Santo Stefano in Svezia: “Staffan Stalledräng”, l’antica ballata dei Cantori della Stella

 

Oggi torniamo in Svezia per festeggiare Santo Stefano, una ricorrenza molto importante nella tradizione di questo paese della penisola scandinava. Qui, Santo Stefano viene considerato il protettore dei cavalli; non è un caso che un noto canto della processione di Santa Lucia abbia come titolo “Staffan Stalledräng”, ovvero “Stefano lo stalliere”. Si tratta di un motivo millenario che affonda le sue origini nell’usanza dei Cantori della Stella: diffusasi massicciamente nel XVI, tale tradizione vedeva protagonisti dei gruppi dei ragazzi che, vagando di casa in casa nel periodo natalizio, eseguivano dei canti di questua. Solitamente, uno dei Cantori reggeva tra le mani un bastone sul quale troneggiava una grande stella che rappresentava la Stella di Betlemme; i componenti del gruppo erano camuffati da Re Magi. I Cantori della Stella erano una realtà che accomunava i paesi più disparati: in Europa si era propagata in Svezia, Norvegia, Finlandia, Inghilterra, Austria, Germania, Svizzera, Italia, Spagna, Polonia e Lituania, approdando poi anche in Russia. Al di là dell’Oceano Atlantico, la tradizione si era spinta fino in Messico e in Alaska.

 

I Cantori della Stella (М. Гермашев, Public domain, da Wikimedia Commons)

Ma cosa diceva questo antico canto di Santo Stefano? Basandosi su una leggenda che il monaco e teologo tedesco Giovanni di Hildesheim divulgò nel Medioevo, descriveva il Santo in modi diversi: di volta in volta lo dipingeva nel ruolo di stalliere, cacciatore o servitore del re Erode. Secondo una ballata molto nota in Europa a quell’epoca, Santo Stefano fu colui che avvistò per primo la Stella di Betlemme; ne rimase affascinato al punto tale da decidere di abbandonare per sempre la corte di Erode con l’intento di raggiungere Gesù. La ballata, conosciuta in Inghilterra con il titolo di “St. Stephen was a clerk” o “Saint Stephen and Herod”, era un canto natalizio in cui si parlava di Santo Stefano, un servo alla mensa di Erode, e di come si incantò dinanzi alla Stella di Betlemme che apparve nel cielo la notte della Natività. Non appena la vide, Stefano ebbe quasi un’illuminazione: si separò subito dal re della Giudea per seguire la Stella che lo avrebbe condotto da Gesù. Nella penisola scandinava, la stessa ballata aveva come titolo “Staffan och Herodes” ed esordiva affermando che Stefano era uno stalliere. Questa ballata si basava su una leggenda nordica medievale ben precisa.

 

I Cantori della Stella in un’immagine del 1842 (http://www.show.ro/bucuresti/, Public domain, da Wikimedia Commons)

La leggenda narra di Staffan (Stefano), uno stalliere alla corte di Erode, che una sera, mentre sta dando da bere ai cavalli del re, rimane folgorato da una luminosa stella appena apparsa nel cielo. E’ la Stella di Betlemme, che annuncia la nascita di Gesù; quando lo comunica a Erode, tuttavia, quest’ultimo gli risponde che si tratta di un fatto inverosimile, paragonandolo a un pollo arrosto che all’improvviso comincia a volare. In quel momento, però, il pollo arrosto servito sulla sua tavola prende il volo e si posa sulla sedia dove abitualmente siede il re. Erode si infuria e ordina alle sue guardie di togliere la vita a Staffan. Subito dopo, decreta il massacro di tutti i bambini di Betlemme al di sotto dei due anni di età: il suo scopo era uccidere Gesù, il “re dei Giudei”, la cui nascita gli era stata confermata dai Magi. Conosciuta anche con il nome di “Staffan Stalledräng“, la ballata “Staffan och Herodes” è molto celebre sia in Svezia che in Finlandia, Danimarca, Norvegia e nelle Isole Faroe. Di recente è entrata a far parte dei cori di Santa Lucia, ma originariamente – come ho già accennato a inizio articolo – apparteneva al repertorio dei Cantori della Stella, in Svezia Stjärngosse, che la intonavano di casa in casa con i loro canti di questua.

 

I ragazzi stella della processione di Santa Lucia, con il tipico cappello a punta tempestato di stelle (foto di Holger Motzkau 2010, Wikipedia/Wikimedia Commons (cc-by-sa-3.0), CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons)

Gli Stjärngosse, nel periodo natalizio, si esibivano in ogni casa e fattoria per ricevere del cibo in cambio. Non era raro che improvvisassero versi dal carattere buffo, oppure eclatante, per sollecitare una ricompensa da parte delle famiglie, oppure che ricorressero a sottili minacce per non rimanere a stomaco vuoto. Nell’Ottocento, la ballata di Steffan cominciò ad associarsi a un evento ben preciso, la processione di Santo Stefano del 26 Dicembre. Il canto ispirato alla leggenda che Giovanni di Hildesheim narrò nel 1370 diventò parte integrante delle celebrazioni. Fino al 1770, invece, la tradizione degli Stjärngosse aveva implicato che “Staffan Stalledräng” venisse interpretato dai Cantori il giorno dell’arrivo a Betlemme dei Magi, per la loro implicazione nella leggenda. Oggi, i ragazzi stella della processione di Santa Lucia hanno preso il posto degli Stjärngosse: rappresentano i valletti della Santa, e indossano una sorta di divisa: camicione bianco ampio e lungo fino ai piedi e cappello a forma di cono ornato di stelle dorate. In mano tengono una candela, sostituita a volte da una bacchetta con la stella tipica degli Stjärngosse.

 

Il cappello dei ragazzi-stella svedesi tramutato in decorazione natalizia (foto Unsplash)

La versione svedese di “”Staffan Stalledräng” (che come abbiamo visto, in Scandinavia conta molteplici varianti) si concentra soprattutto sull’avvistamento della Stella di Betlemme da parte di Staffan e sulla sua fuga notturna, in cavallo, alla volta della grotta in cui era appena nato Gesù. Staffan, quindi, non viene fatto uccidere da Erode ma cavalca ininterrottamente “prima che il sole sorga”, come recita un verso del canto.

 

Una riproduzione dei protagonisti della processione di Santa Lucia (foto Pixabay)

 

Ritratti dall’Artico

 

La maggior parte di noi li definisce “eschimesi”, ma gli indigeni che popolano le zone artiche dell’America e dell’Asia Settentrionale preferiscono essere chiamati con il nome dei gruppi etnici ai quali appartengono, Inuit e Yupik. Loro, al gelo sono abituati: le terre in cui vivono sono ghiacciate a titolo permanente. Politicamente si autogestiscono e attribuiscono un’estrema importanza all’educazione dei più piccoli. La lotta più grande che si trovano ad affrontare è quella contro i cambiamenti climatici, che hanno causato non pochi mutamenti in uno stile di vita già fortemente condizionato da un’evoluzione economica e sociale sempre più improntata sulla cultura occidentale. Vivono di caccia e pesca, gli igloo sono stati le loro dimore fino a mezzo secolo fa: in quelle cupole composte da blocchi di ghiaccio si mantenevano al caldo grazie a un tripudio di pelli di renna e a lampade al grasso di foca. L’essere in grado di adattarsi a un ambiente così ostile dal punto di vista climatico è il punto di forza sia degli Inuit che degli Yupik; entrambi i popoli hanno saputo abilmente servirsi delle risorse naturali per sopravvivere al gelo. E dal momento che le previsioni meteo imputano al Vortice Polare – un concentrato di aria glaciale derivante dalla calotta artica – le imminenti ondate di gelo, ho pensato di conoscere meglio queste due popolazioni del grande Nord. Oggi, VALIUM dedica loro una serie di ritratti fotografici che catturano volti, stili di vita e soprattutto emozioni.

 

Foto via Pexels, Pixabay e Unsplash

 

Midsommar, la festa svedese di Mezza Estate

 

In Svezia, come ho già accennato nell’articolo dedicato al Solstizio d’Estate, la Midsommar, o festa di Mezza Estate, è la più celebrata dopo il Natale. Si svolge nel weekend che segue il Solstizio ed è salutata da un’euforia generale: solitamente viene festeggiata in campagna, in mezzo alla natura, per sancire il ritrovato connubio tra l’uomo e il creato dopo i rigori invernali. Nelle città, le location sono invece rappresentate dai grandi parchi svedesi; a Stoccolma, per esempio, la Midsommar si celebra al parco Skansen, il museo all’aperto più antico al mondo. Imprescindibile è la presenza del midsommarstång, il nostro “albero del Maggio”, che viene ornato di fiori, foglie, piante rampicanti, ghirlande floreali e decorazioni simboliche. Attorno al palo si danza, si canta: sono riti ancestrali che propiziano la fertilità della terra e un copioso raccolto autunnale. Gli svedesi si riuniscono con le loro famiglie, i parenti e gli amici per organizzare gioiose tavolate all’aria aperta. Eh già, perchè la Midsommar è una festa conviviale; si mangia e si beve insieme in abbondanza, approfittando del ritorno della luce per assaporare le più tipiche delizie svedesi.

 

 

I cibi tradizionali includono le aringhe in salamoia cucinate in svariati modi (buonissime quelle con panna ed erba cipollina), il salmone marinato, le patate novelle e fragole svedesi in quantità, particolarmente dolci. Bere è un must, in quanto sottolinea l’atmosfera di giubilo per l’arrivo dell’estate: i brindisi di grappa speziata si susseguono accompagnati dagli snapsvisor, caratteristici ritornelli scandinavi che inneggiano alla bontà della bevanda. Potremmo definirli dei versi messi in musica, quasi degli stornelli, che precedono ogni shot di grappa.

 

 

I fiori di campo la fanno da padrone sia sul midsommarstång che come elementi ornamentali della festa. Uno su tutti? Le coroncine di fiori che le giovani donne sfoggiano, intrecciate rigorosamente a mano. Una tradizione prevede che le ragazze raccolgano fiori di campo e che ne posizionino, quella stessa notte, sette diverse specie sotto il cuscino: potranno vedere in sogno il loro futuro marito. La Mezza Estate, in Svezia, è una festa nazionale. Le città si svuotano, molte attività chiudono i battenti e chi può, come ho già detto, si riversa nelle località agresti. All’aperto si organizzano giochi, ci si bagna nei fiumi, si accendono gli immancabili falò in prossimità delle acque se non sull’acqua addirittura. Ma soprattutto ci si corteggia, si imbastiscono flirt, ci si innamora: pare che in Svezia, intorno a Marzo e Aprile, si verifichi un picco delle nascite. Non è un caso che questi neonati siano stati ribattezzati “Midsommar barn”, ovvero “bambini di Mezza Estate”.

 

 

Il dolce più noto della Midsommar è senza dubbio la Jordgubbstårta: si tratta di una golosissima torta di pan di spagna guarnita con deliziosa crema pasticcera, panna, meringhe, fragole e granella. La torta, molto soffice, può essere stratificata e farcita con le fragole a pezzetti affiancate dalla chantilly e dalla panna montata; le fragole intere, le meringhe e dosi massicce di panna montata abbonderanno, poi, sulla superficie della Jordgubbstårta. Inutile dire che un dolce del genere fa salire alle stelle l’entusiasmo che impregna la festa di Mezza Estate

 

Foto via Pxhere, Pixabay e Unsplash

 

Solstizio d’Estate: rituali e tradizioni in giro per il mondo

 

Solstizio. Il tempo sembra fare una sosta e guardarsi intorno in una sospensione di luce.
(Fabrizio Caramagna)

 

L’estate arriva oggi, un giorno prima rispetto al 21 Giugno, esattamente alle 22.51. E pare che dal lontano 1796 il Solstizio non fosse mai caduto così in anticipo: stiamo parlando di ben 228 anni fa! Nell’emisfero boreale inizia l’estate astronomica, i raggi del sole sono posizionati perpendicolarmente al Tropico del Cancro e l’astro infuocato risplende alla massima altitudine. E’ il giorno più lungo dell’ anno: in Italia avremo dalle 14 e mezzo alle 16 ore di luce consecutive. Il Solstizio d’Estate rappresenta, fin da tempi remotissimi, una delle date più importanti e festeggiate dell’anno. Non è difficile immaginare il perchè: la potenza solare è al suo apice, emana un’energia che ha a che fare con la vita stessa. La natura esplode rigogliosa, è tempo di raccolto, che per gli antichi popoli costituiva il sostentamento quotidiano. Ho parlato con dovizia di particolari, negli anni scorsi, del Solstizio d’Estate e delle sue caratteristiche: per rileggere l’articolo del 2023, cliccate qui. Oggi, invece, andremo alla scoperta di come Litha (così i pagani chiamavano il sabbat che celebravano il 21 Giugno) viene celebrato in alcuni paesi del mondo.

 

 

In tutte le culture, il Solstizio d’Estate è una data fortemente connessa con il Sole, la vita e la natura (che sono infatti un tutt’uno). I festeggiamenti più comuni riguardano l’accensione dei falò, simboli solari che esaltano il vigore dell’astro e hanno una funzione beneaugurante e purificatoria. L’energia del Sole, per gli antichi popoli, si concentrava nelle “ley lines”, le linee temporanee che congiungono luoghi ed elementi dall’importante valenza mistica. Ciò valeva anche per i dolmen, i mehir e i cerchi di pietre, monumenti in cui rientrano i megaliti di Stonehenge: il giorno del Solstizio i cristalli di caricano di energia solare, e le pietre di Stonehenge, ricche di quarzo, sono direttamente coinvolte in questo fenomeno. Ecco perchè miriadi di moderni druidi e persone comuni si ritrovano ogni anno nel sito neolitico dello Weltshire, in Inghilterra, per ammirare l’alba del Solstizio.

 

 

Il Sole sorge sempre sulla Heel Stone, il megalito più massiccio che dista circa 75 metri dal complesso di pietre, e in inverno tramonta nello stesso punto. Nei paesi del Nord Europa si celebra la Mezza Estate (Midsommar), e i festeggiamenti vanno dal 21 al 25 Giugno: un periodo che include sia il Solstizio d’Estate che la ricorrenza di San Giovanni Battista. In Svezia, nelle zone rurali, le celebrazioni raggiungono l’apice tra tavolate all’aperto, bevande e cibo a volontà; tra le pietanze tradizionali troviamo le aringhe, le uova sode, le patate novelle bollite, il knäckebröd (un tipico pane croccante) spalmato di formaggio e fragole in abbondanza come dessert. Il clou della festa sono però i balli intorno al palo adornato di ghirlande floreali, il Midsommarstång , un rito antichissimo (pare che risalga al 1500) finalizzato a propiziare la fertilità della terra.

 

 

Un altro rituale immancabile nei paesi scandinavi è rappresentato dagli enormi falò che vengono accesi alla vigilia dei festeggiamenti. Come in molte altre località, i fuochi tengono a debita distanza le entità malvagie e sono di buon auspicio per il raccolto. La particolarità dei falò scandinavi è quella di ardere in prossimità dei laghi, dei fiumi o del mare, creando un effetto di immensa suggestività. In Finlandia, la Mezza Estate è la festa nazionale di maggior rilevanza. Viene considerata la “notte bianca” per eccellenza e si celebra in campagna: il sole di mezzanotte la dota di un scenario straordinario. Un tempo era comune sposarsi in queste date o compiere incantesimi inneggianti all’amore e alla fecondità. Molto importante era anche (e lo è tuttora) bere e gozzovigliare, poichè si pensava che il rumore spaventasse gli spiriti maligni e aprisse le porte alla fortuna. Oggi, all’ antico rito dei falò si alternano la sauna, le danze, le grigliate all’aria aperta e le gite in barca.

 

 

In Spagna le celebrazioni del Solstizio coincidono con la festa di San Giovanni Battista, e come in Italia le tradizioni della vigilia sono numerosissime: la principale riguarda l’accensione dei falò, che hanno una funzione purificatoria per l’esteriorità e l’interiorità di ognuno. Saltare sopra le fiamme è altamente beneaugurante. Più volte si salta, meglio è; farlo tre volte di seguito garantisce buona sorte fino alla fine dell’anno. Un altro rituale vede invece protagonista l’acqua, nello specifico quella dell’oceano: l’usanza del bagno di mezzanotte mira a scacciare le entità malvagie “annegandole” tra le onde.

 

 

A proposito di oceano, un’interessante cerimonia tradizionale si tiene al di là dell’Atlantico, precisamente in Bolivia: sulla Isla del Sol, collocata nel lago Titicaca, il popolo Quechua organizza festeggiamenti a base di danze e musiche tradizionali. Risuonano i tamburi, si espande l’ipnotica melodia del siku (un tipico strumento a fiato andino simile al “flauto di Pan”), si eseguono riti che omaggiano la Pachamama – in quecha “Madre Terra”,  venerata da tutti gli indigeni delle Ande – e inneggiano alla sua fertilità.

 

 

Ritorniamo dall’altra parte dell’oceano, dove in paesi dell’Est come la Polonia, la Bielorussia, la Russia, la Lituania e l’Ucraina il Solstizio si celebra la notte di Ivan Kupala, San Giovanni Battista, ovvero tra il 23 e il 24 Giugno per chi segue il calendario gregoriano. E’una festa molto sentita che include diversi rituali: tutte le donne indossano una corona di fiori, si accendono falò e ci si approvvigiona di erbe magiche, proprio come da noi. Anche in questo caso, il fuoco e l’acqua rivestono dei ruoli fondamentali. Il primo ha soprattutto una funzione divinatoria: secondo la tradizione, le coppie di fidanzati devono saltare sulle fiamme tenendosi per mano; se dopo il salto le loro mani rimangono unite, sono fatti l’uno per l’altra. Nell’acqua, invece, si gettano le corone di fiori delle donne, che a conclusione della festa vengono lasciate galleggiare lungo il fiume. Ma la notte di Ivan Kupala l’acqua la fa davvero da padrone: molti giovani la utilizzano per fare scherzi o bagnare le persone che passano per strada.

 

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