13 Gennaio, festa di San Canuto: in Svezia, Finlandia e Norvegia la stagione natalizia termina solo in quella data

Natale in Svezia

Esistono paesi dove le festività natalizie non terminano con l’Epifania. Sapevate, ad esempio, che in alcune località scandinave si concludono solo il 13 Gennaio? E’ una data che cade una settimana dopo la festa della Befana e coincide con la solennità di San Canuto: esattamente, cioè, il ventesimo giorno successivo al Natale. San Canuto sancisce la conclusione del periodo natalizio in Svezia, Finlandia e buona parte della Norvegia. Non si tratta di una festa di precetto, nè di un giorno festivo; anticamente, la ricorrenza del 13 Gennaio era intitolata a San Canuto, duca dello Schleswig e figlio del re di Danimarca Eric I, ma molti anni dopo venne dedicata a Canuto IV di Danimarca, martire, santo e re oltre che patrono di questo paese. In Svezia, quindi, la stagione natalizia dura un mese intero: ha inizio con la festa di Santa Lucia, il 13 Dicembre, e termina a San Canuto il 13 Gennaio. Ma come nasce la tradizione di far finire le festività il ventesimo giorno (tjugondag jul per gli svedesi, tyvendedag jul per i norvegesi, nuutinpäivä per i finlandesi) dopo il Natale?Lo scopriremo proprio ora.

 

Natale in Norvegia

La festa di San Canuto in Scandinavia

Tutto ebbe inizio nel XVII secolo, precisamente nel 1680, quando la commemorazione del martirio di San Canuto Lavard, avvenuto il 7 Gennaio del 1131, fu posticipata al 13 Gennaio. San Canuto IV, re di Danimarca, aveva regnato dal 1080 al 1086 donando un costante sostegno alla Chiesa e cercando di rinvigorire il potere reale. Assassinato da un gruppo di aristocratici ribelli, divenne il patrono della Danimarca e nel 1101 la Chiesa Cattolica approvò il decreto sul suo martirio. A fornirci le più antiche testimonianze sulla ricorrenza del 13 Gennaio fu lo scienziato, scrittore e professore svedese Olof Rudbeck il Vecchio, magnifico Rettore dell’Università di Uppsala.

 

Natale in Finlandia

Le tradizioni della “festa di Knut”

Il 13 Gennaio è il giorno in cui in Svezia, Finlandia e Norvegia si dà l’addio al Natale. Le vacanze terminano ufficialmente, gli addobbi e le decorazioni natalizie vengono rimossi. Secondo lo julgransplundring (“saccheggio dell’albero di Natale”), un’usanza svedese che affonda le radici nel XIX secolo, ogni ornamento natalizio va infatti tassativamente tolto. Albero di Natale compreso, com’è ovvio. A tal proposito, prima di smontare l’albero, le famiglie sono solite organizzare una danza attorno allo stesso: sia in Svezia che in Finlandia vengono predisposti giochi, balli e festeggiamenti intorno all’abete per celebrarlo e ringraziarlo dell’atmosfera natalizia che ha contribuito ad esaltare. Un’altra tradizione, più che centenaria, vede protagonista un gruppo di persone travestite da San Canuto: hanno un cappello, una lunga barba grigia, il volto celato da una maschera e si recano di casa in casa. Questa usanza viene detta dei “knutgubbar”, da Knut che significa Canuto in svedese. Il 13 Gennaio, nonostante il periodo natalizio giunga al termine, in Scandinavia si festeggia. I party sono all’ordine del giorno: ci si ritrova con familiari e amici degustando per l’ultima volta i cibi e le bevande natalizie. I bambini sono soliti invitare i compagni di classe a mangiare una torta insieme. Ma attenzione! Le porte delle case vanno chiuse attentamente: agli spiriti e ai folletti del Natale è proibito entrare.

 

 

Il lato eco-sostenibile del 13 Gennaio

Tutti conosciamo la spiccata coscienza ecologica dei popoli scandinavi. Bene: sappiate che neppure in quest’occasione viene meno. Dopo il 13 Gennaio, infatti, gli alberi di Natale vengono “smaltiti” sostenibilmente. In molte città si organizzano addirittura processioni dove persone di ogni età portano con sè il proprio albero per destinarlo al riciclo.

 

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Speciale “Il Luogo”: 5 città fiabesche da visitare a Natale

 

“A Natale tutte le strade conducono a casa.”

(Marjorie Holmes)

Eh, già, a Natale tutte le strade conducono a casa; il calore familiare è un elemento imprescindibile della festa più amata dell’anno. Eppure, non è raro che si desideri conoscere, esplorare altri modi di vivere la Natività, immergersi in atmosfere natalizie mai assaporate prima d’ora. Quale idea migliore, dunque, di un viaggio nei luoghi dove le festività assumono un aspetto fiabesco e sommamente magico? In diverse città europee, Natale è una ricorrenza incantata: palazzi che sembrano usciti da un racconto dei fratelli Grimm, mercatini affollatissimi, fiocchi di neve vorticosi e viuzze impregnate di storia si fondono con un caleidoscopio di luci e di colori. Vi propongo cinque capitali del Vecchio Continente dove potrete godervi appieno lo spirito del Natale: Amburgo, Praga, Salisburgo, Stoccolma e Strasburgo (in ordine rigorosamente alfabetico). Avete già fatto le valigie? Oggi le visiteremo insieme.

 

Amburgo

 

In Germania esistono delle vere e proprie “città del Natale”: Amburgo è una di queste. Basti pensare alla tradizione dei mercatini, che ha radici antichissime; il mercatino natalizio dello Striezelmarkt, a Dresda, è stato il primo al mondo ad essere definito tale. Nella cosiddetta “città sull’acqua”, il fiume Elba costituisce uno scenario di primaria importanza. Gli alberi di Natale galleggianti sono la norma, scintillanti luminarie lampeggiano sui moli  e sulle banchine del porto, l’Elbphilarmonie (Filarmonica dell’Elba), simile a una gigantesca onda in vetro, sprigiona bagliori cristallini. Anche il Rickmer Rickmers, uno splendido veliero del 1896 adibito a museo, si veste a festa, creando un suggestivo gioco di luci nel quartiere St.Pauli. In questo rione potete visitare uno degli incantevoli mercatini natalizi di Amburgo, ricco di eccellenze alimentari. La città, di mercatini, ne ospita più d’una trentina: è d’obbligo raggiungere quello di Piazza del Municipio, dai connotati di un’antica fiaba, per scoprire le meraviglie dell’artigianato locale e le prelibatezze gastronomiche stagionali. L’albero di Natale sul lago di Alster, che riflette le sue luci abbaglianti sullo specchio d’acqua, è un altro imperdibile must-see insieme al quartiere di Neuer Wall, incorniciato dai canali della zona nord di Amburgo; qui è possibile dedicarsi allo shopping di lusso tra miriadi di ghirlande, luminarie e addobbi.

 

 

Praga

 

Con le sue guglie gotiche e i suoi splendidi edifici, costruiti nei più disparati stili architettonici, Praga a Natale raggiunge il picco della suggestività. Anche perchè il freddo è intenso, e nevica spessissimo: il centro storico, di conseguenza, appare ancora più magico quando è ammantato di neve. Le viuzze acciottolate sono costeggiate di caffè e di lampioni a gas che generano un’atmosfera d’altri tempi. I mercatini rappresentano un punto di forza della Praga natalizia; quello della Città Vecchia, su cui incombe l’Orologio Astronomico Medievale, è il più celebre. Le bancarelle sono disseminate in tutta la piazza, dove regna un imponente albero di Natale, e propongono sia specialità dolciarie tradizionali (tra le altre, i biscotti e i cannoli alla cannella) che eccellenze artigianali locali come i cristalli di Boemia e le famosissime marionette ceche. Altri mercatini da non perdere sono il mercatino delle pulci del Castello di Praga, il mercatino di Piazza Venceslao e il mercato Havel, in puro stile medievale. Nel quartiere del Castello è tassativo visitare il Vicolo dell’Oro: fiabesco e ammantato di neve, era abitato dagli alchimisti della città; lo impreziosiscono antichi lampioni in ferro battuto e un tripudio di decorazioni in vischio sui portoni delle case.

 

 

Salisburgo

 

La Salisburgo natalizia, immancabilmente innevata, è uno splendore naturale e architettonico. La città di Wolfgang Amadeus Mozart concentra in sè tutto lo spirito del Natale. Si comincia a inizio Dicembre con la tradizionale parata dei Krampus, dove sfila un nutrito gruppo di demoni del folklore subalpino: abbiamo già conosciuto Krampus nelle vesti di aiutante di San Nicola; è lui lo spaventoso essere che accompagna il Santo e punisce i bambini cattivi. Il centro storico della città, ricco di palazzi storici, mercatini e antiche chiese, è meravigliosamente decorato e pullula di cantori. Risalta un albero di Natale dalle dimensioni enormi, imponente come il Duomo barocco del XVIII secolo; la spettacolare Residenzplatz, che alterna lo stile barocco a quello medievale, è stata incoronata Patrimonio Mondiale Unesco. La musica è il fiore all’occhiello di Salisburgo e dei suoi dintorni. E’ qui che, la notte di Natale del 1818, fu intonato per la prima volta il canto “Silent Night”: venne eseguito nella suggestiva Cappella di Obendorf, a pochi chilometri da Salisburgo. Visitandola durante la vigilia di Natale, vivrete la magia di una messa a lume di candela che si conclude con il famoso canto. Non mancate, poi, di visitare la casa dove nacque Mozart in Getreidegasse, e la fortezza di Hohensalzburg, un autentico simbolo della città.

 

 

Stoccolma

 

Gli addobbi ornano la città sin dal 13 Novembre: miriadi di luci a LED forgiano angeli, renne e piante tradizionali del Natale. Il nostro tour comincia dal Gamla Stan, la Città Vecchia, un intreccio di viuzze medievali che si aprono su piazzette mozzafiato. Qui si trovano i mercatini più caratteristici, pieni zeppi di delizie dolciarie e gastronomiche tradizionali, decorazioni natalizie e prodotti artigianali come giocattoli, maglioni e oggetti in vetro soffiato. Il glögg, versione scandinava del nostro vin brulé, non manca mai; una regola valida anche per i lussebullar o lussekatter, i tipici dolcetti allo zafferano di Santa Lucia. A Stoccolma, i mercatini natalizi abbondano: vale la pena di scoprirli tutti. Kungsträdgården è molto famoso per la sua pista di pattinaggio sul ghiaccio, mentre il mercatino di Skansen, situato sull’ isola di Djurgården, è quello di dimensioni maggiori nell’intera Svezia. Si trova, appunto, a Skansen, un museo a cielo aperto incentrato sulla storia e la cultura svedese dal 1700 ad oggi. Il mercatino vanta ben 150 bancarelle, o casette, dove è possibile acquistare tipicità gastronomiche e artigianato tradizionale assistendo a coinvolgenti performance folkloristiche.

 

 

Strasburgo

 

Il capoluogo dell’Alsazia, regione francese confinante con la Svizzera e la Germania, vanta tradizioni natalizie risalenti nientemeno che al 1500. Le celebrazioni iniziano già a fine Novembre e proseguono di evento in evento, con la magia che fa da filo conduttore. Le decorazioni, ricche e scintillanti, mozzano il fiato; per quanto riguarda i mercatini, Strasburgo vanta uno dei più antichi al mondo che è anche il più antico della Francia: nato nel XVI secolo, è stato battezzato Christkindelsmärik e si tiene in Place Broglie. Qui potete trovare una vasta gamma di articoli che spazia dall’artigianato tipico alle prelibatezze alimentari; il Christkindelsmärik è anche il mercatino ideale per la scelta dei regali natalizi. L’evento di punta della Natività strasburghese si identifica senz’altro con l’accensione dell’albero di Natale installato in Place Kléber: con i suoi trenta metri, è uno degli alberi di Natale più alti del pianeta. L’albero proviene dai boschi dell’Alsazia e viene addobbato sontuosamente. Secondo una tradizione pluriennale, i benestanti strasburghesi solevano depositare doni per i più poveri ai piedi dell’albero. Attualmente, invece, Place Kléber pullula di bancarelle associate a svariati enti di beneficenza. L’arte gotica che predomina nella piazza, tra lo splendore delle luminarie e degli addobbi, contribuisce a donare al mercatino un’atmosfera di fiaba. A Strasburgo, inoltre, è d’obbligo visitare il quartiere Patrimonio Unesco della Petite France, con il tripudio di case a graticcio e di canali della Grande Île, ma se viaggiate nei dintorni non mancate di raggiungere Colmar, una magica città medievale contraddistinta, anch’essa, dalle tipiche costruzioni a graticcio dell’Alsazia.

 

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VALIUM accende le luminarie

 

La terra addormentata conosce
il proprio splendore.
Le sopracciglia brinate del cielo
sono piene di stelle.
(Olav H. Hauge)

 

E’ tempo di Natale, è tempo di luce: la luce di Cristo che viene al mondo, le luci che sfavillano nelle strade, nelle piazze, nelle nostre case. VALIUM accende le luminarie come è solito fare ogni anno, in questo periodo, in linea con la tradizione natalizia degli addobbi che impreziosiscono le città. Precedendo di una settimana l’inizio dell’Avvento, il blog si illumina a festa e inaugura la stagione della natività. Quest’anno il tema è quello della luce che trionfa sul buio, un leitmotiv di ricorrenze come Santa Lucia, il Solstizio d’Inverno e del Natale stesso: le tenebre che ammantano il mondo e in cui sprofonda l’interiorità dell’uomo, all’improvviso, vengono rischiarate da una nuova luce. Sono settimane magiche, quelle del periodo natalizio, e VALIUM si propone di immergervi nella loro magia. Anche stavolta esploreremo luoghi, conosceremo tradizioni, scopriremo curiosità e celebreremo tutto quanto ruota attorno al Natale e al suo incanto. Il nostro sarà un autentico viaggio di approfondimento nell’Avvento e nelle festività più attese dell’anno. Siete pronti ad iniziare questo affascinante percorso? Partiamo. E che la luce, anzi… che tutte le luci del Natale, ci accompagnino.

 

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La notte

 

“Aprimmo la finestra al cielo notturno. Gli uomini come spettri vaganti: vagavano come gli spettri: e la città (le vie le chiese le piazze) si componeva in un sogno cadenzato, come per una melodia invisibile scaturita da quel vagare. Non era dunque il mondo abitato da dolci spettri e nella notte non era il sogno ridesto nelle potenze sue tutte trionfale? Qual ponte, muti chiedemmo, qual ponte abbiamo noi gettato sull’infinito, che tutto ci appare ombra di eternità? A quale sogno levammo la nostalgia della nostra bellezza? La luna sorgeva nella sua vecchia vestaglia dietro la chiesa bizantina.”

(Dino Campana, da “Canti orfici – La notte – II – Il viaggio e il ritorno”, 1914)

 

Trasferirsi a vivere in campagna, uno dei buoni propositi tra estate e autunno

 

Ricordate quando abbiamo parlato di svolte, di buoni propositi di fine estate? Bene: tra i desideri sempre più espressi da molti di noi, c’è quello di andare a vivere in campagna. E’ un desiderio che ha preso piede durante l’epoca del Covid, ma da allora non ha fatto che diffondersi a macchia d’olio. Abbandonare la città significa allontanarsi dallo smog, dal sovraffollamento, dal caos urbano. Le metropoli, anche a causa dei cambiamenti climatici, sono sempre più invivibili; le aree di degrado, il rumore proliferano. Si è generata, quindi, un’inversione di tendenza: mentre negli anni del boom economico si abbandonavano le campagne per trasferirsi in massa in città, oggi alla vita rurale si guarda con interesse, viene considerata la dimensione ideale. In campagna l’aria è più salubre, si vive a contatto con la natura. La campagna è rilassante, rigenerante, tranquilla. L’atmosfera è idilliaca. Decidere di dire basta al traffico, ai ritmi frenetici e al pericolo sempre dietro l’angolo (basti pensare che in molte città d’Italia prendere la metro è a rischio borseggio) vuol dire abbracciare un nuovo stile di vita.

 

 

Innanzitutto equivale a prendere le distanze dallo stress, poi a rimettersi in sintonia con il creato. Il sonno torna ad essere sereno, i ritmi rallentano a favore della qualità dell’esistenza. La campagna, inoltre, offre la possibilità di immergersi in uno straordinario scenario naturale: campi, prati, fiumi, laghi, boschi, radure, animali selvatici che molti hanno visto solo nei libri… Avere la natura “a portata di mano” stimola a godere appieno dei suoi benefici. Ad esempio, trascorrendo diverse ore del giorno all’aria aperta o praticando attività sportive come il jogging, le camminate e la pesca. Oppure ancora, dedicandosi alla coltivazione dell’orto (o del terreno) e all’allevamento di svariati animali.

 

 

In campagna si è soli? Niente affatto: i rapporti con i vicini o i proprietari dei poderi confinanti sono sempre molto stretti, perchè si vive in grandi spazi aperti dove scarseggiano le abitazioni. Il senso di appartenenza è più sviluppato, i legami più solidi. Ci si supporta reciprocamente, ci si chiama per nome. Risiedendo in un paese, poi, questo è ancora più evidente. Le dimensioni esigue del villaggio favoriscono la vicinanza fisica, e i rapporti interpersonali ne risentono positivamente. Nei paesini ci si conosce tutti, la nozione di comunità è ben radicata. Instaurare legami stretti influisce beneficamente sulla psiche e incentiva il benessere fisico e mentale.

 

 

Vivere in campagna permette di cibarsi di alimenti sani e salutari. Gli ingredienti, freschi e genuini, sono rigorosamente a chilometro zero o addirittura provengono dai nostri possedimenti. In più, le spese per l’affitto o l‘acquisto della casa risultano molto più accessibili che in città.

 

 

Esistono, però, delle conditio sine qua non ben precise prima di dire addio alla metropoli. In primo luogo, bisogna essere in possesso di un’auto per spostarsi con facilità. Negli ultimi anni, il lavoro da remoto ha offerto a molti di noi la possibilità di lavorare a distanza; chi svolge professioni esclusivamente “in presenza” dovrebbe poter raggiungere il luogo di lavoro con celerità.

 

 

La vita in campagna, a volte, fa sentire alienati dalla “movida” cittadina. Chi ama stare nella mischia, probabilmente non è la persona più adatta per questo tipo di vita. In campagna non ci sono club, concerti, iniziative culturali, mancano i cinema, i pub, le discoteche. Nessuno ci vieta di raggiungerli, però, con la nostra quattroruote: abbineremmo il divertimento e gli eventi mondani a una quotidianità delle più salutari.

 

 

Un altro must per chi vive in campagna è ovviamente una connessione a Internet, essenziale per continuare a sentirsi parte del mondo e usufruirne di tutti i benefici. La tecnologia ha fatto passi da gigante in questo senso, e ha senz’altro contribuito a rafforzare, in molti, il proposito di lasciare la metropoli per dedicarsi alla vita rurale. E voi cosa ne pensate? Potreste mai abbandonare la movimentata quotidianità cittadina per trasferirvi in mezzo al verde?

 

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Ultima settimana di Agosto: il nuovo tema della settimana

 

Dovrebbero metterle in una scatola le sere tiepide di fine estate, aria, riflessi e sogni compresi, per respirarle durante i primi freddi dell’inverno.
(Fabrizio Caramagna)

 

Inizia l’ultima settimana di Agosto. Il mese più caldo dell’anno sabato arriverà al capolinea e lascerà spazio a Settembre. Si avvicina il periodo della vendemmia, di sera i lampioni si accendono sempre più presto. Ma il 31 Agosto segna anche la fine dell’estate metereologica, che comprende i mesi di Giugno, Luglio e Agosto. In campagna si attende l’avvio dell’aratura dei campi, e intanto ci si appresta a dedicarsi alla raccolta dell’uva: sono istanti impareggiabili, all’insegna della convivialità e del lavoro di squadra. Con le vacanze ormai giunte al termine, le città tornano a riempirsi. Il tran tran quotidiano si rimette in moto, obbligandoci a relegare le puntate al mare nel weekend. E anche se il caldo non ne vuole sapere di andarsene, le giornate che si accorciano garantiscono un maggior numero di ore di buio e notti più fresche e arieggiate. La fine di Agosto, non va dimenticato, è il momento propizio per la formulazione di buoni propositi: il cambio di stagione favorisce la propositività, le svolte, l’ideazione di nuovi progetti. L’estate ci ricarica e rinvigorisce al punto tale da stimolarci a rimetterci in gioco. Molti, moltissimi di noi fanno coincidere Settembre con un giro di boa. L’energia è quella giusta per dare una sferzata alla propria vita, soprattutto quando ci si trascina in una quotidianità stagnante e sempre uguale. Che dire, allora? Prendiamo tutto il meglio dell’ultima tranche di estate, considerandola un’occasione per evolvere, cambiare direzione o rinnovarci interiormente. Perchè, come diceva Kierkegaard, “la vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti”.

 

Ferragosto, il tema della settimana

 

Inizia il weekend più rovente dell’anno: oggi, milioni di italiani diranno “bye-bye” alla routine quotidiana per imbarcarsi verso i lidi vacanzieri. Ma non ritorneranno, come d’abitudine, domenica sera. Lunedì, infatti, comincerà il periodo delle ferie per eccellenza: la settimana di Ferragosto. Siamo entrati nel cuore dell’estate, il 15 Agosto la stagione calda raggiungerà il suo apice. Le città si preparano a svuotarsi, ma, si spera, a riempirsi di turisti. Il cartello “Chiuso per Ferie” stazionerà in bella vista sulle vetrine di molti negozi. Il caldo, secondo le previsioni meteo, raddoppierà: l’ennesima fiammata dell’anticiclone africano provocherà un ulteriore innalzamento delle temperature, che potranno oltrepassare i 40 gradi. Si preannuncia un Ferragosto più bollente che mai; perciò, se vi accingete a partire, cercate di scegliere delle mete sufficientemente fresche. Il caos di questi giorni, associato al grande esodo estivo, è una delle principali minacce al nostro desiderio di relax. Sulle strade ed autostrade il traffico sarà intenso, si prevede un weekend da bollino nero. Le spiagge, soprattutto quelle più frequentate, registreranno il tutto esaurito. Le infuocate ondate di calore e (probabilmente) i ricordi traumatici delle restrizioni agli spostamenti causate dal Covid, hanno favorito un autentico boom di prenotazioni: prepariamo le valige e godiamoci le meritate vacanze, ma approfittiamo di questo periodo per rigenerarci e staccare la spina davvero. Magari, rifuggendo dalla calca e della troppa confusione. Senza dimenticare, poi, di  infilare in valigia un buon libro: ci accompagnerà nelle ore passate a rosolarci sotto il sole creando l’ideale equilibrio tra il relax e il divertimento più sfrenato. Avevate già intuito che sarà proprio Ferragosto il nuovo tema della settimana?

 

Caronte

 

E’ arrivato Caronte, l’anticiclone africano più bollente dell’estate, e le temperature sono già da bollino rosso. L’ondata di calore ha cominciato a invadere l’Europa proprio ieri; partendo dai paesi sud-orientali, avanzerà fino a coinvolgere buona parte del Vecchio Continente. In Italia, quest’area di alta pressione di origine sub-tropicale sta spadroneggiando da Nord a Sud: predomina un caldo intenso che oltrepassa di gran lunga le medie stagionali. L’umidità eccezionale che lo accompagna potenzia la percezione del calore ulteriormente: l’afa regna sovrana, apportando effetti alquanto nocivi per l’organismo. Le previsioni meteo, inoltre, non lasciano ben sperare. Pare che dovremo sopportare Caronte almeno fino alla fine del mese, con temperature che raggiungeranno picchi di oltre 40 gradi su molte zone d’Italia. Le regioni maggiormente interessate da questa massa d’aria rovente saranno le isole: in Sicilia si sfioreranno i 42-43°C, in Sardegna i 41°C. A dire dei metereologi, comunque, la situazione non varierà troppo nelle rimanenti regioni; sia al Centro, che al Nord e al Sud i valori medi oscilleranno tra i 36 e i 40°C. E potremo difficilmente contare su un po’ di refrigerio notturno, dato che Caronte è anche sinonimo di notti tropicali. Ma dov’è che l’afa colpirà di più? Certamente, nelle aree urbane a causa del fenomeno detto “isola di calore”: la minore presenza degli alberi (secondo uno studio, le piante riducono il calore di circa cinque gradi), gli edifici, l’inquinamento atmosferico, la CO2 generata dalle attività umane e la conformazione stessa della città contribuiscono a trattenere la cappa di caldo. In campagna, dove tutti quei fattori non sussistono, il disagio dovuto al calore si avverte meno intensamente. Dato che l’escalation delle temperature non concederà tregua, cerchiamo di proteggerci dal caldo estremo e dalle sue conseguenze. Ne parleremo nei post  dei prossimi giorni, dal momento che Caronte, oltre che ad essere un anticiclone sub-tropicale, sarà il tema della settimana.

 

Capelli effetto bagnato: la tendenza più cool dell’estate in pochi step

 

Capelli effetto bagnato: che sia in spiaggia o lontano dalla spiaggia non importa. Quel che conta è mantenere il look “selvaggio”, spontaneo e disinvolto di una chioma che sembra appena emersa dal mare. Per realizzarlo, basta seguire pochi step. Dopo aver lavato i capelli con uno shampoo e un balsamo anticrespo per ammorbidirli al massimo, utilizzate dosi massicce di styling gel da distribuire su tutta la chioma. Sceglietene uno a lunga tenuta e applicatelo in modo uniforme. Pettinate i capelli all’indietro, oppure creando onde e movimento ad hoc con i denti del pettine. L’aspetto super shine si ottiene lasciando asciugare i capelli all’aria, ma è consigliabile solo in presenza del caldo torrido dell’anticiclone; altrimenti, servitevi del diffusore per asciugare la parte di chioma compresa tra le radici e la nuca. Il resto dei capelli va asciugato al naturale per potenziare l’effetto wet hair. Allo scopo di esaltare ulteriormente il look bagnato, completate lo styling spruzzando uno spray lucidante: garantisce una brillantezza extra. Se invece volete donare un tocco “grafico” all’acconciatura, utilizzate una lacca fissante.

 

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Cinque uccelli che cantano (anche) di notte e perchè lo fanno

 

Succede soprattutto in Primavera, e anche d’Estate. A notte fonda, quando non manca molto all’alba, gli uccelli iniziano a cantare dando vita a dei veri e propri gorgheggi corali. Molti di noi, da profani, attribuiscono il loro cinguettio alla gioia per l’arrivo della stagione calda: le cose, però, non stanno esattamente in questo modo. Innanzitutto c’è da dire che in città i volatili subiscono il disagio dell’inquinamento luminoso e acustico, per cui a tarda notte si sentono più liberi di vivere in armonia con l’ambiente che li circonda. E poi, i loro canti fanno parte del rituale di corteggiamento: non è un caso che le melodie provengano da esemplari di sesso maschile, che marcano il proprio territorio e cantano per attirare le femmine della specie. Prima si inizia a gorgheggiare, meglio è. Ogni specie di uccello, infatti, ha un suo orario caratteristico e anticiparlo significa surclassare un rivale; per fare un esempio, il codirosso spazzacamino comincia a cantare un’ora e mezzo prima che il sole sorga, mentre il merlo precede l’alba solo di un’ora. La cinciallegra e la capinera, invece, non iniziano che con la luce dell’aurora.

 

 

In questo periodo, in piena fase di riproduzione, gli uccelli emettono gorgheggi più che mai “sopra le righe”, elaborati e complessi. Naturalmente, si tratta di un modo per farsi notare dalle femmine. Oppure, le vocalizzazioni notturne permettono loro di comunicare con i compagni: per fargli sapere dove si trovano, ad esempio, o avvertirli della presenza di un predatore. Le specie che cantano anche di notte sono diverse: scopriamone cinque insieme.

 

L’usignolo (Luscinia megarhynchos)

 

Gli anglosassoni lo chiamano “nightingale”, un omaggio al suo canto notturno: l’usignolo, nelle ore buie, gorgheggia senza sosta soprattutto nel periodo della riproduzione. Il suo è un canto melodioso, raffinato, quasi ipnotico, che crea un’atmosfera incantata e mira ad attrarre le femmine della specie. Il canto dell’usignolo, infatti, è un potente strumento di seduzione; tant’è che di giorno i maschi gareggiano tra loro per affinare le proprie doti. Questo uccello della famiglia dei Muscicapidi vive essenzialmente nei boschi, dove è distinguibile anche grazie ai suoi inconfondibili gorgheggi.

 

Il pettirosso (Erithacus rubecula)

 

Il suo aspetto è inconfondibile, con quella chiazza arancione che esibisce frontalmente. Lo contraddistingue un gorgheggio che esordisce secco e ritmico diventando a poco a poco melodioso; ma il pettirosso è tanto dolce esteriormente quanto aggressivo a livello caratteriale: difende il suo territorio con tutta la tenacia possibile persino dalla compagna con cui si riproduce. Ed è proprio durante la stagione dell’amore che il suo canto si ascolta anche di notte. C’è da dire, inoltre, che questo uccello è particolarmente colpito dall’inquinamento acustico e preferisce gorgheggiare al buio per far sì che le femmine ascoltino meglio il suo richiamo.

 

Il merlo (Turdus merula)

 

E’ molto popolare, come d’altronde il pettirosso e l’usignolo. Famoso per la leggenda dei “giorni della merla” che lo vede protagonista in pieno Inverno, in Primavera e in Estate il merlo canta anche di notte. I  suoi gorgheggi sono vivaci, brevi e terminanti con un acuto; si esibisce in notturna durante la fase di riproduzione, e secondo alcuni esperti ciò è dovuto principalmente alla stimolazione dei lampioni: il merlo è un uccello altamente fotosensibile, e vivendo soprattutto nei parchi e nei giardini pare che la luce artificiale stimoli il suo desiderio di accoppiamento. L’inquinamento luminoso, quindi, avrebbe provocato squilibri nell’orologio biologico del Turdus merula spingendolo a scambiare la notte con il giorno.

 

Il succiacapre (Caprimulgus europaeus)

 

Si chiama così perchè secondo una leggenda secolare, che Plinio Il Vecchio riportò nella sua Historia Naturalis, il Caprimulgus Europaeus si cibava del latte delle capre, che poi rendeva cieche. Altre credenze lo associavano a particolari più lugubri, descrivendolo come un uccello che traeva il proprio nutrimento dal sangue del bestiame ed era legato a determinati riti di sepoltura. Ciò probabilmente dipendeva dal suo misterioso aspetto: il succiacapre si mimetizza alla perfezione con l’ambiente circostante e sembra dotato della virtù dell’invisibilità. E’ un uccello notturno e il suo canto, una sorta di ronzio che nelle fasi acute somiglia quasi ad un martello pneumatico, comincia al crepuscolo e si intensifica a notte fonda. Tra gli autori che lo hanno incluso nelle proprie opere letterarie troviamo Howard Phillips Lovecraft, che lo ha menzionato ne “L’orrore di Dunwich”, ma anche Stephen King e Cormac McCarthy: il succiacapre appare nei loro rispettivi romanzi “Jerusalem’s Lot” e “Figlio di Dio”.

 

L’assiolo (Otus scops)

 

E’ un rapace notturno appartenente alla famiglia degli Strigidi, come la civetta e il gufo. In Primavera e in Estate, nelle campagne il suo canto è una costante delle ore buie. Peraltro, non si fa fatica a riconoscerlo: può essere descritto come una nota acuta, monosillabica, ripetuta ad intervalli equidistanti. Al pari di molti altri uccelli, l’assiolo canta per difendere il territorio ed attrarre le femmine della sua specie. I gorghecci ipnotici che lo contraddistinguono rimandano alla notte e alla sua atmosfera sospesa; Giovanni Pascoli ne rimase affascinato al punto tale da dedicargli una poesia, “L’assiuolo”. L’assiolo comincia il suo canto al tramonto e prosegue fino all’alba. Curiosamente, dopo la mezzanotte le vocalizzazioni si interrompono per circa due ore. Un’altra curiosità? L’assiolo spesso duetta con la propria partner, che si distingue per l’intonazione più acuta e la cadenza meno regolare dei gorgheggi.

Foto via Pexels e Unsplash. Foto del succiacapre di Fabio Usvardi – www.italianwildlife.it, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons