Il luogo: le Cotswolds, un Paese delle Meraviglie nel cuore dell’ Inghilterra

 

Immaginate un paesaggio campestre da sogno: immense distese di verde, dolci colline, tanti fiori, corsi d’acqua, stagni in cui specchiarsi e pecore al pascolo. Lo scenario è impreziosito da antichi castelli, cottages e borghi altamente pittoreschi. Un sentiero percorre queste lande bucoliche per ben 165 chilometri, attraversandole da capo a piedi. Ma un simile luogo fiabesco esiste davvero? La risposta è sì: si tratta delle Cotswolds, un’ area collinare (la cui superficie raggiunge i 2038 km2) situata nel cuore dell’ Inghilterra. Tanto per darvi un’idea, qui nacque William Shakespeare. Stratford-upon-Avon, la città natale del Bardo, si trova infatti nelle Cotswolds del nord e dista da Londra circa 230 km. Il fiume Avon delimita proprio a Nord l’ incantevole zona paesaggistica, mentre la valle del Tamigi sancisce i suoi confini a Sud; ad Est e ad Ovest delle Cotswolds troviamo invece due splendide città, rispettivamente Oxford e Cheltenham. Le contee più ampiamente incluse nell’ area sono il Gloucestershire, l’ Oxfordshire, il Wiltshire, il Somerset, il Warwickshire e il Worcestershire. Dichiarato Area of Outstanding Natural Beauty (AONB) nel 1966, l’ idilliaco territorio è movimentato dalle colline che gli danno il nome. La più elevata? Cleeve Hill, 330 metri di altezza.

 

 

Se avete voglia di immergervi nella natura e il caos metropolitano non fa più per voi, le Cotswolds Hills sono una location ideale. Ad attraversarle in lungo e in largo è il sentiero nazionale The Cotswold Way: 165 km snodati tra un verde sconfinato, fiori variopinti e antichi borghi. I villaggi sono contraddistinti dai cottages, le inconfondibili case in pietre oolitiche (un tipico calcare locale) con i tetti spioventi. Proliferano le chiese gotiche, i vicoletti si intrecciano in veri e propri labirinti che accentuano l’ appeal del luogo. Un tripudio di pub e negozi caratteristici punteggia le strade principali, moltiplicando le occasioni di socialità e i momenti dedicati allo shopping. Tra i borghi da visitare spicca Bourton-on-the-Water, delizioso con i suoi numerosi corsi d’acqua (è stato soprannominato “la Venezia delle Cotswolds”) sormontati da poetici ponti. 

 

 

Tradizionali delle Cotswolds sono anche le case di campagna rustiche, con tetto di paglia, circondate da giardini rigogliosi e ricchi di roseti. A proposito di campagna, sapete da cosa deriva il nome Cotswolds? E’ un mix dei termini “Cotes”“recinto delle greggi”, e “Wolds”, “colline aperte”. Non si può quindi fare a meno di visitare i suggestivi paesaggi che hanno reso la zona una sorta di territorio mitico. La Broadway Tower, a pochi passi dal villaggio di Broadway, è assolutamente imperdibile: da questa costruzione architettonica, edificata su una collina di 312 metri di altezza, è possibile godere di una straordinaria veduta sulle Cotswolds Hills. Considerate che il vostro sguardo spazierà tra ben 16 contee!

 

 

Nelle Cotswolds, ebbene sì, anche le pecore rivendicano una loro particolarità: nel Medioevo divennero note come “i leoni delle Cotswolds”, perchè vantavano velli molto spessi e una costituzione robusta grazie all’ erba – cresciuta sul terreno calcareo – di cui si cibavano. A quell’ epoca, non a caso, il commercio della lana era fiorentissimo. Mercanti di tutta Europa raggiungevano le Cotswolds per acquistare la lana più pregiata, e ciò arricchì notevolmente i villaggi del cuore verde d’ Inghilterra. I borghi locali erano stati addirittura ribattezzati “le città della lana”; la presenza di un gran numero di corsi fluviali e mulini rappresentava un innegabile punto di forza per la zona. Quel florido periodo, purtroppo, nel XVIII secolo giunse al termine: la meccanicizzazione dei mulini dello Yorkshire e l’ importazione della lana, che risultava molto più economica, misero definitivamente fine ai tempi d’oro delle Cotswolds.

 

 

Tra i personaggi celebri a cui le Cotswolds hanno dato i natali figura Winston Churchill. L’ ex Primo Ministro del Regno Unito nacque a Blenheim Palace, un maestoso palazzo in stile Barocco inglese situato nella campagna dell’ Oxfordshire (si trova a Woodstock, per l’esattezza). La residenza di famiglia di Churchill è attorniata da uno smisurato giardino collinare che annovera un fiume, un ponte in pietra e una serie di cascate. All’ interno del parco si erge un solenne monumento celebrativo, la Colonna della Vittoria, che il I duca di Marlborough John Churchill fece edificare in suo onore. Blenheim Palace è un must see assoluto, sontuoso e lussureggiante: non è un caso che sia stato scelto come location di svariate produzioni cinematografiche. Un esempio su tutti? Il film “Spectre” con Daniel Craig, appartenente alla saga di 007.

 

 

Non c’è bisogno di dire che le Cotswolds rappresentino un fantastico set naturale. Se adorate esplorare le più iconiche location viste al cinema e in TV, cominciate con il visitare Lacock: affacciato sul fiume Avon, è un villaggio che sembra uscito da una fiaba. Nella sua Abbazia duecentesca, un capolavoro dell’ architettura neogotica, sono stati girati diversi film della saga di Harry Potter (“Harry Potter e la pietra filosofale”, “Harry Potter e la camera dei segreti”, “Harry Potter e il principe mezzosangue”) e un vasto numero di pellicole e serie TV (tra cui il lungometraggio “L’ erba del vicino è sempre più verde” con Cary Grant e Deborah Kerr). Anche il borgo di Castle Comb ha fatto da sfondo a svariate produzioni cinematografiche e televisive. E’ stata la location della serie TV “Poirot”, e non stupisce: si tratta di un villaggio singolarissimo, profondamente suggestivo. A Castle Comb sono presenti due pub e una sala da tè in tutto, ma davanti alle case del paese vengono esposti dolci tipici che è possibile acquistare con un’ offerta.

 

 

Il mondo incantato delle Cotswold non è stato mostrato solo sul grande e sul piccolo schermo. La scrittrice e illustratrice Beatrix Potter, ad esempio, lo ha magnificamente descritto nella fiaba “Il sarto di Gloucester”. Ambientato nella città che cita il titolo, il libro è stato ispirato da una casa trasformata oggi in un museo dedicato alla brava autrice. Gloucester è famosa anche per la sua Cattedrale, un’ imponente ex abbazia che ospita le spoglie di Edoardo II di Inghilterra.

 

 

Una visita a un castello non può mancare. Il castello di Sudeley, a Winchcombe (nel Gloucestershire), è impregnato di un’ atmosfera regale che risale ad epoche antichissime. Edificato nel 1441, viene considerato una perla delle Cotswolds. Lo circonda un immenso giardino, il Queens Garden: è un nome scelto non a caso, dato che i suoi verdeggianti spazi ospitarono regine del calibro di Anna Bolena, Catherine Parr (l’ ultima moglie di Enrico VIII, seppellita peraltro nel castello di Sudeley), Lady Jane Grey e Elisabetta I Tudor. Se volete saperne di più sul giardino in stile inglese, dirigetevi a Hidcote Manor Garden.  Di proprietà del National Trust, dista pochi passi da Stratford-upon-Avon ed è famoso per la meraviglia delle sue “stanze giardino”: un intricato labirinto pieno di sorprese. I sentieri lastricati conducono in uno scenario onirico ricco di siepi, piante rare ed esotiche, fiori dai colori incredibili, panorami che lasciano senza fiato. I volatili che animano il giardino appartengono alle più svariate specie, ed è presente anche un’area – chiamata The Wilderness – composta da alberi d’alto fusto che rievocano un bosco selvaggio. Se le Cotswolds vi sembrano un “déjà vu”, c’è un’ unica spiegazione: le avete viste in un sogno magnifico.

 

Il luogo: Venezia, un Carnevale tra passato e futuro

 

Dress code: in maschera. Dove? A Venezia. Quando? Tutti i giorni fino al 1 Marzo, giorno in cui Martedì Grasso sancirà la conclusione di un Carnevale ritornato in presenza e impregnato di un nuovo fascino. Come ci ha anticipato il Principe Maurice nella sua ultima intervista (rileggila qui), questa edizione è declinata in una formula completamente inedita: eventi a rischio assembramenti come la Festa Veneziana di Cannaregio, gli show in Piazza San Marco e Piazza Ferretto, il corteo delle Marie e del Toro, i voli dell’ Angelo, dell’ Aquila e lo svolo del Leon, le sfilate di carri allegorici del Lido e di varie località della laguna sono stati eliminati, privilegiando l’ arte di strada e le feste negli antichi Palazzi. Venezia si svela attraverso i percorsi pedestri nelle calli e nei campielli, dove palesa la sua essenza più autentica; tutti i giorni, dalle 11 alle 19, l’ iniziativa Venezia Wonder Time! prevede spettacoli di circo-teatro, clownerie, teatro dei burattini, esibizioni acrobatiche e piccoli concerti diffusi nei Wonder Points, gli angoli più suggestivi della città. Vale a dire che a Campo Santa Margherita, Campo San Giacomo, Esedra-Castello, Campo Geremia, Campo San Cassiano, Campo dei Gesuiti, Campo Santa Maria Formosa e Campo Sant’Elena potrete imbattervi in street show che sprigionano pura magia. Chi invece preferisce assaporare la sontuosità dei party, questo weekend può contare su un appuntamento speciale: il Dinner Show del Carnevale a Ca’ Vendramin Calergi – prezioso Palazzo cinquecentesco affacciato sul Canal Grande – verrà arricchito da Venezia Imaginarium, tre ore di spettacolo che omaggiano la Serenissima tramite performance, sonorità, abiti, danze e allegorie da sogno. In attesa della XXIX edizione del Ballo del Doge, che si terrà il 26 Febbraio a Palazzo Pisani Moretta e avrà per titolo “Time for a New Renaissance”, Antonia Sautter (rileggi qui la sua intervista con VALIUM) ne anticipa il proverbiale splendore. Di Venezia Imaginarium è il Direttore Artistico e non c’è bisogno di dire che le scenografie, gli artisti e le esibizioni  saranno all’ insegna dell’ incanto onirico, della meraviglia nella sua quintessenza. Il Dinner Show si avvale di un Maestro di Cerimonie acclamatissimo, un’icona del Carnevale veneziano: il Principe Maurice. La cena di gala e Venezia Imaginarium sono in programma per il 19 e il 20 Febbraio alle ore 21, ma verranno riproposti anche dal 24 Febbraio al 1 Marzo. Last but not least, sapete qual è il tema del Carnevale di Venezia 2022? “Remember the Future”, un titolo ispirato alla celebre frase “E più di tutto mi ricordo il futuro” pronunciata da Salvador Dalì. Surrealismo, gioco, sovvertimento dei ruoli, esplorazione di nuovi scenari urbani ed interiori, maschere che regalano la libertà dell’ anonimato, sorprese e scoperte inaspettate si fondono in un mix immaginifico che connette passato e futuro. Il concetto viene mirabilmente spiegato dal Direttore Artistico Massimo Checchetto nel sito web del Carnevale: “Camminando per Venezia, sebbene con una meta precisa, si è costretti a continui cambi di direzione, le calli terminano in una svolta; dietro ad una svolta una sorpresa, spesso una meraviglia, quasi sempre un futuro. Per il tema del Carnevale di Venezia di quest’anno ho pensato proprio al nostro futuro, quel futuro che questa Città piena di passato scatena in chi la vive. Proprio un luogo in perenne contraddizione, dove si fondono sogno e realtà”.

 

Il luogo

 

Il dilagare della pandemia di Covid ci ha messo di fronte a una nuova realtà, mai sperimentata prima, dove i cambiamenti nello stile di vita sono all’ ordine del giorno. Tra lockdown e contagi in rialzo, chiusure e mascherine a oltranza, il 2020 è trascorso come un incubo a occhi aperti. In questi mesi di graduale normalizzazione dello scenario socio-sanitario, tuttavia, l’ entrata in vigore del Green Pass ha dato adito a proteste e rivolte a ruota libera. E nelle grandi città, già in preda al caos urbano, all’ inquinamento e al pericolo contagio, cortei e manifestazioni proliferano. C’è chi ha pensato da tempo, soprattutto quando la pandemia era nel suo pieno, di trasferirsi in luoghi più a misura d’uomo: magari in provincia, o nei piccoli centri. Oppure ancora in campagna, nei villaggi…dove l’aria è rimasta pura e la natura è una costante della quotidianità e dei paesaggi. Questa scelta si ricollega strettamente al tema del mutamento, alle nuove coordinate esistenziali che il Covid ci ha imposto. Avendone la possibilità (un’ attività in smart working o come freelance, l’ opportunità di raggiungere facilmente il proprio posto di lavoro in città), in molti hanno deciso di trasferirsi in un “borgo selvaggio” di leopardiana memoria. Immaginate quegli antichi e pittoreschi villaggi che abbondano nella nostra Italia, dove le strade sono ancora lastricate di ciottoli e ci si conosce tutti per nome: ecco, mi riferisco a location di questo tipo. I vantaggi del vivere in un borgo sono riassumibili in pochi punti: aria pulita, tranquillità, albe non di rado salutate dal canto del gallo, costo della vita irrisorio come le distanze, generalmente percorribili a piedi o al massimo in bicicletta. E poi, un più stretto contatto con la natura, un minor rischio assembramenti favorito dall’ esiguo numero degli abitanti, una socialità spiccata, zero criminalità. Con il valore aggiunto di poter apprendere il savoir faire artigianale di svariati settori: il gusto del “fatto a mano”, nei paesini, non è mai venuto meno. Molto spesso, inoltre, gli antichi borghi vantano angoli, scorci e vedute panoramiche senza pari. La decisione di trasferirsi in un villaggio, ciononostante, va valutata bene. Conoscere tutti ed essere conosciuto da tutti, far parte di una piccola comunità, può rappresentare un vantaggio e uno svantaggio a un tempo. La vita tranquilla, in genere, non regala troppe sorprese. Soppesare i pro e i contro di una scelta così radicale è tassativo. Entrano in gioco le attitudini, gli interessi, l’ indole individuale. Non ultima, la fase esistenziale che in quel momento si sta vivendo. La domanda principale da porre a se stessi è innanzitutto una: “Sono pronto a rinunciare alle opportunità e al fermento che mi offre una grande città?”.

 

 

 

 

 

 

Da Nialtri, un’ oasi marinara sulle rive dell’ Adriatico

 

Chiudete gli occhi per un istante. Adesso riapriteli: davanti a voi c’è il mare, una distesa azzurra e piatta. Le onde si infrangono sulla riva con cadenza rilassata ma incessante, il cielo viene invaso dal colore rosa-arancio del tramonto. All’ odore di salsedine si mescola un aroma di pesce appena cucinato che la brezza contribuisce a diffondere. Voci e risa  sono un tutt’ uno, si librano nell’ aria effervescenti come le bollicine del calice che avete di fronte. No, non è un sogno: siete Da Nialtri (“da noi” nel dialetto dell’ anconetano), a Marina di Montemarciano, e vi trovate a un metro di distanza dal mare Adriatico. Un ristorante, un wine bar, un bistrot pieds dans l’eau? Buona la prima, ma non solo. Da Nialtri è molto di più: lì, si sperimenta un’ esperienza esistenziale e sensoriale a tutto campo. Quella di Nialtri è come una famiglia. Nel locale, dalla struttura che rievoca una barca o le capanne in legno dei pescatori, l’ estate si vive appieno. Ci si incontra con gli amici, si chiacchiera, si ride e ci si innamora respirando l’inebriante atmosfera di momenti suggestivamente “fronte mare”. Il pranzo, la cena e l’aperitivo diventano una pausa conviviale impregnata di pura magia. Il panorama, senza dubbio, fa la sua parte, così come il décor del ristorante: reti da pesca sul soffitto, fila di conchiglie penzolanti che sembrano campane a vento, pesci ornamentali nelle più svariate forme, ciambelle di salvataggio, ancore, lampade esterne che ricordano le tipiche lampare.

 

 

Dire “esterne” è fuorviante, perchè Da Nialtri è un locale quasi completamente all’ aperto. La zona che potremmo definire interna è una veranda affacciata sul mare, dove la brezza si inoltra indisturbata e il tramonto è uno spettacolo da godere in tutto il suo incanto. Moltissimi tavoli, poi, sono collocati lungo la striscia di spiaggia che separa il ristorante dal bagnasciuga. Ma qual è l’ ispirazione da cui nasce quest’autentico paradiso del litorale? Le storie raccontate dai vecchi pescatori, la cultura marinara, la tradizione della cucina di pesce, il desiderio di coniugare un’atmosfera vivace con i sapori del territorio e con prodotti genuini, di ottima qualità.

 

 

In linea con i suoi riferimenti, l’ eccellenza di Da Nialtri non poteva che essere, appunto, il pesce:  protagonista assoluto è il mosciolo selvatico di Portonovo, un mollusco tipico del mar Adriatico. Si riproduce in modo spontaneo ed è rintracciabile nella zona del Conero, dove vive attaccato alle pendici del monte omonimo o sugli scogli, a partire da quello del Trave fino a quelli delle Due Sorelle. I moscioli, che a differenza dalle cozze non vengono allevati ma pescati direttamente, vantano un sapore unico, sono gustosissimi e ricchi di Omega3 (un elemento nutrizionale dai benefici innumerevoli). Omaggiando la tradizione locale, Da Nialtri si degustano appena pescati, quando ancora sprigionano l’ inconfondibile aroma del mare e delle sue alghe.

 

 

Gli altri piatti – sempre basati sul criterio della stagionalità del pesce – includono prelibatezze dell’ antica cucina dei pescatori: un menu solo all’ apparenza semplice, in realtà saporito e accuratissimo, che si accompagna a vini provenienti dalle migliori cantine delle Marche. Su tutti regna il Verdicchio dei Castelli di Jesi, un vino DOC ideale per gli abbinamenti con la gastronomia marittima. Anche alla qualità dell’ olio (come d’altronde a quella di tutti prodotti) viene dedicata una particolare attenzione. Da Nialtri ha scelto l’ Olio Flaminio Fruttato, corposo, leggermente piccante e dal retrogusto amaro. Quest’ olio aromatico si contraddistingue per il sapore delle olive fresche, raccolte a mano appena inizia la maturazione e molite entro 12 ore dal prelevamento.

 

 

Non so cosa ne pensiate voi, ma per me che sono innamorata del mare e dei tramonti sul suo sconfinato orizzonte, Da Nialtri è una vera e propria oasi che rinfranca lo spirito oltre che i sensi (palato e vista su tutti, naturalmente…).

Lo trovate a Marina di Montemarciano (AN) in via Lungomare 131. Per i contatti, vi rimando al sito web del locale: www.danialtri.it

 

 

 

Il luogo

 

Il mare. Ma al tramonto, quando diventa una tavola d’olio che riflette le cangianti sfumature del calar del sole. La spiaggia si svuota e al vocio, alla musica a palla diffusa dagli impianti stereo di alcuni lidi, si sostituisce il suono ipnotico della risacca. Le voci dei “bagnanti serali”, tutti coloro che preferiscono immergersi in acqua con nessuno intorno, vengono veicolate sulla riva dalla brezza. Sono momenti magici, da vivere con lo sguardo rivolto all’orizzonte e la mente sgombra, svuotata dal peso accumulato durante il giorno. Basta allertare i sensi per percepire le vibrazioni scaturite da quegli istanti di armonia cosmica, l’ atmosfera sospesa che aleggia mentre il sole, in un caleidoscopio di colori, sprofonda nella massa acquosa. Camminando sul bagnasciuga, ci si imbatte in chi  approfitta dell’ incanto del tramonto per praticare yoga o in qualche gabbiano che zampetta sulla sabbia prima di riprendere il volo. E’ ora di lasciar spazio al relax. Di sorseggiare un calice di vino frizzante e di ammirare l’ infinito perdendosi lungo la linea dell’ orizzonte. L’ immensità del mare si tramuta in un concetto, in un’ immagine emblematica; ci insegna a relativizzare e a meditare sul suo spazio senza limiti. Ma il mare è anche una porta aperta sul mondo, tangibile e intangibile. Al di là del mare esistono nuove terre, nuove culture, nuove lingue, nuove etnie. Ammirare il mare sconfinato è mettersi in contatto con l’universo sondando dimensioni altrettanto incommensurabili. Il mare, poi, ha un linguaggio proprio, che chi lo ama impara presto a decifrare: come disse Verga, ” Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole. “

 

 

 

Il luogo

 

Stiamo annaspando in un caldo incredibile, questa settimana le temperature potrebbero innalzarsi fino a picchi di addirittura 45°. L’ estate è arrivata alla grande, travolgendoci con un’afa insolita per il mese del Solstizio: la calura è soffocante, persistente, e pare che non abbia nessuna intenzione di dileguarsi. Non a caso proviene dal Sahara, il deserto caldo più grande del mondo per estensione (ha una superficie di ben 9.000.000 km 2). Ecco come si spiega la sospensione nell’ aria di una fitta “pioggia” di sabbia che ogni tanto lascia tracce sui terrazzi e sui davanzali. Da sempre affascinata dai deserti, luoghi-non luoghi in cui l’ orizzonte viene continuamente plasmato dal vento, ho voluto saperne di più su questa landa che attraversa l’ Africa del Nord dall’ Oceano Atlantico fino al Mar Rosso. Vastissimo e sconfinato, il Sahara si snoda per 5000 km – interrotti dalla Valle del Nilo – e vanta un’ incredibile varietà di paesaggi: le dune di sabbia impresse nel nostro immaginario, in realtà, rappresentano solo il 30 per cento della sua superficie; altre aree sono composte da ghiaia e nuda roccia. A non presentare troppe variazioni sono le temperature, di giorno sempre molto alte, che in estate registrano punte di 45° o 50°. Il clima è estremamente arido, le escursioni termiche tra ore diurne e notturne  possono persino arrivare a 30° di differenza. Le piogge sono totalmente assenti, al contrario dei numerosi tipi di vento: hanno nomi affascinanti come “ghibli”, “simùn”, “khamsin”, “harmattan”, ed è proprio il ghibli l’artefice delle piogge di sabbia di questo torrido periodo.

 

 

Ma se la sabbia trasportata dal ghibli, o scirocco, è un fenomeno che anche Aristotele aveva rilevato in epoca pre-cristiana, non tutti sanno che il Sahara nasconde innumerevoli curiosità e meraviglie. Per esempio, svela a sorpresa delle splendide oasi di palme e laghi salati: si chiamano Awbari, Gardaya, Bajariya, e costituiscono attrazioni turistiche acclamatissime (non temete, non vi imbatterete mai in un assembramento ferragostano). Sapevate, poi, che il deserto del Sahara è stato scelto come location di cult movie del calibro di “Guerre Stellari” e “Alla ricerca dell’ arca perduta”? Il suo paesaggio illimitato, quasi lunare, non poteva lasciare indifferente il mondo del cinema. Nel Sahara del Sudan sono state scoperte 250 piramidi dalla misteriosa origine, a “misura d’uomo” anzichè maestose come quelle d’Egitto. Pare che derivino dai resti di una città esistita tra il 200 a.C. e il 300 d.C., ma non si è mai compreso a cosa servissero. Passando dalla storia alla fauna, anche la volpe più piccola del mondo, ebbene sì, si trova nel Sahara. Il suo nome è fennec o “volpe del deserto”, e a dispetto del corpo minuto esibisce due enormi orecchie che hanno la funzione di disperdere il calore.

 

 

Il fennec, diciamolo, “fa simpatia”. Non si può dire altrettanto della Ceraste cerastes, anche detta “vipera della sabbia” o “vipera cornuta del deserto”: è un serpente particolarissimo munito di corna e molto infido. Si mimetizza perfettamente con la sabbia per non farsi notare e, al momento opportuno, inietta un potente veleno nella sua vittima. Sia il fennec che la vipera cornuta si attivano in gran parte di notte e vivono rintanati nei rifugi del sottosuolo. Una curiosità sull’ acqua, sempre distante dall’ idea di deserto. Errore: in Tunisia, ai confini del Sahara, si trova il lago Chott El-Jerid. La sua superficie? 7000 km2, il che lo rende la più vasta distesa di acqua salata del Nord Africa. Chott El-Jerid è un angolo di incanto, anche perchè cambia aspetto in continuazione: d’estate i suoi cristalli di sale si addensano, asciutti, sul fondo di sabbia e argilla, mentre durante le stagione delle piogge si tramutano in una lamina acquosa dai colori cangianti (che si dice favoriscano i miraggi). Qui, a proposito di “Guerre Stellari”, il regista George Lucas fece atterrare le astronavi che appaiono nel primo film della saga. Concludo questa carrellata di aneddoti con una vera e propria chicca: dovete sapere che sul Sahara nevica persino. Strano a dirsi, eppure la neve cade di tanto in tanto sulla città di Ain Séfra, collocata nel bel mezzo delle dune dell’ Algeria. Il fenomeno è strettamente collegato all’ escursione termica, che di notte provoca un calo delle temperature fino a 0°. L’ ultima volta che i fiocchi di neve si sono posati sul deserto è stato, a tutt’oggi, tra il 2016 e il 2017. Un consiglio: se prevedete di viaggiare nel Sahara in un prossimo futuro, non perdetevi gli sbalorditivi tramonti sulle dune ed equipaggiatevi a dovere contro l’escursione termica per ammirare la meraviglia del cielo stellato che risplende sul deserto.

 

 

 

Il luogo

 

Siamo in aperta campagna, in mezzo al verde, e il nostro sguardo viene invaso dal candido tripudio di petali di un mandorlo in fiore. Il sole risplende, il cielo è limpido: neppure una nuvola squarcia la sua azzurrità luminosa. Un vento leggero fa danzare le foglie e i fiori, dei quali veicola il profumo delicato. In sottofondo, il soave suono di un flauto libra nell’ aria una melodia incantatrice. L’ atmosfera sembra sospesa, un mood etereo aleggia tutto intorno. Tra poco, il nostro picnic irromperà in un’ armonia che, finora, solo il vivace cinguettio degli uccelli è riuscito a spezzare. Consapevoli di questo, ci ripromettiamo di immergerci nello scenario bucolico che ci sta di fronte con la massima discrezione, assaporando fino in fondo l’ avvolgente quiete della natura. E se una Pasquetta simile, molto probabilmente, la vivremo soltanto nei sogni a causa della zona rossa generale, affidiamoci all’ immaginazione: accrescerà ancora di più il piacere di godercela quando saremo finalmente liberi dall’ incubo Covid.

 

 

Il luogo

 

Venezia, oggi, compie 1600 anni. Era il 25 Marzo del 421 quando sulla Riva Alta (Rialto), dove ebbe luogo il primo insediamento lagunare,  venne consacrata la Chiesa di San Giacomo (così riporta il manoscritto del Chronicon Altinate). La città di Venezia fu fondata allora, e 1600 anni dopo festeggia il suo anniversario con un caleidoscopio di eventi, mostre, percorsi alla scoperta degli splendori locali, conferenze e chi più ne ha, più ne metta. L’ avvio alle celebrazioni è fissato per le 11 in punto: nella Basilica di San Marco, il Patriarca Francesco Moraglia officierà una messa divulgata  in diretta TV su Antenna 3 e via social sulla pagina FB di Gente Veneta. Dalle 16 in poi, la Serenissima verrà invasa dal suono delle campane. Tutte le chiese contribuiranno a dar vita a questo speciale “concerto”, un tributo alla città da parte di tutto il Patriarcato di Venezia. Alle 18,30, invece, i festeggiamenti proseguiranno con un omaggio televisivo: lo speciale Venezia tramite cui Rai 2 racconterà la storia della perla lagunare in un connubio di musiche suggestive e spettacolari immagini. “1600 Venezia speciale anniversario” – questo il titolo del programma –  sarà introdotto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un inizio solenne così come solenne è la commemorazione della nascita di una città unica e preziosa, una vera e propria meraviglia che nessun altro luogo al mondo riuscirà mai a uguagliare. I più sentiti Auguri, Serenissima!

 

 

 

The Desert

 

The Desert
    –roseate metallic blue
    & insect green

    blank mirrors &
    pools of silver

    a universe in
    one body

(Jim Morrison, “The Desert”)

 

Il deserto: uno spazio sconfinato, un paesaggio mai uguale a se stesso. Il vento modella le dune e cancella le orme, il sole picchia forte prima di sfumare in un tramonto spettacolare e lasciar spazio ad una notte che, all’ improvviso, cala il suo manto di stelle. Oggi ci perdiamo in questa landa sterminata dove i colori, la bellezza e il silenzio si amplificano a dismisura. Assaporeremo ogni istante del percorso, unendoci al “popolo blu” dei Touareg durante il celebre rito del tè e rinfrescandoci all’ ombra di incredibili oasi. Impareremo passo dopo passo, durante il cammino: a relativizzare la nostra presenza nell’ immensa vastità della natura, a riconoscere che nulla è eterno…neppure le impronte che ci lasciamo dietro. Ma soprattutto, ad ascoltare noi stessi laddove una muta melodia sembra sospendere le coordinate di spazio e di tempo.

 

 

 

 

Il Giardino di Ninfa: antiche suggestioni tra natura e incanto

 

Pensate a un luogo fatato, completamente immerso nella natura. Un luogo dove il verde inghiotte lo sguardo, intervallato dal rosa, dal lilla e dal bianco degli alberi in fiore. Corsi e specchi d’acqua si incastonano tra la vegetazione, riflettono torri solenni e resti di antiche dimore, mentre ovunque è un autentico tripudio floreale: magnolie decidue, rose, ortensie rampicanti, glicini, iris palustri, narcisi, ciclamini e moltissime altre specie sono alternate alle ninfee che galleggiano sotto piccole cascate. Su questo paradiso regna il silenzio, spezzato solo dal canto dei volatili, e l’atmosfera che si respira è secolare e intrisa di magia. Un sogno? Niente affatto. Il luogo appena descritto esiste davvero: è il Giardino di Ninfa, Monumento Naturale situato a Cisterna di Latina. Per darvi un’idea della sua magnificenza, basta dire che il New York Times l’ha definito il più bel giardino al mondo. La storia che Ninfa ha alle spalle è antichissima e travagliata. Nell’ età classica, il suo nome era stato dato a un piccolo tempio dedicato alle Ninfe che si ergeva sul lago, ma in epoca romana designava già un villaggio che viveva prevalentemente di agricoltura. A determinare i suoi avventurosi trascorsi fu la strategica posizione geografica in cui Ninfa era collocata: inserita nel vasto territorio denominato Campagna e Marittima, nell’ VIII secolo fu transitatissima poichè la via Pedemontana che si snodava nei suoi paraggi permetteva di raggiungere il Sud senza passare per la via Appia e la via Severiana, allora sommerse dalle Paludi Pontine. A quei tempi, Ninfa apparteneva allo Stato Pontificio. Divenuta un importante centro urbano, ricco di risorse e superbo architettonicamente, nel X secolo iniziò l’ alternanza governativa che la caratterizzò sempre. Al predominio dei vari Papi si succedette quello di dinastie aristocratiche come i Conti di Tuscolo, i Frangipane, gli Annibaldi, i Colonna; nel frattempo, la rilevanza di Ninfa si accresceva sia dal punto di vista economico, che politico e di struttura urbana: tra il 1100 e il 1200 furono costruiti un castello e delle mura difensive.

 

 

Nel 1294, Benedetto Caetani fu nominato Papa con il nome di Bonifacio VIII e quattro anni dopo, per suo nipote Pietro,  acquistò Ninfa e dintorni al costo di 200.000 fiorini. Per la cittadina cominciò il periodo di massimo splendore. Vennero edificati mulini, ospedali, una torre, un gran numero di chiese e di botteghe, le mura e il castello furono ingranditi e rinforzati. A quell’ epoca ebbe inizio il legame tra Ninfa e i Caetani, un rapporto millenario che, tra innumerevoli vicissitudini, durò fino al XX secolo. Per fare una sintesi, potremmo citare alcune date chiave: nel 1382, in seguito al Grande Scisma, Ninfa venne saccheggiata e rasa al suolo dalle truppe che appoggiavano l’antipapa. Tutti i suoi abitanti fuggirono, condizionati anche dalla malaria diffusasi nelle vicine paludi, e persino le chiese rimaste attive vennero abbandonate poco a poco. I Caetani si trasferirono a Roma. Nel 1500, tuttavia, il Cardinale Niccolò III Caetani volle riscoprire le meraviglie naturali di Ninfa e della sua zona. Esaltò quello splendore attraverso un “hortus conclusus” delimitato dalle mura, un “giardino delle delizie” che conteneva un’ incredibile varietà di agrumi, e la sua opera fu portata avanti dal Duca Francesco IV durante il secolo successivo. Il giardino venne impreziosito da fontane e vene d’acqua sorgiva, ma la permanenza del Duca non durò a lungo a causa della malaria.

 

 

I Caetani tornarono a Ninfa solo sul finire dell’ Ottocento. La stupefacente bellezza del luogo, d’altronde, non poteva passare inosservata: fu così che – nel 1920 – Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onoraro Caetani,  ripristinò l’idea del giardino. Insieme ai suoi figli Gelasio e Roffredo creò un magnifico “English garden”, stabilendo a Ninfa la residenza di campagna della famiglia. Numerose opere vennero realizzate, come la bonifica delle paludi circostanti e la scerbatura dei ruderi, il palazzo baronale fu restaurato e tramutato in una signorile dimora. In questo periodo il giardino si arricchì di un’ ampia gamma di vegetazione. Roseti mozzafiato ma anche lecci, cipressi, faggi accrebbero il suo appeal naturale, specie botaniche provenienti dall’ estero proliferarono grazie all’ umidità apportata dal fiume.

 

 

 

 

Negli anni ’30 del ‘900 fu l’ intellettuale, collezionista d’arte e mecenate Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, a impreziosire il giardino di nuovi arbusti. A quell’ epoca, inoltre, Ninfa divenne un luogo di ritrovo per letterati e artisti di rilievo: nomi del calibro di Gabriele D’Annunzio, Boris Pasternak e molti altri ancora, associati perlopiù alle riviste letterarie “Commerce” e “Botteghe Oscure” fondate dalla Chapin, erano degli habitué del giardino. Persino Benito Mussolini fu ospite di quell’ area delle meraviglie, che visitò nel 1935 durante la bonifica dell’ Agro Pontino. Leila Caetani, figlia di Marguerite e di Roffredo Caetani, fu l’ ultima erede ad occuparsi del giardino e a conferirgli il suo aspetto definitivo. Lo impreziosì scegliendo accuratamente le specie vegetative e floreali, ne accentuò le armonie cromatiche avvalendosi delle sue competenze pittoriche, evitò ogni tipo di sostanza inquinante. Rose rampicanti, pruni e magnolie stellate davano vita ad autentici angoli di incanto, mentre il “Rock Garden” che Leila realizzò incastonava piante e fiori tra le rovine rocciose delle mura di cinta.

 

 

 

Donna Leila, che visse stabilmente a Ninfa dal 1940 in poi, era un’artista e adorava dipingere, viaggiare, le letture di giardinaggio. Frequentava abitualmente poeti e i maggiori esponenti del mondo dell’ arte. L’ impronta che ha donato al Giardino è inconfondibile: ne perfezionò la struttura all’ inglese e lo elevò alla meraviglia attuale. Nel 1972, inoltre, istituì la Fondazione Roffredo Caetani a tutela di Ninfa e del Castello di Sermoneta, un’altra proprietà di famiglia. Leila Caetani morì cinque anni dopo. La Fondazione, alla quale intestò il Giardino e il Castello, a tutt’oggi si occupa della gestione di entrambi e di preservare la memoria del Casato Caetani.

 

 

 

Dichiarato Monumento Naturale della Repubblica Italiana nel 2000, il Giardino di Ninfa – che quest’ anno festeggia i suoi “Cento anni di bellezza” – attira migliaia di turisti ogni anno. Qualche numero per raccontarvelo: si estende su una superficie di otto ettari, vanta oltre 1300 piante e 100 specie di uccelli censiti. Entrare nei suoi spazi è addentrarsi in un eden naturale, dove ci si perde con lo sguardo e con la mente. Cascate di glicine esaltano le antiche rovine, ciliegi e meli ornamentali ostentano le loro spettacolari chiome, aceri giapponesi donano un tocco esotico allo scenario…Il colpo d’occhio è stupefacente, di quelli che rimangono impressi sine die. E poi, ho una notizia fresca fresca da darvi: da qualche giorno, nei corsi d’acqua del Giardino galleggiano sei cigni appena nati. La Fondazione coinvolge tutti nella scelta dei loro nomi, che potrete suggerire visitando la pagina Facebook del Giardino di Ninfa. Per rimanere invece aggiornati sulle visite, in via di riattivazione dopo la sospensione dovuta al lockdown, non mancate di seguire i social del Giardino. Ve li elenco qui di seguito, augurandovi di poterlo esplorare prestissimo: è un esperienza decisamente imperdibile.

FACEBOOK: https://www.facebook.com/giardinoninfa

SITO WEB: https://www.frcaetani.it/giardino-di-ninfa/

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/giardinodininfa/?hl=it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: Archivio Fondazione Roffredo Caetani/Giardino di Ninfa