I “giorni della merla”: i giorni più freddi dell’ anno e le loro leggende

 

Siamo nel pieno dell’ Inverno, nel pieno dei giorni più freddi nell’ anno: i “giorni della merla”. E’ questo il nome con cui il 29, il 30 e il 31 Gennaio vengono identificati nella tradizione popolare. Ad ispirarlo sono state remote leggende che condividono la protagonista, una merla dal piumaggio bianco, e lo scenario, il freddo intenso del primo mese dell’ anno. La leggenda più accreditata risale a tempi antichissimi. Narra di una merla candida, ammirata da tutti, che Gennaio aveva preso di mira: ogni volta che andava a far provviste, lui scatenava tormente di neve e violente folate di vento. Un anno, stufa dei suoi dispetti, la merla si procurò cibo in abbondanza e rimase al tepore del suo nido per 28 giorni esatti – tanti, allora, ne contava Gennaio. Il ventinovesimo giorno uscì e iniziò a burlarsi di quel mese perfido che stavolta non era riuscito a infastidirla. Gennaio si infuriò terribilmente: chiese in prestito tre giorni al fratello Febbraio e ritornò subito per provocare tempeste a raffica. Gelo, temporali e neve costrinsero la merla a rifugiarsi di corsa nel primo comignolo che incontrò lungo il suo percorso. Qui rimase per 72 ore, finchè finalmente il maltempo svanì. Quando uscì dal nascondiglio tirò un sospiro di sollievo, perchè era scampata alla collera di Gennaio. Ma non appena si specchiò, rimase senza fiato: le sue splendide piume bianche, per colpa del fumo del comignolo, erano diventate color carbone. Da quel momento, il piumaggio dei merli rimase per sempre nero e il mese di Gennaio durò in eterno 31 giorni.

 

 

Questa leggenda, tuttavia, non è poi così lontana dalla realtà: nel 713 a.C., con la riforma di Numa Pompilio, il mese di Gennaio durava davvero 28 giorni. Quando il calendario romano fu sostituito da quello giuliano nel 46 a.C., Gennaio si “impadronì” di tre giorni appartenenti a Febbraio poichè quest’ ultimo calendario si basa sull’ anno solare, ossia sul ciclo delle stagioni. Tra le svariate versioni della leggenda ne compare una abbastanza simile: narra di una famiglia di merli che, a Milano, aveva fissato la sua dimora sotto una grondaia. La neve copiosa di quell’ Inverno rendeva sempre più difficile procurarsi il cibo, perciò il capofamiglia decise di volare lontano alla ricerca di un rifugio sicuro in cui trasferirsi con la sua merla e con i loro tre merlottini. Fu proprio in quel periodo che mamma merla, viste le temperature polari, fu costretta a spostarsi su un altro tetto insieme ai suoi piccoli. Lì, il fumo di un comignolo emanava un po’ di calore. Ma quando papà merlo ritornò dal viaggio, stentò a riconoscere la sua stessa famiglia: la fuliggine aveva annerito completamente le piume dei merlottini e di mamma merla. Si unì comunque a loro e il 1 Febbraio, una giornata tiepida, uscirono tutti per godere dei raggi del sole. L’ allegra famiglia, a causa del fumo, era ora composta da cinque merli neri. Fu proprio da allora – secondo la leggenda – che i merli bianchi scomparvero, sostituiti da esemplari con il piumaggio color fuliggine (è il caso di dirlo). I detti popolari hanno attribuito una variegata simbologia alla figura del merlo: se molti proverbi fanno coincidere il suo canto con la fine dell’ Inverno, altri intimano al merlo di non cantare neppure a Marzo per non istigare il ritorno del maltempo. Sul versante credenze, invece, la tradizione vuole che a dei giorni della merla molto freddi segua una Primavera assolatissima. Al contrario, se i giorni della merla sono tiepidi la Primavera faticherà ad arrivare.

 

 

 

Il fascino antico della “Luna del Lupo”, la prima luna piena di Gennaio

 

Segnatevi subito data e ora: 28 Gennaio, 20,16. In quel momento, infatti, nel cielo notturno si staglierà la prima luna piena dell’ anno. Niente di speciale, direte. Ma non è affatto così, considerato il retaggio dell’ evento. La prima luna piena del gelido e nevoso Gennaio è stata battezzata “Luna del Lupo” in moltissime culture. E non a caso: nel cuore dell’ Inverno, quando la maggior parte degli animali è in letargo, i branchi di lupi erano soliti dirigersi verso i villaggi e le abitazioni alla ricerca di cibo. Durante le loro scorribande, sentirli ululare rivolti al plenilunio era comune. L’ immagine del lupo che ulula alla luna è diventata leggendaria, un vero e proprio leitmotiv dell’ iconografia popolare, ma esistono ulteriori motivi che connettono i lupi con la luna piena e con il mese di Gennaio: innanzitutto, è proprio in questo periodo che inizia la stagione riproduttiva. Ecco allora l’ esigenza di ululare per marcare il proprio territorio, per far sì che nessuno si inoltri nei “luoghi della riproduzione”. E dato che il lupo è un animale che vive in branco, potete immaginare quanto sia potente un coro di ululati rispetto a un ululato in solitaria. Ogni lupo, poi, sa bene che se ulula con il muso rivolto al cielo (o alla luna, se preferite), il suo richiamo coprirà distanze vastissime e verrà udito dagli esemplari che appartengono al suo branco ovunque si trovino in quel momento.

 

 

Sul perchè il lupo sia un animale prevalentemente notturno, la ragione è chiara: il suo status di predatore fa sì che agisca con maggior facilità al calar delle tenebre. In realtà, nonostante lo stereotipo del “lupo cattivo”, il canis lupus possiede svariate doti. Si muove in branco perchè nel branco trova sostegno, senso della solidarietà e di appartenenza; è consapevole del valore dei legami e rimane con la stessa famiglia per una vita intera. Con i suoi cuccioli gioca abitualmente, trova sempre del tempo da dedicare a loro. Non sono pochi i popoli che consideravano il lupo un emblema di lealtà. Per gli antichi Celti, il lupo concentrava in sè gli influssi caratteristici della Luna: lo spiccato intuito, l’ abilità nel captare realtà celate e di fiutare il pericolo gli derivavano direttamente dall’ astro d’argento. Una leggenda, pensate, racconta che il lupo una volta fagocitò il Sole per fare il pieno di potere lunare! Esaltandone i lati migliori, possiamo imparare molto da questo quadrupede. Qualche esempio? Uno spirito di coesione orientato alla positività, il valore della correttezza e di un attaccamento basato sull’ affetto e sull’ accettazione delle proprie fragilità. E’ comprensibile che il plenilunio di Gennaio fosse associato all’ inquietudine, presso la popolazione delle campagne: molti anni orsono, quando la sera ci si ritrovava davanti al focolare, l’ululato dei lupi suscitava spavento ed era foriero di pericolo per il bestiame. Il fascino che emana la “Luna del Lupo”, con tutte le sue credenze e le sue leggende, rimane però potente e irresistibile. Gli altri nomi con cui viene appellato questo suggestivo evento sono “Luna del Grande Inverno”, “Luna dei ghiacci” e “Vecchia Luna”.

 

 

 

Mandarini a colazione

 

La colazione di oggi è golosa e salutare al tempo stesso: c’è di che festeggiare! Una buona fetta di torta e mandarini a volontà, per godere delle proprietà benefiche del frutto più sfizioso dell’ Inverno. Il mandarino, infatti, è un concentrato di vitamina C ma non solo. Contiene vitamina A, vitamina P, vitamine del gruppo B e si rivela il migliore antidoto contro i malanni da raffreddamento: la vitamina C rafforza il sistema immunitario ed incrementa la formazione del collagene. Tra le altre sostanze di cui è ricco vanno segnalati l’ acido folico e minerali quali il ferro, il magnesio, il potassio, il calcio. Nel mandarino, inoltre, abbondano le fibre, che garantiscono un buon funzionamento dell’ intestino, e il bromo, un ottimo alleato del sonno. Non vanno trascurate le doti antiossidanti del frutto: il limonane impregna la sua buccia e dalla stessa buccia viene estratto l’ olio essenziale di mandarino, un autentico toccasana. La funzione antiossidante del citrus deliciosa (questo il nome botanico dell’ agrume) si esplica anche grazie all’ azione della naringenina e dell’ esperidina, potenti antinfiammatori oltre che rimedi contro il diabete, mentre la cospicua presenza di flavonoidi protegge dalle patologie neurodegenerative e cardiovascolari. Last but not least, i polifenoli contenuti nel mandarino possiedono una notevole efficacia nel modulare il metabolismo lipidico incentivando, di conseguenza, lo smaltimento del grasso superfluo. Diamo quindi inizio con allegria, ed addentando un mandarino succoso, a questa nuova giornata.

 

 

Colazione d’ Inverno

 

La colazione di oggi è pensata ad hoc per le giornate nevose e gelide di questa settimana: un buon caffè da mescolare al latte, savoiardi spalmati di deliziosa crema al cioccolato e arricchiti da una spolverata di mandorle. Uno sfizio da concedersi (senza sensi di colpa) quando le temperature calano vertiginosamente e vanno affrontate con energia in dosi massicce. Non è da trascurare, inoltre, che il cioccolato rafforza il sistema immunitario e per l’umore rappresenta un autentico toccasana. Diamo il via alla giornata all’ insegna della dolcezza, consapevoli che il color perla del cielo emana un fascino del tutto speciale e che il freddo intenso dell’ Inverno è un’ occasione in più per regalarci delle romantiche serate davanti al focolare.

 

 

 

Un “Happy New Year” d’antan

 

” Il nuovo è molto antico, si può anzi dire che è sempre ciò che c’è di più antico.”
(Eugène Delacroix)

Chi segue VALIUM conosce bene la mia passione per le vintage cards. L’ arrivo del 2021, di conseguenza, non poteva che essere salutato da una gallery di preziose chicche d’antan: biglietti d’auguri raffiguranti antichi miti del periodo natalizio. Il nuovo anno viene sempre rappresentato come un bambino, un putto, un angioletto, l’ anno vecchio è un uomo vetusto dalla barba lunga. L’ infanzia fa da supremo leitmotiv, nelle card che celebrano il 1 Gennaio; rievoca l’ eterno ciclo di morte e nascita, paragonando lo scorrere dei dodici mesi alle fasi dell’ esistenza umana. Poi ci sono enormi orologi che segnano la mezzanotte, signore della Belle Epoque intente in un brindisi con dei cavalieri in frac, prototipi di automobile dove l’arrivo dell’ anno nuovo (una fanciulletta con tanto di corona sul capo) è salutato da un angioletto che dà fiato alle trombe, pattinatrici su ghiaccio accudite da paradisiache creature alate…Oggi, voglio augurarvi ancora un felice 2021 tramite una serie di piccoli capolavori artistici che risalgono al XIX secolo: i soggetti, con la loro naïveté, sono ricchi di pathos e risvegliano le emozioni, stendendo un velo di fatato stupore sulle ricorrenze a cui rimandano. E’ anche così, d’altronde, che si accresce l’ incanto delle feste più attese dell’anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto (dall’alto): n. 1 e 5 via The Texas Collection, Baylor University, from Flickr, CC BY-NC 2.0

Le rimanenti, via Wikimedia Commons

 

 

Il Solstizio d’Inverno e lo spettacolo cosmico di Giove e Saturno

 

Domani, il Solstizio d’Inverno ci regalerà una sorpresa a dir poco cosmica, e in senso letterale: l’arrivo di una splendente stella di Natale. Dopo circa 400 anni, infatti, e 800 da quando l’evento fu osservabile a occhio nudo, Saturno e Giove si troveranno in congiunzione. I due pianeti più maestosi del sistema solare si avvicinano ogni giorno che passa e il 21 Dicembre saranno talmente contigui da sembrare un unico pianeta, un pianeta che emanerà una luce straordinariamente intensa. In realtà, il loro allineamento viene percepito come un tutt’uno solo dai nostri occhi: l’ abbagliante Giove e Saturno, con il suo affascinante sistema di anelli, disteranno ben 733 milioni di chilometri. Ma mai, se non nel 1623 per l’ultima volta, sono stati tanto vicini. Tutto merito di Giove, che si muove a passo decisamente più spedito rispetto a Saturno, e il 21 Dicembre giungerà al suo fianco prima di sorpassarlo e proseguire il suo percorso. Tra i due “giganti gassosi” si verificherà una congiunzione strettissima, che li vedrà separati solamente di un decimo di grado (vale a dire a una distanza che equivale a un quinto del diametro lunare).

 

 

L’ evento, raro e assolutamente imperdibile, è previsto per le 17.45; vi consiglio di tenervi liberi, perchè questo spettacolo planetario non è destinato a ripetersi fino al 2080! La sua particolarità lo rende sbalorditivo anche visivamente. Dall’ allineamento di Giove e Saturno scaturirà una luminosità tale da essere già paragonata a quella della stella di Betlemme: nel 1614 Keplero, il noto astronomo tedesco, ipotizzò che la cometa che guidò i Re Magi fosse il frutto di una congiunzione tra Giove, Saturno e Venere, mentre altri studiosi parlano di una congiunzione tra Giove, Saturno e Marte che ebbe luogo nel 7 a.C. Domani in congiunzione si troveranno solo Giove e Saturno, ma il loro connubio si preannuncia talmente sfolgorante da non aver bisogno di alleati.

 

 

Gli odori del Natale

 

” Basta che un rumore, un odore, già udito o respirato un’altra volta, siano di nuovo reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente e ordinariamente nascosta delle cose venga liberata, e perché il nostro vero “IO”, che talvolta sembrava morto, ma che non lo era interamente, si desti, si animi, ricevendo il celeste nutrimento che gli viene offerto. “

(Marcel Proust)

Già oltre un secolo orsono, Proust parlava di potenza evocativa degli odori. Senza entrare in dettagli scientifici, conosciamo ormai bene la valenza che ricoprono i cinque sensi nel far riaffiorare ricordi e sensazioni: l’olfatto gioca un ruolo chiave. Alcuni studi hanno dimostrato che profumi e odori stimolano il riemergere delle memorie che custodiamo da maggior tempo “coordinandole”, inoltre, con ulteriori memorie associate ai sensi. Prendete ad esempio il Natale. E’ un periodo magico che ognuno di noi collega a svariati odori, indimenticabili proprio perchè legati a giorni (e notti) tanto speciali. Vagando per i mercatini natalizi, il profumo “ricco” e corposo del croccante, dello zucchero filato elargito in soffici nuvole agli avventori costituiscono – o meglio costituivano, prima dell’era del Covid – degli indelebili imprinting olfattivi. E come non pensare al Natale della nostra infanzia? Quando gli abeti non erano ancora stati soppiantati dagli alberi sintetici, i loro aghi emanavano un profumo di bosco inconfondibile. Immaginate poi il fuoco che ardeva nel camino: quelle fiamme e le scintille che sprigionavano rappresentavano uno spettacolo per gli occhi, mentre danzavano nel vano del focolare. L’ odore della legna che brucia è quasi indissolubilmente connesso alle festività natalizie, quando aspettavamo con ansia l’arrivo di Babbo Natale e giocavamo a tombola con i genitori e i parenti riunitisi per l’ occasione. Altri profumi memorabili provengono dalla cucina. Alcuni esempi? L’ aroma avvolgente, dolciastro e intenso della cannella, quello aspro delle arance e dei mandarini di stagione o, ancora, quello invitante dello zucchero a velo, delle uvette dei panettoni. Il Natale, insomma, rimanda ad un archivio olfattivo ricco di sentori. Grazie ad essi riviviamo gli attimi più belli, spensierati e felici di feste che, da bambini, attendevamo per un anno intero (con la vana speranza di cogliere in flagrante Babbo Natale o la Befana mentre si introducevano nei nostri camini). I profumi più evocativi delle mie festività rimangono quello dell’ abete – che i miei acquistavano ogni anno al Vivaio Forestale e sceglievano di un’ altezza che sfiorava quasi il soffitto – e quello del focolare acceso: entrambi, emblemi di momenti vissuti all’ insegna di un calore familiare straordinario e irripetibile. Quali sono, invece, i vostri odori del Natale?

 

 

 

Yule, i mercatini e le boules à neige

 

Le luminarie natalizie si sono accese in ogni città, ma è a dir poco malinconico il vuoto lasciato dall’assenza dei mercatini. Le caratteristiche casette-baita che ravvivano i centri storici, quest’anno, mancano all’ appello a causa del Covid e del rischio assembramenti: sentiamo già la nostalgia dei loro profumi, della loro poesia. E anche dei torroni, del croccante, delle paste della Befana disposte in bella vista, del vin brulè fumante che ci fermavamo a bere dopo un bel giro di shopping. Questo post vuol essere quindi un omaggio a tutti i “Villaggi di Babbo Natale” che, per le prossime feste, rimarranno solo nei nostri ricordi. Ho pensato a un tributo particolare, che vede protagonista un tipico oggetto della parafernalia natalizia: la boule à neige. Avete presente? Quella magica palla di vetro che si riempie di neve quando viene agitata con la mano. Nei mercatini di fine anno è immancabile, gettonatissima, un vero e proprio pezzo cult della mercanzia. Ed è tutt’ altro che kitsch: la tempesta di fiocchi che si scatena al di là del suo vetro affascina bambini e adulti. C’è chi le colleziona, altri le acquistano come souvenir, ma le più belle sono senz’altro le boules associate al Natale. L’ incanto invernale, in questo caso, raggiunge vette di pura meraviglia. I soggetti sono quelli strettamente legati a Yule: Babbi Natale, pupazzi di neve, paesaggi imbiancati, agrifogli e candele predominano, dando vita ad una pittoresca rassegna iconografica del Christmas time.

 

 

La boule à neige, lo sapevate?, è un oggetto ben più antico di quanto si pensi. Le sue origini risalgono nientemeno che ai tempi della Belle Epoque. All’ Esposizione Universale di Parigi del 1889, infatti, per celebrare l’ inaugurazione della Tour Eiffel vennero lanciate delle straordinarie boules che riproducevano l’iconica torre al loro interno. Ma pare che già all’ Expo parigina del 1878 spopolassero le poetiche palle di vetro create dai maestri vetrai. Una leggenda vuole, invece, che la prima boule à neige fosse opera di un artigiano francese del vetro: innamorato di una giovane lituana, inventò la sfera piena di neve affinchè la donna non sentisse troppa nostalgia del suo paese. Ricerche recenti hanno attribuito a Pierre Boirre, direttore di un’ antica vetreria di Les Lilas, l’ invenzione dell’ oggetto. Non esistono però testimonianze visive dei prodotti, per cui si preferisce far riferimento al lancio ufficiale dei “globes panoramiques” nel 1889. L’ era contemporanea ha sancito definitivamente la preziosità della boule à neige: le griffe della moda e del lusso hanno attinto al suo fascino a piene mani, realizzandone raffinatissimi esemplari. Tra i marchi coinvolti risaltano nomi del calibro di Givenchy, Chanel, Louis Vuitton, Sonia Rykiel e molti altri ancora. Le boules à neige che vi propongo oggi, invece, sono squisitamente figurative: illustrazioni di palle di vetro arricchite dai più suggestivi motivi che rimandano a Yule. Lo sfondo blu acquerello, i fiocchi di neve di cui è cosparso, inseriscono l’ oggetto in una cornice onirica e fiabesca. Ogni boule esprime appieno la sua peculiare magia, sia che sfoggi emblemi del periodo natalizio o scene prettamente invernali: qual è la vostra preferita?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sweet December

 

Panettone, biscotti al pan di zenzero, casette di marzapane, cioccolato in tutte le declinazioni possibili, dolcetti ricoperti di glassa, pandoro, tronchetto di Natale, Christmas pudding, cupcakes e macarons in versione “winter wonderland”, bastoncini di zucchero…Il mese di Dicembre è un vero e proprio Eden, per gli amanti dei dolci. Diamo quindi un benvenuto speciale, e in chiave molto ghiotta, ai 31 giorni dell’ anno che deliziano il palato con i più prelibati dessert.

 

 

 

 

Colazione di fine Novembre

 

Spremute di agrumi per fare il pieno di vitamina C (e rafforzare le difese immunitarie, un must in tempi di Coronavirus), crostatine alla crema e un’ invitante bottiglia di bollicine con cui passare la serata: è una colazione eterogenea, quella che contraddistingue queste ultime giornate di Novembre. Ancor più perchè viene consumata tra le pigne argentate, le sfere in total gold e i fiocchi di neve, simili a merletti, che andranno ad adornare l’ albero di Natale. Ma il mix ornamental-culinario di cui sopra è tutto fuorchè scoordinato: rappresenta i variegati tasselli del puzzle che compone lo scenario pre-natalizio, mai privo di un magnetico appeal.