Riscoprire il verde in occasione del St.Patrick’s Day

Acne Studios

Riscoprire il verde in occasione della festa più verde dell’anno, la festa di San Patrizio: verde come l’Irlanda, “isola di smeraldo”, verde come il trifoglio, ricco di significati simbolici per gli antichi Celti ma anche per lo stesso patrono d’Irlanda, che si servì di questa pianta erbacea per spiegare al popolo il mistero della Trinità. Le collezioni Primavera Estate 2024 abbondano di verde in svariate sfumature: ho scelto quelle che più si avvicinano alla nuance associata al St.Patrick’s Day, la festa che gli irlandesi e le comunità irlandesi americane celebrano ogni 17 Marzo.

 

Lola Casademunt

Lebor Gabala

Germanier

Melke

Pierre Cardin

Balmain

Max Mara

Elie Saab

Area

Dawei

Nathalie Chandler

Givenchy

Amlul

 

La cioccolata calda? Preparata all’americana raddoppia la sua delizia

 

E’ la delizia dell’ inverno, e si comincia a degustare proprio quando arrivano i primi freddi: la cioccolata calda, che in Europa si diffuse con l’arrivo dall’ America dei semi di cacao, in questo periodo dell’anno è un must. Prepararla è molto semplice, basta miscelare insieme ingredienti come il latte, il cacao, lo zucchero e il cioccolato. Gli americani, però, l’hanno resa ancora più golosa: sono soliti arricchirla con dosi abbondanti di panna montata, marshmallow (le sofficissime caramelle cilindriche a base di zucchero e gelatina), biscotti, cannella e così via. Se il freddo vi fa venir voglia di dolcezza e di un surplus di energia, non esitate a coccolarvi con una squisita cioccolata calda American style. Non c’è niente di meglio che consumarla davanti al focolare mentre fuori nevica, o quando il maltempo vi obbliga a restare a casa. Ma come si prepara la bevanda invernale più gettonata nel Paese a stelle e strisce? E’ sufficiente seguire pochi step.

 

 

Innanzitutto, dovete munirvi di un sacchetto di marshmallow. Poi procuratevi 150 g di cioccolato fondente, 400 ml di latte, 80 g di miele, 20 g di maizena (amido di mais, utilizzato come addensante), 1 cucchiaino di cannella in polvere, circa 20 g di cacao in polvere. Riducete in frammenti il cioccolato fondente prima di lasciarlo sciogliere a bagnomaria. In un pentolino, intanto, mettete il cacao in polvere, la maizena e 200 ml di latte; fateli riscaldare e mescolate bene per impedire che si formino grumi. Continuando a mescolare, unite quindi il miele, la cannella e i restanti 200 ml di latte al composto. Aggiungete infine il cioccolato fuso e amalgamate il tutto finchè la miscela non risulterà sufficientemente densa: a quel punto, la cioccolata calda potrà essere versata nelle tazze, dove immergerete anche un buon numero di marshmallow.

 

 

Se volete proprio strafare, realizzando un autentico capolavoro di golosità, seguite fino in fondo la ricetta American way: aggiungete la panna montata, del cioccolato a pezzetti (alcuni preferiscono la Nutella per “raddoppiare” il gusto di cacao), granelle di nocciole, mandorle, pistacchi e/o amaretti quanto basta per donare un sapore unico alla bevanda. La cioccolata, liquida e calda, permette ai marshmallow di sciogliersi in modo ideale; il risultato? Un preparato gustosissimo che fonde gli accenti amarognoli del fondente con la straordinaria dolcezza delle note caramelle made in USA.

 

La cioccolata calda con i marshmallow: un surplus di dolcezza

La cioccolata calda con panna, barrette e gocce di cioccolato: una delizia che non ha eguali

E voi, quale delle due scegliete? Optare per una miscela ad hoc di entrambi gli ingredienti è la soluzione ideale

Foto via Pexels, Pixabay e Unsplash

 

La cornucopia: storia, leggende e miti legati al “corno dell’abbondanza”

Carel Van Savoyen, “Un’ allegoria dell’abbondanza” (1651)

Che cos’è la cornucopia? Considerata un emblema dell’iconografia autunnale, oggi è perlopiù associata al Giorno del Ringraziamento che si celebra in America. Le sue origini, in realtà, sono antichissime ed affondano le radici nel Vecchio Continente. “Cornucopia” è un nome che deriva dall’ unione dei termini latini “cornu”, “corno”, e “copia”, “abbondanza”: questo corno dell’abbondanza, non a caso, viene raffigurato come un grande cono che strabocca di frutta, fiori, verdura o monete d’oro. La simbologia, evidente, rimanda alla fertilità della terra, ai doni del raccolto, e al tempo stesso alla fortuna. Perchè la fortuna è la “condicio sine qua non” per ottenere un ricco raccolto. E se la nascita della cornucopia viene generalmente fatta risalire alla mitologia greca, non sono pochi gli studiosi che la ricollegano ad un periodo antecedente alla civiltà ellenica: una dea italica, la dea Abundantia, aveva infatti come simbolo una cornucopia che la accompagna in tutte le sue rappresentazioni. Abundantia era la dea che dava vita e nutrimento ad ogni creatura vivente, ma anche la dea della fortuna e della prosperità. Il suo aspetto era quello di una giovane donna con una corona di fiori sul capo e un mantello verde impreziosito da decori floreali color oro. Regge nella mano destra una cornucopia ricolma di frutta e nella sinistra un mazzo di spighe. L’enorme corno dell’abbondanza rimanda al corno degli animali dai quali si ricava il latte: i bovini e i caprini, all’epoca, fornivano un prezioso mezzo di sostentamento.

 

Jan Bruegel, “Allegoria dell’ abbondanza” (XVII sec.)

Ma Abundantia era anche una dea lunare, il cui corno simboleggiava il corno della Luna, e in quanto tale era dotata di un ricco patrimonio interiore; regnava sul mondo dei vivi e su quello dei morti, ecco perchè in molte opere viene ritratta con una cornucopia vuota. Capace di dare la vita così come la morte, la dea proteggeva gli antenati delle famiglie romane. Gli spiriti protettori degli antenati, infatti, i cosiddetti Lari, sono raffigurati con una cornucopia in mano proprio come la dea Abundantia. La dea, inoltre, propiziava il benessere economico familiare e la conclusione di affari redditizi e vantaggiosi, da qui la miriade di monete che straripano dal suo corno. Con il passar degli anni, la figura di Abundantia venne assorbita da svariate dee del Pantheon romano, su tutte la dea Fortuna (divinità del Caso e del Destino). La dea Fortuna e i Lari erano figure veneratissime nell’ antica Roma:  vegliavano sulla gens e favorivano la sua prosperità. Agli spiriti protettori degli antenati si dedicava addirittura un larario, una sorta di sacrario domestico. Tuttavia, va detto che la cornucopia non era un’esclusiva della dea Abundantia o della dea Fortuna. Anche Cerere (divinità delle messi e dei raccolti), Tellus (divinità della Terra) e Proserpina (dea dell’ agricoltura e dell’ oltretomba) venivano associate al corno dell’ abbondanza: ciò costutuiva l’emblema della loro natura trina, che inglobava cioè cielo, terra e inferi. La madre di tutti gli dei e delle creature viventi, come abbiamo già visto, aveva il potere di dare la vita ma anche di toglierla.

 

Noel Coypel, “L’abbondanza” (1700 ca.)

Passiamo ora alla mitologia greca, dove le origini della cornucopia si intrecciano a due suggestive leggende. La prima vede protagonista Zeus, ovvero Giove, re e padre di tutti gli dei dell’ Olimpo. Zeus nacque dall’unione dei Titani Crono e Rea. Crono, suo padre, un giorno ebbe una premonizione: in futuro, uno dei suoi figli l’avrebbe spodestato. Così, decise di divorare la sua prole per impedire che si verificasse l’evento che tanto temeva. Rea, però, scoprì il piano di Crono e riuscì a nascondere Zeus in una grotta dell’ isola di Creta. Lì lo lasciò con Amaltheia, una capra che lo crebbe e lo nutrì con il suo latte. Esistono versioni della leggenda secondo cui Amaltheia sarebbe invece stata la ninfa proprietaria della capretta che allattò Giove. Figlia del Titano Oceano, la ninfa utilizzava uno dei corni dell’animale per nutrire Zeus: lo riempiva di frutta, miele, latte e tutto ciò che serviva per sostentare il piccolo figlio di Crono. La leggenda vuole che quando Giove crebbe, e divenne il re degli Olimpi, volle dimostrare la propria gratitudine alla capra innalzandola nel cielo con il suo corno e dando origine alla costellazione del Capricorno (da “caprum”, capra, e “cornu”, corno). L’altra versione del racconto narra invece che Zeus, una volta cresciuto, staccò un corno della capretta e lo dotò di poteri straordinari: bastava esprimere un desiderio e si sarebbe riempito di tutto ciò che veniva anelato. Ecco quindi come nacque la cornucopia, il corno dell’ abbondanza, per la mitologia greca. Ma esiste una seconda leggenda sulla sua genesi.

 

Frans Snyders, “Cerere e Pan” (1615-1620 ca.)

Acheloo, divinità fluviale greca, aspirava a sposare Deianira, la bellissima figlia di Eneo, il re degli Etoli. Ma anche Eracle, nato da Zeus e Alcmena, aveva chiesto la sua mano. Tra i due pretendenti scoppiò una lotta senza esclusione di colpi; Eneo annunciò quindi avrebbe dato Deianira in sposa al vincitore dello scontro. Acheloo e Eracle combatterono furiosamente: Acheloo, essendo un dio, approfittò delle sue doti trasformandosi dapprima in un serpente, poi in un drago, infine in un uomo con la testa di bue. Ma fu proprio grazie a quest’ultima metamorfosi che Eracle ebbe la meglio. Quando Acheloo si scagliò contro di lui per trafiggerlo con le sue corna, Eracle le afferrò e gliene strappò una. Acheloo cadde a terra stremato, la lotta era stata vinta dal figlio di Zeus. Vedendo il corno a terra, le Naiadi (ninfe delle acque) corsero a raccoglierlo e lo riempirono di frutta, fiori e ogni ben di Dio. Da quel momento in poi, il corno divenne sacro e fu considerato un simbolo di abbondanza: era nata la cornucopia.

 

Jan Bruegel Il Vecchio, “Le ninfe riempiono la cornucopia” (1615)

Gki emblemi a cui è legata la cornucopia, vale a dire la fertilità, la prosperità e l’abbondanza, rimangono più o meno gli stessi in tutte le civiltà che l’hanno adottata. Gli antichi Celti la scolpirono su una statuetta che raffigurava Epona, dea dei muli e dei cavalli, ma anche tra le mani di Olloudious, un dio che i Romani equipararono a Marte. Pare che per le popolazioni celtiche la cornucopia si associasse anche alla guarigione, mentre i persiani la collegavano alle offerte sacrificali con le quali i re omaggiavano dei. Ovidio nomina la cornucopia nelle “Metamorfosi”, il suo capolavoro, citando la leggenda di Eracle (ribattezzato Ercole dai Romani) e Acheloo. A Roma, intorno al II secolo d.C., la cornucopia rimandava prevalentemente alla dea Fortuna e ai Lari. Nel Medioevo, invece, il corno dell’ abbondanza si arricchì di un’ ulteriore valenza: l’onore. Ovvero l’abbondanza combinata con il prestigio e con il valore. In una miniatura dell’ Evangelario di Ottone III risalente all’anno 1000, quattro personificazioni delle province imperiali omaggiano Ottone III, Imperatore del Sacro Romano Impero, con preziosi doni. Inutile dire che tra essi spicca una cornucopia.

 

Evangelario di Ottone III, miniatura della scuola di Reichenau (1000 ca.)

Durante il Medioevo, dunque, l’accezione di abbondanza a cui rimanda la cornucopia si amplia, fondendosi a doppio filo con il lustro delle persone e dei luoghi. Non sono rare, infatti, le personificazioni di città, aree geografiche ed elementi naturali ritratte accanto ad una cornucopia; da allora, il corno dell’abbondanza appare di frequente nella simbologia araldica e lo ritroviamo persino sulle bandiere di determinati stati, uno dei quali è il Perù. Oggi la cornucopia viene associata soprattutto al Thanksgiving Day degli USA e del Canada. Il perchè è evidente: questa festa celebra l’abbondanza del raccolto dell’anno precedente e le sue benedizioni. La cornucopia, di conseguenza, quel giorno fa bella mostra di sè accanto al tacchino, alle patate dolci, alla salsa di mirtilli e alla torta di zucca. Naturalmente, è colma di frutta e verdura di stagione: zucche, uva, fichi, mele, noci, pere, granturco, cavolfiori…Cosa simboleggia, ormai lo sapete a memoria. E voi, quando inserirete la cornucopia tra le vostre decorazioni autunnali?

 

La cornucopia, imprescindibile sulla tavola del Thanksgiving

Pietro Paolo Rubens, “Cerere e due ninfe” (1624)

Dettaglio del Salone dell’Abbondanza alla Reggia di Versailles

Maarten de Vos, “Abbondanza” (1584)

Luca Giordano, “Maria Anna di Neuberg, regina di Spagna, a cavallo” (1693-94)

Jan Bruegel Il Giovane, “Allegoria dell’ Abbondanza” (1625)

Jan van Kessel Il Vecchio, “I quattro continenti: Europa” (XVII sec.)

Pietro Paolo Rubens, “L’unione di Terra e Acqua” (1618 ca.)

Una cornucopia contemporanea

Agnolo Bronzino, “Allegoria della Felicità” (1564)

 

Immagini dei dipinti (Public Domain) via Wikimedia Commons

 

Le mele caramellate, il dolce più sfizioso della stagione fredda

 

Sono invitanti al solo sguardo: rosse, tondeggianti e lucide come non mai, le mele caramellate vengono considerate (soprattutto in America) uno dei dolci più tipicamente autunnali. La raccolta delle mele, infatti, ha inizio a metà Agosto e si conclude a fine Ottobre. Ecco perchè, da Halloween in poi, questi frutti la fanno da padrone su ogni tavola e come ingredienti dolciari: pensate solo alla torta, alle crostate, ai muffin e alle frittelle di mele. Ma per un ghiotto spuntino, molto facile da preparare, le mele candite sono l’ideale. La loro storia inizia nel 1908, quando un venditore di caramelle di Newark, William W. Kolb, decise di ideare una ricetta inedita per il periodo natalizio. Inizialmente pensò a delle caramelle a base di cannella rossa, e preparò subito la miscela. Poi, all’ improvviso, ebbe un’intuizione. Nella miscela immerse alcune mele e si accorse che erano diventate talmente rosse e brillanti da mozzare il fiato. Si affrettò ad esporle in vetrina, avrebbero attirato moltissimi clienti. Non sbagliava: il primo lotto andò a ruba, e tutti gli anni le mele vendute ammontavano a qualche migliaio. Nel 1948, le mele candite venivano commercializzate nelle zone turistiche, nei luoghi di intrattenimento come i circhi e i luna park e in ogni negozio di dolci degli Stati Uniti.

 

 

Oggi, in America sono il dolce-leitmotiv di ogni ricorrenza della stagione fredda. Ma non solo: alla celebrazione delle mele caramellate è stata dedicata una data, il 31 Ottobre, dichiarata ufficialmente il National Candy Apple Day – e coincide con Halloween non a caso, dato che sono una tipicità dolciaria anche di questa festa (da qui l’appellativo di “mele stregate”). Prepararle è molto semplice. Basta lasciar caramellare lo zucchero insieme all’acqua, allo sciroppo di glucosio (o di mais) e a un aromatizzante, come la vaniglia o la cannella. Quando la miscela raggiunge una temperatura di 125 gradi, si aggiunge del colorante alimentare rosso e si immergono le mele una ad una. Ogni frutto, nel frattempo, è stato munito di un lungo stecchino di legno per rendere più facile l’operazione e la successiva degustazione. Infine, si lascia indurire il caramello e il gioco è fatto. Se poi volete sbizzarrirvi a sperimentare, le opzioni sono molteplici: potete utilizzare ingredienti quali il pistacchio tritato, gli zuccherini multicolor o la frutta secca grattugiata per guarnire le mele. Esiste persino un dolcetto, la Toffee Apple, dove la mela è completamente ricoperta di caramella mou. Un’altra versione delle “mele stregate” prevede l’aggiunta di cioccolato fondente (in alternativa bianco, o al latte) e di una manciata di confettini colorati: le mele vanno sempre immerse nello zucchero caramellato, ma una volta che si sarà indurito l’operazione viene ripetuta nel cioccolato sciolto. Dopodichè, si guarniscono le mele con i confettini. Il risultato? Una vera e propria bomba di golosità.

 

 

Foto via Piqsels, Pixabay e Unsplash

 

La colazione di oggi: il mais, dalla civiltà Azteca ai nostri giorni

 

Si chiama mais, ma il suo nome scientifico è Zea Mays L. ed appartiene alla famiglia delle Graminacee. Cresce nei climi tropicali o temperati e in molte aree del globo, soprattutto in America Latina, costituisce l’alimento base dei pasti giornalieri: in Messico, dove affonda le sue radici, gli Aztechi lo elessero a ingrediente principale della loro cucina. Prende il nome dallo spagnolo “maiz”, ma è stato ribattezzato granturco – vale a dire “grano turco” – per conferirgli un tocco esotico e differenziarlo dal grano tenero. Come consumarlo a colazione? In svariati modi: sotto forma di torte, muffin, pannocchie alla griglia o arrostite, chicchi tostati, focacce di mais, corn flakes da mettere nel latte, popcorn… L’Autunno è la stagione migliore per gustarlo: la raccolta del mais avviene tra Agosto e Settembre, perciò rappresenta uno degli alimenti clou di questo periodo dell’ anno. Anche perchè è ricco di proprietà salutari; basti pensare che condivide la sua famiglia di appartenenza, le Graminacee, con cereali come l’ orzo, il riso, l’avena, il frumento e la segale, tutti alimenti decisamente benefici. Essendo una pianta monoica, il mais è composto da due distinte infiorescenze: quella femminile, conosciuta come “pannocchia”, in realtà è una spiga (botanicamente detta “spadice”) su cui sono fissate le cariossidi (ovvero i chicchi). Quella maschile è posizionata in cima al fusto e viene spesso indicata come “spiga” a causa del suo aspetto. La fecondazione ha luogo tramite il vento, che disperdendo il polline dà origine alle cariossidi; i chicchi del mais, fissati su un asso cilindrico centrale chiamato tutolo, hanno differenti colorazioni: la tipica tonalità giallo-arancione è dovuta alla produzione dei carotenoidi, mentre le antocianine determinano cromie che spaziano dal rosso al nero.

 

 

L’ appartenenza alle Graminacee e i semi abbondanti di amido rendono il mais un cereale a pieno titolo. Con il granturco si producono farine, olio, bevande alcoliche…è un alimento versatile e ottimo a livello nutrizionale. Innanzitutto, ha proprietà altamente energizzanti. Contiene macronutrienti come i carboidrati in gran quantità, fibre, minerali quali il potassio, il sodio, il calcio, il ferro, il magnesio, il selenio, vitamina A e vitamine del gruppo B in dosi massicce. Le virtù antiossidanti di molti dei suoi sali minerali, unite al betacarotene che l’organismo converte in vitamina A, contrastano i nefasti effetti dei radicali liberi prevenendo l’ invecchiamento cellulare e lo sviluppo di patologie neurologiche e tumorali. Anche l’acido ferulico contenuto nel mais svolge un’ efficace azione anticancro. Il granturco possiede poi spiccate virtù antinfiammatorie, regolarizza l’ intestino, è un buon antidiuretico e cicatrizzante. La presenza del ferro, unitamente a quella dell’ acido folico e delle vitamine del gruppo B, contribuisce a combattere l’anemia. Le antocianine che determinano la colorazione rossa, viola e nera del mais sono flavonoidi, quindi dei potenti antiossidanti: oltre a mettere KO i radicali liberi, svolgono un’azione protettiva nei confronti delle cellule, dei tessuti e di tutto l’organismo. I carboidrati forniscono energia, l’assenza di lipidi e colesterolo lo rendono un toccasana. Gli acidi fenolici calibrano il rilascio dell’ insulina e sono un valido aiuto per i diabetici. Il mais, inoltre, viene digerito molto facilmente. Essendo privo di glutine è un alimento perfetto per chi è affetto da celiachia; anche l’amido di mais, una farina detta maizena, risulta l’ideale per i celiaci e può sostituire la farina di grano. Il selenio contenuto nel granturco è benefico ad ampio spettro: protegge l’apparato cardiovascolare ed è un eccellente antiossidante, mentre l’acido folico è in grado di abbassare i livelli di colesterolo contrastando l’ arteriosclerosi e le patologie cardiache. Ultimo ma non ultimo, minerali quali il ferro e il fosforo sono efficacissimi per mantenere la mente e la memoria in costante allenamento.

 

 

Passiamo ora a qualche cenno sulla storia del mais. Il granturco vanta origini antichissime: nel Mesoamerica veniva coltivato da diversi millenni prima della nascita di Cristo. I Maya e gli Olmechi si dedicarono alla coltura di un gran numero di varietà, che dal 2500 a.C. in poi vennero diffuse nel continente americano. In Europa il mais arrivò nel 1493: era uno dei prodotti che Cristoforo Colombo portò con sè dopo aver scoperto l’America. Inizialmente fu coltivato soprattutto in Spagna, nella Francia del Sud, in Italia e nei Balcani, ma la massiccia espansione del cereale si verificò a partire dal 1700. A quell’ epoca, la crescita demografica e il proliferare delle carestie spinsero a considerare la coltivazione del mais più proficua rispetto a quella del miglio e dell’ orzo. Intorno alla metà del XVIII secolo, era già diventata la coltura principale. Nelle campagne la sua diffusione fu tale da tramurarsi nell’ alimento attorno al quale ruotava tutta la dieta. Ciò determinò conseguenze nefande: il popolo si nutriva esclusivamente di mais e di polenta (che si prepara con la farina del mais), ma diete di questo tipo, completamente prive di niacina assimilabile, causano una malattia chiamata pellagra. La pellagra continuò a imperversare fino ai primi anni del 1900 rimarcando quel grave deficit nutrizionale.

 

 

Ho già accennato a inizio articolo cosa potete preparare utilizzando il mais. Per la prima colazione il focus è sulla sua farina: con essa si realizza la polenta, ma anche il pane e innumerevoli tipologie di dolci, biscotti e dolcetti, addirittura delle speciali torte di polenta. Se volete celebrare le origini dell’ alimento, cercate in rete la ricetta del champurrado, la tipica cioccolata calda messicana. Oppure, sempre a colazione, potete degustare il granturco sotto forma di corn flakes, chicchi lessati o tostati da consumare da soli o insieme ad ogni genere di spuntino. Chi ama il salato a inizio giornata potrà concedersi dei tocchetti di pannocchia al forno insaporita di burro, sale e pepe: negli Stati Uniti, le pannocchie al burro sono la norma. Oggi si condiscono addirittura con il ketchup, la senape o la maionese; tutte idee che fanno gola, ma…attenzione a non esagerare!

 

 

 

 

Topolino e il “sogno americano”

 

” Il carattere di Mickey Mouse coniuga la percezione emotiva all’ acquisizione concettuale, non divide gli impulsi del cuore da quelli della mente. Non rappresenta soltanto i personaggi in fuga da un’ America in Depressione – sollievo per poveri e alienati alla catena di montaggio – ma come Charlie Chaplin, grande ispiratore e sostenitore di Walt, dà parola agli “invisibili”, fornisce un mezzo d’espressione alle moltitudini senza risorse nè materiali nè immaginifiche. Topolino non è un giocattolo. (…) Con Mickey Mouse si può fare, si può trasformare, si può vedere oltre, assaporare e convertire la confusione dell’ esistente in macchine del piacere. Essere protagonisti con le piccole cose che ti circondano e che non hanno valore. Improvvisamente a un sasso spuntano gli occhi, a un barattolo esce la voce, a una scarpa rotta l’ anima. Ecco dunque riaffiorare il “sogno” del New Deal, non solo un traguardo di benessere ma la felicità come promessa, per tutti. Il “sogno americano” di Topolino non è un personale cammino verso il successo ma la spinta a cambiare, a trasformare ogni ingiustizia in un trionfo di creature contagiate, parossistiche, indomabili. La galleria di Walt non fa decorazione all’ America di Roosvelt ma è la sua unica e vera componente organica. Ogni fotogramma cammina con lui. (…) “L’artista è una forma in movimento” (Witold Gombrowicz). Lo era Walt Disney, e si può dire che non esiste una sola creatura in “movimento” senza di lui. Senza Walt, la matita e i colori tornano materia morta. Non basta copiare Mickey Mouse per averlo, nè tutte le altre creature disneyane: non sono “forme meccaniche”. Loro – gli esseri di carta – sono lì, altrove, indistinguibili da quell’ America. Incantata, ferma nell’ incanto. “

 

Mariuccia Ciotta, da “Walt Disney – Prima stella a sinistra”

La colazione di oggi: la zucca, supremo emblema di Halloween

 

 

Halloween è dietro l’ angolo: manca solo una manciata di giorni alla notte più stregata dell’ anno. E qual è il suo supremo emblema, se non la zucca? Un frutto tipicamente autunnale che si presta a un’ infinita varietà di ricette. Nei paesi anglosassoni, in particolare, viene utilizzata per preparare dolci deliziosi: torte, crostate, ciambelle, biscotti, e classiche leccornie Made in USA come i brownie, i pancake, i muffin e la pumpkin pie (tradizionale torta del Thanksgiving Day). Proporla per la colazione di oggi, quindi, mi sembra un’ idea ottima. Anche perchè la zucca, tra pochi giorni, spopolerà persino come elemento decorativo. Il 31 Ottobre la ritroveremo davanti ai portoni, sui balconi e nei giardini; sarà intagliata per riprodurre un volto terrificante ed emanerà una fioca luce dall’ interno, assumendo le sembianze di una Jack-o’-Lantern altamente simbolica. Ma il suo legame con Halloween (o Samhain, se preferite la denominazione celtica) intendo approfondirlo più avanti. Intanto, accendiamo i riflettori sulle proprietà e sui benefici della zucca. Vi assicuro che non sono pochi! Innanzitutto c’è da dire che il colore di questo frutto, un arancio vivace, è una delle nuance identificative dell’ Autunno. All’ appeal cromatico si combinano, poi, delle virtù notevoli: povera di calorie, la zucca è ricca invece di fibre e di antiossidanti, un vero toccasana per l’ apparato cardiovascolare e contro le malattie degenerative.

 

 

Abbondando di acqua, la zucca è un alimento digeribilissimo e dalle spiccate proprietà diuretiche; tra i suoi componenti risaltano la vitamina A, un potente antiossidante (oltre che antinfiammatorio) prodotto dal carotene che contiene in gran quantità, le vitamine B1 e C, ma anche minerali come il potassio, il sodio, il fosforo e il calcio. I flavonodi racchiusi nella zucca contribuiscono a mantenere giovani le cellule, mentre la cucurbitina, un aminoacido di cui i suoi semi sono ricchi, si rivela ideale per il benessere dell’ apparato urinario e in qualità di antiparassitario. Nei semi del frutto sono presenti, inoltre, acidi grassi essenziali quali Omega-3 e Omega-6, che giocano un ruolo fondamentale per l’ organismo. Vi cito solo alcune delle loro virtù: possiedono virtù antinfiammatorie, ripristinano i valori ottimali del metabolismo, della colesterolemia e della pressione sanguigna, contrastano le patologie vascolari e la degenerazione del sistema nervoso. Ulteriori proprietà degli acidi grassi essenziali includono effetti benefici sulla vista e sull’ umore, il che li rende perfetti nella lotta contro la depressione.

 

 

Icona dell’ Autunno, dunque, ma non solo: la zucca è un’ autentica miniera di benessere. Alla voce “curiosità, menzionare Halloween è tassativo. La tradizione di intagliare i più disparati tipi di verdura pare che risalisse, a tal proposito, all’800 irlandese. Questa usanza mirava a esorcizzare le forze sovrannaturali, mantenendole lontane dal mondo dei vivi. E’ in quel contesto che entrò in scena la leggenda di Jack-O’-Lantern, a cui la zucca di Halloween si ispira direttamente. Si narra che il fabbro irlandese Jack, astuto e gran bevitore, la notte del 31 Ottobre incontrò il Diavolo mentre era diretto al pub che soleva frequentare. Satana manifestò la sua intenzione di rubargli l’ anima, ma Jack ci pensò su e gli chiese un favore: trasformarsi in una moneta da sei pence per permettegli di pagare la sua ultima bevuta. Il Diavolo acconsentì, pentendosene subito dopo. Jack, infatti, si infilò la moneta in tasca, e la vicinanza a una croce d’argento impedì al demonio di tornare alle sue sembianze originarie. Così, i due scesero a patti: Jack lo avrebbe lasciato andare se gli avesse donato dieci anni di vita e in quel decennio non fosse più ricomparso. Il Diavolo, suo malgrado, fu costretto ad accettare. Dieci anni dopo, però, il 31 Ottobre tornò a pretendere l’ anima di Jack. Il fabbro si finse d’accordo, ma chiese al Diavolo di poter cogliere per lui una mela: sarebbe stato il suo ultimo pasto prima di morire. Il Principe delle Tenebre si arrampicò su un melo, e poco dopo si accorse che il fabbro aveva inciso una croce sul tronco per impedirgli di scendere. Tra i due scoppiò un litigio poi sfociato in discussione, e infine in un nuovo patto. Satana si disse disposto a salvare Jack dalla dannazione eterna a condizione che non si facesse vedere mai più. Quando il fabbro morì, fu condannato all’ Inferno per la vita dissoluta e furfantesca che aveva condotto. Il Diavolo, però, si rifiutò di farlo entrare. Tuttavia, gli donò un tizzone ardente affinchè illuminasse il suo vagare tra le anime perdute del limbo. L’ uomo riflettè a lungo su dove sistemare il tizzone, decidendo infine di riporlo in una rapa intagliata. Ne ricavò una lanterna che ispirò il suo celebre soprannome: Jack-O’-Lantern (“la lanterna di Jack”). Da allora, ogni notte del 31 Ottobre si può scorgere nel buio la fiammella di Jack, il cui spirito è destinato a errare per l’ eternità.

 

 

Gli irlandesi, la notte del 31 Ottobre, erano soliti rievocare la leggenda di Jack attraverso un tripudio di rape intagliate e illuminate dall’ interno. Ma dopo il 1845, quando si diressero in America in massa a causa di una carestia, dovettero sostituire le rape con le zucche, più diffuse e facilmente reperibili. Se vi state chiedendo quale volto riproduca la zucca di Halloween, la risposta è molto semplice: quello di Jack il fabbro. In un mix tra lo sgangherato e l’orrorifico che coniuga l’ ebbrezza alcolica con l’ oscurità in cui vaga la sua anima.

 

 

 

La colazione di oggi: la torta di mele, dolce d’Autunno per eccellenza

 

L’ Autunno è dietro l’ angolo: si riscopre il piacere di preparare dolci o quantomeno di mangiarli, anche a colazione. La scelta è ampia, quando cominciano a cadere le prime foglie. Sicuramente, però, la torta di mele vince su tutti. Soprattutto perchè siamo nel pieno della raccolta di questi frutti, che terminerà a fine Ottobre! E poi, perchè la mela è una vera e propria miniera di benessere. Priva di grassi, zuccheri e proteine, contiene sali minerali e vitamine – prevalentemente del gruppo B – in abbondanza: dei toccasana per la salute delle mucose intestinali e orali, ma anche delle unghie e dei capelli. Le fibre di cui la mela è ricca, in più, svolgono una funzione benefica per l’ organismo e l’ intestino, potenziata dall’acido citrico e malico che favoriscono l’ assimilazione del cibo senza intaccare l’ acidità dell’ apparato digerente. A proposito di intestino, è noto che la mela lo regolarizzi grazie alla presenza delle fibre, e in certi casi (se mangiata cruda) si rivela molto utile per sconfiggere la dissenteria. Ma non finisce qui: il fruttosio che abbonda nelle mele contrasta il gonfiore, i polifenoli combattono l’ invecchiamento cellulare causato dai radicali liberi, la pectina diminuisce il livello di colesterolo e protegge l’ apparato cardiovascolare. L’azione congiunta dei flavonoidi, della vitamina C e dell’ acido butirrico prodotto dalla pectina, dal canto suo, oltre a osteggiare i radicali liberi funge da efficace antitumorale. Tra le preziose sostanze contenute nella mela, inoltre, troviamo un’ alta quantità di acqua. Le fibre sono racchiuse soprattutto nella buccia: ecco perchè il famoso “frutto dell’ Eden” dovrebbe essere sempre gustato per intero, senza scartarla.

 

 

Anche quando viene utilizzato per preparare la torta di mele, un dolce che fa bene sia alla salute che alla linea. Anzi, aumentare la quantità di mele comprese tra gli ingredienti non fa altro che diminuire l’ alto tasso di zucchero tipico di questo dessert. Per dare il benvenuto all’ Autunno, non c’è dubbio, la torta di mele è davvero l’ ideale: soffice e deliziosa, sana e digeribilissima. Gustarla a colazione, poi, si rivela il top. Arricchitela con della cannella in polvere nell’ impasto e decoratela con una manciata di mandorle tostate, sarà semplicemente squisita.

 

 

Ma quali sono le origini di questo dolce goloso e profumatissimo che chi di noi leggeva Topolino ricorda come il “dolce di Nonna Papera”? Pare che le sue radici risalgano al 1300, nell’ Europa medievale. Un celebre chef francese dell’ epoca, Guillaume Tirel, citò la “tarte aux pommes” in un suo scritto. La torta, però, conteneva un ripieno di cipolle appassite (oppure del miele) come si usava allora. Nelle cucine dei monasteri la ricetta era presente e il dolce rappresentava un degno assaggio (in tutti i sensi) dei fasti gastronomici che avrebbero caratterizzato il Rinascimento. Tuttavia, la nascita della torta di mele viene generalmente localizzata nel Regno Unito; all’ epoca della colonizzazione dell’ America si diffuse soprattutto nel New England e qualche tempo dopo, ribattezzata American Pie, si tramutò in un dolce cult statunitense. Era un dessert che univa l’ utile al dilettevole, perchè le mele cotte potevano essere consumate anche a distanza di giorni: un particolare rilevante, se pensiamo che quando non esisteva ancora il frigorifero le donne solevano conservare la frutta e gli ortaggi nei più svariati modi. Inizialmente la torta constava di una serie di mele al forno poste su uno strato di impasto, ma nel corso degli anni la ricetta si fece maggiormente elaborata dando origine alla torta di mele odierna.

 

 

La classica “American Apple Pie” è costituita da due strati di pasta con ripieno di mele cotte e viene sormontata dalla panna o dal gelato alla vaniglia. Questo ghiotto dolce ha ottenuto un gradimento tale da proliferare, nelle più disparate versioni, in molti paesi del mondo. Un esempio su tutti? Lo strudel di mele che si prepara in Austria o – per rimanere entro i confini italici – nel Trentino Alto Adige. Nel Bel Paese, invece, la “torta di Nonna Papera” si guarnisce con le mandorle, la marmellata, la crema, il cioccolato e tutto quel che suggerisce la nostra proverbiale fantasia.

 

 

 

Sulla strada

 

” E così in America quando il sole tramonta e me ne sto seduto sul vecchio molo diroccato del fiume a guardare i lunghi cieli sopra il New Jersey e sento tutta quella terra nuda che si srotola in un’unica incredibile enorme massa fino alla costa occidentale, e a tutta quella strada che corre, e a tutta quella gente che sogna nella sua immensità, e so che a quell’ora nello Iowa i bambini stanno piangendo nella terra in cui si lasciano piangere i bambini, e che stanotte spunteranno le stelle, e non sapete che Dio è Winnie Pooh?, e che la stella della sera sta tramontando e spargendo le sue fioche scintille sulla prateria proprio prima dell’arrivo della notte fonda che benedice la terra, oscura tutti i fiumi, avvolge le vette e abbraccia le ultime spiagge, e che nessuno, nessuno sa cosa toccherà a nessun altro se non il desolato stillicidio della vecchiaia che avanza, allora penso a Dean Moriarty, penso perfino al vecchio Dean Moriarty padre che non abbiamo mai trovato, penso a Dean Moriarty. “

 

Jack Kerouac, da “Sulla strada”

 

 

 

 

 

Arriva la Luna di Fragola

 

Non c’è che dire: la natura è sempre pronta a meravigliarci. E tra neppure una settimana ci offrirà uno spettacolo che, senza dubbio, custodiremo tra i ricordi più indelebili. Annotatevi la data del 5 Giugno, perchè quella sera vedere la Luna di Fragola sarà un must. L’ evento, attesissimo, è talmente eccezionale che Astronomitaly ha deciso di trasmetterlo in streaming su Facebook e su YouTube affinchè tutti gli italiani possano assistervi, e non stupisce: l’ ultimo plenilunio di Primavera, per una serie di fattori collegati alla rotazione terrestre, ci mostrerà una luna magicamente tinta di rosa. Negli Stati Uniti la chiamano “Luna di Fragola” perchè appare tra Maggio e Giugno, quando le fragole raggiungono l’apice della fioritura, mentre in Europa è più nota con l’appellativo di “Luna di Miele” o “Luna delle Rose”, in quanto coincide con i periodi associati, rispettivamente, alla celebrazione dei matrimoni e allo sboccio della “regina dei fiori”. Qualunque sia il suo nome, si tratta di un fenomeno astronomico di immensa suggestività. Il 5 Giugno, a partire dalle 19, si verificherà un’ eclissi penombrale di luna: la luna verrà occultata dalla terra, che la inghiottirà nel suo cono di penombra, e comincerà a tingersi di un’ incredibile gradazione di rosa. Quando l’ astro riemergerà dall’ oscurità, sorprenderà tutti con il suo splendido colore. Sarà possibile ammirarlo dall’ Europa, dall’ Asia, dall’ Africa e dall’ Australia, mentre in America non risulterà distinguibile.

 

 

Ma l’ evento della Luna di Fragola non sarà l’unico che il cosmo ci regalerà a breve: dal 2 Giugno, infatti, e fino al 10 dello stesso mese, resteremo ammaliati dalla cascata di stelle cadenti delle Arietidi, generate dai residui della cometa 1566 Icarus. Il fenomeno, in realtà, è già iniziato alla fine di Maggio, ma tra pochi giorni sarà pienamente visibile. Siete pronti a lasciarvi travolgere da questi sbalorditivi show siderali?