La colazione di oggi: il burro, tra pregiudizi e benefici

 

Il burro fa bene o male? Riflettori puntati su un alimento base della prima colazione. Cominciamo con il dire che il burro è un prodotto totalmente genuino, così come lo è la sua preparazione. Si ottiene separando la parte grassa da quella acquosa della crema del latte; questa operazione viene effettuata tramite un processo che non si discosta affatto dal metodo artigianale di un tempo. La lavorazione non comporta l’utilizzo di additivi chimici, nè tantomeno implica elaborate procedure di raffinazione. Il burro è composto dal grasso del latte così com’è, senza alcuna alterazione. Considerando che a 100 grammi di burro corrispondono 758 calorie, è consigliabile farne un uso moderato (non più di 10 grammi al giorno). I grassi contenuti nel burro, inoltre, ammontano all’83% del prodotto. Ma consumati senza eccedere, svolgono una funzione nutritiva essenziale: forniscono energia, mantengono sani i tessuti del corpo, apportano dosi elevate di vitamina A, E e D e preservano la funzionalità degli ormoni fondamentali per l’organismo.

 

 

Un altro punto di forza dei grassi contenuti nel burro è l’essere acidi grassi a corta catena, ovvero includono carbonio pari a meno di 6 atomi. Ciò significa che l’organismo riesce a bruciarli istantaneamente impedendo che sedimentino e si tramutino in grasso corporeo. Tutto sommato, potremmo spezzare una lancia anche a favore delle calorie: basta considerare che un etto di burro ne ingloba 150 in meno rispetto alla stessa quantità di olio d’oliva. L’ umidità inclusa nel burro, infatti, contribuisce a diminuire il suo livello calorico. L’olio, al contrario, è completamente composto di acidi grassi. A proposito di acidi grassi, quelli a corta catena riescono ad essere rapidamente elaborati dai succhi gastrici: ne consegue che il burro è un alimento ad alto tasso di digeribilità. Attualmente, poi, l’ ottimizzazione dei metodi di allevamento fa sì che ai grassi saturi del burro si affianchi una buona percentuale di grassi monoinsaturi e polinsaturi, imprescindibili per la salute del nostro organismo.

 

 

Tra i minerali e le vitamine di cui il burro è ricco troviamo il calcio, il fosforo, il sodio, il potassio, la vitamina E, la vitamina D e la vitamina A: quest’ ultima, presente in dosi notevoli, svolge una potente azione antiossidante e contrasta la formazione dei radicali liberi. E’ un autentico toccasana, inoltre, per mantenere sani gli occhi, la pelle e le mucose. La vitamina A riveste una cruciale importanza anche per la salute della tiroide e delle ghiandole surrenali, entrambe direttamente associate al benessere del cuore. E qui sfatiamo un altro mito: mangiare burro espone al rischio di contrarre patologie cardiovascolari. In realtà, le ricerche scientifiche hanno dimostrato che un consumo regolare di latticini scongiura questo pericolo. Non dimentichiamo poi che la lecitina, una sostanza ampiamente contenuta nel burro, è in grado di regolarizzare l’assorbimento del colesterolo e di un buon numero di grassi. La vitamina D, invece, contribuisce a “fissare” il calcio nella struttura delle ossa e dei denti.

 

 

Parlando di colesterolo, è essenziale chiarire un altro pregiudizio che riguarda il burro. La convinzione che contenga, cioè, colesterolo in dosi massicce e quindi nuoccia alla nostra salute. Si tratta di una credenza errata, poichè ne include 250 grammi per ogni 100 grammi di alimento. Considerando che 250 grammi di colesterolo rappresentano la quantità massima che è possibile consumare quotidianamente, è altamente improbabile ingerire ben 100 grammi di burro in un solo giorno! Perciò il problema (a meno che non ci si professi dei burro-dipendenti) non sussiste.  Limitarsi ai 10 grammi giornalieri di cui vi parlavo a inizio articolo, invece, permette di godere esclusivamente degli effetti benefici del colesterolo: è un buon antiossidante, un toccasana per le arterie e una componente fondamentale di svariate parti dell’ organismo.

 

 

Concludendo, il burro non è un alimento a rischio come spesso viene descritto. Anzi: rispondendo al quesito che apre questo post, potremmo affermare senza mezzi termini che il burro fa bene. Ha un gusto goloso, una consistenza invitante ed è un ingrediente basilare dei prodotti di pasticceria, dove la sua presenza vanifica l’aggiunta di diversi additivi. Nelle ricette dolciarie, il burro è il must. Pensate solo alla preparazione della pasta frolla, o di certi deliziosi biscotti. E la mattina, a colazione, chi potrebbe fare a meno della classica fetta di pane spalmata di burro e marmellata o di burro e miele? Io no…non so voi.

 

 

 

Imbolc, la festività celtica del 1 Febbraio

 

Il freddo è polare, la neve spadroneggia in diverse regioni. Ma lo spiraglio di luce che ha iniziato a manifestarsi dal 21 Dicembre, ormai è evidente: le giornate si sono allungate, il sole comincia a fare capolino e i bucaneve fioriscono, generando un’ illusione di Primavera in mezzo al gelo. A livello temporale ed astronomico ci troviamo nel punto intermedio tra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera. Non è un caso che il 1 Febbraio gli antichi Celti festeggiassero Imbolc, una ricorrenza che sanciva il culmine dell’ Inverno o, in paesi come l’Irlanda, il principio della Primavera. Il nome della festa ha molteplici varianti e significati: “Imbolc”, letteralmente “grande pioggia”, sta ad indicare il periodo di transizione stagionale, ma in senso figurato designa la purificazione dalle “scorie” invernali. “Oimelc”, un’altra denominazione della festa, è sinonimo di “lattazione degli ovini”. “Imbolg”, che testualmente si traduce con “nel sacco”, ha l’accezione di “in grembo”. La Natura, infatti, si prepara a rinascere nel grembo di Madre Terra, e con essa gli agnelli che vedono la luce all’ inizio della bella stagione. Il latte di pecora rappresentava all’ epoca un’ importante fonte nutrizionale: era (ed è) la materia prima per la produzione del burro, del siero di latte e di svariati formaggi, ma conteneva anche una grande quantità di calcio, proteine e vitamine. Dei dettagli di rilievo, ai tempi in cui il sostentamento costituiva la linea di confine che separava la vita dalla morte.

 

 

Un’ altra caratteristica di Imbolc è la sua valenza di “festa della Luce”. Era d’uso accendere lanterne, falò e candele per simboleggiare l’ allungamento delle giornate e propiziare un rapido arrivo della bella stagione. I Celti onoravano Brigid, dea della fertilità, della Primavera ma anche del triplice Fuoco che risplende sui poeti, sui fabbri e sui guaritori, categorie di cui la dea è la protettrice: esiste un fil rouge costante che connette il sacro fuoco dell’ ispirazione, la fucina del fabbro e l’ energia che purifica e guarisce. Il motivo della purificazione è legato al fuoco a doppio filo; per Brigid, il primo dei quattro elementi si associa inoltre alla propulsione vitale, una forza che dalle più profonde viscere della Terra si irradia alle entità naturali e interrompe il loro lungo sonno invernale. Brigid è la giovane dea, nell’ Irlanda celtica veniva considerata anche la patrona dei pozzi e delle sorgenti. La leggenda vuole che sia nata all’ alba di Imbolc (l’alba, collocata a metà tra notte e giorno, era uno dei “luoghi di mezzo” venerati dai Celti); una fiamma arde sulla sua fronte, il cigno è il suo animale totem poichè simboleggia il candore, la regalità e il mutamento. Quando arrivava Imbolc, all’aurora, i Celti accendevano falò in onore di Brigid, ed è sempre la dea del triplice Fuoco che invocavano le partorienti. Le celebrazioni del 1 Febbraio iniziavano immancabilmente al tramonto del giorno prima, perchè per il calendario celtico ogni giornata cominciava al calar del sole.

 

 

Con l’ avvento del Cristianesimo, la festività pagana di Imbolc venne sostituita dalla Candelora, che celebra la presentazione di Gesù Bambino al Tempio di Gerusalemme; durante la messa, la tradizionale benedizione delle candele omaggia la luce di Cristo. La ricorrenza di Santa Brigida, invece, prese il posto dell’adorazione della dea Brigid: la santa, una badessa irlandese, insieme a San Patrizio fu attivissima nell’ evangelizzazione del suo paese.

 

Brigid in un dipinto di John Duncan, “The coming of bride”, del 1917

 

 

La colazione di oggi: ciambelle e ciambelline pasquali

 

Un dolce per Pasqua in alternativa alla Colomba? Ciambelle e ciambelline. Fanno parte delle tradizioni dolciarie di molte regioni italiane, soprattutto dell’ Italia centrale (nelle Marche, dove vivo, sono tipiche le “ciambelle strozzose“), e risultano una vera delizia anche per gli occhi: si usa ricoprirle di glassa e cospargerle di confettini multicolori. Ne esistono diverse varianti. Al posto della glassa, ad esempio, può essere utilizzato il classico zucchero a velo, mentre il ciambellone può essere sostituito da un tripudio di fragranti ciambelline. Un’ unica costante rimane inviariata, la golosità. Preparare la ciambella di Pasqua è molto semplice. Va detto, innanzitutto, che è un dolce privo di burro tra i cui ingredienti troviamo il latte, le uova, la farina, lo zucchero, l’olio extravergine d’oliva, il lievito per dolci vanigliato e la scorza grattugiata di un limone. Il composto, a cottura in forno ultimata, viene ammantato di glassa bianca (un mix di zucchero a velo, succo di limone e albume) e decorato con dei coloratissimi confettini. Il risultato? Un dolce soffice, in cui affondare i denti con voluttà assoluta. Ghiotto dentro e fuori. Trovate la ricetta a questo link.

 

 

Gli ingredienti delle ciambelle strozzose, una specialità marchigiana, più o meno rimangono gli stessi. Il burro non è incluso, ma è presente il liquore all’ anice (oppure il mistrà) che le aromatizza egregiamente. Manca anche il lievito per dolci, e c’è un perchè: queste particolarissime ciambelle, dalla forma a clessidra e molto asciutte, vanno cotte in forno ben due volte e lievitano spontaneamente. La tradizione vuole che l’ impasto si prepari il Venerdì Santo e che solo la domenica di Pasqua si proceda alla cottura; la lievitazione naturale delle ciambelle, infatti, è direttamente proporzionale all’ attesa che intercorre tra le due infornate. Dopo la prima, bisognerebbe lasciarle raffreddare per almeno una notte. Le ciambelle vengono poi plasmate nella loro forma caratteristica; a quel punto si può procedere con la seconda cottura. Durante questo lasso di tempo, le strozzose si gonfieranno a dovere assumendo un aspetto simile a quello di due ciambelle sovrapposte. Il tocco finale consiste nel ricoprirle di glassa al limone, o di ghiaccia reale, prima di cospargerle di miriadi di confettini. Le ciambelle strozzose vantano un notevole punto di forza: sono leggerissime e possono essere degustate – pur non essendo un dolce salato – insieme a del buon vino. Se avete già l’acquolina in bocca, cliccate qui per la ricetta.

 

 

Preferite sperimentare sapori internazionali? Provate i donuts (qui la ricetta), le ciambelle fritte e glassate tipicamente americane. Ma attenzione: sono il top della golosità, perciò tenetene conto se siete a dieta. I donuts catturano subito lo sguardo con i colori sgargianti della loro glassa e delle loro decorazioni. E’ un vero e proprio tripudio che spazia tra le più disparate cromie e guarnizioni: i classici confettini assumono la forma di stelle, fiori, cuori, sfere, unicorni, e chi più ne ha più ne metta. Esistono però anche versioni sobrie, che al posto della glassa sfoggiano un’ abbondante spruzzata di zucchero a velo. Allo stesso modo, i donuts possono essere suddivisi tra donuts “semplici”, ossia privi di farcitura, e donuts farciti, riempiti cioè di ogni ben di Dio. Qualche esempio? Panna, crema, cioccolato e marmellata, per citare solo alcune delizie. A Pasqua vengono ornati di frequente con ovetti di zucchero o zuccherini che riproducono tipici emblemi pasquali, come i pulcini e i coniglietti. Ma anche in questo caso, la fantasia non ha limiti! Quel che è certo è che, puntando sui donuts, vi state regalando una ghiottoneria a 360 gradi. Non è un caso che persino Homer Jay Simpson, il capofamiglia della famosissima serie TV cartoon “I Simpson”, li adorasse letteralmente.