Il libro di fiabe

 

” Quando la mamma tira fuori l’ultimo pacchetto dalla cesta, capisco dalla forma che si tratta di un libro. Ma non è per me. Devono evidentemente aver deciso che questa volta mi tocca farne senza. E invece il pacchetto è proprio destinato a me e, quando lo prendo in mano, ho l’assoluta certezza che si tratti di un libro. Divento rossa di gioia e lancio quasi un grido nell’impazienza di farmi passare le forbici e tagliare i nastri. Strappo la carta con foga ed eccomi davanti agli occhi il più bel libro del mondo, un libro di fiabe. È quello che arrivo a capire dalla figura della copertina. Sento che tutti intorno al tavolo mi guardano. Sanno benissimo che questo è il mio più bel regalo, l’unico che mi rende davvero felice. “Che libro hai ricevuto?” chiede Daniel allungandosi verso di me. Lo apro e resto lì a fissare il frontespizio a bocca aperta. Non capisco una parola. “Fammi vedere!” dice, e legge: “Nouveaux contes de fées pour les petits enfants par Madame la Comtesse de Ségur.” Daniel chiude il libro e me lo restituisce. “È un libro di fiabe in francese”, commenta. “Avrai di che divertirti.” Ho preso lezioni di francese da Aline Laurell per sei mesi, ma sfogliando le pagine del libro mi rendo conto che non capisco niente. Ricevere un libro in francese è quasi peggio che non riceverne neanche uno. Faccio fatica trattenere le lacrime. Ma per fortuna mi cade l’occhio su una delle figure. La più incantevole principessina del mondo viaggia in una carrozza tirata da due struzzi e, a cavallo di uno dei due struzzi, c’è un paggetto in alta livrea con lo stemma ricamato e le piume sul cappello. La principessina ha le maniche a sbuffo e una sontuosa gorgiera. Gli struzzi hanno in testa alti pennacchi e le redini sono ornate di grosse catene d’oro. Non si può immaginare niente di più bello. Man mano che sfoglio, trovo un vero e proprio tesoro di illustrazioni, altere principesse, re maestosi, nobili cavalieri, fate raggianti, orribili streghe, meravigliosi castelli fatati. No, non è un libro per cui piangere, anche se è in francese. Per tutta la notte di Natale me ne sto sdraiata a guardare le figure, soprattutto la prima, con gli struzzi. Mi basta quella per passarci ore. Il giorno di Natale, dopo la messa di primo mattino, tiro fuori un dizionario di francese e mi lancio nella lettura. È difficile. L’ho studiato solo con il metodo Grönlund. (…) Il libro inizia così: Il y avait un roi. Cosa mai vorrà dire? Mi ci vuole quasi un’ora per arrivare a capire che va tradotto: “C’era una volta un re.” Ma le figure mi affascinano. Devo capire cosa rappresentano. Provo a indovinare, cerco nel dizionario e, riga per riga, vado avanti. E alla fine delle vacanze di Natale, quel meraviglioso libretto mi ha insegnato più francese di quanto ne avrei mai potuto imparare in tanti anni di metodo Aline Laurell e Grönlund. “

Selma Lagerlof, da “Il libro di Natale”

 

 

10 tipi di miele e le loro straordinarie virtù

 

E’ dolcissimo, ha una consistenza viscosa e il colore dell’ oro: del miele, VALIUM ha già parlato nella rubrica La colazione di oggi (rileggi l’articolo qui), ma dato che l’ Inverno è dietro l’angolo vale la pena di dire qualcosa in più sui suoi molti benefici. Per contrastare i malanni di stagione, infatti, il miele è un autentico toccasana. Svolge un’azione antibatterica, antinfiammatoria, emolliente, anticongestionante; è particolarmente efficace contro patologie da raffreddamento come la tosse, la faringite e il mal di gola. Il “nettare degli dei” (così lo chiamavano gli antichi popoli) si declina in innumerevoli tipologie: ad ognuna corrispondono delle caratteristiche, delle speciali doti. Scopriamole insieme esplorando dieci varietà. .

Miele di acacia. E’ detto “monofloreale”, perchè le api lo producono utilizzando unicamente il nettare dei fiori dell’acacia. Il suo colore è un giallo tenue, la consistenza è liquida, il sapore delicato e vagamente simile a quello della vaniglia. Il processo di cristallizzazione è pressochè assente, per cui rimane liquido a tempo indeterminato. Le sue proprietà: è un toccasana per le malattie delle vie respiratorie (raffreddore, muco in eccesso, mal di gola, tosse), ma si rivela anche un ottimo rimedio contro l’acidità gastrica.

 

 

Miele di castagno. Deriva dai fiori del castagno e sfoggia un color ambra scuro. Il sapore è aromatico, lievemente amarognolo. Non cristallizza o quasi, per cui rimane liquido molto a lungo. Le sue proprietà: allevia i malanni da raffreddamento e in particolare la tosse, in più favorisce la digestione, la circolazione del sangue ed è un antidoto contro la cistite. Grazie all’acido fenolico, di cui è ricco, combatte l’invecchiamento cellulare e può essere considerato un buon antiossidante naturale.

Miele di tiglio. Il suo colore è un giallo pallido, il sapore è inconfondibilmente aromatico. Cristallizza lentamente fino ad assumere un consistenza compatta. Le sue proprietà: ha un effetto diuretico, aiuta la digestione, svolge un’azione sedativa ed allevia i crampi mestruali.

 

 

Miele di Millefiori. Può essere beige chiaro oppure assumere una colorazione scura in base ai fiori di provenienza: è un polifloreale, poichè viene ricavato dal polline di diversi fiori. Il sapore e la cristallizzazione dipendono dalle specie floreali e dalla zona in cui le api hanno raccolto il nettare. Le sue proprietà: oltre a svolgere un’azione decongestionante per le vie aeree, è un buon depurante per il fegato e un ottimo diuretico. Al pari del magnesio, fissa il calcio nelle ossa.

 

 

Miele di eucalipto. Monofloreale, deriva esclusivamente dai fiori di eucalipto. Ha il colore dell’ ambra, un aroma intenso e un sapore fortemente aromatico. Cristallizza molto rapidamente. Le sue proprietà: contiene una gran quantità di flavonoidi, per cui è un efficace antiossidante. Contrasta le infiammazioni delle vie urinarie e dell’ apparato intestinale.

Miele di girasole. Il colore è un caratteristico giallo oro, il sapore è soave. Cristallizza velocemente. Le sue proprietà: è un valido rimedio contro le nevralgie e combatte il colesterolo LDL, altrimenti detto “colesterolo cattivo”.

 

 

Miele di lavanda. Il colore spazia dal giallo paglierino all’ ambra, ma si tramuta in un beige-bianco dopo la cristallizzazione (estremamente rapida). L’ odore e il sapore sono intensi, ricchi di accenti fruttati e floreali. Le sue proprietà: contrasta gli spasmi, è leggermente sedativo e favorisce il rilassamento.

Miele di corbezzolo. Considerato un miele pregiato, vanta un color ambra che muta in un nocciola scuro o in un ambra tenue una volta cristallizzato. Il gusto è particolarissimo, amaro, definito una sorta di miscela tra il sapore del caffè, del tabacco e del cacao. Il profumo è intenso. Le sue proprietà: è un ottimo antiasmatico, possiede potenti virtù antisettiche e diuretiche.

 

 

Miele di erica. Il suo colore, ambra scuro con venature rossicce, si tramuta in un marrone aranciato dopo la rapida cristallizzazione. Il profumo e il sapore sono intensi, vengono paragonati a note di caramello, zucchero cotto, curcuma, caramella mou, liquirizia e legno aromatico. Le sue proprietà: possiede straordinarie virtù antireumatiche, contrasta l’anemia ed è un valido ricostituente.

 

 

Miele di Tarassaco. Il colore è un ambra giallognolo che diventa un giallo o un crema dopo la cristallizzazione, molto rapida. Al termine di questo processo la sua consistenza è soffice, incredibilmente cremosa. L’odore è penetrante, il sapore delicato e intriso di accenti speziati. Le sue proprietà: svolge una potente azione depurante, è un buon diuretico e riequilibra le funzioni intestinali.

 

 

White Breakfast

 

Prima domenica di Gennaio, prima domenica del 2021. La colazione, oggi, si fa all’ insegna del total white: bianchi sono i bonbon, le ciambelline, le stelle ricoperte di glassa. E bianco è anche lo scenario in cui la colazione si svolge, tazze e piattini inclusi. Il perchè di questa tonalità va ricercato nel suo significato altamente simbolico. Somma di tutte le cromie dello spettro luminoso, il bianco è al tempo stesso assenza e compendio di colore. Rappresenta la fase vitale ai suoi albori, l’ essenzialità, la purezza e la purificazione, è il nuovo inizio per antonomasia. Perchè per ricominciare occorre far piazza pulita di ciò che c’era prima, liberarsi da ogni ingombro: il bianco incarna il pensiero lineare, il minimalismo, ma anche la levità assoluta. Va incontro al futuro senza timore, con fiducia, leggero e privo di zavorre. A chi gli contesta una vaga freddezza, potremmo controbattere che è puro e netto. Unite tutte le definizioni di cui sopra e addizionatele, ora,  ai segni distintivi del “winter wonderland”. Il risultato sarà un connubio di fascino, gusto e raffinatezza che dona un significato del tutto speciale al primo weekend dell’ anno.

 

 

 

 

 

Diego Diaz Marin ‘racconta’ i foulard di Coralie Prévert

 

Ormai lanciatissimo, il giovane fashion photographer andaluso Diego Diaz Marin si prepara a calcare la Croisette in occasione del Festival Internazionale della Fotografia di Moda, che da dodici anni omaggia i grandi nomi esponendo al tempo stesso, in una grande mostra a cielo aperto, le opere di selezionati e promettenti maestri dello scatto Fashion. Nel frattempo, ispirandosi costantemente alla forma artistica del photofilm, Diaz Marin annovera nel suo CV un numero crescente di shooting dalle caratteristiche atmosfere e dai vividi colori divenuti ormai il suo trademark: la advertising campaign realizzata per il brand fiorentino di foulard Coralie Prévert ne è un esempio pregnante. Ritroviamo ancora una volta una protagonista femminile dalla personalità intrigante ma vagamente borderline, alla ricerca di un luogo e di situazioni che possano esprimere al meglio la sua essenza. Spesso si tratta di fughe, reali o immaginarie, che hanno inconsciamente un’unica direzione: quella del viaggio interiore. La protagonista dello shooting per Prévert non fa eccezione: cerca un rifugio e lo trova in un’ antica pensione, chiude fuori il mondo grazie ad un enorme cancello in ferro battuto e si introduce in un’ angusta stanza tinteggiata  di un azzurro intenso.

 

 

La donna entra, è sola. Varca la soglia quasi interamente ricoperta da un foulard, volto e testa compresi. Alla ricerca della propria identità, il suo volto scompare celato dalla stoffa leggera, dalle variopinte stampe. La donna si accascia a terra, si siede su un tappeto dove, in un’atmosfera un filo opprimente, dà inizio alle sue riflessioni.

 

 

Filtra la notte, dal cancello imponente. Dopo aver recuperato una vecchia sdraia anni ’70 a listelli in gomma, la donna gioca a coprirsi e scoprirsi con un grande foulard impalpabile nei toni del blu, del verde e dell’ arancio. I foulard sono la sua compagnia notturna: li giostra, li sperimenta su diverse parti del corpo, li utilizza per scoprire una sè stessa inedita, interpretando ruoli sempre diversi sullo sfondo di pareti  di un azzurro talmente intenso da tramutare l’ ambiente in una sorta di acquario.

 

 

 

 

“Una, nessuna, centomila”? I foulard rappresentano per lei una maschera e una nuova identità al tempo stesso, frantumandola in innumerevoli sfaccettature. Leggerissime o più setose, in fitti pattern geometrici o fantasie sofisticate,  le creazioni di Coralie Prévert sono una sorta di strumento, un viatico per intraprendere il proprio viaggio interiore.

 

 

 

 

E mentre la notte avanza cadenzata dalle sue impersonificazioni, giunge il finale: il sipario si chiude sulla donna completamente avvolta in un  foulard come fosse un bozzolo, novella crisalide. Pronta a librarsi, con ali di farfalla, verso una nuova vita. Non è forse un caso che lo scenario degli scatti di Diaz Marin abbia subito – nel frattempo – un improvviso mutamento cromatico: le mattonelle del pavimento, la sedia a sdraio ed il tappeto hanno abbandonato, come per incanto,  il color ruggine e il terracotta originario per tingersi di un vibrante rosa fucsia, più ‘femminile’ ed incisivo. L’ identità si ricompatta abbandonando ogni travestimento, tracciando linee di definizione palpitanti e intense. Come disse Antonio Machado: ” L’ essenza del Carnevale non risiede nel mettersi in maschera, bensì nel rimuovere il volto. E nessuno è così ben abbinato al proprio da non aspirare a mostrarne un altro, qualche volta. “

 

 

Ipnotica: la pre-collezione estiva di accessori Cavalli in un photofilm di Diego Diaz Marin

 

Si intitola Ipnotica il photofilm lanciato da Roberto Cavalli per presentare la sua pre-collezione estiva di accessori.  Autore degli scatti è ancora un volta il talentuoso Diego Diaz Marin, che con la direzione creativa di Rachele Cavalli ha ideato il concept e realizzato fotograficamente le sequenze che ne sviluppano la storia: un excursus dai tratti surreali e onirici, tinto dei colori vibranti che caratterizzano la produzione artistica del giovane fashion photographer andaluso. Ambientato nella location del castello Sammezzano, in Toscana, Ipnotica ne mostra il suggestivo quid di reminescenze architettoniche marocchine e sivigliane.  In un mood che mescola sensualità, glamour e vagheggiamenti, gli scatti fotografici raccontano la storia della protagonista – la top model Natalia Karimova – evidenziando  la squisita ricercatezza degli accessori Cavalli. Una preziosità che ammalia la bellissima donna a punto tale da farla cadere in un sonno incantato, trasportandola in una sorta di viaggio emozionale che la conduce in lontane terre d’Oriente. Le tappe iniziali del sogno la calano in un antico castello dall’ atmosfera asettica dove lei, con i suoi accessori, può sentirsi assoluta regina. Diaz Marin rende egregiamente la freddezza del luogo tramite una ricca palette di azzurri, che vanno dalle nuance del celeste a quelle del turchese passando per un incisivo bluette. Successivamente, l’azione si sposta in uno scenario dai caratteri esotici in cui i cammelli, gli edifici ed i colori intensi, ambrati, luminosi denotano un tipico paesaggio mediorientale. Il viaggio onirico avrà fine solo con il risveglio della protagonista: al piccolo shock iniziale si sostituisce la consapevolezza di poter rivivere, ogni giorno, le emozioni del sogno grazie agli incantevoli accessori della Maison toscana. La pre-collezione estate 2014 si incastona sublimemente nella storia: oggetti del desiderio allo stato puro, le zeppe design, i gioielli stilosi, le borse di classe curate nei minimi dettagli irrompono nella realtà in tutto il loro splendore. Tramutando l’ esistenza quotidiana in un’ autentica, immaginifica vita da sogno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schield presenta ‘Fuga tropicale’, racconto fotografico di Diego Diaz Marin

 

Per il lancio della sua nuova collezione Spring/Summer 2014, Schield si affida nuovamente all’ estro e alla genialità creativa del fotografo andaluso Diego Diaz Marin. Il brand di gioielleria e bijoux di alta moda fondato da Roberto Ferlito affonda le radici della propria identità in una lavorazione artigianale meticolosa e ricercata, che unisce alla preziosità dei materiali una minuziosa rifinitura a mano dei modelli. La campagna pubblicitaria della collezione dedicata alla stagione calda, com’è consuetudine per Diaz Marin, è basata su un concept sviluppato in una sequenza di immagini che delineano una ministoria: Fuga tropicale, questo il titolo del racconto fotografico in questione, ha come protagonista una splendida donna dalla personalità complessa e vagamente disturbata. Ironica ma tormentata, la donna decide di compiere una fuga verso le calde ed assolate terre della California con un’ unica compagnia, quella dei suoi gioielli Schield.

 

 

La vediamo dunque, scatto dopo scatto, farsi strada all’ interno di una rigogliosa vegetazione tropicale che poi scopriamo essere una serra, mentre si cimenta con un tubo innaffiatoio in gomma o rimane comodamente seduta su una sdraia in listelli di plastica dal sapore rétro. Sogno e realtà sembrano sovrapporsi, in lei, costantemente: fuga onirica o prove generali di una fuga? Questa ambiguità, che compare come un leit motiv nelle campagne pubblicitarie di Diego Diaz Marin, costituisce il punto di forza del racconto e l’ elemento di attrazione che cattura immediatamente chi si accinge a decifrarne le immagini. La realizzazione fotografica è di enorme impatto: l’ azzurro, una costante nei lavori di Diaz Marin, si diluisce stavolta in un verde particolarissimo che ne contiene tracce e che caratterizza quasi in toto la tonalità della vegetazione in cui la protagonista è immersa. I colori, decisi e vibranti come il fucsia, l’ arancio, il bianco, il giallo e l’ azzurro stesso, risaltano negli outfit indossati dalla ‘fuggiasca’ e nei dettagli, ricreando un vero e proprio ‘paesaggio a tinte forti’ che riflette la personalità senza mezzi toni della donna.

 

 

E poi, su tutto, spiccano i gioielli: scenografici e sofisticati, tempestati di colore o meno, rappresentano una delizia per gli occhi. Le rondini, le mosche e i dragoni della linea Frozen Fly vengono appositamente reinterpretati per la stagione estiva, adottando materiali ed un design più attinenti ai  mesi caldi. Ecco quindi che le perle della serie Dragon Pearl si tramutano in turchese e corallo, le rondini vengono impreziosite dai bagliori multicolor dei cristalli Swarowski e le mosche, abbandonando il fiocco di neve su cui durante l’ inverno erano posizionate, diventano protagoniste assolute. Ancora una volta, la maestria e le innate doti artistiche di Roberto Ferlito e di Diego Diaz Marin si intrecciano e si esaltano a vicenda, incastonandosi nella cornice preziosa e ideale degli scatti vividi e traboccanti di sensualità del fotografo nato nel 1987 nei pressi di Malaga: un giovane talento dell’ advertising e della fashion photography di cui risentiremo parlare a lungo.

 

 

 

 

Schield e ‘The Exhibitionist’, la nuova photostory di Diego Diaz Marin

 

Schield Collection lancia la sua nuova campagna pubblicitaria Autunno/Inverno 2013/14 optando per la formula della photostory e presenta The Exhibitionist, raccontata dalle immagini del giovane e talentuoso fotografo Diego Diaz Marin. Con la modella Anna Rudenko come protagonista, The Exhibitionist immortala in sequenze fotografiche progressive la vicenda di una bellissima donna, affetta da un disturbo di personalità che la spinge compulsivamente a mettersi in mostra: un bisogno che la stimolerà ad entrare, furtivamente,  in un museo per fingersi protagonista di un fashion shooting nella location di una giungla artificiale. Nell’ immaginario servizio fotografico, assume pose che mettono in risalto la sua statuaria bellezza  impreziosita dai gioielli Schield, esibiti scatto dopo scatto. Il suo ‘delirio’ verrà infine placato dal personale di sicurezza del museo, che la allontanerà con forza dalla teca di vetro esotica. Ancora una donna ‘disturbata’, ancora una personalità patologica legata ad  una delle manifestazioni caratteriali più pertinenti al nostro tempo: l’esibizionismo, l’ ossessione morbosa del mettersi in mostra. Diego Diaz Marin, riprendendo un topic che accomuna le protagoniste di The Exhibitionist e di Psychotic Love di Roberto Cavalli – di cui è stato il celebrato autore – sembra affascinato da donne ‘problematiche’ e lievemente megalomani: quel che lo attira, come egli stesso afferma, è la loro dignità, mai scalfita neppure dalle più assurde azioni, la loro superiorità morale rispetto ai gesti stravaganti compiuti. Il formato della photostory è l’ideale per raccontare personaggi e vicende esprimendone la dinamicità, la fluidità, il movimento nella serie di scatti in sequenza cronologica, piuttosto che in una singola foto.  Il colore vivido, forte e profuso, è un elemento costante nella fotografia di Diaz Marin: The Exhibitionist sancisce il predominio dell’ azzurro, un turchese brillante quasi da fondale marino che crea un link tra background, occhi della protagonista e dettagli del suo look come lo smalto alle unghie dello stesso colore. Su questo sfondo dalla tonalità  monocroma, la esibizionista e gli animali imbalsamati del museo risaltano in modo particolare, avvolgendosi nella velatura onirica della realtà parallela da lei vissuta. La sensualità e il glamour vengono abbondantemente emanati da una Rudenko che indossa top attillati,  reggiseni a fascia, pantaloni in pelle, camicie bianche perfettamente ‘aggiustate’ al corpo e con i capelli biondi, liscissimi, accuratamente pettinati all’ indietro.

La sua sofisticatezza, la sua eleganza ci spingono a parteggiare per lei condividendo la sua fantasticheria con l’indulgenza  che si riserva a chiunque deleghi all’apparenza un ruolo supremo anche se fittizio: un leit motiv della nostra contemporaneità, dopotutto. Il fascino ammaliante mantenuto nella compulsività stimola condivisione, ammirazione dell’ audacia al di là di qualsiasi condanna, un sorriso divertito nei confronti di chi, con caparbietà e sventatezza, tenta comunque di vivere un proprio sogno. La photostory di Diego Diaz Marin si rivela dunque, oltre che un perfetto veicolo pubblicitario, ottimo strumento indagatore della realtà che si avvale di due motivi fondamentali: il glamour e la fantasia. Il che, non guasta.

 

 

The Exhibitionist

Fotografo: Diego Diaz Marin

Stylist: Roberto Ferlito e Diego Diaz Marin

Modella: Anna Rudenko

Hair Stylist: Nino Maiorana

Make Up Artist: Carla Sorrenti

Roberto Cavalli presenta Psychotic Love

 

Un film fuori dagli schemi, composto da sequenze fotografiche che sviluppano un storia espressa dal titolo – Psychotic love – in modo calzante: è il progetto più recente di Roberto Cavalli, che si avvale della direzione creativa di Rachele Cavalli e degli scatti di Diego Diaz Marin. Un progetto mirato a promuovere la nuova collezione accessori del brand evidenziando, in particolar modo, l’ iconica Hera bag. Protagonista del film è una star volitiva e ribelle, fortemente caratterizzata da una fluente chioma di capelli ramati, che si muove nei dintorni di una immensa magione di campagna – e poi al suo interno – senza mai separarsi da una gallina nè dalla sua Hera bag. Le esperienze che vive, sequenza dopo sequenza, evidenziano un suo disagio crescente sempre più ossessivo accompagnato da una progressiva variazione nei colori delle immagini, che si tramutano in toni inesorabilmente dark di pari passo con l’ implosione psichica della protagonista. Il film intanto, enfatizzando i superglamourous accessori del brand, si snoda tra tonalità di estremo impatto che amalgano, in modo artistico, gli outfit della ‘donna sulla crisi di nervi’ all’ ambiente circostante quasi mimetizzandoli in esso. Le sequenze lasciano sporadicamente spazio a scatti in cui il corpo della star si moltiplica a dismisura e crea giochi geometrici intrecciandosi con elementi dello sfondo, dando vita a sorprendenti effetti psichedelici. Le foto di Diaz Marin sono splendide realizzazioni artistiche che eccellono sia nel ritrarre le ambientazioni in esterno che in interno, partendo dalla sorta di iniziale trip ‘bucolico’ della protagonista fino ad arrivare alle claustrofofiche crisi nella sua cupa abitazione. La scena finale del film mostra la star in procinto di abbandonare tutto: circondata da bagagli e valigie di ogni tipo, si appresta a salpare verso la sua nuova esistenza. La Hera Bag, naturalmente, è lì ad accompagnarla, irrinunciabile compagna di vita e di avventura. Come dire: si può rinunciare a tutto, mai allo stile. (Nelle immagini, alcune sequenze del film).