Febbraio e i suoi proverbi

 

Febbraio, mese di transizione tra l’Inverno e la Primavera, per la saggezza popolare è sempre stato una sorta di tormentone. In un’epoca in cui dal raccolto agricolo dipendeva la sopravvivenza di buona parte della popolazione, il secondo mese dell’anno si affrontava con un misto di timore e d’inquietudine: il maltempo perdurava, gli animali erano stremati dalla scarsità di cibo e le provviste stavano per finire. Il presente veniva vissuto con difficoltà, a volte tra gli stenti; il futuro era un’incognita totale. Gli abitanti delle aree agresti andavano avanti come potevano, sempre in attesa della Primavera. Se ne deduce che Febbraio non fosse un mese molto amato: eppure, i proverbi che lo riguardano lo rivelano solo in parte. Gli ultimi 28 giorni dell’Inverno metereologico vengono associati, certo, a detti intrisi di stizza, ma sono anche imbevuti della tipica arguzia contadina. Riaffiorano così l’ironia, il disincanto, il brio tipici di una cultura, quella agreste, che ha sempre guardato alla vita con concretezza e un pizzico di sano fatalismo.

 

 

Febbraio febbraietto, corto e maledetto.

 

 

Febbraio, febbraiello, cortino e bugiardello.

 

 

Febbraio, il sole in ogni ombraio.

 

 

Se febbraio avesse tutti i giorni di gennaio, farebbe gelare il vino nelle botti.

 

 

Se di febbraio corrono i viottoli, empie di vino e olio tutti i ciottoli.

 

 

A Madonna candelora dall’inverno siamo fora.

 

 

Febbraio febbraiolo, ogni uccello poso l’ovo.

 

 

Se febbraio non febbreggia, marzo campeggia.

 

 

La neve di febbraio ingrassa il granaio.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Il gufo delle nevi e il suo magico candore

 

Il suo nome scientifico è Bubo Scandiacus, ma è meglio conosciuto come gufo delle nevi. Sicuramente lo ricorderete al cinema: Edvige, amica inseparabile di Harry Potter, era proprio un Bubo Scandiacus. Questo volatile appartenente alla famiglia degli Strigidi (quella di rapaci come la civetta e il gufo comune, tanto per intenderci) è molto diffuso anche nel distretto della Lapponia Selvatica (Tunturi-Lapin seutukunta), l’ area più a nord della regione lappone. In quella zona, estremamente arida, l’erba cresce a malapena; ma per il gufo delle nevi, abituato alle lande desertiche della Tundra artica, è l’ambiente ideale. Il Bubo Scandiacus ha un aspetto maestoso: il suo peso può oltrepassare i due chili e la sua apertura alare sfiora i 170 centimetri. Con un’altezza compresa tra i 63 e i 73 centimetri, non passa inosservato; anche perchè il piumaggio bianco che esibisce, gli occhi gialli e il becco, talmente affilato da scomparire quasi tra le piume, lo rendono inconfondibile. La femmina della specie si contraddistingue per una serie di striature scure che le permettono di mimetizzarsi dove cova il suo nido, solitamente rocce ammantate di neve. Inoltre, e questo la accomuna a svariati rapaci, ha dimensioni maggiori rispetto al maschio.

 

 

Ma dove vive, esattamente, il gufo delle nevi?  Innanzitutto bisogna dire che ama volare a bassa quota nelle grandi pianure. E poi, che possiamo incontrarlo essenzialmente nei paesi del Nord: Islanda, Groenlandia, Scandinavia, Russia, SiberiaCanada, Alaska. Al momento di svernare, tuttavia, privilegia il Canada del Sud, gli Stati Uniti e l’Europa centro-settentrionale, soprattutto la Francia, l’Olanda e la Germania. Il criterio che adotta per la migrazione è quello del cibo; si dirige dove è più abbondante. I suoi pasti preferiti sono a base di lemming, roditori artici di piccole dimensioni. In alternativa si ciba di anatre, scoiattoli e uccelli marini. Quando i lemming scarseggiano e non c’è molta altra scelta, il gufo delle nevi decide che è il momento di migrare. E’ un predatore abile e agile al tempo stesso: riesce a roteare la testa di 270 gradi senza difficoltà e  ad acciuffare ed inghiottire le sue prede mentre sta volando. In più, non teme il meteo estremo e adora le terre sconfinate con pochi, pochissimi alberi. Non è raro, infatti, avvistarlo mentre sorvola la costa di qualche paese del Grande Nord.

 

 

La stagione degli amori inizia a Maggio e finisce a Settembre. E’ interessante dire che il gufo delle nevi si esibisce in particolarissimi rituali di corteggiamento: volando piroetta, volteggia, compie gesti acrobatici, il tutto per farsi notare dalla femmina. Oppure offre un lemming alla prescelta. Quando è a terra, invece, apre la coda a ventaglio con movimenti bizzarri. Se riesce a far colpo, rimarrà con la sua amata per l’intera stagione. Il nido, un buco che la femmina scava nel suolo, viene costruito su aree rialzate in modo che sia ben visibile e al riparo dalla neve. La femmina del gufo delle nevi può arrivare a deporre fino a 16 uova, una ogni due giorni, che cova per più di un mese. Dopodichè, una volta che i piccoli sono nati, il papà insegna loro l’arte della caccia mentre la mamma continua a nutrirli per un periodo superiore al dovuto.

 

 

Per chi si chiede se il gufo delle nevi è un animale a rischio di estinzione, la risposta è sì: il numero totale dei Bubo Scandiacus nel mondo ammonta a 200.000 esemplari. Il motivo, oltre alla cattura, al bracconaggio e alla morte accidentale, risiede principalmente in una ragione: i cambiamenti climatici che minano la sopravvivenza dei lemming. Cibandosi soprattutto di questi roditori, il gufo delle nevi risente enormenente di una situazione del genere;  potremmo dire che la vita del Bubo Scandiacus e quella del lemming sono strettamente interdipendenti.

 

Foto via Pexels, Piqsels, Unsplash

Foto di copertina di Mathew Schwartz, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, da Wikimedia Commons

Gennaio

 

“Il primo giorno di gennaio porta sempre alla mia mente una serie di riflessioni molto solenni e importanti e una domanda più facile a farsi che a rispondergli: come sono migliorato l’anno passato e con quali buone intenzioni vedo l’alba del prossimo?”
(Charlotte Brontë)

 

Caratteristiche

Gennaio, nel Calendario Gregoriano, sancisce l’inizio del nuovo anno: potremmo definirlo il mese delle buone intenzioni e dei buoni propositi. E’ anche il secondo mese dell’Inverno, il che delinea le sue caratteristiche climatiche e le sue atmosfere. A Gennaio il freddo, la neve e il gelo regnano sovrani (o almeno lo facevano fino a qualche anno fa, prima dei mutamenti del clima terrestre), le giornate cominciano a diventare più lunghe. Il bianco, alternato al grigio, è il colore predominante. I lavori agricoli si arrestano completamente: le basse temperature e il maltempo impediscono qualsiasi tipo di attività. La natura rimane assopita, gli animali proseguono il loro letargo. Gli ultimi tre giorni del mese, i cosiddetti “giorni della merla”, vengono addirittura considerati i più freddi dell’anno. Eppure, anche Gennaio ha un suo potente fascino: è una promessa di luce, un mese di rinascita. Comincia con il giorno di Capodanno, proprio quando il nuovo ciclo annuale è ancora tutto davanti a noi.

Storia

I romani fecero derivare il suo nome, il latino Ianuarius, da Ianus, ovvero Giano, la divinità bifronte associata ai passaggi e al cambiamento: non è un caso che “ianua”, nell’antica Roma, significasse “porta”. Gennaio diventò il primo mese dell’anno grazie a Giulio Cesare, nel 46 a.C. Promulgando il Calendario Giuliano, infatti, il “dictator” di Roma fissò il Capodanno al primo Gennaio, non più a Marzo come stabiliva il Calendario Romano. Ma non fu sempre così: nel Medioevo, ad esempio, l’anno cominciava in una data diversa per ogni città. Fu solo nel 1582, con l’entrata in vigore del Calendario Gregoriano, che il primo Gennaio tornò a coincidere con il Capodanno; la riforma del calendario voluta da Papa Gregorio XIII estese questa usanza a tutti i paesi cattolici.

Segni zodiacali

Fino al 20 Gennaio siamo sotto il segno del Capricorno, a cui il 21 subentra l’Acquario.

Ricorrenze

Gennaio esordisce con le festività natalizie, includendo Capodanno (il primo giorno del mese) e l’Epifania (il 6): per la Chiesa d’Occidente, la ricorrenza legata all’Adorazione dei Magi e alla rivelazione di Gesù bambino ai cosiddetti Gentili (i pagani); per la Chiesa d’Oriente, la data in cui il Bambinello fu battezzato nel fiume Giordano e la commemorazione del miracolo delle nozze di Cana, il primo compiuto da Gesù.

Colore

Il colore di Gennaio è il grigio, collegato sia al ghiaccio che alla nebbia, anche metaforica: potrebbe rappresentare la nebulosità di un futuro ancora tutto da decifrare.

Pietra Preziosa

Gennaio si lega al granato (in latino “granatus”), una gemma simile, per colore e forma, ai semi della melagrana. Questa pietra, in realtà, è rintracciabile in svariati colori, ma il rosso è la sua tonalità classica e proviene dal Mozambico. Anticamente, in epoca medievale,  si pensava che il granato favorisse la guarigione dalle infiammazioni. Scintillante e luminoso, il granato simbolizza alla perfezione la luce che si associa ad ogni nuovo inizio.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Passeggiata nel bosco autunnale

 

Il bosco risuona e tace: tace quando ascolto, risuona quando mi addormento.

(Pablo Neruda)

 

Il bosco in Autunno, pura meraviglia: un tripudio di colori che spaziano dall’oro al porpora, dal ruggine al vinaccia, dall’arancio al rosso. Se questa Estate siamo andati al mare per sfuggire all’afa e godere di tutti i benefici del salmastro, adesso è tempo di trasferirci in montagna. Solo addentrandoci nei boschi possiamo vivere l’Autunno appieno: la natura, con la sua graduale metamorfosi, suscita emozioni da lasciare senza fiato. Passeggiando tra gli alberi, lungo i sentieri o le radure, assistiamo allo spettacolo del foliage. C’è da rimanere letteralmente estasiati di fronte alle cromie assunte dal fogliame; piante come il tiglio, il castagno, il faggio, il pioppo tremulo, stupiscono con le straordinarie tonalità sfoggiate dalle loro chiome.

 

 

I funghi, grazie alle piogge e all’abbassamento delle temperature, cominciano a proliferare nel sottobosco. I cercatori dell’“oro dei boschi” vanno già alla spasmodica ricerca di gallinacci, porcini e mazze di tamburo; per evitare di incappare nelle specie velenose è imprescindibile una buona conoscenza micologica. Si rivela necessario, inoltre, apprendere la legislazione locale in materia di raccolta dei funghi.

 

 

La fauna selvatica è parte integrante delle bellezze del bosco autunnale. Le volpi, i cinghiali, i cervi, le lepri, i daini, i mufloni, gli scoiattoli, e molti altri animali ancora, adottano gli atteggiamenti tipici di stagione: non si fermano un minuto, vagano senza sosta alla ricerca di provviste per l’Inverno. Per i cervi, poi, tra Settembre e Ottobre ha inizio il periodo degli amori; i maschi emettono frequenti braiti e organizzano combattimenti per conquistare i favori delle femmine. In montagna è possibile alzare gli occhi e vedere grandi stormi di uccelli migratori che sfrecciano nel cielo: la partenza dei volatili per i paesi caldi è un appuntamento imperdibile, e potervi assistere è quasi un privilegio. Per gli appassionati di birdwatching, il bosco d’Autunno si rivela un autentico paradiso. Anche gli uccelli, come il resto della fauna selvatica, vanno a caccia di cibo da immagazzinare prima dell’arrivo del gelo. In questo periodo, sui monti risalta la presenza dei rapaci, che colpiscono per la loro maestosità: il falco pellegrino, l’astore, la possente aquila reale.

 

 

In quanto a doni della terra, invece, che cosa ci regala il bosco oltre ai funghi? Castagne a volontà, naturalmente, ma non solo: anche le mele la fanno da padrone. Raccoglierle è un vero e proprio divertimento; non è un caso che molte aziende agricole includano la raccolta delle mele tra le attività destinate ai loro visitatori. Sui sapori del periodo tra Estate e Inverno, VALIUM si è soffermato già. E dato che il mese di Ottobre domani farà la sua entrata trionfale, vi invito a organizzare una passeggiata nel bosco per addentrarvi nel cuore della nuova stagione. E’ un’esperienza irrinunciabile che vi permetterà di conoscere da vicino le meraviglie naturali dell’Autunno e di innamorarvene profondamente, proprio come merita.

 

Foto via Pexels, Pixabay e Unsplash

 

Buon Equinozio d’Autunno

 

C’è un’armonia in autunno, e una luce nel suo cielo, che durante l’estate non si sente né si vede, come se non potesse esistere, come se non ci fosse mai stata.
(Percy Bysshe Shelley)

 

Oggi, esattamente alle 14.42, cade l’Equinozio di Autunno. Si volta pagina, entra ufficialmente una nuova stagione. Il termine Equinozio, dal latino aequa nox ovvero “notte uguale”, indica che le ore di notte e quelle del giorno si equivalgono, hanno la stessa durata: avremo 12 ore di buio e 12 ore di luce; ciò avviene quando il Sole si posiziona allo zenit dell’equatore celeste. Con l’Equinozio di Autunno, anticamente, prendeva il via il cosiddetto “semestre oscuro”. La fine dei principali lavori agricoli coincide con la conclusione del ciclo produttivo e riproduttivo. Si effettua il secondo raccolto, mentre le chiome degli alberi cominciano a tingersi di straordinari colori. Nel bosco, gli animali danno il via a una frenetica ricerca di cibo per preparare le provviste per l’Inverno. Intanto, gli uccelli migratori si accingono a compiere il loro lungo volo in direzione Sud. L’Equinozio è simbolo di equilibrio: non è un caso che cada esattamente a metà tra il Solstizio d’Estate e il Solstizio d’Inverno. Ma è anche il momento dei bilanci, di constatare qual è il nostro metaforico raccolto. I rituali che in passato accompagnavano l’aratura esprimevano gratitudine per i doni ricevuti dalla Terra e, al tempo stesso, fungevano da richiesta al divino affinchè l’Inverno non fosse troppo aspro. In Autunno la natura comincia ad assopirsi, inaugurando una fase dell’anno che favorisce la meditazione e i viaggi nell’ interiorità. Questo periodo di riflessione coincide con un lavoro costante su noi stessi, dove al resoconto dei risultati ottenuti fino a quel momento vanno ad aggiungersi una nuova consapevolezza e un’esplorazione introspettiva a tutto campo. Diversi elementi simbolici contraddistinguono l’Equinozio d’Autunno. Tra le erbe troviamo la foglia della vite, quella della quercia, l’erba di grano, i cardi, i petali di rosa essiccati. A base di petali di rosa, così come di ibisco, pino, mirra e salvia sono anche gli incensi che andrebbero bruciati in questo giorno. E poi c’è il simbolo supremo, la cornucopia (rileggi qui l’articolo che VALIUM le ha dedicato), un’ode all’abbondanza dei frutti che la natura ci ha donato.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Acqua

 

In una goccia d’acqua si trovano tutti i segreti di tutti gli oceani.
(Kahlil Gibran)

 

L’acqua, uno dei quattro elementi naturali che Socrate e Aristotele consideravano imprescindibili per la composizione della materia, all’estate è sempre stata legata a doppio filo. Quando fa caldo ci si butta in acqua per rinfrescarsi, si beve acqua per reidratarsi, si scelgono mete vacanziere affacciate sul mare…Diventa evidente un concetto che spesso diamo per scontato: l’acqua è vita, è fondamentale per la nostra esistenza e per quella di tutte le creature del creato. Non è un caso che sia stata soprannominata “oro blu”: la preziosità di questa risorsa è innegabile. Il corpo umano è composto al 75% di acqua, di cui il 67% è contenuto nelle cellule; dovremmo bere, come minimo, 1 litro e mezzo di acqua quotidianamente per garantire la stabilità al nostro equilibrio idrico. L’acqua ci fornisce i sali minerali essenziali per il funzionamento dell’intero organismo. Senza acqua, infatti, è impossibile sopravvivere: la disidratazione può condurci alla morte, ecco perchè è impensabile resistere allo stimolo della sete per più di tre giorni. Ma l’acqua è fondamentale non solo per gli esseri umani e gli animali (basti pensare agli animali acquatici, che vivono nelle profondità marine), bensì per tutto l’ecosistema terrestre. La Terra è ricca di 1,4 miliardi di chilometri cubi di acqua, dei quali il 97% è composta dagli oceani. Purtroppo, in tempi recenti, l’ equilibrio dell’idrosfera è stato stravolto dai problemi associati ai cambiamenti climatici: l’effetto serra, oltre a provocare un anomalo aumento della temperatura terrestre, ha modificato pesantemente il pH delle acque dei fiumi, dei laghi e degli oceani. Per sottolineare il ruolo importantissimo che l’acqua riveste nei confronti dell’ecosistema, ho deciso di dedicarle il tema della settimana. Con l’intento di incrementare una consapevolezza finalizzata non solo allo sviluppo di un’etica sostenibile, ma alla salvaguardia della vita stessa in tutto il pianeta.

 

L’estate cala sulla Sicilia

 

” L’estate cala sulla Sicilia come un falco giallo sulla gialla distesa del feudo coperta di stoppe. La luce si moltiplica in una continua esplosione e pare riveli e apra le forme bizzarre dei monti e renda compatti e durissimi il cielo, la terra e il mare, un solo muro ininterrotto di metallo colorato. Sotto il peso infinito di quella luce gli uomini e gli animali si muovono in silenzio, attori forse di un dramma remoto, di cui non giungono alle orecchie le parole: ma i gesti stanno nell’aria luminosa come voci mutevoli e pietrificate, come tronchi di fichi d’India, fronde contorte di ulivo, rocce mostruose, nere grotte senza fondo. “

Carlo Levi, da “Le parole sono pietre” (Giulio Einaudi Editore)

 

 

Il ritorno delle rondini e la loro importanza per l’ecosistema

 

Bisogna essere leggeri come una rondine, non come una piuma.
(Paul Valery)

 

Che fine hanno fatto le rondini? Se le osserviamo mentre sfrecciano nel cielo, finalmente di ritorno dopo giorni e giorni di maltempo, notiamo che sono sempre meno numerose rispetto agli anni scorsi. Quando ero bambina il loro arrivo, i loro garriti, il loro volo che sembrava sfiorare le nuvole annunciava l’inizio della Primavera. Oggi è raro vederle a Marzo, e persino ad Aprile. Generalmente ricompaiono a Maggio, quando il clima è mite a sufficienza e il sole splende. Ma perchè così tardi, e perchè il loro numero si è così ridotto? Pare che ciò sia dovuto al massiccio utilizzo delle sostanze chimiche nell’agricoltura intensiva, che ha determinato una netta diminuzione degli insetti: nutrendosi essenzialmente di zanzare, mosche, libellule e scarafaggi, le rondini non hanno più a disposizione “pasti” appetibili. Anche i cambiamenti climatici, responsabili di drastiche variazioni nelle temperature, hanno influito su quel fenomeno pesantemente. E pensare che le rondini, in quanto uccelli migratori, affrontano un lungo e travagliato viaggio per tornare in Europa dall’ Africa, dove si rifugiano durante la stagione fredda. Spostandosi in immensi stormi, a Primavera risalgono il deserto del Sahara o la valle del Nilo dirette verso il nostro continente. Non volano ad alta quota come quando le ammiriamo, preferiscono sfrecciare a basse altitudini, e riescono a percorrere distanze di 320 km al giorno viaggiando a 50 km orari. Dall’ Africa all’ Europa, le rondini compiono annualmente circa 11.000 km. Quelle che vediamo in Italia, di solito, in Inverno si rifugiano nell’ Africa centrale. Sto parlando della rondine comune, contraddistinta dalla coda biforcuta e dal bicolore blu scuro-grigio che le tinge, rispettivamente, il dorso e il ventre. Pesa solo 20 grammi e non raggiunge i 20 cm di lunghezza, ma è veloce come un razzo!

 

 

Se la rondine comune ha questo tipo di caratteristiche, quali sono gli uccelli che le somigliano? Innanzitutto i rondoni, poi i balestrucci. Preferisco però soffermarmi sui primi, elencandovi le differenze principali tra le due specie: della rondine, appartenente all’ ordine dei Passeriformi e alla famiglia delle Hirundinidae, in Europa è diffusa la sottospecie chiamata Hirundo rustica; il ventre chiaro è il suo segno distintivo. Il rondone, il cui nome scientifico è Apus apus, appartiene all’ ordine degli Apodiformi e alla famiglia delle Apodidae. Il suo ventre è scuro, come il dorso. Inoltre, il rondone è in grado di raggiungere velocità incredibili e riesce persino ad assopirsi durante il volo. Un altro particolare che contribuisce a distinguere le rondini dai rondoni è il loro nido, che realizzano in maniera diversa: le rondini sono solite “fabbricarlo” con il fango delle pozzanghere, mescolandolo con erba e piume e collocandolo preferibilmente sotto le grondaie, mentre i rondoni optano per le cavità degli edifici e le fessure che si aprono lungo i muri. Anche le zone che li vedono più presenti differenziano rondini e rondoni. Le rondini prediligono la campagna, i rondoni la città.

 

 

Tornando alla rondine, dobbiamo sapere che entra in cova al principio di Maggio. E qui mi riallaccio al discorso iniziale, ossia alle rondini che sono sempre di meno: in virtù di ciò, la legge ha tassativamente vietato di eliminare o danneggiare i loro nidi, dove due volte all’anno depongono quattro o cinque uova che sia il maschio che la femmina della specie covano per circa un paio di settimane. I cuccioli di rondine diventano “adulti” a 20 giorni, e non è raro vederli prendere il volo in un lasso di tempo così breve. Negli ultimi anni, i nidi dell’ Hirundo rustica si sono concentrati nei sottotetti delle case: come ho già accennato e ora ribadisco, evitate assolutamente di rimuoverli, perchè le rondini e i loro nidi sono protetti dalla legge. Ma non solo per questo. Le rondini, infatti, sono uccelli importantissimi per il mantenimento dell’ecosistema.

 

 

Essendo un insettivoro, la rondine si ciba di molti insetti dannosi per le coltivazioni agricole. Per esempio la Piralide, un noto parassita del mais. In più, nutrendosi delle mosche e dei tafani che ronzano intorno ai bovini, li lascia più liberi di produrre concime sotto forma di letame, essenziale per incrementare la fertilità dei campi. Le rondini sono utilissime ai fini di proteggere la biodiversità: la loro funzione è essenziale proprio per questo. Rispettiamole, e garantiamo la loro sopravvivenza.

 

 

Abbiamo parlato del ritorno delle rondini; ma quando se ne vanno? Naturalmente con l’approssimarsi dell’ Autunno, prima che arrivino i primi freddi. A Settembre sono già pronte per la migrazione: è curioso notare come si radunino sui fili del telefono o della luce in grandi stormi. Da lì si dirigono verso l’Africa, dove potranno godere del clima caldo per tutta la durata del nostro Inverno. Sono le rondini nate nei mesi estivi, le più piccole, ad iniziare il lungo viaggio. Qualcuna, tuttavia, decide di posticipare la partenza a Ottobre: in ogni caso, si tratta di casi isolati e di rondini in età matura.

Foto via Unsplash

 

Marzo, il mese del risveglio: 5+1 animali che escono dal letargo

 

Arriva Marzo, e il bosco si risveglia a poco a poco. Il verde ricomincia ad essere il colore predominante, spuntano i primi fiori. Ma anche gli animali abbandonano il loro lungo torpore: i rigori invernali sono ormai alle spalle e molte specie escono dal letargo per tornare a godere del tepore del sole. Attraverso il letargo, infatti, sono riusciti a superare i mesi freddi “disattivando” temporaneamente alcune funzioni vitali. Durante quel periodo la temperatura del corpo si è abbassata notevolmente, la frequenza respiratoria è diminuita così come la frequenza cardiaca. Nella propria tana, che sia scavata nel suolo o un luogo al riparo dalle intemperie, gli animali si addormentano per evitare di disperdere energia e calore. Quando l’Inverno giunge al termine, inizia il loro risveglio: a fungere da “suoneria” è una sorta di orologio biologico interno che decreta la fine del letargo tramite il rilascio di determinati ormoni. A questo ritmo ciclico innato si aggiungono la luce delle giornate sempre più lunghe, il calore dei primi raggi di sole, il profumo dei fiori che iniziano a sbocciare…Gli animali percepiscono a livello fisiologico l’arrivo della Primavera e cominciano a ripopolare i boschi per nutrirsi e per riprendere le loro attività. Ma quali sono, esattamente, le specie che in questo periodo si stanno svegliando? Ve ne presento 5+1. Ad esse si aggiungono animali come il ghiro, il pipistrello, i serpenti e le tartarughe, creature a sangue freddo per le quali affrontare il clima gelido dell’ Inverno è particolarmente rischioso.

 

L’orso bruno

 

L’orso bruno va in letargo a Novembre e si risveglia a Marzo, ma più che di letargo si tratta di “ibernazione”: la sua temperatura corporea si abbassa solo di pochi gradi, generalmente dai 37 ai 31, per permettergli di risvegliarsi all’istante in caso di necessità. Le sue funzioni fisiologiche non subiscono drastiche alterazioni, prova ne è il fatto che le orse, durante l’ibernazione, riescono addirittura a partorire e ad allattare i propri piccoli.

 

La marmotta

 

Essendo un animale d’alta quota, la marmotta va in letargo in una tana nel sottosuolo: è solita scavarla a una profondità di pressappoco tre metri per ripararsi adeguatamente dal gelo. Nel suo rifugio si addormenta come un sasso e condivide l’esperienza con diversi esemplari (fino a 15) della sua specie; pare che, molti secoli orsono, gli uomini approfittassero del sonno profondo delle marmotte per catturarle indisturbati e includerle nei loro pasti. Il periodo di letargo di questo animale  è piuttosto lungo, va dalla fine di Settembre ad Aprile.

 

Il tasso

 

Il tasso, che ama vivere in gruppo in un sistema di tane talmente articolato da sembrare un labirinto, non cade in un autentico letargo: trascorre i mesi freddi nella sua tana-rifugio e si limita ad essere meno attivo. I numerosi tunnel che scava nel terreno hanno un ordine ben preciso e vengono accuratamente scelti dall’animale, che ama coricarsi su un “letto” soffice di foglie e muschio. Il grasso abbondante che accumula durante l’Estate e l’Autunno permette al tasso di rintanarsi nella sua tana da Novembre ad Aprile; ciò è molto utile agli esemplari delle aree più gelide, che vanno invece in letargo barricando ogni apertura verso l’esterno.

 

Lo scoiattolo

 

Delle tre tipologie in cui viene suddivisa la specie degli scoiattoli, ovvero scoiattoli arbicoli, volanti e di terra, vanno in letargo solo gli scoiattoli di terra. Il periodo solitamente è compreso tra i tre e i sette mesi. Così come il tasso, anche lo scoiattolo si nutre in abbondanza per aumentare le sue riserve di grasso corporeo quando è ancora in attività; va in letargo in tane sotterranee scavate ai piedi degli alberi per ripararsi al meglio dal maltempo invernale, e affronta in gruppo i mesi di torpore che utilizza anche per riprodursi.

 

Il riccio

 

Il riccio va in letargo da Novembre a Marzo e si nutre delle copiose scorte di cibo che ha accumulato durante il periodo in cui è attivo. Tuttavia, in Estate può arrivare a dormire fino a 12 ore al giorno; il resto del tempo, soprattutto nei primi mesi di risveglio, lo dedica alla riproduzione: in questo senso può essere considerato un animale promiscuo. Durante il letargo cade in un sonno profondo e la sua temperatura corporea subisce un notevole calo, passando dai 37 gradi abituali ai 5.

 

La rana

 

Gli anfibi, così come i rettili, utilizzano il calore del sole a mò di vera e propria linfa. Motivo per cui, durante l’Inverno, sono obbligati ad andare in letargo perchè il gelo, combinato con la bassissima temperatura corporea che li contraddistingue, metterebbe a rischio la loro sopravvivenza. La rana, dunque, scava la propria tana nella melma che giace sul fondo dello stagno o dei laghetti e riemerge da lì soltanto in Primavera. Questa è una caratteristica, però, delle rane acquatiche, ovvero le tipiche rane verdi che abitano gli specchi d’acqua. Il loro non è un sonno profondo: di tanto in tanto ritornano in superficie per fare scorta di ossigeno. Le rane rosse, invece, vanno in letargo in buchi che scavano nel sottosuolo, mentre le raganelle, incapaci di scavare tane sotterrranee a causa delle loro zampe, in Inverno si riparano tra le foglie appassite. Purtroppo, non si rivela la soluzione ideale per il loro sangue freddo e molte non sopravvivono ai mesi più gelidi dell’anno. Una curiosità: diverse specie di rane approfittano del letargo per riprodursi e la femmina, quando esce dalla tana, è in grado di deporre all’incirca 4000 uova.

Foto via Pexels e Unsplash

 

Focus sulla neve (che non cade più): tutti i benefici che apporta al nostro organismo e all’ecosistema

 

Silenziosamente, come i pensieri che vanno e vengono, i fiocchi di neve cadono, ognuno una gemma.
(William Hamilton Gibson)

 

Non so voi, ma io adoro la neve. Certo, sarà scomoda, soprattutto quando si tramuta in ghiaccio, ma tutto ciò per me non rappresenta un ostacolo. Al netto dei disagi, infatti, niente può eguagliare la magia dei fiocchi che cadono fitti, il candore di cui ammanta qualsiasi tipo di paesaggio. Eppure, l’Inverno 2023-2024 sembra proprio non volercela regalare: la neve non cade più, giornate simil-primaverili si susseguono una dietro l’altra mentre le temperature raggiungono una media quotidiana di 15 gradi. Il che non è affatto positivo. Ogni stagione ha le sue caratteristiche, e dovrebbe mantenerle per garantire l’equilibrio dell’ecosistema. Anche la neve, ad esempio, apporta molteplici benefici. Che sono importantissimi e per l’ambiente e per il nostro benessere. Coinvolgono la terra, la vegetazione, la qualità dell’aria…non è un caso che la saggezza popolare li abbia racchiusi in un significativo proverbio: “Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame”, come recita un detto della civiltà contadina. Ogni agricoltore, infatti, è concorde nel dire che la neve di stagione è fondamentale per l’abbondanza del raccolto. Quel meraviglioso manto di candidi fiocchi è composto da acqua gelata che, una volta posatasi sul terreno, si scioglie lentamente irrigandolo in profondità e senza creare ristagni. La pioggia, invece, specie quando è scrosciante, non viene trattenuta dal suolo e perde completamente la sua funzione di risorsa idrica, importantissima anche ai fini di favorire la fertilità del suolo. Il rilascio continuo e costante di acqua attuato dalla neve ha il vantaggio di ammorbidire la terra e di prepararla ad accogliere ogni tipo di vegetazione, coltivazione e varietà floreale.

 

 

Sapevate che la neve è fatta anche d’aria? Ciò fa sì che rappresenti una sorta di isolante termico che tiene il ghiaccio a debita distanza: salvaguarda, cioè, la mitezza della temperatura evitando che le gelate danneggino le piante; il gelo non riesce a penetrare nelle loro radici e di questo beneficiano soprattutto gli ortaggi più delicati, quelli che matureranno in Primavera, come le fave, i piselli, le cipolle, l’aglio e via dicendo. Ma non solo. La coltre immacolata che si adagia sui campi allontana i parassiti e gli animali, impedendo che questi ultimi bruchino la vegetazione. Le funzioni più importanti esercitate dalla neve sono, dunque, quella idratante e quella isolante, essenziali per mantenere in equilibrio l’ecosistema boschivo e agricolo. In virtù di risorsa idrica,  la neve scongiura anche l’aridità e l’erosione provocata dallo scorrimento dell’acqua piovana sul terreno.

 

 

Si dice poi che la neve “purifica l’aria”. Ma quanto c’è di vero in tutto questo, e soprattutto, in che modo purifica l’ambiente? Innanzitutto, si tratta di un’affermazione correttissima. I fiocchi si originano nella troposfera, lo strato areiforme situato a contatto con la superficie terrestre, ogni volta che le temperature scendono a circa 5 gradi sottozero. Affinchè i cristalli di ghiaccio si posino sul suolo, l’aria e la superficie del terreno non devono oltrepassare, rispettivamente, gli zero e i due gradi. Mentre volteggiano impalpabili, i fiocchi assorbono azoto e ammoniaca in dosi massicce, ovvero due componenti delle dannosissime polveri sottili. Ne consegue che, ebbene sì, la neve purifica l’aria! In più, mentre nevica non gela (abbiamo già parlato dei requisiti che devono avere le temperature per favorire la discesa dei fiocchi), ma il freddo che ci circonda ha un potente effetto tonificante sulla nostra circolazione e ci aiuta a bruciare calorie: organizzate delle lunghe camminate per usufruire di tutti i benefici che porta con sé la magica coltre bianca.

 

 

Vi farà sicuramente piacere sapere che la neve ritarda l’invecchiamento: le temperature che scendono a picco determinano un rallentamento dell’attività cellulare e, di conseguenza, i tessuti invecchiano con calma. E’ risaputo, inoltre, che quando il clima si attesta intorno allo zero depura l’aria dai virus e dai batteri. Non è un caso che l’influenza “esploda” subito dopo il Solstizio d’Inverno o quando l’Inverno sta volgendo al termine: le temperature, in quei periodi, solitamente sono più alte e i microbi non vengono intaccati dall’azione disinfettante del freddo.

 

 

Al di là della sua bellezza, della meraviglia di cui ci riempie ogni volta che cade (speriamo di non dover dire “che cadeva” a causa dei cambiamenti climatici), la neve ha quindi una funzione fondamentale per preservare gli equilibri della natura e del nostro organismo. Spero che molti di voi, dopo aver letto questo articolo, tornino ad attenderla con gioia scacciando via dalla mente il pensiero che porti con sè solo disagi, scivolate e difficoltà durante gli spostamenti.

 

Foto via Pexels e Unsplash