“È l’incertezza che affascina. La nebbia rende le cose meravigliose.”
(Oscar Wilde)
Le sere in cui cala, equivalgono a una certezza: il Solstizio d’ Inverno si avvicina a grandi passi. Dicono che oggi sia piuttosto rara, eppure a me non risulta. E quando avvolge la visuale nella sua nuvola, il mondo circostante si riempie di magia. Sarà che la nebbia, da sempre, evoca un universo onirico dove i rumori sono attutiti e le cose acquisiscono contorni indistinti, ma nessun altro fenomeno è in grado di creare una simile atmosfera sospesa. Arriva in pieno Autunno, si insinua lungo le vie e i viali ricoperti da tappeti di foglie. Fa la sua comparsa all’ imbrunire e nella notte si infittisce. Al sorgere dell’ alba, di solito, raggiunge il culmine del suo spessore: il paesaggio appare sfocato, confuso nello strascico dei nostri sogni; le coordinate di spazio e di tempo svaniscono. Camminando, procediamo navigando a vista. E’ come se esplorassimo un luogo sconosciuto, dove la realtà viene sostituita con dosi massicce di fantasia. Non è un caso che i panorami brumosi siano stati celebrati da molti registi, Federico Fellini su tutti. La nebbia lascia spazio all’ immaginazione. Nella sua coltre potrebbe celarsi qualsiasi cosa: nuovi scenari, creature fantastiche, una flora e una fauna mai viste. Lungo il tragitto, potresti imbatterti nelle sorprese più incredibili. Un po’ come quando Oliva (il fratello di Titta), in “Amarcord”, si dirige a scuola con passo spedito attraversando il bosco: tra gli alberi, resi spettrali da una fitta nebbia, all’ improvviso gli si para davanti un imponente toro bianco. E’ una visione inattesa, quasi un’ allucinazione, che lo fa fuggire via terrorizzato. Eppure, apparizioni spaventose a parte, il bello della nebbia è proprio questo. Il fatto, cioè, che riesca a far convivere realtà e sogno. Tutto diventa possibile, l’onirico si fa tangibile. E la vita, seppure per un breve lasso di tempo, assume i connotati di una fiaba la cui trama è tutta da scrivere.
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