“Le sorelle Chanel”: un libro per celebrare il 50esimo della morte di Mademoiselle

 

Il 10 Gennaio del 1971, a Parigi, moriva Coco Chanel. Il cinquantesimo della sua morte rappresenta un’ ulteriore occasione per celebrare una stilista che è già un’ indimenticata icona: senza dubbio, la più nota ed osannata couturière del panorama mondiale. Rivoluzionò il concetto di moda e di stile, impose una nuova femminilità, i capi che creò sono immortali. E, last but not least, fu uno dei primi esempi di “self-made woman”, tanto per usare un termine che con la sua vita calza a pennello: alle spalle non aveva una famiglia abbiente, ne’ dei prestigiosi studi nel settore. Eppure, il suo background fu altrettanto formativo delle migliori scuole. In questi giorni ce lo racconta un libro, “Le sorelle Chanel”, firmato dalla scrittrice statunitense Judithe Little e pubblicato dalla casa editrice Tre60. L’ ennesima biografia di Gabrielle Bonheur Chanel, vi state chiedendo? Niente affatto, o meglio: una biografia, certo, ma approfondita da un punto di vista sicuramente inedito. Judithe Little sceglie Antoinette (detta Ninette), la minore delle tre sorelle ChanelJulia-Berthe era la maggiore, Gabrielle la mezzana – per dar voce ad un racconto sincero e spassionato sul loro percorso esistenziale. Figlie di Henri-Albert Chanel, un venditore ambulante, e di Jeanne DeVolle, dopo la morte della madre le tre sorelle vengono affidate alle cure delle suore dell’ orfanatrofio di  Aubazine. Alphonse e Lucien, i due figli maschi di Henri-Albert e Jeanne, trovano invece rifugio presso una famiglia di agricoltori che aiutano nelle incombenze quotidiane. Per anni Julia-Berthe, Gabrielle e Antoinette vivono nella speranza che il padre le porti via dall’ orfanatrofio e le tenga con sè, finchè capiscono che ciò (nonostante le promesse iniziali) non avverrà mai. Continuano quindi a respirare le austere atmosfere del convento di Aubazine, dove le suore le abituano a una severa disciplina e sono obbligate ad indossare una spartana divisa. Non tutto, però, in quei luoghi è rigidità e rigore. Tanto per cominciare, le sorelle Chanel imparano a padroneggiare l’arte del cucito. Il monastero stesso, poi, si tramuta (soprattutto per Gabrielle) in una profonda fonte di ispirazione. Narra Antoinette all’ inizio del libro: ” Certi dettagli di Aubazine sarebbero rimasti con noi per sempre. Il bisogno d’ordine. L’ amore per la semplicità e il profumo di pulito. Uno spiccato senso del pudore. L’ attenzione per la cura artigianale, le cuciture impeccabili. La serenità del contrasto tra bianco e nero. Le stoffe ruvide, sgualcite, dei contadini e degli orfani. “…I rosari che cingono la vita delle suore, i mosaici intrisi di una simbologia mistica fatta di stelle e mezzelune, le vetrate istoriate, gli stessi spazi ampi, sgombri e desolanti del convento rappresentano dettagli che fomentano l’ immaginazione. Se di giorno è la disciplina ad imperare, di sera le sorelle – complici i libri e i magazine femminili – si abbandonano al sogno di un’ altra vita, dove l’eleganza, il lusso e il fascino sono i protagonisti principali. Ogni minima suggestione assorbita ad Aubazine entrerà a far parte dell’ archivio ispiratore della futura Maison Chanel, della sua iconografia, sia per quanto riguarda gli abiti che i bijoux. Quando a diciotto anni Gabrielle e Ninette lasciano il monastero, sono più determinate che mai: a Moulins lavorano e si perfezionano nel cucito, ma frequentano assiduamente anche i Café-Chantant (dove Gabrielle si esibisce come cantante per un periodo), a Vichy le si può incontrare nelle sontuose sale da concerto, ma è a Parigi che inizia la loro grande avventura. Coco Gabrielle viene così ribattezzata grazie al titolo di una delle sue canzoni, “Qui a vu Coco?” – inizia a creare cappelli nella Ville Lumière, e poco dopo (finanziata dal suo grande amore Boy Capel) apre la storica boutique di Rue Cambon 31. Ai cappelli, che riscuotono un successo incredibile perchè sono semplici pagliette ornate da fiori o piume, segue la creazione dei suoi capi di vestiario, innovativamente pratici e essenziali, e poco tempo dopo l’ apertura di boutique Chanel in esclusive località balneari quali Deauville e Biarritz. Ninette affianca la sorella costantemente, ma la Prima Guerra Mondiale segna un punto di svolta decisivo. Per Coco e Antoinette è una nuova lotta, ma stavolta mette in gioco la sopravvivenza, la realizzazione di sè e un’ inevitabile separazione. Il resto è storia: la Maison Chanel rimane un colosso della Couture, mentre per quanto concerne il rapporto tra le due sorelle vi rimando al libro senza fare spoiler. “Le sorelle Chanel” si accinge ad uscire in ben dieci paesi. E’ risaputo che Coco Chanel non amasse parlare della sua vita nè della sua famiglia, e che nel tempo si “costruì” un passato imbastito perlopiù sulla fantasia. Puntare su Antoinette come narratrice ha permesso a Judithe Little di rimuovere il velo della finzione per conoscere la verità così com’era, nuda e cruda. Ma le parole della minore delle sorelle Chanel non rivelano solo una realtà abilmente camuffata, bensì il grande dolore che sottostà a questa rielaborazione: il dolore dell’ abbandono, una ferita per sempre sanguinante nell’ esistenza di Coco/Gabrielle.

 

Foto di Coco Chanel via chariserin from Flickr, CC BY 2.0

 

Buona Epifania di Luce

 

” «Lumen requirunt lumine». Questa suggestiva espressione di un inno liturgico dell’Epifania si riferisce all’esperienza dei Magi: seguendo una luce essi ricercano la Luce. La stella apparsa in cielo accende nella loro mente e nel loro cuore una luce che li muove alla ricerca della grande Luce di Cristo. I Magi seguono fedelmente quella luce che li pervade interiormente, e incontrano il Signore. “

Papa Francesco, dall’ Omelia del 6 Gennaio 2014

 

 

 

 

 

 

Immagini: Gentile da Fabriano, “Adorazione dei Magi” (1423), particolari del dipinto. Photo courtesy of Uffizi, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

 

White Breakfast

 

Prima domenica di Gennaio, prima domenica del 2021. La colazione, oggi, si fa all’ insegna del total white: bianchi sono i bonbon, le ciambelline, le stelle ricoperte di glassa. E bianco è anche lo scenario in cui la colazione si svolge, tazze e piattini inclusi. Il perchè di questa tonalità va ricercato nel suo significato altamente simbolico. Somma di tutte le cromie dello spettro luminoso, il bianco è al tempo stesso assenza e compendio di colore. Rappresenta la fase vitale ai suoi albori, l’ essenzialità, la purezza e la purificazione, è il nuovo inizio per antonomasia. Perchè per ricominciare occorre far piazza pulita di ciò che c’era prima, liberarsi da ogni ingombro: il bianco incarna il pensiero lineare, il minimalismo, ma anche la levità assoluta. Va incontro al futuro senza timore, con fiducia, leggero e privo di zavorre. A chi gli contesta una vaga freddezza, potremmo controbattere che è puro e netto. Unite tutte le definizioni di cui sopra e addizionatele, ora,  ai segni distintivi del “winter wonderland”. Il risultato sarà un connubio di fascino, gusto e raffinatezza che dona un significato del tutto speciale al primo weekend dell’ anno.

 

 

 

 

 

Un “Happy New Year” d’antan

 

” Il nuovo è molto antico, si può anzi dire che è sempre ciò che c’è di più antico.”
(Eugène Delacroix)

Chi segue VALIUM conosce bene la mia passione per le vintage cards. L’ arrivo del 2021, di conseguenza, non poteva che essere salutato da una gallery di preziose chicche d’antan: biglietti d’auguri raffiguranti antichi miti del periodo natalizio. Il nuovo anno viene sempre rappresentato come un bambino, un putto, un angioletto, l’ anno vecchio è un uomo vetusto dalla barba lunga. L’ infanzia fa da supremo leitmotiv, nelle card che celebrano il 1 Gennaio; rievoca l’ eterno ciclo di morte e nascita, paragonando lo scorrere dei dodici mesi alle fasi dell’ esistenza umana. Poi ci sono enormi orologi che segnano la mezzanotte, signore della Belle Epoque intente in un brindisi con dei cavalieri in frac, prototipi di automobile dove l’arrivo dell’ anno nuovo (una fanciulletta con tanto di corona sul capo) è salutato da un angioletto che dà fiato alle trombe, pattinatrici su ghiaccio accudite da paradisiache creature alate…Oggi, voglio augurarvi ancora un felice 2021 tramite una serie di piccoli capolavori artistici che risalgono al XIX secolo: i soggetti, con la loro naïveté, sono ricchi di pathos e risvegliano le emozioni, stendendo un velo di fatato stupore sulle ricorrenze a cui rimandano. E’ anche così, d’altronde, che si accresce l’ incanto delle feste più attese dell’anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto (dall’alto): n. 1 e 5 via The Texas Collection, Baylor University, from Flickr, CC BY-NC 2.0

Le rimanenti, via Wikimedia Commons

 

 

Felice Anno Nuovo

 

Vi auguro un 2021 sfavillante, scoppiettante, pirotecnico, che spazzi via ogni cupezza. Che il nuovo anno sia un anno all’ insegna di un rinnovato fermento, di una ritrovata armonia. Della gioia di vivere messa a dura prova nei mesi scorsi.

Buon 2021 di rinascita a tutti gli habitués di VALIUM, a chi ci legge di tanto in tanto e a chi non ci conosce ancora!

 

 

 

 

 

The Christmas I Love

 

Il Natale è terminato, ma solo cronologicamente: la sua magica scia ci accompagnerà per molti altri giorni ancora, almeno fino al 6 Gennaio. Prima che inizi la settimana di Capodanno e arrivi l’attesissimo 2021, quindi, è doveroso dedicargli un tributo. Ho pensato di omaggiare la festa più incantata dell’ anno tramite una serie di immagini che raffigurano la mia idea di Natale: come nel caso del post sul Solstizio di Inverno non si tratta di foto, bensì di illustrazioni. Nessun’ altra espressione artistica, infatti, potrebbe descrivere meglio il Natale che amo. E’ un Natale d’altri tempi, collocato all’ incirca nell’ era vittoriana, quando dire “Natale” voleva anche dire “neve abbondante”, e tutto, nei villaggi nordici dai tetti spioventi, evocava le ammalianti atmosfere della Natività: dalle case adornate di un tripudio di luci agli abeti addobbati persino in aperta campagna, nei boschi, sui lungofiumi. Si viaggiava ancora in carrozza, con gli zoccoli dei cavalli che scalpitavano sui sentieri imbiancati, ma già cominciavano a far capolino le prime auto. Babbo Natale era una figura mitica che nessun bimbo osava mettere in discussione, esisteva e basta. I regali, giocattoli d’ogni specie, venivano portati da lui dopo un lungo viaggio in slitta; su questo non c’erano dubbi. Testimonianze di un’autentica venerazione nei suoi confronti sono le deliziose Christmas card dell’ epoca, che lo ritraggono spesso sullo sfondo di paesaggi fiabeschi. Che Babbo Natale sia reale o meno, persiste sempre una certezza: il Natale è il periodo più magico dell’ anno, e neppure il Covid, la quarantena, la zona rossa potranno mai scalfire questo assioma. Perchè il Natale vive in noi, è un miscuglio di ricordi e sensazioni che ci portiamo dentro sin dall’ infanzia. Il suo spirito riaffiora automaticamente. Basta cercarlo nel cuore, nelle reminiscenze, nei cinque sensi…e con un pizzico di fantasia.

 

 

 

Buon Natale

 

” Fa bene a momenti tornar bambini, e più che mai a Natale, ch’è una festa istituita da Dio fattosi anch’egli bambino.”
(Charles Dickens)

Vi auguro un Natale sereno, pieno di gioia e di stupore. Un Natale che ammanti il vostro stato d’animo di candore e vi faccia riscoprire quell’ entusiasmo tutto infantile con cui guardavamo a questa festa magica, oggi più che mai all’ insegna del calore familiare.

 

 

 

 

Felice Yule

 

Fin da piccolo pensavo che la brina fosse polvere magica che il vento regalava all’inverno per renderlo più bello, dolce e meraviglioso. Quando quella polvere magica copre ogni cosa, so che la natura non lascia nulla al caso.
(Stephen Littleword)

Felice Solstizio d’Inverno, felice Yule. Chi segue VALIUM sa che mi riferisco al Solstizio prendendo in prestito il nome che aveva nell’ antica tradizione germanica e celtica dell’era pre-cristiana: un nome che – derivante dal norreno “Hjòl” (ovvero “ruota”) – indicava il punto più basso in cui, in questo periodo, si trova la Ruota dell’ Anno. Oggi, il sole raggiunge la declinazione minima nel suo apparente percorso sull’ Eclittica. Il giorno è brevissimo, la notte interminabile, ma le ore di luce torneranno ad allungarsi (seppure impercettibilmente) già da domani. L’ immenso fascino di Yule risiede nella sua valenza simbolica, nel suo incarnare il passaggio tra Autunno e Inverno, tra buio e luce. Miti, tradizioni e rituali associati a Yule risalgono a tempi remotissimi (rileggete qui il post che VALIUM ha dedicato un anno fa all’ argomento). Risaltano i temi incentrati sulla morte, sulla trasformazione, sulla rinascita, perchè il Solstizio d’ Inverno è tutto questo all’ unisono: vita nella morte, luce che si rigenera nell’ oscurità. Non è un caso che presso gli antichi Celti vigesse un rito in cui le donne, immerse nel buio più totale, attendevano che gli uomini rincasassero portando loro una candela per accendere il fuoco; subito dopo, avrebbero celebrato tutti insieme il ritorno della luce, la luminosità emanata dalle fiamme del focolare. Perchè se Yule è neve, cielo color grigio perla, aria pungente, gelo e brina,  è anche – e prima di ogni altra cosa – una promessa di luce. A corredare questo post non troverete foto, ma solo illustrazioni: per esaltare le atmosfere magiche. senza tempo e di pura meraviglia che il Solstizio d’ Inverno porta con sè.

 

 

 

 

Il Solstizio d’Inverno e lo spettacolo cosmico di Giove e Saturno

 

Domani, il Solstizio d’Inverno ci regalerà una sorpresa a dir poco cosmica, e in senso letterale: l’arrivo di una splendente stella di Natale. Dopo circa 400 anni, infatti, e 800 da quando l’evento fu osservabile a occhio nudo, Saturno e Giove si troveranno in congiunzione. I due pianeti più maestosi del sistema solare si avvicinano ogni giorno che passa e il 21 Dicembre saranno talmente contigui da sembrare un unico pianeta, un pianeta che emanerà una luce straordinariamente intensa. In realtà, il loro allineamento viene percepito come un tutt’uno solo dai nostri occhi: l’ abbagliante Giove e Saturno, con il suo affascinante sistema di anelli, disteranno ben 733 milioni di chilometri. Ma mai, se non nel 1623 per l’ultima volta, sono stati tanto vicini. Tutto merito di Giove, che si muove a passo decisamente più spedito rispetto a Saturno, e il 21 Dicembre giungerà al suo fianco prima di sorpassarlo e proseguire il suo percorso. Tra i due “giganti gassosi” si verificherà una congiunzione strettissima, che li vedrà separati solamente di un decimo di grado (vale a dire a una distanza che equivale a un quinto del diametro lunare).

 

 

L’ evento, raro e assolutamente imperdibile, è previsto per le 17.45; vi consiglio di tenervi liberi, perchè questo spettacolo planetario non è destinato a ripetersi fino al 2080! La sua particolarità lo rende sbalorditivo anche visivamente. Dall’ allineamento di Giove e Saturno scaturirà una luminosità tale da essere già paragonata a quella della stella di Betlemme: nel 1614 Keplero, il noto astronomo tedesco, ipotizzò che la cometa che guidò i Re Magi fosse il frutto di una congiunzione tra Giove, Saturno e Venere, mentre altri studiosi parlano di una congiunzione tra Giove, Saturno e Marte che ebbe luogo nel 7 a.C. Domani in congiunzione si troveranno solo Giove e Saturno, ma il loro connubio si preannuncia talmente sfolgorante da non aver bisogno di alleati.

 

 

Gli odori del Natale

 

” Basta che un rumore, un odore, già udito o respirato un’altra volta, siano di nuovo reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente e ordinariamente nascosta delle cose venga liberata, e perché il nostro vero “IO”, che talvolta sembrava morto, ma che non lo era interamente, si desti, si animi, ricevendo il celeste nutrimento che gli viene offerto. “

(Marcel Proust)

Già oltre un secolo orsono, Proust parlava di potenza evocativa degli odori. Senza entrare in dettagli scientifici, conosciamo ormai bene la valenza che ricoprono i cinque sensi nel far riaffiorare ricordi e sensazioni: l’olfatto gioca un ruolo chiave. Alcuni studi hanno dimostrato che profumi e odori stimolano il riemergere delle memorie che custodiamo da maggior tempo “coordinandole”, inoltre, con ulteriori memorie associate ai sensi. Prendete ad esempio il Natale. E’ un periodo magico che ognuno di noi collega a svariati odori, indimenticabili proprio perchè legati a giorni (e notti) tanto speciali. Vagando per i mercatini natalizi, il profumo “ricco” e corposo del croccante, dello zucchero filato elargito in soffici nuvole agli avventori costituiscono – o meglio costituivano, prima dell’era del Covid – degli indelebili imprinting olfattivi. E come non pensare al Natale della nostra infanzia? Quando gli abeti non erano ancora stati soppiantati dagli alberi sintetici, i loro aghi emanavano un profumo di bosco inconfondibile. Immaginate poi il fuoco che ardeva nel camino: quelle fiamme e le scintille che sprigionavano rappresentavano uno spettacolo per gli occhi, mentre danzavano nel vano del focolare. L’ odore della legna che brucia è quasi indissolubilmente connesso alle festività natalizie, quando aspettavamo con ansia l’arrivo di Babbo Natale e giocavamo a tombola con i genitori e i parenti riunitisi per l’ occasione. Altri profumi memorabili provengono dalla cucina. Alcuni esempi? L’ aroma avvolgente, dolciastro e intenso della cannella, quello aspro delle arance e dei mandarini di stagione o, ancora, quello invitante dello zucchero a velo, delle uvette dei panettoni. Il Natale, insomma, rimanda ad un archivio olfattivo ricco di sentori. Grazie ad essi riviviamo gli attimi più belli, spensierati e felici di feste che, da bambini, attendevamo per un anno intero (con la vana speranza di cogliere in flagrante Babbo Natale o la Befana mentre si introducevano nei nostri camini). I profumi più evocativi delle mie festività rimangono quello dell’ abete – che i miei acquistavano ogni anno al Vivaio Forestale e sceglievano di un’ altezza che sfiorava quasi il soffitto – e quello del focolare acceso: entrambi, emblemi di momenti vissuti all’ insegna di un calore familiare straordinario e irripetibile. Quali sono, invece, i vostri odori del Natale?