Maggio

 

Duro è il cuore che non ha mai amato in maggio.

(Geoffrey Chaucer)

 

Diamo il benvenuto a Maggio, il mese in cui la Primavera si incammina verso l’Estate. Per il calendario romano era Maius: il nome si ispirava a Maia, la dea latina della fecondità a cui era stato dedicato l’intero mese. Maius, nell’antica Roma, si apriva proprio con un rito sacrificale in onore della dea. Ogni 1 Maggio, infatti, il sacerdote preposto al culto del dio Vulcano (di cui  Maia era la consorte) celebrava una cerimonia che prevedeva il sacrificio di un maiale per propiziarsi la benevolenza della divinità. Coincidendo Maius con il periodo del risveglio, quando il raccolto dei cereali si approssima e la natura elargisce i suoi frutti in abbondanza, era molto importante ingraziarsi la dea. Dal nome del sacrificio, chiamato sus maialis (dove con “sus” si indicava il suino), è probabilmente derivata la denominazione odierna del sus scrofa domesticus. Alla fine del XVIII secolo il mese di Maggio venne dedicato alla Vergine Maria, e la pratica devozionale cattolica che da allora lo contraddistingue è la recita del rosario. Per il calendario gregoriano, Maggio è il quinto mese dell’anno. Conta 31 giorni e i segni zodiacali inclusi nel periodo sono il Toro e i Gemelli. Il 1 Maggio, Festa dei Lavoratori, rappresenta la ricorrenza più famosa; la seconda domenica del mese, invece, si celebra la Festa della Mamma. Il colore di Maggio è il rosa, e la rosa è il suo fiore per eccellenza. La pietra preziosa associata al mese della Madonna è lo smeraldo, nota sin dai tempi dell’ antico Egitto per il suo immenso fascino.

 

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Cantare il Maggio: i maggerini e i loro canti rituali

 

Con il 1 Maggio ritorna la tradizione agreste dei “canti del Maggio”, diffusi prevalentemente in regioni come le Marche, l’Umbria, la Toscana, l’Emilia Romagna, la Liguria, il Piemonte e alcune aree della Lombardia. I cantori, detti “maggerini” o “maggianti”, danno il via ai loro canti di questua nella notte del 30 Aprile e li concludono la sera successiva. Sono canti gioiosi, stornelli accompagnati dal suono dei violini, delle fisarmoniche, dei cembali e degli organetti; i termini e le espressioni dialettali la fanno da padrone, rendendo ancor più genuino il saluto alla Primavera che i maggerini intonano di porta in porta, inoltrandosi nei villaggi e percorrendo i sentieri campestri. Nelle Marche, la mia regione, i canti di questua si chiudono immancabilmente con un “saltarello” vivacissimo che sottolinea le richieste che i cantori rivolgono al “vergaro” e alla “vergara” (i proprietari della casa colonica). La tradizione, infatti, vuole che i maggerini ricevano una lauta ricompensa: di solito si tratta di salumi, uova, formaggi e pollame vario affiancati al classico bicchiere di vino. E’ molto raro, d’altronde, che le famiglie non soddisfino la questua; si dice che i doni elargiti ai cantori attirino la buona sorte, favoriscano il benessere fisico e garantiscano un abbondante raccolto.

 

 

Il numero dei maggerini può variare dai tre ai dieci, anche se gruppi così nutriti sono comuni più che altro nel fabrianese. Il Cantamaggio, come vi ho già accennato, inneggia alla Primavera e alla lietezza (ma anche all’ebbrezza) che si associa alla rinascita. L’allegria predomina, mescolata ad accenti dionisiaci e a una malizia scanzonata. Non mancano le odi alla fertilità di buon auspicio per il nuovo ciclo agricolo: è questo, sostanzialmente, l’augurio che i maggianti portano di casa in casa. Il Cantamaggio, non a caso, trae le sue origini dai riti di fecondità che i pagani eseguivano in epoche molto antiche.

 

 

I profondi mutamenti della società hanno fatto sì che, fino a qualche anno fa, la tradizione di “cantare il Maggio” si smarrisse nei meandri del tempo. L’omologazione ha a poco a poco distrutto la cultura agreste; le campagne si spopolano e solo un esiguo numero di famiglie potrebbe offrire ai maggianti salumi, formaggi e uova fresche. Negli anni ’80, eppure, come per miracolo qualcosa è cambiato. Mi riferisco sempre alle Marche: il Cantamaggio di Morro d’Alba festeggia questo mese la sua 42esima edizione, e anche in paesi come Montecarotto e Monsano è stata ripristinata l’antica usanza dei canti di questua. Nel fabrianese, poi, il rito del Cantamaggio ha ripreso gradualmente vigore. L’appuntamento con i maggerini è ormai immancabile sia nelle frazioni che per le strade di Fabriano, dove non è raro avvistarli mentre intonano i loro canti rituali.

 

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1 Maggio, Beltane

 

1 Maggio. Se la tradizione, oltre che alla Festa del Lavoro, associa questa data al Calendimaggio (rileggi qui l’articolo che VALIUM gli ha dedicato), i Gaeli – un popolo celtico stanziatosi in Scozia e in Irlanda – celebravano Beltane, il giorno che coincideva con l’inizio dell’Estate. Il nome deriva dall’ irlandese antico “Beletene”, ovvero “fuoco luminoso”, e in Irlanda veniva usato anche per indicare il mese di Maggio. La collocazione di tale ricorrenza era fissata a metà tra l’ Equinozio di Primavera e il Solstizio d’Estate. Ma cosa si festeggiava, esattamente? Innanzitutto il ritorno della luce e della vita; accanto ad esse, la fertilità. Luce, vita e fertilità rappresentano una triade inscindibile, l’una è direttamente collegata all’altra. Il sole a Maggio torna a splendere, il clima è mite, si può godere dell’aria aperta. Ci si proietta verso l’esterno anche interiormente: la natura rigogliosa e le giornate sempre più lunghe diffondono un’atmosfera gioiosa. Si progettano picnic, scampagnate, si intrecciano amicizie e nuovi amori. E’ il periodo in cui il bestiame, dopo lo svernamento, viene condotto al pascolo. A Beltane, nel X secolo, i greggi e le mandrie erano sottoposti a pratiche di benedizione e purificazione da parte dei Druidi, che accendevano enormi falò sulle colline. Lì avevano luogo i rituali.

 

 

Questa tradizione sopravvisse persino dopo l’avvento del Cristianesimo e resistette fino agli anni ’50 del 1900. Non era, però, esclusivamente rivolta agli animali. Un gran numero di persone ardiva attraversare i falò saltando. Il rito aveva un carattere di buon auspicio e preveggenza: quanto più alto era il salto, tanto più alto sarebbe stato il raccolto. Molteplici usanze celebravano la fertilità tramite la formazione di nuove coppie. Il rito del Palo del Maggio, ad esempio, era comune presso i popoli Germanici e Anglosassoni. Prevedeva che un tronco di betulla, ontano, pioppo o maggiociondolo venisse privato dei rami e poi fissato nella terra. Alle donne del villaggio spettava il compito di attaccare al Palo ventiquattro nastri che misuravano il doppio della sua lunghezza; i colori erano innumerevoli, ma prevalevano il rosso, che simboleggiava il principio maschile, e il bianco, emblema di quello femminile. Le donne nubili erano tenute a realizzare una ghirlanda di fiori da porre attorno al Palo, in modo che potesse salire e scendere nel bel mezzo della danza rituale. Tre giorni prima dell’ inizio della festa, il Palo e la corona venivano consacrati. Erano rispettivamente il simbolo dell’ energia maschile e femminile.

 

 

Il giorno stesso delle celebrazioni, le donne scavavano una buca nel terreno laddove sarebbe stato collocato il Palo. La valenza emblematica di questo particolare è evidente: la buca rappresentava l’organo genitale femminile, mentre il Palo era un palese simbolo fallico. Nel momento in cui gli uomini si accingevano a sprofondare il Palo nella terra, avveniva un singolarissimo rituale. Le donne fingevano di allontanarli dalla buca per poi permettere loro di piantarvi il tronco. Infine, i nastri colorati venivano fissati sulla cima del Palo insieme alla ghirlanda. Attorno al Palo si effettuavano danze di corteggiamento: ogni uomo e ogni donna del villaggio dovevano tenere in mano l’estremità di un nastro. Le donne danzavano attorno al palo in senso antiorario, gli uomini in senso opposto. Quando l’uomo e la donna si incontravano, dovevano cambiare subito la direzione della loro danza. A segnare il ritmo, solitamente, era un tamburo detto “bodhran celtico”. Il rituale terminava nel momento in cui i nastri si intrecciavano attorno al tronco e la ghirlanda scendeva; a quel punto, la danza ricominciava in senso contrario e la ghirlanda doveva ritornare in cima al palo. L’ obiettivo, in sintesi, era che la corona di fiori scendesse e salisse senza difficoltà: raffigurava una metafora dell’ unione del Re e della Regina di Maggio, nominati quella sera stessa. Nei paesi anglosassoni, i componenti della giovane coppia venivano ribattezzati “John Thomas” e “Lady Jane”, il che riporta alla mente una celebre hit dei Rolling Stones (anche se alcuni identificano la “Lady Jane” del titolo con Jane Seymour, moglie di Enrico VIII Tudor).

 

 

I fiori assumevano un ruolo importante, nelle celebrazioni di Beltane. Oltre ad essere destinati alla ghirlanda del Palo del Maggio, adornavano il capo delle giovani donne e venivano raccolti dopo i rituali, prima di trascorrere la notte insieme sotto il cielo stellato. Il fiore è il perfetto emblema del risveglio primaverile, dell’ energia ritrovata. Al sorgere del sole, era come se esplodesse la fioritura. Il desiderio era sbocciato e avrebbe diffuso il suo profumo durante l’ intero giorno. Non dimentichiamo che per i Gaeli, appartenenti al gruppo dei Celti, la giornata iniziava al tramonto e terminava con il tramonto successivo. Incluso nei quattro festival gaelici associati ai cicli stagionali (gli altri sono Samhain, Imbolc e Lughnasadh), Beltane era una data ricca di tradizioni. I falò rimangono l’elemento principale, il più importante: con le loro fiamme altissime, rivestivano una valenza protettiva, purificatrice e beneaugurale. Un’usanza prevedeva che tutti i fuochi delle case venissero spenti e poi riaccesi con una torcia alimentata dal falò dei Druidi. Gli antichi sacerdoti celti, infatti, realizzavano grandi falò in onore di Bel (anche detto Belenus), il Dio della Luce e del Fuoco.

 

 

Nelle case, davanti al focolare, si banchettava in compagnia. I fiori, onnipresenti, decoravano le porte, le finestre, gli ingressi delle stalle e persino il bestiame: adornare una mucca era di buon auspicio per la produzione di latticini, all’ epoca una delle principali fonti di sostentamento. Si creavano i cespugli di Maggio, corposi bouquet composti da giunchi, rami, infiorescenze, nastri, conchiglie e spighe. I fiori più utilizzati erano le primule, il biancoscospino, il sorbo selvatico, il nocciolo, la ginestra, la calendula, che venivano affiancati plasmando le più disparate forme; abbondavano le ghirlande così come le croci. A Beltane erano d’obbligo le visite ai pozzi sacri, e a la rugiada incarnava un potente elisir di giovinezza.

 

 

I May Bush, cespugli di Maggio, erano alberelli riccamente adornati (si usavano finanche le candele, preziose palline d’oro e d’argento) che facevano bella mostra di sè nei giardini delle case. Non era raro che venissero banditi concorsi per il cespuglio più bello. Ciò, con il passar del tempo, diede adito a rivalità e ladrocini che in era vittoriana condussero alla messa al bando della tradizione. A Beltane, inoltre, tornavano alla ribalta i cosiddetti “Aos Sì”, l’antico popolo degli elfi e delle fate irlandesi. Si pensava che le fate avessero l’abitudine di rubare i latticini e per evitarlo venivano presi speciali accorgimenti: ad esempio, i prodotti caseari si legavano ai rami del Maggio. Gli ornamenti floreali delle mucche, oltre ad essere di buon auspicio, avevano un identico obiettivo. Proteggevano, cioè, i bovini dalle incursioni delle fate. Oppure, gli agricoltori effettuavano appositi riti per placare le incantate creature: si versava a terra una piccola quantità di sangue del bestiame, si organizzavano processioni…Ciò dimostra il carattere fondamentale che a livello nutritivo, a quei tempi, rivestivano i derivati del latte. La simbologia di Beltane include infatti anche la mucca, e accanto ad essa l’ape: il miele rientrava tra i portentosi alimenti che assicuravano il sostentamento dei Gaeli.

 

 

L’ amore e l’ innamoramento rappresentavano due punti cardine della festa. Il 1 Maggio si celebrava il sacro incontro tra il Dio e la Dea, lo sboccio del loro amore. Da questa unione scaturivano, copiosi, i germogli della vita. L’ Estate, a Beltane, è sempre più vicina e la terra riprende a donarci i suoi frutti; l’agricoltura fiorisce in vista dei prossimi raccolti. Spiritualmente, Beltane è il periodo dei traguardi raggiunti. Abbiamo consolidato le nostre potenzialità individuali e siamo pronti ad elevarci ulteriormente, raggiungendo livelli di autoconsapevolezza e propositività sempre maggiori.

Buon Beltane a tutti voi!

 

John Collier, “Queen Guinevere’s Maying”

 

 

Speciale “Sulle Tracce del Principe Maurice”- Un 1 Maggio sotto l’ incantesimo della Superluna rosa

 

La Superluna rosa, nascosta dalle nuvole in un’ Italia perlopiù flagellata dal maltempo, a Venezia è stata visibile eccome: all’alba del 27 Aprile, sembrava galleggiare in un cielo intriso di foschia. Il Principe Maurice, innamorato della luna da sempre, si è soffermato ad ammirarla e ne è rimasto ammaliato. In una delle due immagini che ha messo a disposizione di VALIUM, scattate da Marco Contessa, i primi bagliori del giorno accendono di onirici riflessi la laguna veneziana. L’ atmosfera è sospesa, impalpabile. La Superluna si staglia tra i chiaroscuri dell’ aurora irradiando un alone luminoso: non stupisce che da questa magica visione siano scaturiti degli incantesimi che riguardano da vicino la vita del Principe. E non solo la sua, come vedremo più avanti…

 

 

Gli influssi benefici emanati dall’ astro, tinto di rosa a titolo puramente emblematico, hanno avvolto l’ intera Venezia nel loro abbraccio. Ecco allora che oggi, 1 Maggio, la Festa del Lavoro si è tramutata in festa della ripartenza: un esempio su tutti? In Piazza San Marco, i caffè – compreso lo storico Caffè Florian (il più antico d’Italia) – riaprono i loro “salotti all’ aperto”.

 

 

E’ davvero significativo che in questa data si celebrino, al tempo stesso, il lavoro e la ripresa delle attività. La vita finalmente ricomincia, con tutte le precauzioni del caso. La Piazza tornerà ad animarsi e caffè ed aperitivi (rigorosamente in “modalità non assembrata”) torneranno a scandire le diverse fasi della nostra giornata. Il Principe ha approfittato dell’ occasione per girare due brevi video-interviste: una con Claudio Vernier, Presidente dell’ Associazione Piazza San Marco, e l’ altra con lo staff del Caffè Florian, il suo locale preferito. Non sorprende, d’altronde, che il leggendario caffè, frequentato un tempo da nomi del calibro di Casanova, Carlo Goldoni, Lord Byron, Charles Dickens, Goethe, Hemingway e Gabriele D’Annunzio (per menzionarne solo alcuni), annoveri tra i suoi habituée anche il Principe Maurizio Agosti Montenaro di Serracapriola Durazzo dei Sangro di Sanseveraro! Pubblico per tutti voi, qui di seguito, i video a cui accennavo:

Dialogo sulle riaperture tra il Principe e il Presidente dell’ APSM Claudio Vernier

Il Principe incontra lo staff del Caffè Florian, pronto a riprendere il suo posto d’onore in Piazza San Marco

 

Ma l’ incantesimo della Superluna rosa ha influito sulla vita del nostro eroe anche sotto forma di progetti. Uno di questi lo vede impegnato nientemeno che in Toscana, dove prenderà parte ad un appuntamento d’eccezione: “Il suono del silenzio” insieme al team Metempsicosi. Nel giorno della Festa dei Lavoratori, infatti, i professionisti del mondo della notte faranno sentire la loro voce attraverso un messaggio forte e chiaro. In collaborazione con il SILB (Sindacato Italiano Locali da Ballo), gli artisti Metempsicosi hanno ideato un evento – rigorosamente senza pubblico – di una suggestività incredibile. “Il suono del silenzio”, questo il suo titolo, andrà in scena stasera, dalle ore 19 alle 21, nel Teatro delle Rocce di Gavorrano, un’ area adibita a concerti, convegni e spettacoli ricavata da una millennaria cava di calcare. Il teatro, la cui struttura ricorda quella di un teatro della Grecia antica, è situato all’ interno del Parco Minerario Naturalistico di Gavorrano (un borgo a trenta chilometri da Grosseto) ed è completamente immerso nella natura: un dettaglio che, già da solo, basterebbe ad evocare la meraviglia della location. Qui, il team di musica elettronica MetempsicosiMario Più, Ricky Le Roy, 00Zicky, Franchino, Joy Kitikonti – e il Principe Maurice daranno vita ad una sbalorditiva performance visualizzabile in live streaming sulla pagina FB @metempsicosiofficialfanpage (questo il link del live: https://fb.me/e/120iDL7Jc). Ma perchè “Il suono del silenzio”? E’ presto detto. Il titolo si riallaccia ad un concetto ben preciso, il silenzio della musica in questi mesi di chiusura forzata di tutte le attività artistiche e dei club. In un caso del genere, il silenzio può diventare talmente assordante da avvolgerci nel suo eco. L’ evento nasce quindi come antidoto ad una situazione che inizia ad assumere connotati inquietanti. Il team Metempsicosi, in connubio con il Principe, è pronto a ridar vita alla musica  ed alle tante voci che compongono il mondo del clubbing. Chiunque voglia unirsi o partecipare, virtualmente, all’ iniziativa, può farlo utilizzando l’hashtag #ilsuonodelsilenzio. Per quanto riguarda il Principe Maurice, posso anticiparvi che interpreterà in modo del tutto speciale la leggendaria “The sound of silence” di Simon & Garfunkel nella versione rivisitata dai Disturbed: non mancate, anche perchè potrete assistere a performance straordinarie sull’ altrettanto straordinario sfondo di un magico tramonto maremmano.

 

 

Sempre il 1 Maggio Maurice sarà coinvolto, successivamente, in una diretta con Radio WoW. Dalle 22 fino a mezzanotte, il programma #tothepeople di questa nuova emittente radiofonica si collegherà con l’ Anima Club di Treviso, dove, durante un’ immaginaria serata in discoteca, verrà intavolata una conversazione sul mondo della notte  e sul suo attuale stand by. Alla discussione prenderanno parte il Principe ed altri protagonisti dell’ universo del clubbing. Per partecipare al dibattito potrete intervenire telefonicamente oppure via chat, in questo caso mettendovi in contatto con Radio WoW sui social.

 

 

Buon 1 Maggio a tutti, dunque. E che sia la data in cui riprenderemo il volo…Insieme al Principe Maurice, naturalmente!

 

 

 

Le foto della Superluna sono di Marco Contessa. Tutte le rimanenti immagini, courtesy of Maurizio Agosti