Il luogo: volare a Keukenhof, nei Paesi Bassi, per il Festival dei Tulipani

 

In ogni piana ove è un giardino di tulipani,
quei tulipani sbocciano dal sangue di un re
(Omar Khayyam)

 

Dove ammirare appieno le rigogliose fioriture della Primavera? Nei Paesi Bassi, per esempio. Fino all’11 Maggio, nel meraviglioso parco botanico di Keukenhof, potrete assistere all’edizione 2025 del Festival dei Tulipani: il Parco si trova nei paraggi di Lisse, una cittadina a sud di Amsterdam dalla quale dista 35 chilometri. Keukenhof, il più grande giardino di fiori a bulbo a livello mondiale, è una meta molto nota agli appassionati di botanica, ma anche ai semplici turisti. Sulla sua superficie di ben 32 ettari, sette milioni di bulbi fanno bella mostra di sè; tra questi, quattro milioni e mezzo sono tulipani, i fiori della cultura nederlandese. I loro colori sono straordinari: il rosso, il viola, il giallo, il rosa, il lilla, il fucsia, il bianco e l’arancio si alternano e mescolano tra loro formando un’incredibile tavolozza cromatica. Accanto ai tulipani spiccano i muscari, i narcisi, i giacinti. I 2500 alberi presenti nel Parco si suddividono in 87 differenti specie, mentre i tulipani esibiscono nientemeno che 100 varietà. Il Parco di Keukenhof, oltre a evidenziare una spettacolare scenografia dove ogni fiore è stato posizionato cura, viene arricchito da elementi caratteristici come un mulino a vento, un lago e svariati canali e fontane zampillanti. E poi, naturalmente, ci sono i padiglioni didattici: il Willem-Alexander è dedicato ai tulipani, gli altri a determinate specie floreali; nel Padiglione Beatrix, per esempio, è presente un’estesa e magnifica collezione di orchidee. In ordine sparso, inoltre, nel Parco sono collocate molteplici sculture e installazioni.

 

 

La nascita del Parco di Keukenhof

Era il 1949 quando il sindaco di Lisse, insieme a un gruppo di perspicaci agricoltori, pensò di organizzare una mostra completamente incentrata sui fiori. Venne allestita “open air”, e riscosse un successo tale da essere ripetuta ogni anno. Le origini del Parco affondano nel 1400, quando era di proprietà della contessa Jacoba Van Beierené. Al suo interno sorgeva il castello di Teylingen, appartenente alla contessa, e la natura era selvaggia e incontaminata. Il territorio veniva sfruttato essenzialmente per soddisfare i bisogni culinari degli abitanti del castello: la riserva di caccia e la grande quantità di erbe aromatiche rifornivano le sue ampie cucine; da qui il nome del Parco, Keukenhof, che in nederlandese ha il significato di “corte della cucina”. L’aspetto del Parco prese le sembianze di quello odierno solo nel 1800, secolo in cui una coppia di facoltosi commercianti di sangue blu, il barone e la baronessa Van Pallandt, tramutarono la tenuta in un maestoso giardino in stile inglese grazie all’opera degli architetti Jan David e Louis Paul Zocher, che “firmarono” anche il verdeggiante Vondelpark di Amsterdam.

 

 

Arriviamo dunque al 1949, anno in cui il sindaco di Lisse e gli agricoltori organizzarono proprio a Keukenhof la grande esposizione di specie floreali tipiche dei Paesi Bassi. L’anno dopo, quando la kermesse fu aperta al pubblico, attirò oltre 200.000 visitatori. Da allora, il cosiddetto Festival dei Tulipani è un appuntamento fisso per migliaia di avventori provenienti da tutto il mondo.

 

 

Il Festival dei Tulipani

Se pensiamo ai tulipani, ci vengono immediatamente in mente i Paesi Bassi. Lì l’arrivo della Primavera coincide con la fioritura del fiore-simbolo del paese: il Parco di Keukenhof è, senza alcun dubbio, il luogo in cui ammirare i tulipani al meglio. Le coloratissime distese di fiori del Parco, le sue fontane, il suggestivo mulino a vento lo rendono una delle più celebri attrazioni nederlandesi. Quest’anno il Festival è iniziato il 20 Marzo e, come vi ho già detto, proseguirà fino all’11 Maggio. La kermesse prevede una serie di eventi collaterali, tra cui una partecipatissima sfilata floreale. In questo periodo, visitare Keukenhof, Amsterdam e gli sconfinati campi di tulipani significa godere a 360 gradi delle meraviglie della Primavera: non dimentichiamo, infatti, che anche Amsterdam “fiorisce” grazie al bulbo nazionale, e i tulipani impreziosiscono molti angoli di strada oltre che le rive dei suoi canali.

 

 

Se state programmando un viaggio per le vacanze pasquali, non potreste pensare a una soluzione migliore: chi ci è già stato, consiglia di visitare Keukenhof dalla seconda metà di Aprile in poi, perchè è il periodo in cui raggiunge il massimo dello splendore. L’importante, dati i molti turisti che decidono di ammirare il Parco, è procurarsi i biglietti con un certo anticipo; per il resto, se vi trovate ad Amsterdam, raggiungerlo è facilissimo: basta salire su un autobus che collega la capitale dei Paesi Bassi a Keukenhof in 25 minuti. Il Parco è aperto ogni giorno dalle 8.00 alle 19.30, con orario continuato. E considerando che dal 30 Marzo tornerà l’ora legale, avremo anche l’opportunità di contemplare il sontuoso giardino floreale dei Paesi Bassi sempre alla luce del giorno.

 

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Scenari lapponi

 

“Vieni con me?
Ho una mappa che porta in Lapponia, una bussola che indica tutte le meraviglie e una slitta pronta a partire in direzione dell’incanto.”
(Fabrizio Caramagna)

Questa photostory ci riporta in Lapponia, dandoci l’opportunità di esplorare, ma soprattutto di ammirare, le sue lande più incontaminate: boschi innevati a perdita d’occhio, panorami mozzafiato, i colori del crepuscolo polare e il mare che si scorge in lontananza. L’Inverno è una delle stagioni ideali per visitare quegli straordinari luoghi, per incantarsi davanti all’aurora boreale. Iniziamo l’avvincente viaggio nella terra dei Sami seguendo, passo passo, questo racconto per immagini. Gli onirici scenari lapponi ritratti nelle foto sono stati catturati dall’obiettivo della fotografa finlandese Henniina Salomäki.

 

Foto via Unsplash

 

La Lapponia e il fenomeno del Crepuscolo Polare

 

Quante sono le ore di buio, in Lapponia, durante l’Inverno? Chiunque stia progettando un viaggio nel Grande Nord, sicuramente se lo sarà chiesto. Alcuni temono che l’oscurità sia presente 24 ore su 24. Il fenomeno della Notte Polare, però, riguarda  solo le zone situate al di sopra del Circolo Polare Artico e al di sotto del Circolo Polare Antartico. Al Polo Nord e nelle isole Svalbard, ad esempio, per tre mesi all’anno le tenebre non hanno mai fine. Per quanto riguarda la Lapponia, che delle lande artiche rappresenta l’area più meridionale, il Sole si mantiene ininterrottamente sotto l’orizzonte con un’angolazione compresa tra 0 gradi e -6 gradi: in questo caso si parla di Crepuscolo Polare, un fenomeno in base al quale l’astro infuocato, pur non essendo visibile, diffonde una luce simile a quella di un crepuscolo che dura una manciata di ore. Il cielo esplora sfumature variabili, spaziando dalle tonalità dell’alba e del tramonto per poi sprofondare nell’azzurro della cosiddetta “ora blu”; in quegli istanti, il paesaggio è avvolto in una luce sospesa. Non è giorno, ma non è neanche notte: ci troviamo di fronte, appunto, a un lungo crepuscolo. La meraviglia è totale.

 

 

La luce irradiata dal Sole negli strati più alti dell’atmosfera, esaltata dal chiarore della Luna e delle stelle,  fa sì che il buio, in Lapponia, non sia mai assoluto. Due ulteriori elementi contribuiscono ad accentuare questa luminosità soffusa: le spettacolari luci dell’aurora boreale e la neve. Già, proprio la neve, che grazie al suo candore riflette e amplifica l’azzurro crepuscolare. Si può ribadire, quindi, che la Notte Polare (che i finlandesi chiamano “Kaamos”) non avvolge mai le terre lapponi nella completa oscurità. Da Novembre a metà Gennaio, certo, le ore di luce sono poche, e diminuiscono andando verso Nord. Il fenomeno è graduale: intorno alla metà di Novembre il Sole è ancora visibile quotidianamente, ma per circa tre ore. Dal 4 Dicembre al 10 Gennaio sparisce sotto l’orizzonte dando origine al Crepuscolo Polare e alle sue incantate atmosfere. Le ore di luce, come ho già accennato, possono variare a seconda della latitudine: si riducono nelle località settentrionali aumentando in quelle situate a Sud.

 

 

Prendendo a riferimento Rovaniemi, capoluogo della Lapponia e città di Babbo Natale, notiamo che le ore di luce ammontano a tre o quattro la prima metà di Gennaio e diventano cinque o sei durante la seconda metà. A Febbraio avremo dalle sei alle otto ore di luce le prime due settimane e dalle otto alle nove nella seconda parte del mese. A Marzo le ore di luce arriveranno a dieci e se ne aggiungeranno tre a fine mese. Per consultare un calendario delle ore di luce in Lapponia, vi rimando ai tanti che potete trovare in rete. Nel frattempo, pensate al Crepuscolo Polare e incominciate a sognare

 

Foto via Piqsels, Pexels e Unsplash

 

Viaggio in Lapponia

 

Re delle tende, sbanditi,
dispersi nel tempo e avvolti nel mistero,
vivono i lapponi nella luce della palude;
non coltivano terra, non innalzano dimore,
ma gregge, esodi, incantesimi e magie
verso lo sfolgorante azzurro
dell’eterna sera boreale.
(Anders Österling, da “Lapponi”*)

 

Come ha affermato lo scrittore, giornalista e documentarista Paco Nadal, “La Lapponia è il Natale”. Distese di ghiaccio sconfinate, la luce del giorno che svanisce dopo appena quattro ore, temperature che sfiorano i 25 gradi sotto zero…tutti elementi che rappresentano la norma, quando ci si trova oltre il circolo polare artico. Siamo vicini al “Tetto del Mondo”, alle porte del Polo Nord. Suddivisa tra le regioni più settentrionali di stati quali la Norvegia, la Svezia, la Finlandia e la Russia, la Lapponia è il regno della magia invernale. La neve predomina, le foreste sono sterminate, l’aria è tersa, e nel cielo divampano i colori dell’aurora boreale. C’è chi parla di “mal d’Artico”, un senso di profonda nostalgia che assale chi quelle lande le ha raggiunte e non può fare a meno di tornarci, fosse anche una sola volta all’anno. Perchè l’incanto della terra dei Sami, l’unico popolo indigeno europeo, quando ti rapisce non ti lascia più. E sei disposto a viverlo in full immersion, passo dopo passo, assaporando ogni dettaglio delle sue straordinarie meraviglie naturali. Approfondiremo prestissimo l’argomento con un post. Intanto, voglio dedicare la nuova photostory di MyVALIUM a un viaggio in solitaria intriso di fascino e infinito stupore.

 

Foto di Yaroslav Shuraev via Pexels

* contenuta inPoesia svedese”, a cura di Giacomo Oreglia, Casa Editrice Italica, Stockholm-Roma

 

Speciale “Il Luogo”: 5 città fiabesche da visitare a Natale

 

“A Natale tutte le strade conducono a casa.”

(Marjorie Holmes)

Eh, già, a Natale tutte le strade conducono a casa; il calore familiare è un elemento imprescindibile della festa più amata dell’anno. Eppure, non è raro che si desideri conoscere, esplorare altri modi di vivere la Natività, immergersi in atmosfere natalizie mai assaporate prima d’ora. Quale idea migliore, dunque, di un viaggio nei luoghi dove le festività assumono un aspetto fiabesco e sommamente magico? In diverse città europee, Natale è una ricorrenza incantata: palazzi che sembrano usciti da un racconto dei fratelli Grimm, mercatini affollatissimi, fiocchi di neve vorticosi e viuzze impregnate di storia si fondono con un caleidoscopio di luci e di colori. Vi propongo cinque capitali del Vecchio Continente dove potrete godervi appieno lo spirito del Natale: Amburgo, Praga, Salisburgo, Stoccolma e Strasburgo (in ordine rigorosamente alfabetico). Avete già fatto le valigie? Oggi le visiteremo insieme.

 

Amburgo

 

In Germania esistono delle vere e proprie “città del Natale”: Amburgo è una di queste. Basti pensare alla tradizione dei mercatini, che ha radici antichissime; il mercatino natalizio dello Striezelmarkt, a Dresda, è stato il primo al mondo ad essere definito tale. Nella cosiddetta “città sull’acqua”, il fiume Elba costituisce uno scenario di primaria importanza. Gli alberi di Natale galleggianti sono la norma, scintillanti luminarie lampeggiano sui moli  e sulle banchine del porto, l’Elbphilarmonie (Filarmonica dell’Elba), simile a una gigantesca onda in vetro, sprigiona bagliori cristallini. Anche il Rickmer Rickmers, uno splendido veliero del 1896 adibito a museo, si veste a festa, creando un suggestivo gioco di luci nel quartiere St.Pauli. In questo rione potete visitare uno degli incantevoli mercatini natalizi di Amburgo, ricco di eccellenze alimentari. La città, di mercatini, ne ospita più d’una trentina: è d’obbligo raggiungere quello di Piazza del Municipio, dai connotati di un’antica fiaba, per scoprire le meraviglie dell’artigianato locale e le prelibatezze gastronomiche stagionali. L’albero di Natale sul lago di Alster, che riflette le sue luci abbaglianti sullo specchio d’acqua, è un altro imperdibile must-see insieme al quartiere di Neuer Wall, incorniciato dai canali della zona nord di Amburgo; qui è possibile dedicarsi allo shopping di lusso tra miriadi di ghirlande, luminarie e addobbi.

 

 

Praga

 

Con le sue guglie gotiche e i suoi splendidi edifici, costruiti nei più disparati stili architettonici, Praga a Natale raggiunge il picco della suggestività. Anche perchè il freddo è intenso, e nevica spessissimo: il centro storico, di conseguenza, appare ancora più magico quando è ammantato di neve. Le viuzze acciottolate sono costeggiate di caffè e di lampioni a gas che generano un’atmosfera d’altri tempi. I mercatini rappresentano un punto di forza della Praga natalizia; quello della Città Vecchia, su cui incombe l’Orologio Astronomico Medievale, è il più celebre. Le bancarelle sono disseminate in tutta la piazza, dove regna un imponente albero di Natale, e propongono sia specialità dolciarie tradizionali (tra le altre, i biscotti e i cannoli alla cannella) che eccellenze artigianali locali come i cristalli di Boemia e le famosissime marionette ceche. Altri mercatini da non perdere sono il mercatino delle pulci del Castello di Praga, il mercatino di Piazza Venceslao e il mercato Havel, in puro stile medievale. Nel quartiere del Castello è tassativo visitare il Vicolo dell’Oro: fiabesco e ammantato di neve, era abitato dagli alchimisti della città; lo impreziosiscono antichi lampioni in ferro battuto e un tripudio di decorazioni in vischio sui portoni delle case.

 

 

Salisburgo

 

La Salisburgo natalizia, immancabilmente innevata, è uno splendore naturale e architettonico. La città di Wolfgang Amadeus Mozart concentra in sè tutto lo spirito del Natale. Si comincia a inizio Dicembre con la tradizionale parata dei Krampus, dove sfila un nutrito gruppo di demoni del folklore subalpino: abbiamo già conosciuto Krampus nelle vesti di aiutante di San Nicola; è lui lo spaventoso essere che accompagna il Santo e punisce i bambini cattivi. Il centro storico della città, ricco di palazzi storici, mercatini e antiche chiese, è meravigliosamente decorato e pullula di cantori. Risalta un albero di Natale dalle dimensioni enormi, imponente come il Duomo barocco del XVIII secolo; la spettacolare Residenzplatz, che alterna lo stile barocco a quello medievale, è stata incoronata Patrimonio Mondiale Unesco. La musica è il fiore all’occhiello di Salisburgo e dei suoi dintorni. E’ qui che, la notte di Natale del 1818, fu intonato per la prima volta il canto “Silent Night”: venne eseguito nella suggestiva Cappella di Obendorf, a pochi chilometri da Salisburgo. Visitandola durante la vigilia di Natale, vivrete la magia di una messa a lume di candela che si conclude con il famoso canto. Non mancate, poi, di visitare la casa dove nacque Mozart in Getreidegasse, e la fortezza di Hohensalzburg, un autentico simbolo della città.

 

 

Stoccolma

 

Gli addobbi ornano la città sin dal 13 Novembre: miriadi di luci a LED forgiano angeli, renne e piante tradizionali del Natale. Il nostro tour comincia dal Gamla Stan, la Città Vecchia, un intreccio di viuzze medievali che si aprono su piazzette mozzafiato. Qui si trovano i mercatini più caratteristici, pieni zeppi di delizie dolciarie e gastronomiche tradizionali, decorazioni natalizie e prodotti artigianali come giocattoli, maglioni e oggetti in vetro soffiato. Il glögg, versione scandinava del nostro vin brulé, non manca mai; una regola valida anche per i lussebullar o lussekatter, i tipici dolcetti allo zafferano di Santa Lucia. A Stoccolma, i mercatini natalizi abbondano: vale la pena di scoprirli tutti. Kungsträdgården è molto famoso per la sua pista di pattinaggio sul ghiaccio, mentre il mercatino di Skansen, situato sull’ isola di Djurgården, è quello di dimensioni maggiori nell’intera Svezia. Si trova, appunto, a Skansen, un museo a cielo aperto incentrato sulla storia e la cultura svedese dal 1700 ad oggi. Il mercatino vanta ben 150 bancarelle, o casette, dove è possibile acquistare tipicità gastronomiche e artigianato tradizionale assistendo a coinvolgenti performance folkloristiche.

 

 

Strasburgo

 

Il capoluogo dell’Alsazia, regione francese confinante con la Svizzera e la Germania, vanta tradizioni natalizie risalenti nientemeno che al 1500. Le celebrazioni iniziano già a fine Novembre e proseguono di evento in evento, con la magia che fa da filo conduttore. Le decorazioni, ricche e scintillanti, mozzano il fiato; per quanto riguarda i mercatini, Strasburgo vanta uno dei più antichi al mondo che è anche il più antico della Francia: nato nel XVI secolo, è stato battezzato Christkindelsmärik e si tiene in Place Broglie. Qui potete trovare una vasta gamma di articoli che spazia dall’artigianato tipico alle prelibatezze alimentari; il Christkindelsmärik è anche il mercatino ideale per la scelta dei regali natalizi. L’evento di punta della Natività strasburghese si identifica senz’altro con l’accensione dell’albero di Natale installato in Place Kléber: con i suoi trenta metri, è uno degli alberi di Natale più alti del pianeta. L’albero proviene dai boschi dell’Alsazia e viene addobbato sontuosamente. Secondo una tradizione pluriennale, i benestanti strasburghesi solevano depositare doni per i più poveri ai piedi dell’albero. Attualmente, invece, Place Kléber pullula di bancarelle associate a svariati enti di beneficenza. L’arte gotica che predomina nella piazza, tra lo splendore delle luminarie e degli addobbi, contribuisce a donare al mercatino un’atmosfera di fiaba. A Strasburgo, inoltre, è d’obbligo visitare il quartiere Patrimonio Unesco della Petite France, con il tripudio di case a graticcio e di canali della Grande Île, ma se viaggiate nei dintorni non mancate di raggiungere Colmar, una magica città medievale contraddistinta, anch’essa, dalle tipiche costruzioni a graticcio dell’Alsazia.

 

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Il luogo: Gotland, il fascino nordico dell’isola vichinga delle rose

 

Abbiamo già esplorato le isole del Mediterraneo (rileggi qui l’articolo), adesso è tempo di ritornare nel Grande Nord. Precisamente a Gotland, un’isola situata nel mar Baltico, al largo delle coste svedesi sud-orientali: appartenente alla Svezia, dista quaranta minuti di aereo da Stoccolma ed è ricca di storia, cultura, bellezze architettoniche e naturali. Le sue origini antichissime (risalgono al 5000 a.C.) sono circondate da affascinanti leggende; una di queste descrive Gotland come una terra che, generata dal mar Baltico, torna negli abissi ogni sera al tramonto. L’alone mitico che la ammanta si intreccia a doppio filo con la storia dell’isola, che vede protagoniste svariate popolazioni vichinghe: Gotland fu abitata dai Gotlandi, dai Geati e dai Goti, che poi si spinsero a Sud abbandonando la Scandinavia. L’isola ebbe un ruolo molto importante nel commercio tra il Nord Europa e l’Oriente. La sua posizione strategica sul mar Baltico, infatti, la fece entrare di diritto nella Lega Anseatica, che dal 1358 al 1862 detenne il predominio commerciale nell’ Europa Settentrionale e nel mare collocato tra la penisola scandinava e il continente. Non è un caso che il Medioevo, epoca in cui si costituì la storica alleanza, sia uno dei periodi che ha lasciato maggiori tracce architettoniche sull’isola: ne è un esempio Visby, la capitale di Gotland, circondata da imponenti mura fortificate e decretata Patrimonio dell’Umanità Unesco. Ma lasciando da parte il passato, che cosa rappresenta Gotland oggi? Alcuni la chiamano la “Capri del Nord”: le sue spiagge, le scogliere rocciose della sua costa, gli splendidi paesaggi e gli edifici di design, un connubio di stile tipicamente hygge e pura raffinatezza, la rendono oltremodo speciale. Ma Gotland non è solo questo. E’un’isola verdeggiante, ricca di reperti archeologici, e, su tutto, la patria di un’ottima cucina. Viene considerata, non senza una ragione, la capitale culinaria della Svezia.

 

 

Un altro dei suoi punti di forza è il clima mite. Qui, le rose fioriscono anche in Inverno: un particolare che è valso a Gotland l’appellativo di “isola delle rose”. La secolare isola vichinga appartiene a un arcipelago che comprende isolette come Fårö (dove il regista Ingmar Bergman visse e ambientò molti suoi capolavori),  Karlsö e Gotska Sandön. Vantando una superficie di 2994 km quadri, Gotland è la più grande isola svedese situata nel mar Baltico e la seconda isola, in quanto a estensione, dopo la danese Selandia. Abitata da circa 60.000 persone in tutto, l'”isola delle rose” è rimasta splendidamente selvaggia: alberi in via di estinzione come gli abeti rossi e l’antichissima specie equina dei Pony Gotland, che risale all’Età della Pietra, sopravvivono ancora nelle sue lande incontaminate.

 

 

Dal momento che ha radici così remote nel tempo, ospita numerosi resti archeologici che spaziano dal Paleolitico all’Età del Bronzo, dall’Era dei Vichinghi al Medioevo. Cosa visitare, dunque, in questa suggestiva località del mar Baltico? Non si può che iniziare con il capoluogo, Visby, raggiungibile dalla Svezia (partendo da Oskarshamn) in circa tre ore di traghetto. Visby è una città medievale fortificata che, come vi ho già detto, venne inclusa nella Lega Anseatica: la sua appartenenza a quell’importante alleanza commerciale è compresa tra il XII e il XIV secolo. Nel 1995, omaggiando la sua pittoresca bellezza, l’Unesco ha dichiarato Visby Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il centro storico è percorso da un intrico di viuzze fiancheggiate da case in colori pastello e dai tetti a punta; risaltano le guglie della cattedrale, le chiese e gli edifici sorti all’epoca dei Vichinghi, le torri che intramezzano le mura. Potete visitare la città in tutta calma, a piedi, o decidere – in puro stile nordico – di effettuare i vostri spostamenti in bicicletta.

 

 

Un giro turistico non può prescindere dalle mura della città. Innalzate tra il XIII e il XIV secolo, sono lunghe 3,44 km e completamente edificate in pietra calcarea. Le intervallano trenta torri che oltrepassano i venti metri di altezza; torri ammantate, peraltro, di una potente aura di leggenda: in una di esse, la Torre della Fanciulla, si narra che fu murata viva la figlia di un orefice innamoratasi del re danese Valdemar Atterdag; ciò fu considerato un tradimento nei confronti della città; nella feritoia di un’altra torre, la Sankt Goransporten, è rimasta incastrata una pietra risalente alla guerra civile duecentesca. Dopo la costruzione delle mura, Vilby fu suddivisa in due aree ben distinte. All’interno delle fortificazioni si trovavano gli artigiani e i mercanti, che potevano commerciare con l’estero, all’esterno i pescatori e gli agricoltori, abilitati solamente al commercio interno. Alcuni spazi delle mura, oggi, sono stati adibiti a punti panoramici da cui ammirare lo splendore di Vilby e dei suoi dintorni.

 

 

Il Gotlands Museum è un altro must see: una vera meraviglia per tutti gli appassionati della civiltà vichinga. La fondazione della struttura risale al 1875. Al suo interno, il Museo ospita permanentemente reperti archeologici compresi in un arco di tempo che va dall’Età della Pietra all’Era dei Vichinghi. Accanto ad essi spiccano fossili rinvenuti nel mar Baltico, pietre runiche, e nella sezione dedicata ai secoli più recenti la ricostruzione di una fattoria settecentesca fa bella mostra di sè. Nel Museo viene anche custodito il tesoro vichingo più vasto del mondo: una ricchissima collezione di manufatti e monete in argento e bronzo.

 

 

La Cattedrale è famosa per le sue guglie, un dettaglio inconfondibile e iconico che simboleggia la città di Visby. Destinata ai mercanti tedeschi della Lega Anseatica, la chiesa fu inaugurata nel 1190. Nel 1125 venne dedicata a due tipologie di fedeli, gli abitanti di Gotland e i forestieri; a officiare la messa erano ministri di culto differenti. Nel 1500 le fu conferito lo status di Cattedrale. Questa maestosa chiesa medievale, che nel tempo ha conosciuto molte modifiche, viene tuttora utilizzata. Gli stili predominanti nella sua architettura sono il romanico e il gotico. A Visby esiste circa una decina di ulteriori chiese medievali, ma di esse rimangono solo le rovine. Le più rappresentative sono quelle delle chiese di San Nicola, San Clemente e Santa Caterina.

 

 

Nel Botaniska Tradgarden, il giardino botanico, è possibile effettuare una full immersion nella natura. Sorto nel 1855, si trova nei paraggi del mare; lo contraddistingue un vero e proprio tripudio di verde, piante e fiori esotici, prati tenuti in modo impeccabile. All’interno del giardino sono situate le suggestive rovine della chiesa di Sankt Olof.

 

 

Se siete appassionati del senso del mistero e della cultura ancestrale di quest’isola svedese, non mancate di visitare i suoi labirinti. Si trovano nei pressi della città di Vilby, e nella riserva naturale di Galberget è collocato il più celebre. I labirinti, denominati Trojaborg, sono stati costruiti in tempi remotissimi formando linee quasi circoncentriche con una serie di massi e pietre posati sulla terra. Ma a cosa servivano questi labirinti di sassi? Lo scopo era quello di farvi rimanere intrappolate la sfortuna e le entità malvagie. La maggior parte dei Trojaborg risale al Medioevo, e un buon numero di essi venne realizzato in prossimità delle aree costiere: i pescatori avevano l’abitudine di entrare in un labirinto poco prima di salpare, per propiziarsi una pesca fruttuosa e le migliori condizioni di navigazione; appena finivano di percorrerlo, correvano in tutta fretta sulla loro barca affinchè i troll, le entità malvagie e la malasorte rimanessero imprigionati nel labirinto. Il Trojaborg della riserva naturale di Galberget è stato scoperto nel 1740 e si pensa che sia stato realizzato nel Tardo Medioevo.

 

 

Accanto ai labirinti, a Gotland troviamo anche le navi di pietra, monumenti funerari tipicamente scandinavi dell’Età del Bronzo. All’interno di questi spazi composti da pietre conficcate nel terreno che riproducono la forma di una nave, si seppellivano i notabili della comunità. La forma del monumento serviva a garantire una buona traversata verso l’altra dimensione. Sull’isola, potrete ammirare le navi di pietra nei dintorni di Gnisvärd: una quarantina di case, tradizionali e coloratissime, abitate dai pescatori. Gnisvärd, villaggio estremamente suggestivo, è diventato celebre anche per la prosperosa pesca di aringhe.

 

 

Spostandoci verso la costa, incontriamo un altro tipo di roccia: i raukar, formazioni calcaree dalle forme alquanto bizzarre. Sull’isola di Fårö, di cui vi ho già accennato, si trovano le più spettacolari. Somigliano a colossi di pietra, e la leggenda vuole che il loro sguardo sia costantemente rivolto a Thor, figlio di Odino, divinità norrena del tuono e del fulmine. Fårö conta solo cinquecento abitanti, ma possiede un fascino unico: è selvaggia, incontaminata, vanta un mare cristallino, spiagge con dune di sabbia e un’esplosione di verde rigoglioso. Qui vivono le tipiche pecore di Gotland, che sfoggiano un riccioluto pelo grigio, e i rami degli alberi sembrano torcersi con il vento. Non è un caso che questa sorprendente isoletta sia stata scelta da Ingmar Bergman come location di molti suoi film: ricordiamo ad esempio “Persona” (1966), “L’ora del lupo” (1968) e il famosissimo “Scene da un matrimonio” (1973). Innamorato di Fårö, Bergman decise di viverci fino alla sua morte. Sull’ isola, in suo onore, è sorto il Bergman Center. La struttura include un cinema, una biblioteca interamente incentrata su Ingmar Bergman, e al regista svedese vengono dedicate mostre che celebrano il suo rapporto con Fårö. Esiste anche la possibilità di svolgere dei workshop creativi.

 

 

Tornando a Gotland, vale la pena di fare una visita a Villa Villacolle: è la casa dove venne ambientato il celebre telefilm “Pippi Calzelunghe”, ispirato al personaggio creato negli anni ’40 dalla scrittrice svedese Astrid Lindgren. Villa Villacolle si trova a una manciata di chilometri da Visby, precisamente all’interno del Kneippbyn Resort, un parco dei divertimenti per bambini che comprende un campeggio, un parco acquatico, piscine, scivoli d’acqua e giochi vari. C’è anche la possibilità di praticare windsurf, dato che il mare è a pochi passi dal Resort. Pippi Calzelunghe, in questo luogo, viene omaggiata con numerose e costanti pièce teatrali.

 

 

Veniamo ora a una delle eccellenze di Gotland: la buona cucina. Gotland straripa di ristoranti e bistrot, e nel 2013 è stata addirittura nominata Capitale Culinaria della Svezia. Il clima temperato dell’isola, infatti, rende il suolo particolarmente fertile. Proliferano la verdura, la frutta, le mele in particolare: il maggior produttore di sidro di tutta la Svezia, Halfvede Musteri, non a caso si trova proprio a Gotland. Ma soprattutto, Gotland è un autentico paradiso dei tartufi. Tutti gli anni ne vengono raccolti tra i sette e gli otto quintali, e pare che a Stoccolma siano richiestissimi. Sull’isola sono presenti anche diversi vigneti, e si produce il vino più a nord del mondo. Ma anche la birra non scherza: Gotland vanta la maggior densità di birrifici per abitanti di tutta l’Europa. E siccome in Svezia le bevande contenenti alcol in una percentuale maggiore al 3,5% sono proibite, un birrificio ha lanciato la Sleepy Bulldog, birra analcolica dal gusto squisito. Se adorate i dolci non perdetevi la saffranspannkaka, una torta-pancake allo zafferano tipica dell’isola: viene servita con panna montata e marmellata di more, ed è a dir poco irresistibile.

 

Foto via Unsplash

Foto del Trojaborg di Arkland, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Foto della nave di pietra di Jürgen Howaldt, CC BY-SA 2.0 DE <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/de/deed.en>, da Wikimedia Commons

Foto della Saffranspannkaka di Toyah, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

 

Il luogo: il Mediterraneo e le sue isole

 

Gli antichi romani lo avevano battezzato Mare Nostrum, e ciò la dice lunga sulle civilità millenarie che hanno vissuto sulle sue sponde e sulle sue isole. Il mar Mediterraneo, infatti, lambisce le coste dell’ Europa, dell’Africa del Nord e dell’Asia Occidentale: non è un caso che il suo nome provenga dal latino Mediterraneus, ossia “in mezzo alle terre”. Vanta litorali che si snodano per una lunghezza pari a 46.000 km e una profondità media di 1500 m, mentre la sua superficie misura 2.500.000 km quadrati. Ma oggi siamo qui non tanto per parlare del Mediterraneo, bensì delle sue isole. Perchè sono circa 200 e di rara meraviglia, eterogenee eppure accomunate da paesaggi incredibili e dalle tracce delle antiche culture con cui sono venute a contatto. Le principali caratteristiche delle isole del Mediterraneo sono la natura lussureggiante e il mare di un turchese sbalorditivo, che unitamente alle numerose baie, all’estrema verietà delle coste e ai suggestivi villaggi dei pescatori danno vita a scenari dall’immenso fascino.

 

 

Parlare di tutte le isole del Mediterraneo sarebbe impossibile. Una selezione si rende obbligatoria, ma intanto vediamo quali sono quelle che vantano la maggiore superficie: la Sicilia (25.426 km quadrati) è al primo posto, seguita dalla Sardegna (24.100, 02 km quadrati), da Cipro (9251 km quadrati), dalla Corsica (8681 km quadrati) e da Creta (8336 km quadrati). Per quanto riguarda alcune delle isole imperdibili del Mediterraneo, invece, il nostro itinerario partirà da occidente e si concluderà ad oriente. Iniziamo con l’arcipelago delle Baleari, comunità autonoma della Spagna che ha per capoluogo Palma di Maiorca.

Maiorca

 

L’isola più grande dell’arcipelago delle Baleari è un incantevole mix di attrattive paesaggistiche, storiche, artistiche e culturali. Spiagge da sogno, calette, scogliere rocciose, mare cristallino, immensi aranceti immersi in una natura rigogliosa e città millenarie come Palma di Maiorca sono solo alcune delle sue meraviglie. Palma coniuga sapientemente la ricchezza del suo patrimonio culturale con il divertimento. La splendida Cattedrale gotica di Santa Maria de Palma è il monumento più iconico della città e si trova proprio accanto al Palazzo dell’Almudaina, un’ ex fortezza araba dove i reali di Spagna trascorrono le vacanze estive.

Ibiza

 

Considerata l’isola della nightlife per eccellenza, Ibiza è in realtà molto di più. Vanta un panorama naturale straordinario, una serie di grotte da mozzare il fiato, pinete che incorniciano splendide insenature e una campagna costellata di candidi casali rustici. Per saperne di più sulla “Isla Blanca”, rileggetevi qui l’articolo che le ho dedicato un anno fa. Vorrei invece approfondire l’aspetto bohémien che ha sempre aleggiato sull’isola, meta prediletta degli hippies sin dai primi anni ’60: la natura incontaminata e l’aria di libertà che si respirava in questo luogo non ancora invaso dal turismo di massa la resero il rifugio ideale dei figli dei fiori. Le tracce del “movimento” sono evidenti soprattutto nei mercatini hippy di Las Dalias, Playa d’en Bossa, San Jordi e Punta Arabì, dove è possibile acquistare coloratissimi capi e accessori dell’epoca, gioielli esotici, oggetti artigianali, stravaganti strumenti musicali e memorabilia di ogni tipo.

Formentera

 

Un mare turchese, incantevole, come quello che circonda gli atolli tropicali; spiagge bianche che si snodano per chilometri e chilometri; una natura selvaggia, allo stato brado: sono le caratteristiche principali di Formentera, 115 km quadrati di isola che la rendono la quarta, in ordine di grandezza, dell’arcipelago delle Baleari. Sport acquatici come lo snorkeling e la vela sono molto praticati, lungo le sue coste. Tra le spiagge da non perdere rientrano Playa de Ses Illetes, Playa de Es Pujols, Cala Saona e Playa de Llevant, perfette per chi adora coniugare mare, sole e relax.

 

Sardegna

 

E’ un’isola ricca di tutto ciò che si può desiderare in vacanza: splendide spiagge bianche (non è un caso che Lina Wertmuller girò qui, precisamente a Cala Luna, il film “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di Agosto”, con Mariangela Melato e Giancarlo Giannini), baie che si insinuano inaspettate, spettacolari scogliere, mare che sfoggia le più intense sfumature di smeraldo e di turchese. L’intero territorio è cosparso delle tracce di una civiltà antichissima che vede nei nuraghi la sua espressione più pregnante. Alla mondanità della Costa Smeralda si contrappongono paesaggi di una selvaggia rigogliosità naturale: l’interno, con le sue montagne ricoperte dai boschi di leccio, abbonda di villaggi incastonati in scenari mozzafiato ed è popolato da una fauna sbalorditiva. Qualche esempio? Gli asini albini dell’Asinara, i cervi sardi del monte Arcosu (a rischio estinzione), i fenicotteri rosa che proliferano negli stagni della Sardegna del Sud. A tanta meraviglia si aggiunge una tradizione culinaria che non ha eguali in quanto a sapori e varietà di proposte.

 

Capri

 

Esclusiva, elegantissima, mondana: Capri è, da sempre, una delle mete del jet-set internazionale. Si trova al largo del Golfo di Napoli e vanta bellezze scolpite nella roccia quali i Faraglioni, l’ Arco Naturale e la Grotta Azzurra, a cui è possibile accedere unicamente con una barca a remi. Al suo interno, il mare turchese crea incredibili giochi di riflessi sulle pareti della cavità carsica: l’effetto è mozzafiato, pura magia acquatica. Tra i luoghi più iconici dell’ isola rientrano la celebre Piazzetta, un must per incontrarsi e socializzare, ma anche le viuzze pavimentate a ciottoli, le botteghe di sandali capresi (rigorosamente realizzati a mano), i vasti limoneti da cui si ricava il limoncello, un liquore noto in tutto il mondo e ideato proprio a Capri, da Maria Antonietta Farace, nei primi anni del 1900. Le ultimissime tendenze dell’isola vedono ancora una volta protagonista il limone, ma in versione ripiena: farcito, cioè, di sorbetto, gelato al limone o spritz al limoncello.

 

Sicilia

 

I Fenici, i Greci, i Romani, i Bizantini, gli Arabi e i Normanni sono solo alcuni dei popoli che, nel corso dei secoli, l’hanno conquistata. La Sicilia conserva meravigliose testimonianze storiche, architettoniche, artistiche e culturali di quelle dominazioni: è stata senza dubbio un crocevia di tutte le più antiche civiltà del Mediterraneo, e ciò le ha conferito una ricchezza straordinaria. In tal senso, diventa tassativa una visita alle otto città barocche della Val di Noto (Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Palazzolo, Ragusa, Modica, Noto e Scicli), ma anche ai templi dorici della Valle dei Templi, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Vibrante e passionale, l’isola più grande del Mediterraneo è intrisa di un fascino potente. Le attrattive naturali, ovviamente, ne sono parte integrante: il vulcano principale, l’Etna, predomina maestoso, affiancato da spiagge selvagge e villaggi suggestivi. Le tradizioni e una gastronomia celebre in tutto il mondo rendono la Trinacria (così la chiamarono i Greci), un territorio decisamente unico.

 

Malta

 

Così come la Sicilia, Malta è stata profondamente influenzata dalle culture dei popoli che l’hanno dominata: al principio i Fenici, i Greci, i Cartaginesi, i Romani, gli Arabi, poi i Normanni, gli Aragonesi, i Cavalieri di Malta, i Francesi e gli Inglesi. La capitale, La Valletta, è una splendida città barocca diventata Patrimonio dell’Umanità Unesco al pari dell’ Ipogeo di Hal Saflieni (una struttura sotterranea risalente alla Preistoria), e al tempio megalitico di Hagar Qim. Impreziosita da un mare mozzafiato, spiagge paradisiache, baie e insenature rocciose, Malta vanta un autentico must see: la Grotta Azzurra, costituita da sette grotte marine in cui l’acqua sfoggia una favolosa tonalità cobalto.

 

Cipro

 

Tanto antica quanto magnifica, Cipro è ricca di spiagge da sogno e una costa che alterna la sabbia dorata ai promontori di roccia modellati dal tempo. Il mare è di un azzurro intenso. Nelle zone interne, aree archeologiche e secolari manieri testimoniano le remote origini dell’isola, suddivisa in due parti di diversa appartenenza: greco-cipriota e turco-cipriota. A Cipro, le zone decretate Patrimonio dell’Umanità Unesco sono molteplici : la città di Paphos, affacciata sul mare, il sito archeologico di Choirokoitia e la maestosa necropoli denominata Tombe dei Re. Sport acquatici come l’immersione sono molto praticati lungo la costa di Larnaca, mentre nell’interno prevale il trekking in mezzo alla natura. Il Meze, un cibo tipicamente cipriota, viene consumato nelle taverne tradizionali e non è raro che il pasto duri un pomeriggio intero.

 

Santorini

 

Appartenente all’arcipelago greco delle Cicladi, Santorini è una delle isole più caratteristiche e più amate. Le case immacolate scavate nella roccia scura, i tetti a cupola blu cobalto la rendono unica e inconfondibile. Di origine vulcanica, l’isola nel corso dei secoli è stata plasmata dalle numerose eruzioni. Le città principali sono tre: Fira, la capitale, Oia, famosa per i suoi mulini a vento, e Imeroviglia. Da ognuna di esse è possibile ammirare la meraviglia del tramonto sul mare Egeo, un’esperienza che non ha eguali. Il vino, prodotto nei vigneti dell’isola, è una delle eccellenze di Santorini. La caldera è assolutamente da vedere, e lo si può fare via mare o via terra. Le spiagge più particolari sono la spiaggia di Perissa, di sabbia nera, e quella di Vlychadao, di sabbia rossa. Il percorso di trekking che congiunge Oia e Fira, lungo nove chilometri,  è considerato tra i più suggestivi del Mediterraneo.

 

Patmos

 

Situata nel mare Egeo, è considerata l’isola dell’Apocalisse in quanto la parte conclusiva della Bibbia venne scritta proprio a Patmo, esattamente nella Grotta dell’ Apocalisse. La Grotta, visitabile, è collocata a poca distanza da Chora, la capitale dell’ isola. Un punto di forza di Patmo sono le piccole cale, numerosissime: tra le più belle figurano Petra, Diakofti, Psili Ammos, da visitare preferibilmente in sella a un motorino per poter percorrere con facilità tutta l’isola.

Foto via Pexels e Unsplash

 

Ritratti Africani

 

L’Africa ti cambia per sempre, come nessun altro posto sulla terra. Una volta che sei stato lì, non sarai più lo stesso. Ma come descrivere la sua magia a qualcuno che non l’ha mai provata? Come spiegare il fascino di questo continente vasto e polveroso, le cui strade più antiche non sono altro che i sentieri degli elefanti? Potrebbe essere perché l’Africa è il luogo di tutti i nostri inizi, la culla dell’umanità, dove la nostra specie si è messa a camminare in posizione verticale per la prima volta nelle savane molto tempo fa?

(Brian Jackmann)

 

Viaggio in Africa, il luogo da cui proviene l’anticiclone Caronte. Colori, suoni, profumi indescrivibili, una natura sconvolgente che si staglia contro un cielo sterminato: il terzo continente al mondo in quanto a vastità ci travolge in un vortice di emozioni. Tant’è che è stata coniata un’espressione, “mal d’Africa”, per descrivere la nostalgia che si impossessa di chi l’ha visitato e ne è rimasto catturato a tal punto da volerci a tutti i costi ritornare. In questo viaggio nei molteplici paesaggi africani – dal deserto alla savana, dalle montagne alla foresta pluviale – ci accompagnerà una serie di giovani ritratti nella loro realtà tribale: per immergerci nel mondo affascinante del folklore, della cultura, dei costumi e delle tradizioni di un continente complesso, ma ricco di un fascino che elargisce a piene mani.

 

Foto via Pexels

 

Il luogo: il Sacro Bosco di Bomarzo, un parco misterioso che dal 1547 mantiene intatto il suo fascino

 

«Tu ch’entri qua pon mente parte a parte
et dimmi poi se tante maraviglie
sien fatte per incanto o pur per arte»

(Iscrizione su una Sfinge del Sacro Bosco di Bomarzo)

 

Nessuno di voi, penso, può affermare di non conoscere l’Orco in pietra che vedete nella foto qui sopra: ormai viene considerato un simbolo, una figura iconica. Vale anche per la scritta incisa sulla sua bocca spalancata, “Ogni pensiero vola”, sul cui significato enigmatico si sono interrogati in molti. Avrete già capito che sto parlando del Sacro Bosco di Bomarzo, più noto forse come il Parco dei Mostri. Chiunque visiti la Tuscia, il nome che fu dato all’antica Etruria, non può fare a meno di ammirarlo. Si trova a Bomarzo, in provincia di Viterbo, ed è quindi compreso nella zona dominata dai misteriosi Etruschi tra il IX e il I secolo a.C. . Il Parco, pur non avendo nulla a che fare (o quasi) con la civiltà etrusca, di mistero è intriso completamente. Immerso in un bosco di tre ettari ricco di conifere e latifoglie, stupisce con le sue sculture in basalto che alternano figure mitologiche, mostri, allegorie e divinità ancestrali. Risale al 1547, anno in cui il Principe Pier Francesco Orsini lo commissionò all’architetto Pirro Ligorio. Fu lo scultore e architetto Simone Moschino ad occuparsi della realizzazione del Sacro Bosco, seguendo le direttive del Principe che potrebbero essere riassunte in un’unica parola d’ordine: “grottesco”.

 

La Fontana di Pegaso

Orsini fece costruire il Parco (che chiamava “boschetto”) in onore di sua moglie, Giulia Farnese, e glielo dedicò. E’ proprio il grottesco a fare da leitmotiv a tutte le sculture del luogo, ma non si tratta di un grottesco fine a se stesso: il Sacro Bosco è un’autentica traiettoria alchemica ricca di simboli, tant’è che nel corso dei secoli i rappresentanti delle più svariate discipline (dalla scienza alla storia, passando per la filologia) hanno tentato di decifrarne gli enigmi. Sono stati rinvenuti elementi che rimandano a poemi rinascimentali quali l’“Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto, il “Canzoniere” del Petrarca, “Amadigi e Floridante” di Bernando Tasso, ma nel suo insieme il mistero che circonda il Parco appare impenetrabile. Forse è proprio questo il suo senso: meravigliare, destabilizzare, stupire il visitatore. Immergerlo in un percorso onirico e ludico che lo trascina in un vortice di emozioni. Quando morì l’ultimo Principe della dinastia Orsini, il Parco dei Mostri venne lasciato a se stesso. Era il 1585; da allora, rimase abbandonato finchè nel 1900, intorno alla metà del secolo, la coppia composta da Giancarlo Bettini e Tina Severi Bettini pensò di restaurarlo e di aprirlo al pubblico. Durante questa lunghissima “pausa”, da segnalare è la visita di Salvador Dalì nel 1948: il grande artista catalano rimase incantato dal Parco e fu ben lieto di lasciarsi ritrarre tra le sue surreali statue.

 

Le Sfingi

La traiettoria inizia con le sculture di due Sfingi, l’una a destra e l’altra a sinistra del percorso: sono donne con un corpo di leone ed esibiscono iscrizioni sul loro basamento. Si prosegue con un mostro, probabilmente Proteo, che era un’antica divinità del mare. Una statua ne riproduce l’atroce volto, con la bocca completamente spalancata; sul capo sorregge un globo sormontato da una torre, un simbolo di potenza che rievoca lo stemma degli Orsini.

 

Proteo

Più avanti si incontra il cosiddetto Mausoleo, un masso gigantesco scolpito sul modello di una tomba etrusca. Avanzando, ci si imbatte nella scultura più imponente del Parco: la lotta di Ercole e Caco, due importanti figure della mitologia romana. Rappresentati entrambi come giganti sebbene Ercole non lo fosse, i due sono circondati da statue di guerrieri che il passar dei secoli ha reso quasi indistinguibili. Anche questo novero di monumenti è corredato da un’iscrizione a tema.

 

Ercole e Caco

Un altro maestoso, inconfondibile gruppo scultoreo riguarda la Tartaruga e la Balena. La Tartaruga è sormontata da una Nike, la donna alata personificazione della vittoria nella mitologia greca, ed è affiancata dalla statua di un’enorme balena che spunta dalle viscere della terra. Queste sculture hanno dato adito a molteplici interpretazioni: per alcuni la Tartaturga e la Nike rappresentano una spinta propulsiva tra Terra e Cielo, un anelito alla purificazione. Per altri sono invece l’allegoria del concetto latino di “festina lente”, ovvero “agire velocemente, ma con ponderazione”: la Tartaruga e la Nike alata incarnerebbero gli emblemi di queste due nozioni apparentemente antitetiche.

 

La Tartaruga

La Balena

Poco più avanti, la fontana di Pegaso impreziosisce il percorso con una celebre creatura della mitologia greca: il cavallo alato nato dal sangue che Medusa versò quando Perseo la uccise. Pegaso simboleggia l’irruenza dell’istinto tenuta a bada dalla forza spirituale umana, in questo caso rappresentata dalle ali del cavallo volante. Nei paraggi della fontana spicca un masso su cui è stato scolpito un tronco di larice. Molte altre fontane decorano questo suggestivo Parco. Risalta il monumento a vasca ispirato ai ninfei d’origine greca e romana, dove emergono i bassorilievi delle tre Grazie e di un trio di ninfe. A destra, in una nicchia, è situata una maestosa statua di Venere che poggia i piedi su un’enorme conchiglia. A qualche metro di distanza si può invece ammirare una fontana decorata con delfini ornamentali.

 

Venere

Continuando a camminare si raggiunge il “teatro”, un elemento architettonico che rimanda alla Grecia classica; raffigura un’esedra e un piccolo palco fa bella mostra di sé sui gradini di una scalinata. Di seguito, una notissima attrazione del Parco: la casa pendente. Si erge su un terreno inclinato, ma la sua particolarità è che i pavimenti stessi sono in pendenza, provocando vertigini e disorientamento nel visitatore. C’è chi non riesce a rimanere nella casa più di pochi secondi di seguito, altri si divertono come se fossero alle giostre. Pare che la casa pendente, in origine, inaugurasse il percorso. Il significato è palese: si invita il visitatore ad abbandonare “l’equilibrio”, le basi solide, il senso dell’orientamento, per immergersi in un mondo in cui il surreale regna sovrano.

 

La casa pendente

Oltrepassata la casa, un ampio spazio fiancheggiato da grandi vasi in pietra sfocia nell’imponente statua di Nettuno, divinità romana delle acque e delle correnti. Il dio è seduto su un giaciglio d’acqua, con le gambe distese, e tiene un delfino nella mano. Nei dintorni, un’enorme ninfa si è addormentata con il capo posato sul braccio.

 

Nettuno

La ninfa addormentata

Il cammino prosegue e ci si trova davanti Cerere, la dea della Terra e della Fertilità. Come le altre è una statua gigantesca, e il muschio che la ricopre accresce il suo fascino. Tiene in mano una cornucopia e una fiaccola, sul suo capo è poggiato un cesto di grano. La circondano ninfe dei boschi corrose dal tempo. L’elefante è una delle sculture più celebri del Parco: stringe un legionario romano nella proboscide e una massiccia torre si erge sulla sua groppa. Questa statua è un chiaro riferimento alle guerre puniche e alla spedizione di Annibale.

 

L’elefante

Passo dopo passo, giungiamo nei paraggi di due mostri spaventosi. Il primo è il drago, meglio ancora una viverna, tipicamente alato, bipede e con la coda di serpente. Questa terrificante creatura è immortalata durante una lotta contro tre leoni. La seconda scultura rappresenta il famoso Orco di cui vi ho parlato a inizio articolo: il suo volto orribile, con gli occhi e la bocca spalancata, costituisce la facciata di una piccola stanza in tufo dove il suono delle parole produce un’eco agghiacciante. La scritta “Ogni pensiero vola”, incisa sulle labbra del mostro, è forse un invito ad abbandonare l'”effimera” razionalità per abbracciare l’ignoto ed affrontare la paura dello spavento.

 

L’Orco

Dopo l’Orco, è la volta di un trio di sculture: un’alta anfora ornata di teste di gorgone, un ariete accovacciato a terra e una nicchia nella quale è inserito una sorta di triclinio romano, o magari etrusco. Nella nicchia, un’iscrizione in versi riporta una sibillina descrizione del Parco.

 

La nicchia e la panca

Si arriva infine nel regno dell’Ade. Proserpina ci accoglie a braccia aperte, e la sua gonna è una comoda panchina dove possiamo sederci per riprender fiato. Cerbero, il cane a tre teste che sorveglia l’ingresso degli Inferi, è poco distante. Avanzando ancora, ecco il piazzale delle Pigne: ai suoi lati, una serie di sculture che si ispirano al Pignone dei Musei Vaticani.

 

Proserpina

Il vaso ispirato al Pignone

Di seguito, troviamo due mostri appartenenti alla mitologia greca: Echidna e una Erinni, che i romani chiamavano Furia. Echidna, donna le cui gambe sono sostituite da due code di serpente, sembra impegnata in una spaccata frontale. La Furia, a pochi metri di distanza, esibisce il caratteristico aspetto femminile dotato di ali e coda di drago. Al centro siedono i leoni che Echidna ha partorito, presenti anche nello stemma di Viterbo.

 

Echidna e i suoi figli leoni

La Furia

Con il tempio termina il percorso all’ interno del Parco. L’edificio, in realtà, fu realizzato a distanza di vent’anni dal Sacro Bosco; il Principe Orsini lo dedicò alla sua seconda moglie, appartenente alla dinastia dei Farnese. Il tempietto è un condensato di stili architettonici: classico per quanto riguarda la facciata e la presenza di un vestibolo, rinascimentale per la cupola che riprende quella della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze. All’interno sono sepolti Giancarlo Bettini e Tina Severi Bettini, che tanto impegno profusero per il recupero del Parco e la sua pubblica fruibilità.

 

Il tempio

Oggi, il Sacro Bosco di Bomarzo può essere visitato in ogni giorno dell’anno e la sua visita dura circa due ore. Se siete interessati ad inoltrarvi in questo verdeggiante luogo che inneggia alla bizzarria, al grottesco ma anche al mistero, vi consiglio di visitare il sito ufficiale del Parco cliccando qui.

 

Foto

Orco: Alessio Damato, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Fontana di Pegaso: Pitichinaccio, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Sfinge: Daderot, Public domain, via Wikimedia Commons

Proteo: Livioandronico2013, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Ercole e Caco: Livioandronico2013, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Tartaruga, Balena, Venere, Casa pendente, Nettuno, Ninfa addormentata: Daderot, Public domain, via Wikimedia Commons

Elefante: Alessio Damato, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Nicchia e panca: Yellow.Cat from Roma, Italy, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

Proserpina: Daderot, Public domain, via Wikimedia Commons

Vaso ispirato al Pignone: Jean-Pierre Dalbéra from Paris, France, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

Echidna e i suoi figli leoni: Gabriele Delhey, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons

Furia: Daderot, Public domain, via Wikimedia Commons

Tempio: Etienne (Li), CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

Il luogo: Bergen, la città delle sette montagne, tra cultura, pan di zenzero e fiordi norvegesi

 

Ricordate quando nell’articolo dedicato alla casetta al pan di zenzero ho citato la “gingerbread town” più grande del mondo? Bene: Pepperkakebyen (questo il suo nome) è una delle principali attrattive natalizie di Bergen, la seconda città più popolosa della Norvegia, e oggi voleremo proprio lì. Bergen è un centro abitato ricco di fascino a partire dall’area in cui sorge: situata sulla penisola che porta il suo stesso nome, a nord si affaccia sul fiordo di Byfjorden e le montagne circondano il resto della città (soprannominata, in virtù di ciò, “città delle sette montagne”). Molti quartieri sono situati sulle isole circostanti, il che accresce la particolarità del territorio bergense. Ma perchè andare a Bergen, dato che Pepperkakebyen ha chiuso i battenti lo scorso 31 Dicembre? La risposta è semplice: è una città vivace, culturalmente stimolante. Non è un caso che nel 2000 sia stata eletta Capitale Europea della Cultura, nè che la presenza di numerosissimi studenti, molti approdati a Bergen grazie al progetto Erasmus, la renda estremamente frizzante. L’Università di Bergen, infatti, è circondata da un’aura di prestigio e la Norges Handelshøyskole, Scuola Norvegese di Economia, è una delle più rinomate della Norvegia. Il quartiere di Bryggen, inoltre, nel 1979 è stato decretato Patrimonio dell’ Umanità UNESCO. Si tratta, tanto per intenderci, dell’area che include le iconiche e coloratissime casette di legno situate sul lungomare. Ma l’appeal di Bergen non si esaurisce qui: è dal porto cittadino che si possono raggiungere i fiordi di Hardangerfjord  e Sognefjord, due meraviglie norvegesi, collocati a poca distanza. La suggestività di quest’antica città anseatica fondata dal re Olaf Kyrre nel 1070 è del tutto unica. Capitale della Norvegia fino al 1300, quando Oslo prese il suo posto sotto il regno di Haakon V, verso la metà del XIV  secolo divenne la sede di uno dei fondachi della Lega Anseatica ed entrò ufficialmente a farne parte. Da allora, Bergen si tramutò nel centro commerciale più rilevante del paese e tuttora lo rimane.

 

 

Naturalmente, un viaggio a Bergen non può prescindere da una visita al quartiere di Bryggen. Affacciato sulla baia di Vågen, Bryggen è contraddistinto da una serie di casette di legno dai colori vivaci e disposte a schiera che l’hanno reso inconfondibile. Nel 1360, quando Bergen entrò a far parte della Lega Anseatica, Bryggen divenne il quartier generale dei mercanti tedeschi in città: dal porto si esportavano grandi quantità di stoccafisso e si importavano i cereali che provenivano dal centro Europa. In passato Bryggen fu devastato da ben due incendi, ma dopo ogni ricostruzione le casette apparivano più belle di prima. Lì i mercanti collocavano i loro uffici e magazzini, talvolta delle mense, non di rado vi alloggiavano. Oggi, nel quartiere – Patrimonio dell’Umanità UNESCO – proliferano bar, caffetterie, ristoranti, boutique, e le sue viuzze medievali sono disseminate di gallerie e studi d’arte. A proposito di arte: tra i molti musei presenti a Bergen vi segnalo il Bergen Kunsthall, dove potrete ammirare opere di artisti contemporanei nazionali e internazionali, l’Hanseatiske Museum, ricco di reperti e testimonianze risalenti all’epoca in cui Bergen faceva parte della Lega Anseatica, e il Bryggens Museum, situato proprio a Bryggen: qui, nell’antica area portuale cittadina, vengono conservati i più importanti cimeli della Bergen medievale. Assolutamente imperdibile, poi, è il KODE Art Museums and Composer Homes, composto da sette edifici dislocati nel cuore della città. E’ maestoso e focalizzato sull’arte, la musica, l’artigianato e il design scandinavi. Include quattro musei, KODE 1, 2, 3 e 4, e le dimore di tre celeberrimi compositori norvegesi: Ole Bull, Harald Sæverud e Edvard Grieg. Tra i fiori all’ occhiello del KODE risalta la collezione permanente di Edvard Munch; le collezioni Rasmus Meyer e Silver Treasure sono da visitare tassativamente, così come le incredibili mostre di arte contemporanea e design organizzate dal museo.

 

 

A pochi passi da Bryggen troverete la fortezza di Bergenhus, che comprende il Castello Reale, la Håkonshallen e la Torre di Rosenkrantz. Sono tre edifici risalenti all’epoca medievale che vennero edificati su richiesta dei sovrani di Norvegia: nel Castello i re avevano stabilito la loro dimora, mentre la Håkonshallen, un monumentale salone di pietra con travi di legno sottostanti al soffitto a volta, era destinata agli eventi più importanti; qui furono celebrati, tra l’altro, diversi matrimoni reali. La Torre di Rosenkrantz, duecentesca, veniva utilizzata sia a scopo difensivo che residenziale.

 

 

Dato che Bergen ha basato sul commercio del pesce quasi tutta la sua storia, soprattutto durante l’ appartenenza alla Lega Anseatica, visitare il mercato del pesce della Torget è d’obbligo. Al mercato potrete ammirare innumerevoli varietà di pescato, proveniente rigorosamente dal Mare del Nord e mantenuto fresco grazie agli innovativi banconi in legno dotati di un flusso d’acqua continuo. E’possibile anche pranzare: un’occasione unica per gustare “dal vivo” le prelibatezze marine di Bergen.

 

 

Si dice che nel fiordo di Byfjorden si rifletta una luce speciale, impossibile da vedere altrove. Niente di meglio, dunque, che ammirarla dall’ alto in tutto il suo splendore. Fatelo raggiungendo la cima della collina Fløyen in funicolare: lì, a 320 metri sopra il livello del mare, potrete godere di un panorama mozzafiato della città di Bergen e del suo mare. Vale decisamente la pena, anche perchè la funicolare impiega solo cinque minuti per inerpicarsi sull’altura.

 

 

Se invece preferite visitare i fiordi e perdervi nella meraviglia selvaggia della loro natura, sappiate che dal porto di Bergen partono traghetti che li raggiungono quotidianamente. Il Sognefjord è una meta must: vanta una lunghezza di ben 203 chilometri che lo piazza al secondo posto a livello mondiale, mentre è il più profondo in assoluto di tutta la Norvegia. Lo costeggiano montagne imponenti, dalle pareti scoscese, che svettano sul mare ad oltre 1000 metri di altezza, ma proseguendo nel tragitto il paesaggio si fa più a misura d’uomo e rivela una vegetazione rigogliosa, villaggi inaspettati ed aree coltivate con cura.

 

 

Gamle Bergen è un museo open air a 4 chilometri da Bergen dove potrete addentrarvi nelle viuzze acciottolate della città vecchia, minuziosamente riprodotta in cinquanta case di legno corredate di negozi e di antiche botteghe. Alle abitazioni si accede solo tramite un tour guidato, mentre l’accesso alla Gamle Bergen è assolutamente gratuito. All’interno delle case vengono fedelmente replicati l’arredamento e lo stile di vita norvegesi a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.

 

 

E veniamo alla Pepperkakebyen, la città di pan di zenzero più grande del mondo. Pepperkakebyen, composta da casette ed edifici rigorosamente al pan di zenzero, è una miniatura di Bergen splendidamente illuminata: si possono ammirare le vie, le piazzette, le case, i palazzi storici, l’antico porto, le navi, le auto, persino le ruote panoramiche e le giostre di Natale, ma non solo…sono incluse le persone, gli animali, e un trenino percorre un itinerario ininterrotto. L’intera città, golosissima, è ricoperta di glassa, caramelle e canditi. Un vero e proprio incanto, insomma, alla cui realizzazione contribuiscono ogni anno anche i bambini delle scuole elementari e degli asili cittadini.  Purtroppo è troppo tardi per vederla ora, la Pepperkakebyen è un’attrazione tipicamente natalizia; potreste però decidere di visitarla il prossimo Dicembre. Pare che la città al pan di zenzero tornerà attiva dal 23 Novembre fino al 31 Dicembre 2024, ma le date sono ancora da confermare. Consultatele nel sito https://en.visitbergen.com/

 

 

Foto del Sognefjord di Zairon, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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