Gennaio, il look del mese

 

E’un abito, un maxi maglione o un capospalla? Tutte e tre le cose messe insieme. Ho scelto questo eclettico capo in knitwear di Antonio Marras per rappresentare il mese di Gennaio: il suo candore rimanda a quello della neve, la calda lana di cui è composto lo rende un must dell’Inverno. La lunghezza non arriva a sfiorare il ginocchio, le maniche sono lavorate a trecce; sull’orlo e sulle spalle lo adorna un tripudio di piume effetto fake fur. Gli accessori che lo completano sono un paio di calze a rete e delle platform interamente ricoperte di piume, il tutto in total white a parte la suola nera delle scarpe. Il look appare raffinato e confortevole al tempo stesso: i volumi ampi si combinano alla perfezione con l’agevolezza della lunghezza mini, mentre le piume, presenti in abbondanza, evocano l’elegante immagine di un cigno d’Inverno. L’importanza che assume il make up è fondamentale. Per imporsi sul biancore imperante, dona il massimo risalto allo sguardo sottolineandolo con dosi massicce di matita e ombretto. Il bianco, come ho già scritto nella parade dei colori del Natale (rileggi qui l’articolo), in questo periodo dell’anno assume una valenza importante: è il colore del nuovo inizio, una pagina da riempire con un nuovo capitolo della nostra vita. Non esiste nessun’altra tonalità, inoltre, in grado di tramutarci in un’eterea e affascinante Regina delle Nevi.

 

Il make up di Capodanno? Si ispira ai bagliori lunari del beauty look SS 2024 di Noir Kei Ninomiya

 

Siete in cerca di un make up spettacolare per l’ultima notte dell’anno? Prendete spunto dal beauty look della sfilata Primavera Estate 2024 di Noir Kei Ninomiya. Il designer giapponese ha puntato su un trucco avanguardista nei toni dell’argento, del bianco e del nero. Paillettes e placche metalliche declinate in queste tonalità si moltiplicano sul volto e sul collo delle modelle: partono dal capo per poi scendere sulla fronte, sulle tempie, sugli zigomi e sulle zone laterali del viso, ma non è raro che coinvolgano anche il collo e il décolleté. Le loro dimensioni sono molteplici, si spazia da enormi paillettes a minuscoli brillantini. L’argento predomina sul nero; la sua colata scintillante, un tripudio di bagliori lunari, non risparmia le labbra e il contorno occhi, dove si limita a delineare raffinati riflessi argentei.Il make up è in perfetto pendant con gli abiti della collezione, declinati negli stessi colori. Le maxi paillettes, le placche metalliche e i brillantini catturano la luce e la frazionano in una miriade di luccichii specchiati: l’effetto è sorprendente, un fantasmagorico concentrato di splendore cosmico. Ispiratevi a questo make up se siete innamorate della luna e avete sempre subito il fascino dello stile Space Age. Una cosa è certa: non passerete inosservate.

 

 

 

Bianco di Natale

Anteprima

Anche il bianco è un colore del Natale: rimanda alla luce, alla purezza interiore, alla rinascita, quindi al sacro e al divino. Bianchi sono i paramenti sacerdotali, ma dato che l’Inverno è ufficialmente iniziato non è difficile associare il bianco anche alla neve e ai ghiacci dei mesi gelidi. Con il Capodanno in vista, comunque, mi piace pensarlo come il colore del nuovo inizio: un foglio da riempire, una pagina della nostra vita tutta da scrivere. Sceglietelo per festeggiare l’arrivo del 2024, sarà un’opzione originale e piena di significato.

 

Annakiki

Philosophy di Lorenzo Serafini

Reveligion

Simorra

Habey Club

Comte

Buzina

Anel Yaos

Arndes

Laretta

Tokyo James

Cecilie Bahnsen

Proenza Schouler

Off-White

Vivetta

Menchen Thomas

Luis Carvalho

 

 

Un abito bianco, il cielo di Giugno, la natura

 

“Il bianco è un mondo così alto rispetto a noi che quasi non ne avvertiamo il suono, è un nulla prima dell’origine.”
(Vassili Kandinsky)

 

Un abito bianco, le sfumature incredibili del cielo di Giugno, i colori straordinari della natura nei giorni che precedono il Solstizio d’Estate. Il bianco sprigiona luminosità, risalta in qualsiasi scenario, fa tabula rasa del passato e simbolizza la rinascita associata alla bella stagione. E’ questo il tema della photostory che oggi vi propongo. Il bianco come un foglio tutto da riempire, per voltar pagina ed iniziare a scrivere un nuovo capitolo.

 

(Foto via Pexels e Unsplash)

 

La colazione di oggi: lo Skyr, lo yogurt islandese dei Vichinghi

 

Non è uno yogurt vero e proprio, sarebbe più corretto definirlo un “prodotto caseario”. Ma con lo yogurt ha in comune il colore e la consistenza, anche se solo a prima vista: lo Skyr, infatti, è una crema bianca piuttosto densa. Le sue radici risiedono nel Grande Nord; apprezzatissimo dai Vichinghi, lo Skyr nasce in Islanda molti secoli orsono. Le sue caratteristiche? E’ leggerissimo, altamente proteico e quasi del tutto privo di grassi. Le proprietà e i benefici dello Skyr sono innumerevoli: non è un caso che i nutrizionisti lo includano tra i must della prima colazione. Vale proprio la pena di saperne di più, su questo prodotto super salutare.

 

 

Dove potete trovarlo, innanzitutto? Acquistarlo è semplicissimo: al supermercato viene posizionato nel banco frigo, accanto allo yogurt. Il procedimento per ottenerlo è lungo e complesso, ma può essere riassunto in pochi passaggi. Il latte utilizzato è oggi esclusivamente quello vaccino, ma fino ai primi anni del ‘900 anche il latte ovino figurava tra gli ingredienti base dello Skyr. Per produrre questo alimento, il latte magro viene portato a una temperatura di 85° C in modo da rimuovere tutti i grassi e le caseine. Successivamente, mentre il prodotto va raffreddandosi, si arricchisce con colture vive di batteri generati dal mix tra una produzione antecedente e il caglio, un composto enzimatico. I batteri danno il via a una lenta ma inarrestabile fermentazione, la conditio sine qua non per ottenere il caratteristico gusto acidulo del prodotto, mentre il caglio lo rende cremoso al punto giusto. Seguono un processo di raffreddamento e di filtrazione finalizzati ad eliminare il siero e la cagliata. Lo Skyr preparato artigianalmente, invece, “salta” lo step della pastorizzazione e utilizza soltanto fermenti provenienti dalle produzioni precedenti: la consistenza risulta molto più densa rispetto a quella ottenuta tramite lavorazione industriale, e il sapore acquista un gusto acido decisamente più spiccato.

 

 

Le proprietà dello Skyr sono molteplici. In primis, è un alimento ricco di nutrienti e di proteine, che sono maggiori di gran lunga rispetto a quelle dello yogurt. L’apporto calorico dello “yogurt islandese”, inoltre, è bassissimo, poichè contiene pochissimi zuccheri e una percentuale di grassi ridotta al minimo. Lo Skyr è un’autentica miniera di nutrienti: contiene calcio, potassio, fosforo, vitamina B12, riboflavina, probiotici. Soffermiamoci un istante su questi ultimi. Passando attraverso il processo di fermentazione, lo Skyr abbonda di lattobacilli e bifidobatteri, i cosiddetti “fermenti lattici”. La loro funzione benefica è ormai nota: regolarizzano l’equilibrio intestinale, potenziano le difese immunitarie e agevolano la metabolizzazione dei grassi e degli zuccheri contribuendo al benessere dell’ organismo.

 

 

Contenendo una buona quantità di calcio, lo “yogurt dei Vichinghi” è un vero toccasana per le ossa. Ottimizza lo sviluppo della massa ossea in giovane età e rafforza l’ ossatura delle donne in menopausa, particolarmente inclini all’ osteoporosi. Lo Skyr, infatti, offre un’ ottima protezione contro questa patologia. Le abbondanti proteine di cui è ricco, unite alla bassissima percentuale di grassi, svolgono un’azione protettiva nei confronti dei muscoli e lo rendono un non plus ultra per gli sportivi.

 

 

Essendo un latticino, lo Skyr possiede inoltre la virtù di preservare la salute del cuore: minerali quali il calcio e il potassio sono un elisir di lunga vita per l’apparato cardio circolatorio. In più, l’esigua quantità di carboidrati contenuti nello Skyr contribuisce a mantenere bassi i livelli di glucosio nel sangue. Ma non solo: pare che nutrirsi di cibi proteici ritardi l’assorbimento dei carboidrati e mantenga, quindi, sotto controllo la glicemia.

 

 

Tra tanti benefici, esiste anche qualche controindicazione al consumo dello Skyr? Questo prodotto è leggero e digeribilissimo, tuttavia va sconsigliato agli intolleranti al lattosio. Il modo migliore per assaporare lo “yogurt dei Vichinghi”, come dicevamo, è includerlo nella prima colazione. In commercio è possibile trovarne svariate versioni aromatizzate, soprattutto alla vaniglia. I nutrizionisti, però, consigliano di gustarlo al naturale per apprezzarne le numerose doti: la cremosità, il suo più goloso atout, va adeguatamente valorizzata. Lo Skyr si può accompagnare ai cereali, a dei pezzi di frutta, alla frutta di stagione. Arricchito di fragole, mirtilli, lamponi è delizioso, ma risulta ugualmente invitante se abbinato alla frutta secca o ai semi commestibili. Per dolcificarlo possono essere aggiunti del miele, della marmellata, latte e zucchero…Oppure, provate a sostituirlo ai latticini ricorrenti in tante ricette: quelle del plumcake, cheesecake, tiramisù e via dicendo. C’è davvero da sbizzarrirsi, inventando modi sempre nuovi per gustare lo yogurt islandese dei Vichinghi. Non vi resta che sperimentare!

 

Foto di copertina: IcelandicProvisions, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, attraverso Wikimedia Commons

 

Giorni della Merla, i più freddi dell’anno

 

“Se li gljorni de la merla voli passà, pane, pulenta, porcu e focu a volontà!

(Proverbio marchigiano)

 

“Se vuoi passare bene i giorni della Merla, pane, polenta, maiale e focolare acceso a volontà”: ecco il significato del proverbio di cui sopra. Il 29, il 30 e il 31 Gennaio sono i cosiddetti “Giorni della Merla”, i giorni più freddi dell’anno. VALIUM ne ha parlato diverse volte (leggi qui l’articolo del 2022), ma è sempre affascinante approfondire questa tradizione che affonda le radici nel folclore italiano: mitologia, leggende e proverbi si fondono in un amalgama antichissimo e molto suggestivo. La merla è la protagonista assoluta dei racconti popolari in questione. Nella leggenda più diffusa, sfoggia un piumaggio immacolato e viene puntualmente presa di mira da Gennaio, che quando la vede uscire dal suo nido scatena tempeste di neve, gelo e vento di tramontana. La merla, stanca dei suoi dispetti, mette in atto un piano: il 31 Dicembre fa provviste in abbondanza e si ripromette di chiudersi in casa finchè il nemico non se ne andrà. Il 28, all’ epoca l’ultimo giorno del mese, esce però dalla sua tana per sbeffeggiarlo. Gennaio si infuria come non mai. Chiede in prestito tre giorni a Febbraio e provoca una tremenda bufera. La merla è costretta a rifugiarsi in un comignolo, dove rimane fino al 31 Gennaio. Riesce a salvarsi, ma quando fuoriesce di lì si accorge che le sue piume sono completamente, irrimediabilmente nere a causa del fumo…Questa photostory è un omaggio ai giorni della Merla: predominano la neve, il ghiaccio, il gelo, i paesaggi imbiancati. I colori ricorrenti sono il bianco, il grigio e il marrone. Lo stesso bianco che si associa sì alla tonalità della neve, ma anche a quella del cielo “nordico” e glaciale di Gennaio. E in questo cielo immenso, monocorde, lasciamo vagare lo sguardo mentre un freddo pungente ci raggela il viso.

 

 

 

Il pastore d’Islanda

 

“Quando una festa si avvicina, gli uomini si preparano a celebrarla, ognuno a modo suo. Ce ne sono molti e anche Benedikt aveva il proprio, che consisteva in questo: quando iniziava il digiuno natalizio, o meglio, se il tempo lo permetteva, la prima domenica d’Avvento, si metteva in viaggio. (…) In questo suo pellegrinaggio d’ Avvento Benedikt era sempre solo. Davvero solo? Meglio dire senza compagnia umana. Perchè era ogni volta scortato dal suo cane e spesso anche dal suo montone guida. (…) E ora camminava nella neve, intorno a lui tutto bianco fin dove l’occhio arrivava, bianco e grigio il cielo invernale, perfino il ghiaccio sul lago era coperto di brina o da un leggero strato di neve. Solo i crateri bassi che emergevano qua e là disegnavano anelli neri grandi e piccoli, simili a segni premonitori nel deserto di neve. Ma che cosa annunciavano? Si potevano interpretare? Forse le bocche di quei crateri dicevano: “Anche se tutto ghiaccia, se si rapprendono le pietre e l’acqua, se l’aria gela e cade giù in fiocchi bianchi e si posa come un velo nuziale, come un sudario sulla terra, anche se il fiato gela sulle labbra e la speranza nel cuore, e nella morte il sangue nelle vene – sempre, nel centro della terra, vive il fuoco. ” Forse parlavano così. (…) E, come nata da tutto quel bianco, con gli anelli scuri dei crateri e qualche colonna di lava che sorgeva spettrale qua e là, c’era in quella domenica nel distretto di montagna una solennità che stringeva il cuore. Una festosità grande e immacolata esalava nel quieto fumo domenicale dei casali bassi, rari e quasi sepolti sotto la neve. Un silenzio inesplicabile e promettente – l’Avvento. Sì…Benedikt pronunciò con cautela quella parola grande, mite, così esotica e al tempo stesso familiare. Forse, per Benedikt, la più familiare di tutte. (…) Negli anni quella parola era arrivata a racchiudere tutta la sua vita. Perchè cos’era la sua vita, la vita degli uomini sulla terra, se non un servizio imperfetto che tuttavia è sostenuto dall’ attesa, dalla speranza, dalla preparazione? “

Gunnar Gunnarsson, da “Il pastore d’Islanda”

 

 

Anno Nuovo

 

La vita è breve. Rompi le regole, perdona velocemente, bacia lentamente, ama profondamente, ridi incontrollabilmente e non rimpiangere mai ciò che ti ha fatto sorridere. “
(Mark Twain)

 

“Anno nuovo, vita nuova”, recita un proverbio. Ecco perchè nella photostory che vi propongo oggi è il bianco a fare da leitmotiv: bianco come la neve di Gennaio, certo, ma anche come una pagina ancora da scrivere, un foglio tutto da riempire. Perchè (nonostante tutto)  dobbiamo essere noi, e soltanto noi, a elaborare la trama dei 365 giorni che abbiamo davanti. Impegnamoci affinchè esprima noi stessi, i nostri desideri e le nostre potenzialità. Concentriamoci sui nostri obiettivi evitando le ridondanze, la prolissità, il superfluo. Aggiungiamo dosi massicce di determinazione, entusiasmo, energia, disciplina…sono le basi essenziali per dare forma ai nostri sogni, per imprimerli su quelle pagine immacolate.

 

 

 

Le storie del cielo

 

” La neve cadeva pesante, approfondiva il silenzio, veniva immediatamente dal cielo e portava con sé un mistero inesplicabile. Qualche fiocco restava appeso alla finestra e sembrava una piccola stella piena di luce. Altri cadevano sul davanzale e coprivano lentamente le briciole che aspettavano gli uccelli. Una volta pregai la nonna: «Nonna, raccontami anche una storia del cielo». Allora la nonna domandò: «Perché anche?». «Perché la neve viene di lassù e dice sicuramente che in cielo è tutto bianco». Allora la nonna raccontò storie del cielo; ma raccontava anche molto dei suoi ricordi di gioventù e le storie del vecchio mulino e delle magiche foreste. “

 

Adrienne Von Speyr, da “Dalla mia vita – Autobiografia dell’ età giovanile”

 

 

 

 

 

“Viaggio musicale verso i luoghi di Dante” di Raffaello Bellavista e Serena Gentilini: riflessioni ed approfondimenti post-evento

Serena e Raffaello durante la loro esibizione musicale alla Tenuta Mara

VALIUM lo aveva annunciato, ricordato attraverso un reminder “dantesco” (rileggi qui l’articolo) e, puntualissimo, il 15 Aprile scorso è andato in scena sulla piattaforma di Live All: “Viaggio musicale verso i luoghi di Dante”, il docu-concerto ideato e realizzato da Raffaello Bellavista e Serena Gentilini con il patrocinio del Comune di Ravenna, della Regione Emilia Romagna, del Segretariato Regionale dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per l’ Emilia Romagna, della SIAE Italia e dell’ Associazione SI Svezia Italia, si è rivelato un autentico capolavoro. Attraverso un sapiente intreccio di musica, canto e testimonianze storico-paesaggistiche relative alla permanenza di Dante in Romagna, Raffaello e Serena hanno dato vita ad un evento emozionante e di alta caratura artistica. Il viaggio compiuto dal Sommo Poeta nella “Divina Commedia” si snoda nelle sue tre tappe, Inferno, Purgatorio e Paradiso, avvalendosi di una narrazione inedita che concentra su Ravenna (dove Dante, in esilio, trascorse gli ultimi anni di vita) e sui dintorni della “città dei mosaici” l’ intera parte visiva del documentario. Risaltano la Sala Dantesca della Biblioteca Classense, la Sala Consiliare e Preconsiliare del Municipio di Ravenna, la Tomba di Dante, il giardino con il Quadrarco di Braccioforte e la Penisola di Boscoforte, paradisiaca e incontaminata, nel Parco del Delta del Po. Le immagini che vedete in questo articolo, da notare, sono tutti frame tratti dal docu-concerto. La parte musicale è stata girata invece nelle luminosissime sale della Tenuta Mara, un relais di vago stampo surrealista che vanta una splendida visuale sui colli riminesi. A fare da trait d’union alle riprese, magnifiche in quanto a cromie e scenari, la voce di Serena Gentilini, che racconta, presenta e recita versi tratti dalla  “somma opera” con tono suadente e trascinante a un tempo. Il risultato complessivo è di immensa suggestività, accentuata ulteriormente dalle performance di Raffaello e Serena. Come vi ho anticipato in un precedente articolo, ci siamo incontrati per una nuova intervista relativa al bilancio e al feedback di questo “viaggio musicale” oltremodo affascinante.

Dopo essere rimasta catturata dalle splendide scene iniziali, ho notato che il concerto non si è tenuto in live streaming, bensì in differita. D’altra parte, alle ore 20 del 15 Aprile il cielo era ancora buio e non sarebbe stato possibile godere del luminoso e sconfinato panorama che, attraverso le vetrate dell’avveniristica Tenuta Mara, faceva da sfondo…

Raffaello e Serena: Il concetto di base era di non fare il tipico concerto in live streaming, ma qualcosa di diverso che potesse catturare ogni fascia di pubblico creando un’esperienza immersiva ed avvincente. Ne è nata l’idea di creare una sorta di film musicale con riprese ad alta definizione ed immersive coinvolgendo i luoghi legati al Sommo Poeta posti all’interno della regione Emilia-Romagna. Tra l’altro, proprio l’alta qualità delle immagini sarebbe stata molto rischiosa da trasmettere in uno streaming vero e proprio, per via del peso veramente alto che avrebbe compromesso i server. Preregistrandolo e trasmettendolo in un secondo momento, abbiamo invece avuto la possibilità di lavorare molto sulla fluidità delle immagini e di comprimerle senza inficiarne la qualità. Così tutte le persone che hanno seguito l’iniziativa ne sono rimaste colpite sia per la qualità delle immagini che per la fluidità di quest’ultime, anche con una connessione relativamente lenta. Ovviamente questa esperienza ci ha fatto riflettere molto sulle possibilità di fruizione culturale attraverso il digitale. Mi permetto di osservare che l’Italia negli anni a venire dovrà subire un profondo percorso di digitalizzazione, nei principali settori produttivi e culturali, per affrontare le sfide future. Sicuramente anche in ambito musicale tutte le conoscenze acquisite durante quest’ anno di pandemia dovranno essere implementate anche quando l’emergenza sanitaria sarà finita o quanto meno domata, in modo da aver dato un significato al tempo speso nonostante le difficoltà dell’ultimo anno e per tutti gli aspetti positivi che la tecnologia può portare per la diffusione della propria arte. In questo caso, personalmente, io e Serena siamo molto interessati all’idea di poter realizzare in futuro dei concerti ibridi, sia con pubblico fisico, che è la vera anima di un concerto, ma anche con la trasmissione di quest’ultimo in digitale, aprendo così l’orizzonte ad eventi che possono avere una risonanza molto ampia.

 

 

“Viaggio musicale verso i luoghi di Dante” ha riscosso un successo incredibile.  A riprova di tutto ciò, spero di non essere indiscreta se vi chiedo: quante visualizzazioni ha ottenuto?

Raffaello e Serena: Come primo esperimento di un concerto documentario con biglietto a pagamento e con un iter sicuramente non semplice, soprattutto per un pubblico abituato alla fruizione dei concerti dal vivo, siamo stati molto soddisfatti del risultato raggiunto. C’è poi un aspetto che non deve essere sottovalutato: ovvero che dietro ad un singolo biglietto acquistato ci sono molte più persone ad assistere all’ evento. Quindi, senza fornire un dato specifico per motivi di riservatezza e contrattuali, posso dire che diverse centinaia di persone hanno seguito l’iniziativa. Una nota che sicuramente ci ha fatto molto piacere, al di là della partecipazione del pubblico svedese, sono stati anche gli accessi da parte di vari paesi europei come l’Ungheria, la Germania, la Francia… grazie anche alla presenza dei sottotitoli in inglese. Tutto ciò sicuramente ha dato la possibilità di internazionalizzare questo nostro programma e di instaurare un ponte culturale ideale non solo con la Svezia, ma con diverse realtà europee creando un messaggio di coesione e di speranza. L’idea è poi quella di replicare questo concerto documentario implementandolo con delle parti aggiuntive che realizzeremo durante l’estate e di trasmetterlo in tutti i paesi del mondo, quest’inverno, nelle vesti di grande evento digitale. L’idea, quindi, non è tanto quella di creare un concerto in streaming; ci proponiamo, piuttosto, di riuscire ad arrivare a tutte le fasce di pubblico con un prodotto culturale da vedere in prima serata invece delle solite trasmissioni che occupano costantemente la televisione. Sicuramente un’idea ambiziosa ma fattibile, che può essere molto interessante e coinvolgente poichè unisce l’alta cultura con un messaggio universale e fruibile da tutti.

 

Il duo circondato dal verde in cui è immersa la Tenuta Biodinamica Mara

 

Sono rimasta piacevolmente sorpresa notando che i registi di un simile chef d’oeuvre visivo siano Raffaello Bellavista e Serena Gentilini: scene mozzafiato, dissolvenze ad hoc, montaggio perfetto e un utilizzo sapiente dei droni inducono a pensare che sia stato girato da un cineasta esperto. Potete dirci qualcosa in più sulla lavorazione del docu-concerto?

Raffaello e Serena: Sicuramente, uno degli aspetti più originali di questo progetto è stato il fatto che oltre ad essere gli artisti siamo stati anche i registi e in gran parte gli esecutori materiali delle riprese. Serena è molto abile con la tecnologia e con il montaggio video, che è senz’ altro un terreno non semplice, ed è riuscita a montare ed elaborare una quantità di materiale immenso. Per le riprese via drone abbiamo potuto contare sull’esperienza di un nostro caro amico, Lauro, che ci ha dato una mano, mentre per la riprese all’interno della Biblioteca Classense abbiamo avuto il supporto di Maurizio, fotografo esperto di Brisighella. Il restante 90% delle riprese sono state eseguite da Serena e da me con una telecamera stabilizzata di ultima tecnologia che ci ha consentito di riprendere le parti musicali e non solo in modo immersivo. Infatti, la sensazione percepita da molti spettatori è stata proprio quella di essere lì con noi. A mio avviso questo tipo di riprese sono il futuro degli spettacoli musicali, perché allo spettatore danno veramente la sensazione di essere lì con l’artista. Non ti nascondiamo che è stata veramente una grande sfida realizzare interamente questo progetto.

 

Un particolare della Sala Dantesca della Biblioteca Classense, a Ravenna

L’ Inferno, il Purgatorio e il Paradiso della “Divina Commedia” sono stati contraddistinti tra tre differenti colori. Potreste spiegare quali fossero a chi non ha assistito all’ evento e perché sono stati scelti?

Serena: Il concerto-documentario, che si è suddiviso musicalmente e visivamente nei tre regni di Dante, è stato caratterizzato da tre colorazioni attraverso gli abiti delle performance da me realizzati. I colori scelti son quelli con cui Dante identifica maggiormente i tre regni: il Rosso per l’Inferno, il Blu per il Purgatorio e il Bianco per il Paradiso.

 

Serena si esibisce indossando l’ abito bianco che ha creato ispirandosi a Beatrice

Le meravigliose panoramiche, i suggestivi scorci storici e i colori incredibili di paesaggi come le Valli di Comacchio sono intramezzati dalla visione ricorrente di un mare al tramonto, una scena che trasuda quiete e stimola a riflettere…Che cosa intende esprimere, realmente?

Raffaello e Serena: Sì, le immagini scelte provengono da luoghi molto suggestivi dell’Emilia-Romagna come la Penisola di Boscoforte, vari luoghi danteschi della magnifica Ravenna, la Tenuta Biodinamica Mara, e per unire questi paesaggi e scenari così magici abbiamo scelto di riprendere in diversi momenti della giornata il mare sia della Romagna che in parte delle Marche. L’ acqua riveste un ruolo fondamentale nella nostra vita, e purtroppo negli anni a venire sarà un tema sempre più discusso, perché è un bene essenziale che rischia di essere compromesso per via dell’inquinamento e di tutte le ripercussioni ad esso correlate. Tuttavia, l’acqua e il mare in generale per noi hanno un significato molto forte associabile al concetto di Panta Rei, “tutto scorre”, e alla sensazione ipnotica che l’acqua suscita. Basti pensare a Venezia, dove la bellezza struggente della città viene ulteriormente amplificata dal risuonare leggero dell’acqua sulle sponde dei Palazzi, una sensazione unica che tutte le volte che mi ritorna in mente mi commuove. Tornando al concerto documentario, quindi, la presenza dell’acqua assume il significato simbolico del Panta Rei ma è anche un elemento simbolo di ipnosi, di rilassatezza e di catarsi. Spesso abbiamo deciso di sovrapporre l’ immagine dell’acqua a quelle dei paesaggi, creando particolari contrasti cromatici che poi si traducono in differenti sensazioni emotive.

 

Due incantevoli immagini della Penisola di Boscoforte, nelle Valli di Comacchio

Serena, hai accentuato la carica emozionale del docu-concerto recitando alcuni versi della “Divina Commedia” e “raccontando” le location delle riprese. Il tuo è un parlato impeccabile, dall’ intonazione perfetta. Una dote naturale o che ha a che fare con la tecnica del canto?

Serena: Mi è sempre piaciuto l’aspetto dialogante, parlato e recitato che talvolta si ritrova anche all’interno dei concerti, dove l’artista introduce un brano con una poesia piuttosto che con una propria considerazione personale. Sicuramente il canto riveste un ruolo fondamentale sia come fonetica che come dizione delle parole. E l’italiano penso che abbia al suo interno una cantabilità ed una poetica unica. C’è poi l’emozione ed il credere fermamente in quello che si sta dicendo. Infatti, a mio avviso, per un artista non può essere possibile trattare argomenti o esprimere emozioni senza sentirle nel profondo. Ed infine gioca un ruolo determinante il fatto di amare diverse altre lingue come l’inglese o lo spagnolo e l’aspetto fonetico di una lingua parlata.

 

 

Mi rivolgo ora a Raffaello. Durante le esibizioni musicali, hai presentato due brani inediti da te composti. A quando un disco che porta interamente la tua firma e cantato dal duo Bellavista-Gentilini?

Raffaello: Sicuramente i vari periodi di lockdown sono stati dei momenti nei quali abbiamo cercato di fare il possibile per valorizzare la nostra arte, che purtroppo era stata penalizzata da scelte politiche sulle quali non mi voglio esprimere che l’avevano “elevata“ (il virgolettato è d’obbligo!) a “bene non essenziale”, e sul fare qualcosa per vivere fino in fondo, anche in un momento così drammatico, la nostra musica. Ne è nata così l’idea di dare vita a un mio linguaggio personale che già da tempo volevo esprimere e che è sfociato nella realizzazione sia di composizioni pianistiche, che di altre per pianoforte e canto. Per quanto riguarda il repertorio pianistico, il concept alla base è quello di creare una nuova musica classica che fonde stilemi colti con altri provenienti dai generi più disparati, creando così quello che potremmo definire un genere neoclassico avente al suo interno diverse contaminazioni. Per quanto concerne le composizioni per pianoforte e voce, sono delle canzoni che fondono la classica con il pop andando in qualche modo a creare un punto di continuità che purtroppo si è interrotto con tutta l’esperienza della canzone genovese rappresentata dal grande Bindi piuttosto che con la tradizione della canzone napoletana resa celebre dal grande Pavarotti. Quindi, sicuramente, entro l’anno è in programma la creazione di diverse composizioni che andranno poi a costituire un disco a sé. Ne approfitto tra l’altro per anticiparti che anche Serena sta scrivendo delle canzoni bellissime, e prossimamente ti anticiperemo alcuni suoi brani.

 

Raffaello al pianoforte in una Tenuta Mara inondata dalla luce

Tu, Serena, hai anche curato i costumi del docu-concerto. Li trovo molto particolari: Raffaello indossa un completo con doppia abbottonatura, adornato da un farfallino rosso, che ricorda vagamente un’antica divisa militare; il tuo è un lungo abito, bianco e impalpabile, che ti identifica con Beatrice. Come è nata l’idea di questi look?

Serena: Nella realizzazione degli abiti ho scelto di legarmi a livello cromatico ai tre regni danteschi. Per il Purgatorio il Blu e per l’Inferno un tocco di Rosso, di cui sono tinti il papillon e le fusciacche indossate da Raffaello sopra l’abito che, come hai giustamente osservato, sposa il tipico suit elegante con alcuni richiami quasi da condottiero. Per il Paradiso ho indossato un abito ispirato alla figura angelica di Beatrice, caratterizzato dal colore Bianco che simboleggia la purezza, adornandolo con due accessori dorati simbolo dell’incorruttibilità. Il tutto utilizzando le pregiate stoffe fornite dall’imprenditore tessile Lucio Marangoni con il quale collaboro. Ne approfitto per sottolineare il fatto di come l’abito sia un aspetto rilevante sia nella comunicazione di un contenuto che nell’espressione artistica, perchè amplifica sicuramente la portata del proprio messaggio.

 

Serena, fashion designer oltre che cantante, si è occupata anche dei look che lei e Raffaello sfoggiano durante il docu-concerto

Personalmente a quale scena, momento o performance di “Viaggio musicale verso i luoghi di Dante” siete più legati?

Raffaello:  Per quanto siamo legati ad ogni aspetto del concerto in maniera direi quasi viscerale, un punto di contatto molto importante è sicuramente quello di “Eden op.2”. Questa composizione per pianoforte e voce da me scritta, oltre ad essere il brano che nel concerto documentario fa da ponte tra la mia parte e quella di Serena racchiude al suo interno un significato molto forte: nozze alchemiche tra l’uomo e la donna che producono un qualcosa di unico al di là di ogni confine materiale e spirituale. E’ un concetto, a mio avviso, sul quale soffermarsi in un momento storico così decadente ed impregnato di materialismo. “Amore che move il sole e le altre stelle“ scrive il Sommo Poeta, che aveva ben compreso questo concetto “alchemico” fondamentale.

 

 

Cosa prevede il periodo successivo all’ evento? Ci saranno sviluppi dal punto di vista dei concerti, trasferte all’ estero (anche in virtù del rapporto instauratosi con l’Associazione Svezia Italia), nuovi progetti relativi a Dante e al 700simo dalla sua morte?

Raffaello e Serena: Sicuramente, nel periodo estivo ma non solo ci saranno degli appuntamenti molto interessanti: dei concerti, dei simposi in vari luoghi, alcuni dei quali esplorati proprio nel concerto documentario. Ci saranno inoltre, se le condizioni sanitarie lo permetteranno, dei concerti in Svezia e in altre località. Oltre ad alcuni appuntamenti che ci vedranno protagonisti e che ci riempiono di orgoglio oltre a ripagarci delle fatiche fatte.

Un’ ultima domanda: chi si è perso l’evento, potrà avere quindi una nuova occasione per vederlo?

Raffaello e Serena: Come annunciato in precedenza, stiamo lavorando ad un evento internazionale per questo autunno/inverno nel quale verrà riproposto il concerto documentario. Oltre al fatto che siamo anche in trattative con importanti palinsesti televisivi digitali, e stiamo valutando se inserire “Viaggio musicale verso i luoghi di Dante” all’interno di questi ultimi per cercare di dare risonanza televisiva al nostro concerto documentario, concepito con l’ intento di andare oltre al concetto di concerto e di evento di nicchia: per noi, la cultura deve riuscire a sdoganarsi in tutte le fasce di pubblico.

 

Quattro ulteriori frame da “Viaggio musicale verso i luoghi di Dante”. Dall’ alto verso il basso: Serena Gentilini, uno scorcio della Tenuta Biodinamica Mara, il soffitto affrescato della Sala Dantesca della Biblioteca Classense di Ravenna, un particolare della penisola di Boscoforte nel Parco del Delta del Po