Eve delle meraviglie

 

Eve La Plume è un’ amica di VALIUM ormai da un lustro, quando debuttò come conduttrice al Summer Jamboree del 2015. Ho avuto modo di ospitarla nel mio blog in svariate occasioni e desideravo fortissimamente rincontrarla. Il destino ha voluto che la contattassi in uno dei periodi più drammatici della storia dell’ umanità, l’era del Coronavirus; questo tema, quindi, è diventato il nostro argomento di conversazione principale, inglobando anche racconti sulla quotidianità di Eve e sulla sua attività di Burlesque performer. La quarantena a cui siamo confinati va avanti da oltre un mese, è una condizione che spegnerebbe l’entusiasmo di chiunque. Fedele alla sua personalità propositiva, invece, Eve La Plume ha mantenuto la grazia, il sorriso e la raffinata ironia che la contraddistinguono. Con lei la conversazione raggiunge le più alte vette di profondità senza mai perdere la leggerezza: potrei dire che si snoda volteggiando con la soavità di una piuma, parafrasando il nome d’arte che ha scelto. In questa intervista, posso assicurarvelo, Eve ci è vicina con il cuore. Lo dimostra anche il fatto che ha voluto farci un magnifico regalo: il “making of” dell’iconico abito che indossa durante uno dei suoi act più applauditi, la performance sul cavallo a dondolo. L’ artista del Burlesque (cosa sono se non arte, gli eterei e sofisticati spettacoli in cui si esibisce?) ha pensato di crearne una nuova versione per sostituire l’originale, e in una serie di scatti ci illustra l’intero processo di creazione. Eh già, perchè Eve La Plume inventa e cuce personalmente tutti i suoi costumi di scena, ha una fantasia inesauribile. Non è un caso che i capi che sfoggia siano veri e propri gioielli rétro, preziose chicche che ci trasportano nelle atmosfere della Belle Epoque e in un mondo dove la meraviglia regna sovrana. Le foto numerate inserite qui di seguito delineano il percorso che potete compiere per addentrarvi in quell’ universo: ognuna cattura una tappa del “work in progress” di Eve fino ad arrivare all’ abito finito. A voi commentare il risultato!

Ci rincontriamo dopo tre anni e stavolta, purtroppo, in piena pandemia di Coronavirus. Come stai trascorrendo la quarantena?

Me la cavo molto bene: a casa ho un piccolo laboratorio dove realizzo i miei costumi, e sta andando a pieno regime! Quindi, in quel senso, io continuo a lavorare. Non posso fare spettacoli ma proseguo nella preparazione, metto a posto le mie cose e così via…Per me questo è un periodo anche lavorativo, nonostante tutto. Poi c’è da dire che ho una casa carina, esposta al sole.  Apro le finestre e viene inondata dalla luce! Mi considero fortunata, qui sono nel mio habitat, altrimenti la quarantena sarebbe stata decisamente più dura. E poi, sono impegnata in un’impresa titanica: da anni sto cercando di creare un nuovo costume per la mia performance con il cavallo a dondolo, ma ho sempre posticipato perché l’abito che ho cucito tempo fa era davvero speciale, e rifare qualcosa di altrettanto speciale è molto difficile. Allora rimandavo e rimandavo…Ma adesso quel costume sta soffrendo, mi guarda con occhi imploranti perché vuole andare in pensione! Alla fine ho deciso di accontentarlo, così dovrò sostituirlo. Non ne voglio cucire uno identico, però: manterrò solo il genere e i colori. Il mio obiettivo è quello di riuscire a battere il precedente, che era venuto una meraviglia. In questi giorni sono in piena opera di ricostruzione, speriamo che vada tutto bene.

 

L’ ABITO ORIGINALE dell’ act con il cavallo a dondolo

Prima che scoppiasse l’emergenza, amavi passare molto tempo in casa?

Guarda, dal momento che per lavoro sono spesso fuori, per me la vacanza è stata sempre stare in casa. Forse anche perchè mi sento un po’ sovraesposta. Già solo quando esco mi si nota per come vesto, per tutto un insieme di cose… sono sotto i riflettori di continuo. Dipende senza dubbio anche dal lavoro che faccio, che mi mette costantemente al centro dell’attenzione. Quindi, per me stare in casa è il relax totale. Adesso che siamo in quarantena, per esempio, mi mancano cose come le chiacchiere quotidiane con le vecchiette del quartiere: io esco e mi fermano, mi raccontano della loro giovinezza, di come erano, perché esteticamente rimando molto alla loro epoca. Ecco, questo tipo di contatto semplice, carino e delicato a me sta mancando parecchio. Comunque, in genere, rimanere in casa mi fa sentire a mio agio.

Tu sei un’artista del Burlesque: ti esibisci su un palco, davanti a un pubblico che ipnotizzi con performance di una raffinatezza rara. Cosa ti manca di più, di quelle serate?

Mi mancano proprio le serate. Oltre che stare sul palco, il clou di tutto il mio lavoro, a me manca molto il contatto con i miei assistenti. E poi caricare il furgone, il viaggio, la fatica anche. Il fatto di condividere dei momenti istruttivi e stancanti, perché la mia attività è fatta di traslochi: montare le scenografie, smontarle, fare le prove è impegnativo, ha tempi lunghi. Mi manca proprio l’avventura. Quel tipo di esperienza che, comunque, rivivrò in futuro. Però c’è da dire che io mi esibisco in prevalenza nel fine settimana, non vado al lavoro tutti i giorni. In questo caso, forse, le persone sentono maggiormente la mancanza della loro quotidianità. Per quanto mi riguarda, ripeto, l’avventura del viaggio e lo stare insieme ai miei assistenti sono le cose per cui provo più nostalgia in questo periodo.

 

 

Quando il lockdown terminerà, quanto ci avrà cambiato questa drammatica esperienza?

Sai che ci sto pensando molto? Perché trovo che ultimamente predominasse un po’ l’elogio della stupidità, il continuo estraniarsi per essere presenti solo sui social network…I miei, per ora, sono solo interrogativi, ma anche speranze. Potrebbe essere che scopriamo quali sono i nostri veri amici, che cominciamo a essere più professionali e seri, ad applaudire di meno all’ idiozia. Sarebbe un grande insegnamento, in questo senso: essere più seri, ma nel senso positivo del termine. Io, per esempio, a volte mi sono sentita la “rompiscatole di turno” per il semplice fatto di essere molto professionale, perché la tendenza era dire “Ma sì, ma dai, ma chi se ne importa…”. Spero che un simile modo di fare cambierà. Abbiamo visto delle persone parlare con cognizione di causa per la prima volta, abbiamo visto figure istituzionali dire cose serie, che avrebbero cambiato il corso delle nostre vite: secondo me è un ritorno alla consapevolezza, al fatto stesso di essere più comprensibili ed anche più precisi nell’ esprimersi. Probabilmente tutto questo apporterà un importante miglioramento alla società. O magari ci dimenticheremo tutto, diremo “Per fortuna è finita” e saremo ancora più stupidi…Non so. Le mie riflessioni non troveranno risposta finchè non vedremo che succederà. D’altronde, né la nostra generazione né quelle immediatamente precedenti hanno mai vissuto drammi del genere. E’ una situazione completamente nuova.

 

1. Il “MAKING OF” della creazione del nuovo abito. Seguite il percorso delle foto numerate per ammirare il risultato finale…

Sei un’ospite ricorrente nei programmi di Piero Chiambretti, peraltro appena guarito dal Coronavirus. Hai avuto modo di sentirlo, di recente?

Questa, per me, è la storia più triste del momento. Io sarei dovuta essere l’ospite della puntata in cui a “La Repubblica delle Donne” hanno fermato tutto, ma già dalla domenica prima vedevo che c’era aria di chiusura generale. Stavo preparando una performance ispirata a uno dei miei spettacoli, che per i tempi televisivi sono molto lunghi. Quindi lavoravo a una nuova coreografia, a un sottofondo musicale abbreviato, mi impegnavo nelle prove e così via… Quella domenica, intuendo che avrebbero potuto sospendere la trasmissione, ho fatto qualche telefonata e alla fine ho scoperto che Piero non stava bene, per cui hanno deciso di stoppare tutto e la puntata che dovevo fare è saltata. Ho pensato che fosse giusto, data la situazione. Di lì a poco, Piero è stato ricoverato in ospedale insieme alla madre perché accusavano dei sintomi sempre più gravi. Sono risultati entrambi positivi al Coronavirus, sua mamma tra l’altro era anziana…e qualche giorno dopo è morta. Piero, è risaputo, era legatissimo alla madre. Mi sono immedesimata in quella circostanza: immaginavo Chiambretti sotto respiratore, la madre morta a cui non poteva neanche dire addio…E’ stata una cosa che mi ha turbato moltissimo. Ecco, l’aspetto più terribile di questa malattia è il fatto che le persone che muoiono non possono neppure essere salutate in modo degno. E pensare a una persona a me cara come Piero, che stimo molto, in quell’ orrendo frangente, mi ha fatto soffrire davvero. Adesso è uscito dall’ ospedale, si sta riprendendo, ha il tampone negativo, per cui gli è andata bene. Però ha perso la madre…

 

2.

Quando ti rivedremo in TV? Se “andrà tutto bene” come ci auguriamo, qual è l’appuntamento futuro con Eve La Plume che non potremmo mai mancare?

Ti racconto qualcosa di buffo. Ho in programma degli show previsti a Novembre del 2020 e a Febbraio e Marzo del 2021. Siccome ho firmato i contratti a Gennaio, all’ epoca mi sembrava una cosa un po’ strana. Mi dicevo: ho un lavoro importantissimo per l’anno prossimo, ma quest’ anno che succederà? In realtà, poi è andata benissimo. Tutte le date previste finora sono saltate, però non avevo impegni rilevanti come quello che ho sottoscritto per il 2021. Si tratta di un tour della Germania in cui girerò i teatri insieme a un gruppo che fa musica swing e rockabilly. Con noi ci saranno altri artisti –  non di Burlesque – e faremo uno spettacolo itinerante che durerà due mesi. Sono molto felice, non vedo l’ora di iniziare! L’ impegno del prossimo Novembre non so se ci sarà, essendo al momento tutto bloccato. Ma se andasse in porto, posso anticiparti che si tratta di una mostra interattiva all’ interno di un contesto molto importante del mondo dell’arte. Di più non posso dire perché, se saltasse, perlomeno non ho dato troppe informazioni! In realtà credo che io ripartirò nella fase 35, perché facendo spettacoli che prevedono assembramenti probabilmente sarò l’ultima a ricominciare a lavorare. Magari, se tornassi in TV, i tempi potrebbero accorciarsi un po’. Quella puntata di “La Repubblica delle Donne” è ancora in ballo, non so se la rifaremo. Sarebbe un peccato, perché era tutto pronto. Però la situazione è ancora così incerta che fare previsioni è molto difficile.

Teatri e locali sono chiusi, a tutt’oggi è impossibile prevedere i tempi della loro riapertura. Hai qualche progetto alternativo per mantenerti in contatto con i tuoi fan, con il tuo pubblico?

Per la prima volta nella mia vita sto curando i social, nello specifico Instagram (clicca qui per seguire il profilo di Eve), dove aggiorno i miei fan quasi quotidianamente. Devo dire che è più nelle mie corde rispetto a Facebook: privilegiando le immagini esalta l’aspetto estetico e a me piace proprio per questo. Io sono molto indietro rispetto all’uso dei social, ma in questo momento trovo carino rimanere in contatto con il mio pubblico. Più che altro inserisco le immagini dei costumi che sto realizzando durante la quarantena, vestiti che indosso e poi fotografo nel cortile, però sto anche mettendo on line il mio archivio fotografico e parecchi contenuti inediti. Non è un modo per avere un guadagno, per lavorare davvero. Sebbene io abbia un numero ancora abbastanza ristretto di follower, trovo che Instagram sia uno strumento che dia la possibilità di seguirmi a chiunque lo desideri.

 

3.

Immagino che non ti vedremmo mai in vestaglia e pantofole neppure se dovessi apparire in una live tra le pareti di casa…Giusto?

Guarda, è una cosa che fa ridere i più. Perchè ogni mattina, anche se non devo far niente, io mi sveglio, mi faccio la doccia, mi trucco di tutto punto, mi faccio i capelli come una diva degli anni ’40, mi vesto come per una copertina di Vogue e poi rimango in casa! In questo momento, mentre parliamo al telefono, sono vestita, truccata e pettinata come se fossimo in videochiamata (ride, ndr). A proposito, un amico un giorno mi ha fatto una videochiamata a sorpresa. Nei primi giorni di lockdown si divertiva a chiamare tutti per sorprendere chi in pigiama, chi in maglietta, chi con le scarpe rotte e via dicendo, ma quando ha chiamato me sembrava che fossi uscita da un ricevimento di gala. Ero perfetta, non è riuscito a prendermi in fallo! E’ proprio una mia caratteristica, una routine da cui non derogo per niente al mondo. Io la mattina mi sveglio, mi trucco, mi prendo cura di me stessa e soltanto dopo comincio la giornata.

 

4.

Che futuro prevedi per il mondo degli eventi, nel post-Coronavirus? Le restrizioni per arginare il contagio potrebbero dar vita a dei format inediti di spettacolo?

Vedo che in molti si stanno organizzando on line, pubblicano video su YouTube eccetera, però io penso che il contatto umano dia un’emozione diversa. Ci sono delle cose, secondo me, che vale la pena di aspettare per poi viverle tradizionalmente. Diciamo che tutto quello che si sta facendo a livello virtuale è di grande aiuto. Esistono iniziative molto belle, molto interessanti, che possono essere efficaci in questo momento di chiusura. Però spero che dopo si ricominci a condurre una vita reale, con un contatto umano che dà un piacere ben diverso da quello di un video. Io mi auguro che tutto possa riprendere così come era prima. Probabilmente, come ti dicevo, nel mio settore si ripartirà tardissimo, ma spero che il contatto umano continui ad essere il perno e il punto di forza del mondo degli eventi.

Quale messaggio rivolgi ai lettori di VALIUM in questo momento così difficile?

Vorrei fare una riflessione. E’ vero, questa è una situazione tragica, stiamo piangendo tantissime vittime. Ma c’è una cosa che mi ha stupito, anche se sarò banale: il fatto che sia stato messo da parte l’aspetto economico per salvare la salute di un popolo. Per me è qualcosa di meraviglioso. Se tempo fa mi avessero chiesto “Cosa farà l’Italia, salverà prima l’economia o gli esseri umani?”, io il dubbio che avrebbe salvato l’economia lo avrei avuto. Quindi per me è stato un gran sollievo constatare che, sebbene il denaro sia al primo posto nella nostra società, per una volta viene messo un po’ da parte. Con tutte le problematiche che ciò comporta. Non sto dicendo che siano tutte rose e fiori, anzi: le conseguenze economiche del Coronavirus sono drammatiche. Però si è pensato alla salute, si è pensato alla vita delle persone. Sentiamo dire “Prima la vita” anche nei discorsi. Secondo me è molto importante. Per cui quello che voglio dirvi è di riacquistare la fiducia. Nelle persone, nel governo, nella nazione…E quando tutto finirà, andiamo avanti con un po’ di fiducia in più. Certo, in un contesto così terribile gli errori sono stati fatti, ma stavamo vivendo una situazione caotica che non si era mai presentata prima. Non è andato tutto liscio, in modo perfetto, però le scelte che sono state fatte sono state forti, giuste e a favore della vita, e questo è un dato positivo. Aver dato la precedenza alla vita è un’ottima cosa, secondo me. E’ un bell’ incoraggiamento. Prima regnava il culto del denaro, io vedo fare cose tremende in nome dei soldi…Quotidianamente e senza troppi rimorsi. Questa volta non è andata così, questa volta l’economia è crollata ma sono state salvate le nostre vite: lo trovo altamente positivo.

 

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GRAN FINALE.  Ecco il costume rivisitato in versione 2020: spettacolare a dir poco!

 

 

Le foto di Eve La Plume sono di Marielise Goulene: https://marielisegoulene.com/

 

 

 

Da artista di strada a cantastorie contemporaneo: quattro chiacchiere con Jack Paps

 

Lo incontri e pensi che, di certo, non passa inosservato: sembra direttamente uscito da una affiche della Belle Epoque. Sul fatto che sia un artista non ci sono dubbi, ce lo racconta un look  a metà tra l’ eccentrico e il bohémien. L’hanno definito “un moderno menestrello”, e l’aria del cantastorie gli si addice: la barba folta, i baffi d’antan, i capelli raccolti in due lunghe trecce sono un po’ il “trademark” di Jack Paps, così come la tuba e gli anelli gipsy. In realtà, il suo talento si è sempre rivelato estremamente eclettico. Curioso della vita, intuitivo, Jack diventa un musicista da autodidatta e inizia ad esibirsi con la sua fisarmonica come artista di strada. Qualche anno dopo lo ritroviamo sul palco di uno degli eventi clou dell’ estate, il Summer Jamboree, dove ha introdotto l’ attesissimo Burlesque Show: pigiando sui tasti dell’ inseparabile fisarmonica, Paps ha conquistato immediatamente l’ audience della kermesse senigalliese. Un vero e proprio trionfo, il suo, personaggio che si distanzia dalle atmosfere anni ’40 e ’50 del Festival a favore di un’ ispirazione squisitamente “fin de siècle”. L’ ho voluto incontrare per saperne di più su di lui e sulla sua arte: c’è da scommettere che di Jack Paps sentiremo parlare molto, nei mesi a venire. Io, nel frattempo,  ho scoperto che ama svelarsi con parsimonia e che è un vero maestro nel potenziare l’ attenzione grazie a un misterioso “non detto”.

Come racconteresti il tuo background esistenziale e formativo?

Non mi sono mai iscritto a un Conservatorio e non ho mai studiato musica privatamente, durante l’adolescenza non ho fatto parte della band più quotata della scuola e non sognavo di diventare un musicista professionista. Per giunta, ora che lo sono, non credo che vorrò esserlo ancora a lungo. Da bambino ho trovato una piccola pianola tra la cianfrusaglie del garage e da quel primo approccio con la musica questa è rimasta, seppur in maniera riservata, un frammento sostanziale della mia vita per 20 anni. Suonare e cantare restano di fatto le voci attraverso cui posso esprimere la parte immateriale, l’origine e il centro del mio pensiero, della volontà e della coscienza a me stesso e a nessun altro.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Come nasci artisticamente?

Vengo da una famiglia poco abbiente e per non pesare e dare una mano ho cominciato a lavorare a 15 anni. Ho fatto i lavori più disparati, dal cameriere alla guardia giurata, dal facchino al corriere e intanto nel corso degli anni, nonostante l’impegno e la serietà, le situazioni lavorative che incontravo non mi permettevano di poter costruire qualcosa di stabile. All’età di 24 anni ho deciso di rivoluzionare la mia vita e in un periodo storico in cui il lavoro precario era all’ordine del giorno ho optato per il più precario di tutti, l’artista. Così ho cominciato tra le calli e i campielli di Venezia come artista di strada, con una fisarmonica sgangherata che sapevo suonare a malapena. Da cosa nasce cosa ed è cominciata una vera e propria vita errante partecipando a festival di arte di strada italiani e stranieri, collaborazioni musicali, e successivamente spettacoli teatrali. La professione si è consolidata poi con la partecipazione e le esibizioni nelle feste private e negli appuntamenti mondani più attesi dell’anno. Cinque anni fa prendevo in mano la fisarmonica senza sapere da dove partire e a oggi ho collezionato un racconto di condivisione tra palchi, salotti e strade affollate.

Per descriverti hai usato la definizione di “artista di strada”. Su cosa sono incentrate, esattamente, le tue performance?

Anche se il mio lavoro mi porta a esibirmi in ambienti altolocati e benestanti, non ho ancora smesso per sopravvivere di lavorare in strada. Ho cominciato come artista di strada e mi esibisco nella fattispecie ancora oggi come cantastorie intrattenendo i passanti con canzoni e filastrocche. Nel corso degli anni però il mio spettacolo si è trasformato molto e da esecuzione musicale si è evoluto in una piccola boîte a surprises dalla quale escono le note della fisarmonica, brani anni ’30 e gag dove per esempio i bicchieri vengono frantumati con la sola forza della voce ed io mi esibisco con improbabile delicatezza in coreografie di danza classica corredato di tutù.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Guardarti è come immergersi in atmosfere bohemien e molto “fin de siècle”: cosa ti lega a quell’ epoca?

L’immaginario, la moda della Parigi di fine ottocento, i suoi personaggi e le idee rivoluzionarie sono stati l’ispirazione che hanno alimentato la mia ricerca e le mie esibizioni a sviluppare l’aspetto che ha oggi il mio spettacolo. Sono intrinsecamente legato a quell’epoca per certi aspetti che si associano alla mia vita da quando ho cominciato a fare questo mestiere. Mi sono divertito nell’immaginarmi simile agli artisti bohémien durante i concerti abusivi nelle strade o nei bassifondi di città suggestive come Venezia, oppure quando per imparare le sonorità e i ritmi delle musiche balcaniche ho cominciato a frequentare e a suonare assieme ai gitani di Milano.

Alla fisarmonica classica hai aggiunto sonorità contemporanee, più prettamente elettroniche: perché?

Sono cresciuto negli anni ’90 ascoltando Gabry Ponte e gli Eiffel 65 e oggi, volente o nolente, nonostante io abbia approfondito un altro genere musicale, amo ancora la techno più grossolana e cafona. Ecco perché ogni tanto tendo a cimentarmi in esperimenti di questo genere.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Quest’ anno hai esordito al Summer Jamboree introducendo il “Burlesque Show” al Teatro La Fenice. Com’è andata?

E’ stata una scommessa per gli organizzatori, sapevo che avrei dovuto aprire lo spettacolo che avrebbe coinvolto artisti e musicisti internazionali. Ho avuto un solo brano per riuscire a scaldare il pubblico di 800 persone che hanno riempito il teatro e, considerando l’entusiasmo e gli applausi al termine dell’esibizione, direi che ho adempiuto egregiamente al mio dovere.

Cosa ti ha colpito di più del Festival?

Per me il SummerJamboree è stato uno sconvolgimento culturale irresistibile che mi ha riportato negli anni ’40 e ’50 in cui la musica univa le classi sociali, e che durante questi 12 giorni, allo stesso modo, ha reso tutti indiscriminatamente partecipi a un evento traboccante di gioia e allegria.

(Photo by Davide Bona)

Pensi che se raggiungessi una notorietà massiccia il tuo modo di approcciarti all’ arte ne risentirebbe?

Per il mio tipo di personalità, per come sono fatto io, potrebbe davvero essere una cosa deleteria e probabilmente non mi farebbe bene.

Veniamo al gossip. Che puoi dirmi del tuo love affair con Eve La Plume?

Sono innamorato. Direi che è tutto!

Hai qualcosa che bolle in pentola, dopo l’esperienza senigalliese?

Pensavo di mollare tutto e diventare insegnante di Yoga.

 

(Photo by Davide Bona)