“Bowie before Ziggy” da oggi in mostra a Bologna

©Michael Putland

A due mesi esatti dalla sua scomparsa, l’ interesse e le celebrazioni nei confronti di David Bowie si moltiplicano in modo esponenziale. Vero e proprio mito del nostro tempo, il Duca Bianco conferma l’assioma secondo il quale “le icone non muoiono mai”: talento, carisma, unicità e innovazione rappresentano un mix di doti talmente esplosivo da imprimere nell’ immaginario collettivo, a titolo perenne, chi lo possiede. Motivo per cui il genio e l’ istrionismo bowiano sono più che mai vivi presso il grande pubblico, alimentando tutta una serie di iniziative atte ad approfondirne i caratteri e le sfaccettature. Prende vita da questo concept Bowie before Ziggy. Fotografie di Michael Putland, la mostra che ONO Arte Contemporanea inaugura oggi a Bologna: un omaggio al David Bowie che, di lì a pochissimo, sarebbe diventato ufficialmente Ziggy Stardust lanciando il suo alter ego più iconografico e memorabile. Lo strumento privilegiato di questo viaggio a ritroso nel tempo sarà costituito dalle foto scattate a Bowie da Michael Putland, celebre fotografo inglese della music scene. Ventisette immagini nelle quali spicca un clou contraddistinto da precise coordinate spazio-temporali: lo shooting che ha ispirato il titolo dell’ esposizione ha come location Haddon Hall, la residenza londinese dell’ eclettica rockstar, ed è stato realizzato il 24 aprile del 1972. Una data che precede di soli quattro giorni l’ uscita di Starman, il singolo di lancio del leggendario The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, 24 ore di scatti all’ insegna di un mood tra il rilassato e il giocoso: Putland ritrae un Bowie perfettamente a suo agio tra le mura domestiche, alle prese con la tinteggiatura del soffitto e mentre flirta con l’obiettivo. E’ “la calma prima della tempesta”, il relax casalingo che precede il boom di straordinaria popolarità esploso con Ziggy, un Bowie a dimensione umana che si avvia a tramutarsi nel più famoso alieno della storia del rock. Gli indizi sono già presenti: l’ abito che indossa – creato in connubio con il designer Freddy Burretti – è lo stesso che sfoggerà sulla cover dell’ album, il suo percorso di ricerca musicale e sull’ immagine è pienamente avviato. The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars vedrà la luce due mesi dopo e sarà un successo planetario, evidenziando a tutto tondo le sue doti camaleontiche innate. ONO Arte, attraverso il “racconto” fotografico di Michael Putland, celebra questo speciale periodo di transizione affiancandolo a scatti post-Ziggy e tratti dallo Station to Station Tour. La mostra – visitabile fino al 30 Aprile –  include  inoltre il lavoro grafico di Terry Pastor, designer delle copertine di Ziggy Stardust e Hunky Dory.

 

BOWIE BEFORE ZIGGY. Fotografie di Michael Putland

Dal 12 Marzo (Opening ore 18,30) al 30 Aprile 2016

presso ONO Arte Contemporanea, via Santa Margherita 10, Bologna

 

 

 

©Michael Putland

 

 

©Michael Putland

 

 

 

©Michael Putland

 

 

©Terry Pastor

 

Photo courtesy of ONO Arte

LULULULU: il nuovo photofilm di Diego Diaz Marin per Schield

 

Le advertising campaign di Diego Diaz Marin per Schield rappresentano, di stagione in stagione, un appuntamento unico: puro godimento per gli occhi, un coup de foudre visivo che cattura e sortisce un effetto ammaliante.  A caratterizzare i “frame” dei suoi photofilm, incantesimi cromatici e protagoniste bellissime quanto tormentate che delineano, come un leit motiv, storie strabilianti nelle quali glamour e extravaganza si intrecciano in un mix di classe e di profonda ironia. La campagna dedicata al Fall/Winter 2015/16 del brand di luxury jewels creati da Roberto Ferlito non viene meno a questa traiettoria artistica. Il mood è provocatorio, le immagini d’effetto: verrebbe da dire “Ciak, si gira” per dare il via a un “corto fotografico” dai toni strong e di forte, fortissimo impatto. Lulululu è il suo titolo. Sillabe impazzite, un loop fonetico ossessivo, un nome ripetuto a ritmo ininterrotto. La puntina di un vecchio giradischi incantata su un disco rotto. Martellante, logorante come l’ idea fissa della bella fanciulla, oppressa da una claustrofobica angoscia nella sua stanza di ospedale. Suoni ovattati, pareti massicce,  monitor vigili immersi in un’ inquietudine color lilla. Fiori macroscopici senza alcun odore, attrezzatura medica, ortodonzia surreale e quattro mura di noia. A brillare nella calma piatta, solamente i gioielli Schield: ear-cuff preziosi, estrosi collier come vertebre adornate di perle, palladio, oro e Swarovski per bijoux che riproducono denti molari esaltandone il cotè ornamentale. Enormi gigli ad emanare purezza ispirano cyborgflowers a grappoli declinati in anelli, orecchini, collier e bracciali smaltati in sofisticate alternanze di black and white.

Ma è all’ indaco che Lulù aspira: l’indaco del cielo all’ alba, l’indaco dei vasti orizzonti, l’indaco della rinascita…L’indaco dell’ infinito. E’ color indaco la veste ospedaliera che indossa, evocando suggestioni di ritrovata libertà e sprigionate illusioni. “Sono indaco le piume sulle ampie ali degli albatros, il plancton negli oceani, gli anelli nei tronchi delle millenarie sequoie, e gli atomi nelle miriadi di galassie del cosmo”, declamava Alda Merini*. La fuga è un tarlo che scava nella mente, l’idea declinata in senso univoco, la magnifica ossessione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Oh, what do you know about living in turbolent indigo?” (Joni Mitchell, Turbolent Indigo)

 

 

 

 

 

“E non soffrire più che in fondo forse c’è al di là di Gibilterra un indaco mare” (Baustelle, L’indaco)

 

 

 

 

La fuga è pronta, più volte tentata. La fuga è l’unica via di fuga. L’indaco e l’azzurro di un cielo terso attendono Lulù e faranno scorrere un The End sulla location della sua ossessione. Le gambe slanciate, panchine come rampe di lancio, fiori come inodori souvenir di una claustrofobia distanziata. La flebo la accompagna, molesto cimelio, nella sua corsa verso il muro di cinta.

 

 

Scavalcare il muro, aggrapparsi ai rampicanti, correre a perdifiato verso nuovi orizzonti: è lei, Lulù, in fuga verso azzurrità senza confini. Lulululu, ormai, è solo un suono indistinto trasportato dal vento.

“E’ impalpabile indaco ciò che tende all’ infinito, come il numero di stelle del firmamento, come il tuo nome ripetuto sulle mie labbra…” Alda Merini, da Indaco: tendente all’ infinito*.

 

SCHIELD Fall/Winter 2015.16

Photofilm: “Lulululu”

Creative Direction and Photography: Diego Diaz Marin

Model: Arci at Independent Mgmt Milan

Hair and Make up: Nino Maiorana

Jewellery: Roberto Ferlito

 

“Raiders of Beauty”: Diego Diaz Marin per Luisaviaroma

 

Due donne, due amiche – come lascia presagire l’ intimità che le lega – immerse negli straordinari colori, riflessi e giochi di luce del Parco Stibbert, a Firenze, che regala scorci paesaggistici e architettonici dalla suggestività unica ma anche densi di un tocco di profuso mistero: è qui che il fashion photographer Diego Diaz Marin ambienta il suo recente shooting per Luisaviaroma, celeberrimo rivenditore on line di moda che annovera tra le sue proposte le collezioni dei più prestigiosi fashion designer italiani ed internazionali. La location, valorizzata da sfondi preziosamente insoliti come il tempietto egizio (fatto realizzare da Stibbert tra il 1862 e il 1864, nel pieno dell’ “egittomania” artistica) lascia trapelare il quid enigmatico, e al tempo stesso venato di incanto,  che svariati lavori del talentuoso fotografo spagnolo esprimono, concentrandolo in particolare nelle magnetiche (quanto contorte) personalità delle protagoniste. Diaz Marin, dopo la nomina al Photography Award del Cannes International  Festival of Photography, riallaccia la sua ricerca ai  leit motiv del colore e dei suoi contrasti, degli scatti pervasi da una luminosità “a tinte forti”, in un magico ed incisivo amalgama che fonde moda e genialità creativa. La sua passione per l’azzurro – vibrante, “acquatico”, che vira quasi al verde – riaffiora anche in questo shooting, “imbevendo” letteralmente alcune immagini e calandole in una luce vagamente irreale. In un sapiente gioco di contrasti l’ azzurro si affianca al rosso, “accendendolo”, dona risalto al nero e fa brillare i bijoux indossati dalle modelle.  Riappare anche il fucsia, che riallaccia cromaticamente i motivi decorativi di un cancello sullo sfondo ai dettagli fashion e ad un manto steso al suolo. L’ “imprinting” della palette paesaggistica dei luoghi natii, quella Torre del Mar affacciata sul Mediterraneo e intrisa di un mix di luminosità, vivide nuance e passionalità andalusa, nell’ opera di Diego Diaz Marin rimane una costante: il punto di partenza di una ricerca artistica che ne approfondisce i caratteri in una serie di affascinanti ed incantevoli diramazioni.

 

 

LUISAVIAROMA – RAIDERS OF BEAUTY

August 8, 2014

The age-old exploration of power and beauty goes beyond the walls of modern society this season, creating a world apart, lit by the golden gleams of Moschino, Anton Heunis and Mercantia. Dolce & Gabbana turns the key and opens the door to a mystical kingdom where gardens hold secrets for fearless explorers. Schield crows fight in glorious fury and the light beating of fringed accessories takes on a hypnotic air when treading ancient ground. Wrapped in futuristic furs like Emanuel Ungaro’s geometric design, the most timeless adventurers know that to step into the future they must discover the past.

 

 

 

 

 

 

 

 

Photography: Diego Diaz Marin

Styling: Valentina G.Ottobri

Make-up: Jacopo Nucciotti

Hair: Nino Maiorana

Special thanks to Parco Stibbert, Florence

 

‘Guillermina’: un photofilm di Diego Diaz Marin

 

Una donna, Guillermina. Una storia reale intrecciata alle percezioni visionarie di una preudorealtà. Un thriller che si snoda attorno alla passione ed all’anima. Il personale “triduo pasquale” di una donna che ha ucciso, che tenta di morire e poi risorge con lo sfondo di una Andalusia sensuale e torrida, dai colori intensi, che alterna zone brulle a una vegetazione simil-tropicale. Un luogo in cui anche la morte, nei piccoli cimiteri bianchi e disseminati di fiori coloratissimi, nei crocifissi profusi e ostentati, accanto ai mazzi di gerani rossi che risaltano su un  turchese intenso,  si tramuta in un paradiso terreno di folkloristica suggestività.

Il fashion photographer Diego Diaz Marin ambienta il suo photofilm a Torre del Mar, sua città natale, della quale conserva perennemente impressi l’ incredibile luce e i vividi colori. Il titolo dello shooting, Guillermina, è un omaggio al nome di sua madre. Passionale, emotiva, vibrante, Guillermina – interpretata dalla modella Fabiola Gomez – è eccessiva e irruenta, si muove sospinta da un istinto di spettacolarità quasi teatrale: cerca la morte, ma alla fine troverà la vita. Una vita salvifica e rigenerante, una vera e propria risurrezione. Una fuga dal suo passato – e dalla “precedente” sè stessa – immersa nella luminosità a tinte forti della caliente Spagna del Sud.

 

“Ahi, quanto mi costa amarti come ti amo!” (Federico  Garcia Lorca, “E’ vero”)

 

 

La terra color cioccolato, il cielo di un azzurro che stordisce, un cadavere da celare nelle viscere più profonde della terra. La pala in mano, Guillermina scava instancabile affinchè il sottosuolo inghiottisca il suo delitto.

 

 

 

 

La fuga, per dimenticare: ma si può fuggire da sè stesse? La fuga e il crocifisso, invocare il perdono o crocifiggersi per il senso di colpa sono sensazioni, stati d’animo, impulsi che convivono in Guillermina in un turbine caotico e indisciplinato.

 

 

 

La pietas divina, il capo coperto come le anziane che da bambina vedeva assistere alla Messa, l’ abito nero…Il Cristo crocifisso che incarna una religiosità  viscerale, totalizzante, intrisa del concetto di espiazione. La religiosità che odora di incenso delle suggestive processioni del Sud, occhi femminili seminascosti dietro le grate delle finestre del patio mentre osservano la statua della Vergine che sfila seguita da uno sciame di donne nerovestite.

 

 

 

 

 

La disperazione, il pentimento, il tormento: il dolore di Guillermina esplode travolgente, teatrale, confondendo i suoi confini sinceri. E se il suicidio fosse la vera via di fuga? Si vede già morta: il suo cadavere accanto all’ acqua limpida e turchese di una piscina, in un sarcofago galleggiante su uno specchio d’acqua purificatrice. Gerani di un rosso vibrante di sensualità gettati sul corpo a ricordare che la passione è, al tempo stesso, vita e morte.

 

 

 

La morte: vagheggiata, apparente, simbolica. La morte che fa rinascere. Quella che negli sperduti cimiteri di campagna viene esorcizzata e confusa tra i fiori colorati che adornano tombe come  scolpite nel marzapane…Tracce di vita che annullano la perdita.

 

 

La morte e la risurrezione: una Pasqua metaforica e rigenerante, che dall’ annullamento esistenziale più profondo genera una nuova vita.  Guillermina risorge lasciandosi alle spalle il luogo della morte per eccellenza. In mano, stringe il mazzo di garofani rossi:

“Il mio cuore come una serpe si è spogliato della sua pelle, e la tengo fra le mie dita piene di ferite e di miele.”  (Federico Garcia Lorca, “Cuore nuovo”)

 

 

Ipnotica: la pre-collezione estiva di accessori Cavalli in un photofilm di Diego Diaz Marin

 

Si intitola Ipnotica il photofilm lanciato da Roberto Cavalli per presentare la sua pre-collezione estiva di accessori.  Autore degli scatti è ancora un volta il talentuoso Diego Diaz Marin, che con la direzione creativa di Rachele Cavalli ha ideato il concept e realizzato fotograficamente le sequenze che ne sviluppano la storia: un excursus dai tratti surreali e onirici, tinto dei colori vibranti che caratterizzano la produzione artistica del giovane fashion photographer andaluso. Ambientato nella location del castello Sammezzano, in Toscana, Ipnotica ne mostra il suggestivo quid di reminescenze architettoniche marocchine e sivigliane.  In un mood che mescola sensualità, glamour e vagheggiamenti, gli scatti fotografici raccontano la storia della protagonista – la top model Natalia Karimova – evidenziando  la squisita ricercatezza degli accessori Cavalli. Una preziosità che ammalia la bellissima donna a punto tale da farla cadere in un sonno incantato, trasportandola in una sorta di viaggio emozionale che la conduce in lontane terre d’Oriente. Le tappe iniziali del sogno la calano in un antico castello dall’ atmosfera asettica dove lei, con i suoi accessori, può sentirsi assoluta regina. Diaz Marin rende egregiamente la freddezza del luogo tramite una ricca palette di azzurri, che vanno dalle nuance del celeste a quelle del turchese passando per un incisivo bluette. Successivamente, l’azione si sposta in uno scenario dai caratteri esotici in cui i cammelli, gli edifici ed i colori intensi, ambrati, luminosi denotano un tipico paesaggio mediorientale. Il viaggio onirico avrà fine solo con il risveglio della protagonista: al piccolo shock iniziale si sostituisce la consapevolezza di poter rivivere, ogni giorno, le emozioni del sogno grazie agli incantevoli accessori della Maison toscana. La pre-collezione estate 2014 si incastona sublimemente nella storia: oggetti del desiderio allo stato puro, le zeppe design, i gioielli stilosi, le borse di classe curate nei minimi dettagli irrompono nella realtà in tutto il loro splendore. Tramutando l’ esistenza quotidiana in un’ autentica, immaginifica vita da sogno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schield presenta ‘Fuga tropicale’, racconto fotografico di Diego Diaz Marin

 

Per il lancio della sua nuova collezione Spring/Summer 2014, Schield si affida nuovamente all’ estro e alla genialità creativa del fotografo andaluso Diego Diaz Marin. Il brand di gioielleria e bijoux di alta moda fondato da Roberto Ferlito affonda le radici della propria identità in una lavorazione artigianale meticolosa e ricercata, che unisce alla preziosità dei materiali una minuziosa rifinitura a mano dei modelli. La campagna pubblicitaria della collezione dedicata alla stagione calda, com’è consuetudine per Diaz Marin, è basata su un concept sviluppato in una sequenza di immagini che delineano una ministoria: Fuga tropicale, questo il titolo del racconto fotografico in questione, ha come protagonista una splendida donna dalla personalità complessa e vagamente disturbata. Ironica ma tormentata, la donna decide di compiere una fuga verso le calde ed assolate terre della California con un’ unica compagnia, quella dei suoi gioielli Schield.

 

 

La vediamo dunque, scatto dopo scatto, farsi strada all’ interno di una rigogliosa vegetazione tropicale che poi scopriamo essere una serra, mentre si cimenta con un tubo innaffiatoio in gomma o rimane comodamente seduta su una sdraia in listelli di plastica dal sapore rétro. Sogno e realtà sembrano sovrapporsi, in lei, costantemente: fuga onirica o prove generali di una fuga? Questa ambiguità, che compare come un leit motiv nelle campagne pubblicitarie di Diego Diaz Marin, costituisce il punto di forza del racconto e l’ elemento di attrazione che cattura immediatamente chi si accinge a decifrarne le immagini. La realizzazione fotografica è di enorme impatto: l’ azzurro, una costante nei lavori di Diaz Marin, si diluisce stavolta in un verde particolarissimo che ne contiene tracce e che caratterizza quasi in toto la tonalità della vegetazione in cui la protagonista è immersa. I colori, decisi e vibranti come il fucsia, l’ arancio, il bianco, il giallo e l’ azzurro stesso, risaltano negli outfit indossati dalla ‘fuggiasca’ e nei dettagli, ricreando un vero e proprio ‘paesaggio a tinte forti’ che riflette la personalità senza mezzi toni della donna.

 

 

E poi, su tutto, spiccano i gioielli: scenografici e sofisticati, tempestati di colore o meno, rappresentano una delizia per gli occhi. Le rondini, le mosche e i dragoni della linea Frozen Fly vengono appositamente reinterpretati per la stagione estiva, adottando materiali ed un design più attinenti ai  mesi caldi. Ecco quindi che le perle della serie Dragon Pearl si tramutano in turchese e corallo, le rondini vengono impreziosite dai bagliori multicolor dei cristalli Swarowski e le mosche, abbandonando il fiocco di neve su cui durante l’ inverno erano posizionate, diventano protagoniste assolute. Ancora una volta, la maestria e le innate doti artistiche di Roberto Ferlito e di Diego Diaz Marin si intrecciano e si esaltano a vicenda, incastonandosi nella cornice preziosa e ideale degli scatti vividi e traboccanti di sensualità del fotografo nato nel 1987 nei pressi di Malaga: un giovane talento dell’ advertising e della fashion photography di cui risentiremo parlare a lungo.