. Nella campagna di Gucci quelle conoscenze si colgono, non sono assolutamente foto fatte a caso (il brand ha lavorato in sinergia con l’ associazione American Humane, ndr.), e la scelta dei posti inconsueti la trovo straordinaria: il cavallo, in effetti, ha un grande spirito di adattamento. È chiaro che si troverebbe bene in un bel prato verde, gli piace correre e l’erba, per lui, è un ottimo cibo. Ma al di là di ciò, sarebbe un’antropomorfizzazione associare il cavallo solo ad ambienti naturali. In realtà si trova bene anche altrove, laddove venga abituato con i giusti modi e i giusti tempi. Se certi posti sono piacevoli per noi, di solito lo sono anche per lui. Tornando alle foto, il fatto di vedere dei cavalli inseriti in location assolutamente inusuali sottolinea il fatto che li si possa pensare al di fuori dei luoghi più stereotipati. Quando guardo queste foto, io realizzo che il cavallo è un animale eclettico e soprattutto è un animale che, come il cane, può far parte della quotidianità di una persona. Nonostante abbia, sia ben chiaro, delle necessità molto più impegnative di quelle di un cane. Ma è l’essere umano che dovrebbe iniziare a pensare che può relazionarsi con il cavallo al di là degli stereotipi e comportarsi di conseguenza. Nelle fotografie di Yorgos Lanthimos il cavallo viene portato nel nostro quotidiano, e a me fa pensare che è un animale interessante da conoscere, non solo adatto a una passeggiata o a una gara di salto ostacoli. Sembra molto naturale che venga calato in quegli ambienti, ma bisogna ricordarsi che dietro a tutto ciò c’è una profonda conoscenza dell’animale. Se così non fosse, infatti, percepiremmo una forzatura, qualcosa di brutale o di poco elegante. Purtroppo, non è raro che alcuni si affidino a collaboratori incompetenti anzichè a dei professionisti. Invece è molto importante sapere che lo staff a cui ci si rivolge sia effettivamente preparato in tema equestre. È bello constatare che chi desidera un cavallo in una foto lo renda protagonista. Nella campagna di Gucci, dove viene immortalato in luoghi insoliti, diventa infatti il protagonista dello scatto: è questa la differenza che fanno immagini del genere. Quando vedo un cavallo fotografato, che so, nella Pampa Argentina, mi torna in mente il detestabile concetto di “cavallo come mezzo”.

 

Foto di Franco Aresi

Silvia in sella a Darko

Qual è il consiglio principale che daresti a un ragazzo o a una ragazza con il sogno di diventare artista equestre?

Impegnarsi davvero tanto nella preparazione tecnica e atletica, poi pensare che è assolutamente necessaria la conoscenza di discipline come la recitazione, per esempio, o la musica. Bisogna evitare di dare per scontato che ci sia qualcosa di innato o di intuitivo nel rapporto con il cavallo. Essere creativi è bello, ma bisogna innanzitutto conoscere la tecnica. Solo dopo ti puoi esprimere, prima devi imparare. Se vuoi avere a che fare con l’arte devi apprendere anche le discipline artistiche. E andare a scuola da chi è più preparato, se necessario in scuole diverse: a patto che tu possa contare sull’ insegnante migliore per ogni materia.

 

 

Foto di Sara Baroni

Concludo chiedendoti se tra i tuoi progetti a breve termine, oltre all’incontro del prossimo aprile, ce n’è qualcuno di cui vorresti parlarci.         

L’ incontro sarà un momento in cui metteremo in evidenza quelli che saranno i nostri workshop. Il mio progetto principale coincide con un luogo, il teatro equestre che porta il nome della mia compagnia, Le Zebre, dove prepariamo sia i cavalli sia i cavalieri. Quindi, per il momento, vorrei divulgare il fatto che proprio lì offriamo la possibilità di lavorare e di imparare con noi per quanto riguarda sia la preparazione dei cavalli che le discipline ad essa collegate.

 

Silvia e Fidalgo in “Ritorno a Itaca” al Teatro Bonci di Cesena

Foto di Melis Yalvac

 

Danza aerea con Nicoletta Amaduzzi, Elisa Brunetti e…Zar. Foto di Franco Aresi

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: le prime tappe di un 2020 che scintilla di…”Gloss’n’Glitter”

Un impetuoso mood Punk travolge Pitti Uomo

Mentre i rigori invernali sono al loro culmine, con temperature gelide e fitte nebbie, il Principe Maurice si muove ancora sul caliente sfondo di Palma di Maiorca. Durante il nostro appuntamento telefonico è in pausa aperitivo mentre impazza la tre giorni di Sant Sebastià, patrono del capoluogo maiorchino. Musica, grigliate e festa grande sono i leitmotiv di questa ricorrenza: ed è proprio tra una grigliata e l’altra che Maurice, in vena di celebrazioni (anche) per una serie di progetti nuovi di zecca, ci parla delle ultime notizie che riguardano la sua travolgente vita. Sono cinque, le tappe attraverso cui si snoda la puntata odierna di “Sulle tracce del Principe Maurice”. Treviso, dove il 2020 del nostro eroe ha avuto inizio, è la prima. Segue Firenze, che lo ha applaudito in una sorprendente versione Punk.  Fabriano, la celebre “Città della Carta”, accoglierà invece il Principe per un’attesissimo bis (seppure con un format differente) all’ Aera Club & Place. A Palma di Maiorca si terrà la presentazione di “Gloss’n’Glitter”, un concept sfavillante come suggerisce il nome, mentre Venezia – last but least – vedrà Maurice nelle consuete vesti di Maestro di Cerimonie oltre che di un Casanova inedito. Ma non vi “spoilero” oltre, e lascio che sia lui stesso a rivelarvi di più sugli indizi di cui sopra e a raccontarvi altro, moltissimo altro ancora.

Dopo i tuoi Auguri di Natale ai lettori di VALIUM, devo dire apprezzatissimi, ci rincontriamo agli albori di un nuovo decennio. Com’è andato il Capodanno all’ Odissea di Treviso e come hai iniziato il 2020?

L’ ho iniziato benissimo. Il mio Capodanno all’ Odissea si è snodato tra due spettacoli, uno per il dinner show e l’altro nella grande sala live, dove ho indossato un “vestitone” rosso molto scenografico. Tutto è andato più che bene. La mia collaborazione con questo bellissimo locale continua: a breve ci saranno altre serate riferite soprattutto al dinner show, un genere che negli ultimi tempi sto coltivando e implementando. Tornando al Capodanno, lo definirei bello, gioioso, giocoso…Non è stato semplice, perché la produzione era abbastanza impegnativa: con me avevo circa una ventina di artisti tra ballerini, cantanti, acrobati eccetera…Ma a me questo genere di cose piace, per cui il mio approccio con il 2020 non sarebbe potuto andar meglio! Sono davvero soddisfatto.

 

Alcune immagini del Capodanno all’ Odissea di Spresiano (Treviso)

Il party di BePositive, brand di sneakers innovative fondato nel 1995 da Ubaldo Malvestiti, ti ha visto protagonista a Firenze l’8 Gennaio scorso, durante la prestigiosa kermesse di Pitti Uomo. Le foto dell’evento sono una delizia per lo sguardo…Che ci racconti di quella serata e della tua performance?

E’ stato tutto estremamente divertente, a cominciare da quando sono passato in Fortezza da Basso con il mio outfit Punk e il gruppo ristretto di modelli e performer che mi accompagnavano: ci fermavano a ogni passo! E’ stata una grande soddisfazione, c’erano fotografi da tutto il mondo, ci ha immortalati persino Vogue…Insomma, siamo piaciuti! Soprattutto perché eravamo in assoluto contrasto con tutto quello che di solito vedi a Pitti Uomo: lì sono sì stravaganti, ma in versione chic. Cappellini, barba e baffo perfetti, scarpa in un certo modo, colori tenui…Poi è arrivato questo gruppo punkeggiante di rottura, il nostro, ed è stato un autentico boom. Il party di Febos/BePositive, organizzato dal patron del marchio e dell’ evento Fabrizio Ferraro, si è rilevato stratosferico. Innanzitutto si teneva nella location impressionante, pazzesca, davvero stupenda, della Cattedrale dell’Immagine di Santo Stefano al Ponte, dove attualmente si tiene la mostra multimediale su Magritte (“Inside Magritte”, ndr.). Esiste tutto un impianto di proiezioni immersive che coinvolge le pareti e l’altare, poi c’è una stanza stranissima, la Sala degli Specchi, completamente ricoperta di specchi…Lo stesso video mapping dedicato a Magritte è stato utilizzato durante la nostra esibizione. La serata è iniziata con un cocktail ed una cena a buffet animata dai BowLand (un trio musicale iraniano che si è fatto conoscere per la sua elettronica raffinatissima con accenti etnici), dopodichè la mia performance ha stravolto il mood virandolo al Punk.

 

Il gruppo Punk capeggiato dal Principe a Firenze

Mi sono esibito sulle note di “My way” cantata da Sid Vicious dei Sex Pistols: sullo sfondo di una scenografia video mappata, ho sfoggiato una cresta di plastica nera con delle ciocche fluo e un look – curato da Flavia Cavalcanti –  ispirato al Punk, ma un Punk un po’ fashion in stile Vivienne Westwood. Il make up “à la Nina Hagen”, invece, è stato ideato da Vassy Longhi, un bravissimo truccatore che si è occupato anche delle acconciature. La festa è proseguita con il dj set di Tommy Vee, all’ insegna di una tech-house piacevolissima, mentre a fine serata (non dimentichiamo che l’8 gennaio ricorreva l’anniversario della nascita di David Bowie) ho cantato una versione punkeggiante, ma autentica, bella e soprattutto molto emozionata, di “Heroes”. Il party straripava di ospiti arrivati da tutto il mondo, soprattutto giornalisti, blogger e operatori del fashion biz. E’ stato un evento riuscitissimo perché alle feste di BePositive si può giocare, divertirsi, e questo la gente lo sa. Noia e formalità sono bandite! C’erano oltre 1000 persone, fuori la fila di chi voleva entrare (ma non poteva, perché non c’era più spazio) diventava sempre più lunga. Insomma, la mia è stata una rimpatriata a Firenze divertente e prestigiosa, perché il party di BePositive è uno dei più attesi: d’altronde, il successo di una festa dipende anche da quanto è ambita…E devo dire che non vedevo qualcosa del genere da tempo.

 

Il party di BePositive a Pitti Uomo: un vero boom

Cosa pensi della svolta della moda, che da un mood di puro glamour è approdata a tematiche sostenibili e prettamente sociali come l’inclusività?

Io trovo che sia giusto, perché la moda è un vettore straordinario di filosofia oltre che di stile. Non dimentichiamo che la stessa Vivienne Westwood, partita con il Punk e quindi con la trasgressione più assoluta, è diventata la pioniera di questa sensibilizzazione sui temi ambientali. La tua domanda, poi, mi riporta in mente le interviste che mi hanno fatto a Firenze l’8 Gennaio scorso. Mi chiedevano: “Come mai siete Punk? Siete cattivi?”, e io rispondevo “No. In una società che è cattiva di per sé, che è stata finora indolente nei confronti dei bisogni del pianeta, essere Punk significa – visto che siamo contrari a quel che accade attualmente – essere portatori di colore, di trasgressione nell’ immagine, ma anche di valori.” Sono felicissimo che la moda diffonda dei messaggi di aiuto al pianeta e a chi ne ha più bisogno, perché è un ambiente senza dubbio privilegiato e, soprattutto, ha un gran potere comunicativo. Il fatto che veicoli simili principi mi piace tantissimo e cavalco anch’io quest’ onda meravigliosa, affiancandomi a Vivienne che amo e che è mia amica.

 

La crew femminile del Principe al party di BePositive

Maurice insieme a Vivienne Westwood

Il make up artist e hairstylist Vassy Longhi e la designer/costumista Flavia Cavalcanti con il Principe in occasione dell’ evento a Pitti Uomo

Uno scatto pre-festa con il trio dei Bowland

Rimango in tema fashion perché sono molto curiosa di sapere quali sono i tuoi brand preferiti attualmente: citamene tre del presente e tre del passato, please!

Devo dirti la verità: alla fine della fiera, io vesto volentieri Zara! Però se devo essere elegante punto su Dolce & Gabbana, Valentino, mi piace molto Dior…Adoro la sua ricerca dei colori, dei tessuti. Per il classico capospalla citerei quindi Dolce & Gabbana, mentre per quanto riguarda le scelte di tendenza – ma sempre all’ insegna della raffinatezza – ti dico Christian Dior. I miei tre brand preferiti del presente sono senza dubbio Dolce & Gabbana, Vivienne Westwood e Dior, i tre del passato che adoro letteralmente sono ancora una volta Vivienne (che sempre mi è piaciuta e sempre mi piacerà) insieme a Jean-Paul Gaultier e a Thierry Mugler: ho delle giacche, dei completi stupendi con la sua griffe. Rispetto agli oufit da indossare on stage, invece, amo Issey Miyake, soprattutto la sua prima linea plissettata: crea delle geometrie stupende e occupa poco spazio nei bagagli. Miyake, come mi ha insegnato Grace Jones, è veramente l’ideale per i costumi di scena. Perchè per me la moda è anche teatro. E poi, del passato, conservo capi sartoriali di mio nonno e addirittura del mio bisnonno, avendo il loro stesso tipo di fisico. Li indosso tuttora! A proposito, sai qual è il mio sogno? Creare una linea da camera per uomo firmata Principe Maurice utilizzando tessuti veneziani tipo Fortuny e ricalcando un po’ lo stile dannunziano. Delle bellissime vestaglie, delle bellissime pantofole, però in materiali preziosi e con un design che richiama quell’ epoca. Poter ricevere come si usava un tempo, indossando vestaglie di seta, velluto, cachemire…griffate da me stesso. E’ un sogno che ho da un po’. Chissà che non riesca a realizzarlo!

 

Un selfie “Punk” del Principe in compagnia di Nina Aprodu al party di BePositive

Il mese di Gennaio per te è iniziato alla grande, ma sono sicura che Febbraio sarà altrettanto spettacolare. Basti pensare che l’8 prenderà il via il Carnevale di Venezia, del quale sarai ancora una volta l’icona. Quale sarà il tema di quest’anno e quali anticipazioni puoi darci, nelle tue vesti di Maestro di Cerimonie?

Il Carnevale di quest’ anno sarà dedicato al tema de “Il Gioco, l’ Amore e la Follia”. Sono tre elementi che convivono da sempre nella vita di ognuno di noi, perché l’amore è senza dubbio gioco, è anche follia…Chi non ha fatto follie per amore? Chi non sta alle regole del gioco dell’amore, per coltivare le proprie relazioni? Questo tema mi calza a pennello. Io sarò un Casanova nuovo, sempre in costume settecentesco ma al posto della parrucca indosserò…Non ve lo rivelo! Diciamo che la mia sarà un’interpretazione del personaggio del quale sono diventato l’incarnazione ufficiale – questo Casanova già trasformato in maschera della Commedia dell’Arte – in versione “contaminata”, più ricca di gioco e di follia. Posso anticiparvi poi che esiste un Carnevale, parallelo a quello popolare, che è il Carnevale Culturale. Quest’ anno mi è stato chiesto di produrre qualcosa che avesse a che fare con quel programma. Mi dedicherò a un progetto sui temi di amore e morte, “Eros & Thanatos”, però in chiave abbastanza grottesca: ci saranno anche le cosiddette “drama queen”. Sono partito citando la canzone “Morirò d’amore” di Giuni Russo in modo ironico, simpatico, pur portando esempi storici e drammatici come quelli di Didone, Cleopatra e così via. Sarà una performance sia recitata che musicale. Ad affiancarmi ci sarà il Duo Bellavista-Soglia e ci esibiremo a Palazzo Labia – una location ad hoc con il suo ciclo di affreschi su Antonio e Cleopatra – il 19 Febbraio.  Il Carnevale ha un nuovo direttore artistico, Massimo Checchetto. E’ il direttore delle scenografie, oltre che regista, di alcune opere del Teatro La Fenice. Sono felicissimo della sua nomina perché Checchetto è una persona preparata, professionalmente molto avanti, è un artista ed è veneziano; abbiamo un rapporto di stima reciproca, per cui è probabile che durante il Carnevale creeremo insieme delle performance non previste: preparatevi alle sorprese!

 

Un souvenir del Carnevale di Venezia 2019

Appuntamenti fondamentali come il Volo dell’Angelo, Le Marie, la chiusura, il Corteo Acqueo dell’8 Febbraio, ovviamente, mi vedranno sempre coinvolto. Inoltre anche quest’ anno – e tutte le sere – mi vedrete nei panni di Maestro di Cerimonie al Gala ufficiale di Ca’ Vendramin Calergi, il Casinò di Venezia, che sarà dedicato all’ amore ed avrà “Nutri l’amore e accresci la follia” come motto. Ma c’è di più. Con l’Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia (di cui sono il direttore artistico) abbiamo studiato tre eventi da inscenare in tre location pazzesche. Uno si terrà Venerdi Grasso nella preziosissima Scuola Grande San Giovanni Evangelista, ed è dedicato ai vampiri. Per me il vampiro è un amante morboso, come lo è la vamp (che deriva sempre da “vampiro”…). L’ispirazione si rifarà al romanzo e alla pellicola “Intervista con il vampiro”. Ricordi il “Teatro dei Vampiri” dove, nel film, i vampiri si fingevano attori e facevano del pubblico le loro vittime?  “Il Teatro dei Vampiri” sarà una festa molto bella, poi ce ne sarà un’altra che con occhio ironico guarderà a Oriente e sarà riferita ad Aladino: sono previste danze esotiche e l’apparizione di questo affascinantissimo, meraviglioso Genio della Lampada – che non sarò io (ride, ndr.). La terza festa, invece, avrà come tema l’amore ma affrontato nell’ opera buffa e nell’ operetta. Si terrà a Palazzo Pisani Moretta, il palazzo più suggestivo del Canal Grande, in chiusura della kermesse. Ma la novità assoluta è che il Carnevale, in teoria, sarebbe dovuto cominciare il 15 Febbraio invece inizierà il 14: con un tema come quello dell’Amore, San Valentino non poteva essere di certo lasciato fuori! Includere questa data sarà molto intrigante…Per quanto mi riguarda, quella sera stessa condurrò la speciale “Valentino’s Night, amorosi balli a San Marco” in piazza San Marco, insieme a Federica Cacciola e a Tommy Vee.

 

 

Una coppia al Carnevale di Venezia

I problemi associati all’ acqua alta determineranno mutamenti nell’ accoglienza turistica, misure precauzionali particolari?

Per ciò che riguarda l’acqua alta in particolare no, perché tutto sommato è un fenomeno abbastanza comune dell’inverno veneziano. Ci saranno però degli accorgimenti relativi alla sicurezza, mirati a non intasare la piazza: probabilmente verranno installate delle telecamere che rileveranno il numero di persone presenti e quando si raggiungerà la capienza prestabilita dalle autorità, l’accesso verrà chiuso. E’ sopraggiunta l’esigenza di limitare l’affluenza, anche per ragioni di salvaguardia della città. Venezia ha una pavimentazione secolare, fragile; la grande folla potrebbe danneggiarla. C’è quindi una nuova sensibilità che richiede delle precauzioni specifiche. I limiti posti sono stati studiati per non pregiudicare l’economia cittadina e la quantità di gente che il Carnevale attira. Per i visitatori sarà come addentrarsi in un locale chiuso: quando usciranno delle persone ne entreranno altre, il flusso sarà continuo e ben coordinato. L’invito che è stato fatto a ognuno, poi, è quello di vivere il Carnevale appieno. I veneziani vengono esortati a mascherarsi, a riappropriarsi della festa, perché tutto questo si era un po’ perso con il passar del tempo.

 

 

Tornando al prossimo Febbraio, mi giunge voce che lo inaugurerai con un grande ritorno: l’1 ti accingi nuovamente ad esibirti a Fabriano, la celebre “Città della Carta”, presso l’Aera Club & Place. Che mi dici di questo appuntamento?

Sono molto contento di tornare a Fabriano, una cittadina affascinante e antica. Mi fa piacere che questo locale abbia potuto riaprire i battenti e che abbia desiderato me e la crew, che è quella del Memorabilia  – anche se non potremo utilizzarne il nome per questioni legate al marchio. Però “The Heroes of Piramide”, gli eroi della Piramide, siamo noi e l’evento sarà sicuramente una bella replica di quella serata stupenda che venne fatta due anni fa. Io torno a Fabriano con grande simpatia, per divertirmi e cercare di far divertire gli appassionati con questo genere musicale, la techno, che è ormai un fenomeno di gran successo. Lo era già, ma lo è diventato ancor più dopo la chiusura del Cocoricò. C’è la volontà di non perdere quella memoria, per cui le serate dedicate agli anni ‘90 funzionano benissimo. Indubbiamente il nostro format è il più simile al Memorabilia e, sostanzialmente, quello di maggior qualità. La cosa più bella è che attira un pubblico di età svariate, ma tutti stanno bene insieme nel nome della musica e del divertimento!

 

Il Principe all’ Aera Club & Place nel 2018

Quali emozioni provi nel pensare di riaffrontare un pubblico che, nel Gennaio del 2018, ha letteralmente gremito il Club fabrianese?

Sono felicissimo pensando di stupire chi non mi conosce e di divertire chi mi conosce già! Io con il mio pubblico ho un rapporto straordinario, empatico: divento una sorta di amplificatore delle sue emozioni. Quello che mi interessa è essere un tutt’uno con la gente. Mi sento contento, soddisfatto, forte…Con chi assiste alle mie performance si è instaurato un feeling che non si è mai esaurito, non ho mai avuto il problema di essere fischiato o contestato. Parto con un canovaccio di quello che ho intenzione di fare, ma poi intercetto l’umore che circola in sala per improvvisare: sono al servizio del mio pubblico, e questo la gente lo percepisce. Capisce che sto dalla sua parte, che esalto ciò che desidera vivere, per cui mi ama. E’ un amore reciproco, d’altronde! Il rapporto tra me e il pubblico è magico. Gli sviluppi delle mie performance sono sempre imprevedibili, sempre improvvisati, sempre nuovi. Sfido chiunque a dire che una mia serata è stata uguale a un’altra. Faccio qualcosa di diverso ogni volta perché sono alla ricerca di quel famoso “uno, nessuno e centomila” che è nelle mie corde.

Dopo la tappa fabrianese, cosa bolle in pentola?

C’ è un nuovissimo progetto maiorchino con Francesca Faggella, una bravissima conduttrice sia radiofonica che televisiva. Ci siamo ritrovati a Maiorca e abbiamo pensato di lanciare un format che rievoca lo Studio 54, si chiama “Gloss’n’Glitter“: il 6 Febbraio verrà presentato a Palma di Maiorca con una festa riservata alla stampa, ai vip e agli operatori del settore, poi spero che girerà l’Europa e tutto il mondo. La nostra iniziativa sarà completamente dedicata alla New Disco, un genere ispirato alla musica degli anni ‘80 ma remixata in modo attualizzato sia a livello di ritmica che di sonorità. Francesca Faggella è una dj che fa New Disco da anni e ha già un programma radiofonico a tema su due radio delle Baleari. Quando ci siamo incontrati, abbiamo pensato di creare qualcosa che unisse musica e spettacolo. In “Gloss’n’Glitter” interpreterò Andy Warhol, l’anfitrione di questa festa dedicata agli anni ’80 e molto Studio 54, se vogliamo. Ci saranno 7 ballerini (tra ragazzi e ragazze) che faranno Vogueing, animazione di vario genere, ma la cosa divertente è che il progetto sarà sì destinato ai club, però vorrei che diventasse soprattutto un brunch musicale: è molto di moda e molto chic se fatto nei ristoranti giusti, nei locali giusti. Il format è abbastanza esclusivo, così come esclusivo era lo Studio 54; in seguito, diventerà un evento serale per location alternative. Sono assolutamente entusiasta di “Gloss’n’Glitter”! La presentazione si terrà in un lounge restaurant di Palma, MarChica, che abbiamo scelto come emblema dei luoghi non convenzionali in cui potrebbe svolgersi lo show. “Gloss’n’Glitter” debutterà ad Aprile e andrà in tournée nelle Baleari. Però contiamo che l’Inverno prossimo arrivi anche in Italia e se approdasse a New York, poi, sarebbe davvero il top! Specialmente se avessimo come special guest Grace Jones, che inaugurò proprio il leggendario Studio 54.

 

Il nuovo progetto in connubio con Francesca Faggella, “Gloss’n’Glitter”: molto Studio 54

Concludo con una domanda che sicuramente i lettori di VALIUM adoreranno: qual è l’Augurio che dedichi loro per il nuovo anno?

Il mio augurio vale per tutti gli anni ‘20 del 2000. Vorrei che quello appena iniziato fosse un decennio in cui verrà finalmente rivalutato il rapporto con la natura, soprattutto alla luce dei grandi drammi che hanno sconvolto interi continenti (vedi l’Australia). E poi auguro ai lettori che sia un momento di armonia personale, familiare, sociale…C’è molta confusione attualmente, anche a livello politico. Credo che vadano recuperati i valori base, persi nella fuffa del voler apparire e non del voler essere. Auspico quindi che il 2020 rappresenti l’inizio di un decennio pieno di consapevolezza, di impegno e di serenità con la propria coscienza. Bisogna riscoprire la coscienza, quella vera, quella che porta con sé i valori, per poter cominciare a dire “la mia coscienza è a posto perché sto facendo la cosa giusta per me, per la mia famiglia, per l’azienda per la quale lavoro, per la società e anche per il mondo in cui vivo”. Ecco, il mio augurio è proprio questo: ritrovare la consapevolezza, la coscienza e l’armonia tra il modo di pensare e il modo di essere. Prendere coscienza di chi siamo, di come siamo, di dove e come viviamo. Ritrovare la curiosità di scoprire i propri talenti, i talenti altrui, i propri sentimenti e quelli degli altri. Ed instaurare uno scambio a livello di coscienza a tutto tondo: nei valori, nei talenti, nei parametri…darsi un senso. La vita è temporanea, caduca, le mode cambiano. Quel che conta è l’essenza, l’anima. Auguro ad ognuno di riscoprirsi, di sentirsi più partecipe e più responsabile del tutto. Della propria vita e di quella di chi gli sta intorno. A tal proposito vorrei aggiungere che dall’ Odissea è partita una campagna, “Okkio alla vita”, dedicata alla guida prudente. La maggior parte degli incidenti in cui sono coinvolti i giovani è causata da un uso sconsiderato del telefonino, che distrae il guidatore. Io sono il testimonial di questa campagna che è patrocinata dalla Regione Veneto, ma sta diventando nazionale. Coscienza, dunque, anche nel guidare: perché si è responsabili della propria vita e della vita degli altri.

 

Qualche scatto beneaugurante tratto dal Capodanno all’ Odissea e il Principe durante un’ intervista TV

 

Photo Courtesy of Maurizio Agosti

 

 

 

 

Il fiabesco universo di Paolo Domeniconi

Gli Auguri di Buone Feste di Paolo Domeniconi

VALIUM ha celebrato molto spesso le atmosfere che impregnano le festività natalizie. La voglia di fiaba, di magia, di un ritorno all’ infanzia per riscoprire la meraviglia delle cose, sono il fil rouge di settimane che ogni anno si concludono con l’arrivo della Befana. E il tema della fiaba torna anche oggi, di certo senza risultare ridondante: le illustrazioni che vedete qui di seguito ne sono una prova. Si tratta di un bestiario incantato, dalle dimensioni enormi, calato in paesaggi onirici e fatati. Neve, stelle, fitti boschi, ninfee galleggianti predominano, facendo da sfondo a quei giganteschi animali e ai bambini che li affiancano di frequente. E’ questo, il poetico universo di Paolo Domeniconi. Un universo fatto di immagini che tutto il mondo conosce e apprezza: basta osservare il numero delle loro condivisioni sui social. Sono gli anni ’90 quando Domeniconi debutta nella pubblicità: si occupa di campagne, packaging e grafica. Successivamente, rimane conquistato dalla letteratura per l’ infanzia e comincia ad illustrare le fiabe più celebri. A tutt’oggi oltre 40 libri – senza contare le raccolte di fiabe, i volumi scolastici e le copertine – includono le sue iconiche illustrazioni; vanta collaborazioni con case editrici del calibro di Grimm Press, Mondadori, Houghton Mifflin Harcourt, The Creative Company (solo per citarne alcune), e i suoi lavori sono presenti, oltre che in Italia, in paesi come  gli Stati Uniti, la Spagna, il Regno Unito, la Cina, la Corea e Taiwan. Per saperne di più sull’ immaginario sognante e fantastico di Paolo Domeniconi, ho pensato di rivolgergli alcune domande.

Cominciamo dai suoi studi. Si è focalizzato sin dall’ inizio sul mondo della grafica e dell’illustrazione?

Quando mi sono trovato a dover scegliere un indirizzo di studi non ero ancora in grado di fare la scelta giusta. Ho passato un anno piuttosto spaesato in un istituto tecnico. Non ci ho messo tanto a rendermi conto di essere fuori strada e sono quindi ripartito da zero in un istituto d’arte.

 

Paolo Domeniconi circondato da alcuni dei libri che ha illustrato

Com’è nata questa sua passione?

Inizia nell’infanzia, è un approccio alle cose che mi ha sempre portato a fare stranezze rispetto alla maggior parte dei miei coetanei, a vivere in un mondo a parte, in un certo senso. A 10 anni passavo ore a fare disegni animati e stop-motion col vecchio 8mm, hackeravo cineprese, pellicole, organi elettronici, un armamentario di strumenti creativi che oggi un bambino può trovare in un tablet. Col tempo mi sono sempre più focalizzato sul disegno cominciando a vagheggiare, chissà in che modo, che un giorno potesse diventare il mio lavoro.

 

 

Nei primi anni ’90 si è dedicato alla pubblicità e al visual merchandising, occupandosi anche di stampe e di packaging. Quanto è determinante, a suo parere, la comunicazione visiva di un prodotto e in che percentuale riesce ad orientare i gusti del pubblico?

L’immagine è tutto. Il “pubblico” mi sembra piuttosto acritico nei confronti della comunicazione ma devo ammettere che ormai questi temi mi appassionano poco.

 

 

Esistono dei motivi grafici che a quell’ epoca prediligeva utilizzare?

Il mio era comunque un lavoro da illustratore o da visualizer. Si lavorava tanto sul packaging di prodotti alimentari e si trattava di rendere accattivanti le immagini del prodotto, la fragranza di una merendina come la freschezza di uno yogurt alle fragole. Photoshop era ancora poco usato e toccava a noi illustratori trovare il lato glamour in un mazzo di spinaci. Fortunatamente qualche volta l’immagine aveva una funzione più evocativa o addirittura metaforica, erano i tempi in cui giravano le immagini di Folon e di alcuni illustratori americani che hanno caratterizzato fortemente la comunicazione istituzionale, Brad Holland, per esempio.

Com’è avvenuto il suo passaggio all’illustrazione di libri per bambini come le fiabe?

Per tanti motivi mi sentivo sempre più fuori posto in quell’ambiente e in generale la pubblicità non mi interessava più. In quegli anni mi ero riappassionato alla lettura e un po’ per gioco inventavo copertine immaginarie, studiandomi tecniche e stili diversi. Alla Children’s Book Fair di Bologna ho toccato con mano le meraviglie che si pubblicavano all’estero e alla fine ho deciso di rimettermi in gioco. Ho seguito quattro corsi brevi ma intensi nelle due migliori scuole di illustrazione e nell’arco di qualche anno sono passato gradualmente dalla pubblicità all’editoria.

 

 

In questo settore ha lavorato per case editrici di tutto il mondo. Da quanto ha potuto riscontrare, è un universo che conosce diverse sfumature a seconda della latitudine e delle culture o piuttosto omogeneo nell’ intero pianeta?

Il linguaggio del libro illustrato può essere molto diverso da un paese all’altro. Cambiano i contenuti, lo stile grafico, la scelta di un certo tipo di illustrazione piuttosto che altri. Ciononostante, alcuni libri particolarmente riusciti vengono tradotti in tante lingue e fanno il giro del mondo. Un dato positivo per gli editori italiani è che le vendite dei diritti per la pubblicazione all’estero sono in aumento.

Cosa la affascina, del mondo delle fiabe?

Forse il fatto stesso che raccontandoci le fiabe siamo vicini, ci riconosciamo. Contengono elementi così universali e archetipici che creano un grande momento di empatia tra le persone, adulti o bambini che siano.

 

 

Uno dei leitmotiv delle sue illustrazioni sono gli animali umanizzati, i bambini e soprattutto la notte, intesa – credo – come parentesi magica e del sogno…Potrebbe approfondire per noi questi temi?

Le favole ci hanno abituati alla presenza degli animali antropomorfi nelle illustrazioni. Maestri come Wolf Erlbruch li hanno introdotti anche in contesti più contemporanei e nelle storie del quotidiano, io copio un po’ da lì. L’effetto è di spaesamento surreale, a volte divertente perché vediamo nell’animale aspetti caricaturali dell’umano. In un altro tipo di illustrazione (e di narrazione) più vicina al “fiabesco”, mi interessa l’animale come portatore di mistero, contatto con una natura inconoscibile. Detesto il magico della letteratura fantasy e allo stesso tempo il documentarismo che si interessa solo alla meccanica dei comportamenti animali. Cerco lo stupore di chi ancora sta scoprendo il mondo, per questo i miei bambini si ritrovano spesso in atmosfere notturne, tra sogno e realtà.

 

 

I suoi progetti più imminenti sono top secret o potrebbe darci qualche anticipazione al riguardo?

Posso dire che sto lavorando per un editore russo su un albo illustrato molto impegnativo. Si tratta di una fiaba classica molto nota in Russia ma praticamente sconosciuta da noi. Qualche copertina di romanzi per ragazzi e a seguire tornerò finalmente a pubblicare in Italia con tre titoli di autori contemporanei.

 

 

Qual è il sogno più grande che – professionalmente parlando – vorrebbe ancora realizzare o che ha già realizzato?

Ho tante cose da imparare ancora. Ogni nuovo libro è per me quasi un ripartire da capo e costituisce la più grande sfida in quel particolare momento.