Da San Nicola a Babbo Natale: l’evoluzione di un mito della Natività

 

Una vintage card olandese raffigurante San Nicola. In Olanda il Santo è accompagnato da Zwarte Piet, un servitore di colore

Cos’hanno in comune Babbo Natale e San Nicola, vescovo di Myra, di cui proprio oggi ricorre la solennità? Molto più di quanto possiamo pensare. Tantevvero che in molti paesi europei, come ho già scritto nell’articolo sulle tradizioni dell’Avvento (rileggilo qui), il Santo consegna regali ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 Dicembre. Ma come ha preso vita questo mito? San Nicola, nato nel 1270 a Pàtara, nell’attuale Turchia, nel Medioevo divenne popolarissimo grazie a una serie di miracoli e leggende che lo riguardavano. Si narra che permise a tre giovani donne molto povere di sposarsi, donando clandestinamente al padre il denaro per la loro dote, e che fece resuscitare tre bambini uccisi e messi in salamoia da un macellaio, improvvisatosi assassino per poter vendere la carne dei fanciulli. Proprio in virtù di tali episodi, il Santo fu sempre considerato un difensore dei più giovani e bisognosi. Nell’Europa medievale, così, si iniziò a commemorare San Nicola associandolo all’elargizione dei regali natalizi. La tradizione prosegue a tutt’oggi in paesi come la Germania, l’Austria, la Repubblica Ceca, l’Ungheria e persino l’Italia, dove è diffusissima in regioni quali il Trentino Alto-Adige, il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto e la Lombardia, ma anche nel barese (non è un caso che San Nicola sia il patrono del capoluogo della Puglia). La vigilia del 6 Dicembre, i bambini lucidano bene le loro scarpe e le mettono sul davanzale. Il Santo passerà di casa in casa quando farà buio, lasciando frutta e doni nelle calzature di tutti coloro che si sono comportati bene; dei più discoli si occuperà Krampus, il servitore di San Nicola, una figura demoniaca che esploreremo insieme agli altri miti oscuri del Natale.

 

Un bassorilievo di San Nicola ad Amsterdam, città di cui è il santo patrono

Con l’avvento del Protestantesimo, l’aspetto del Santo subì alcune modifiche: nei paesi che aderirono alla Riforma luterana si verificarono contaminazioni atte a sovrapporre alla figura di San Nicola quelle di determinati miti nordici.  Il vescovo di Myra cominciò ad essere rappresentato come un semplice benefattore dalla lunga barba e prese il nome di Santa Claus (nelle nazioni anglosassoni), Nikolaus (in Germania), Sinterklass (in Olanda e Belgio), Sinterklaos (nel Limburgo) e Samichlaus (in Svizzera). Ma il vero giro di boa avvenne nel 1823, anno in cui in America fu pubblicata una poesia dal titolo di “Una visita di San Nicola”, meglio conosciuta come “La notte prima di Natale”. Inizialmente anonimi e in seguito attribuiti a Clement Clarke Moore, i versi apparvero il 23 Dicembre su un quotidiano dello Stato di New York. Riscossero un successo incredibile, in quanto apportavano delle straordinarie innovazioni: descrivevano Santa Claus come un folletto burlone che la vigilia di Natale (non più il 6 Dicembre, quindi) si dedicava alla consegna dei regali a bordo di una slitta trainata da renne, precisamente otto, di cui venivano citati persino i nomi. Il direttore del quotidiano definì questa versione di Santa Claus/San Nicola “deliziosa”; il fatto che si calasse dai camini con il suo sacco straripante di regali, poi, era un dettaglio che accentuava la simpatia del personaggio. La poesia aveva forgiato l’aspetto odierno di Babbo Natale e sancito una nuova data di consegna dei doni, concomitante con la notte del 24 Dicembre.

 

 

Durante l’era vittoriana, in Gran Bretagna, la raffigurazione dello Spirito del Natale Presente che l’illustratore John Leech ideò per “Canto di Natale”, il racconto di Charles Dickens pubblicato nel 1843, entrò a far parte dell’iconografia natalizia: maestoso, con una corona di agrifoglio sul capo e vestito di un lungo abito verde bordato di pelliccia bianca, lo Spirito del Natale Presente combinava le caratteristiche di Santa Claus con quelle del Father Christmas del Regno Unito.

 

Lo Spirito del Natale Presente raffigurato da John Leech nella prima edizione di “Canto di Natale” di Dickens, pubblicato nel 1843 da Chapman & Hall.

L’aspetto di Babbo Natale assunse le sembianze attuali nel 1863: Thomas Nast, uno dei più grandi fumettisti americani, disegnò un Santa Claus inedito per il magazine Harper’s Weekly. Fu lui a creare il Babbo Natale paffuto, impellicciato e con una voluminosa barba bianca che tutti conosciamo e abbiamo amato nella nostra infanzia. Un’ulteriore versione si impose nel 1931, quando l’illustratore Haddon Sundblom realizzò il suo celebre Santa Claus per la pubblicità della Coca Cola. Sundblom si ispirò al San Nicola di “La notte prima di Natale” evidenziando il carattere allegro e bonario di un Babbo Natale che sfrecciava nel cielo su una slitta trainata dalle renne, proprio come il protagonista della poesia di Clement Clarke Moore. La novità era costituita dall’abito: per la prima volta, Santa Claus vestiva di rosso e bianco. Erano i colori della Coca Cola, ma rimasero per sempre le tonalità simbolo di Babbo Natale.

 

Un’immagine di Babbo Natale realizzata da Frances Brundage

Foto: bassorilievo di San Nicola ad Amsterdam di Rudolphous, CC BY-SA 3.0 NL <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/nl/deed.en> via Wikimedia Commons

 

Hanami: i cibi e le bevande tradizionali dei picnic sotto i ciliegi in fiore

 

“Hanami”, in giapponese “guardare i fiori”: di questa tradizione del paese del Sol Levante, VALIUM ha parlato più di una volta. E’ un rito collettivo antichissimo, un inno alla bellezza del fiore di ciliegio e alla sua simbologia. I giapponesi attendono la fioritura dei ciliegi con trepidazione, spostandosi poi in massa verso i luoghi dove è possibile ammirarli in tutto il loro splendore. Lì, sotto le chiome in fiore dei sakura (il ciliegio o il fiore di ciliegio giapponese), contemplano la meraviglia di quelle spettacolari nuvole rosa e organizzano picnic. Di notte, al chiar di luna e con le luci dei lampioni e delle stelle, l’ Hanami risulta ancora più suggestivo: viene ribattezzato Yozakura, ovvero “ciliegio notturno”, ed è un appuntamento imperdibile di ogni Primavera. Ma quali sono i cibi e le bevande che i giapponesi consumano durante questi picnic? Cominciamo subito col dire che il rosa è il colore che fa rigorosamente da leitmotiv. Celebra il fiore di ciliegio e la sua valenza emblematica, che spazia dalla caducità alla meraviglia della vita.

 

 

Scopriamo quindi quali cibi tradizionali si accompagnano all’Hanami. Bisogna dire innanzitutto che, oltre al colore rosa, esiste un altro elemento che contraddistingue i picnic sotto i sakura in fiore: il sapore di fiore di ciliegio. E’ delicato, inconcondibile, e in Giappone si utilizza per aromatizzare qualsiasi bevanda e cibo, dolci o salati che siano. Molti di voi conosceranno i sakuramochi, dei dolcetti a base di riso, zucchero e pasta di fagioli rossi che vengono serviti avvolti in una foglia di sakura.

 

 

Anche i dango sono piuttosto celebri: nei manga potete ammirarne a volontà, essendo un dolce tipico giapponese. Esistono svariate tipologie di dango, i Mitarashi dango sono i più noti. Si tratta di gnocchi di farina di riso infilzati su un bastoncino (che può contenerne da un minimo di tre a un massimo di cinque), dalla forma sferica e rivestiti di glassa a base di salsa di soia dolce. In occasione dell’Hanami, si prepara una versione chiamata Hanami dango. E’ costituita da tre polpette sferiche (sempre infilzate a mò di spiedino) tinte nei caratteristici colori primaverili: rosa, bianco e verde. Il rosa simbolizza i sakura, il verde le foglie nate di recente, il bianco la neve appena sciolta.

 

 

C’è un proverbio ironico che riguarda gli Hanami dango, ossia “Meglio i dango che i fiori”. Il significato è duplice: può essere un elogio alla sostanza a discapito dell’estetica, oppure indicare qualcuno che approfitta dell’ Hanami per dedicarsi a grandi abbuffate anzichè all’ammirazione dei fiori di ciliegio. Dopotutto, l’Hanami è anche un modo di incontrarsi, di socializzare all’insegna del buon cibo e di deliziose bevande. La cornice di incredibile bellezza dei sakura, tuttavia, si rivela fondamentale. Prima parlavamo del gusto di ciliegio: lo ritroviamo dappertutto, persino nei gelati, nelle birre, nel thè, addirittura nell’acqua. La Coca Cola, in vista dell’Hanami, mette in commercio una speciale edizione al ciliegio della bevanda, il cui packaging è in total pink. Starbucks, dal canto suo, lancia il sakura frappuccino “vestito” di rosa e al gusto di ciliegio per l’occasione; lo stesso avviene per la nota birra Asahi, che in tempo di Hanami rinnova il look e il sapore. Ma torniamo ai cibi. Quelli imprescindibili sono l’onigiri, il tipico spuntino di riso bianco ripieno di tonno e di salmone; è riconoscibile, tra l’altro, dall’alga nori che lo ricopre lateralmente.

 

 

Molto comuni sono anche le tamagoyaki, gustose omelette tradizionali, gli edamame, baccelli di soia lessati tipici anche della cucina cinese, e il dorayaki, un dolce composto da due pancake e ripieno di salsa rossastra ottenuta dai fagioli azuki. Tutti questi cibi, e molti altri ancora, sono di solito racchiusi nel bentō, un vassoio munito di coperchio particolarmente utile per i picnic all’aria aperta. Tra le bevande dell’ Hanami risaltano invece l’Hanami-zake, sakè in coppetta a cui si aggiunge un fiore di ciliegio: dev’essere appena caduto dal ramo per esaltare il fascino e la potenza evocativa del drink. Anche il té verde ai fiori di ciliegio è un must, e in molti lo portano con sè in un thermos (caldo o freddo non importa). Il chuhai lo si trova praticamente in tutti i supermercati, nei bar e nei distributori automatici; è una bevanda alcolica gassata rinfrescante a base di schochu (un distillato tradizionale del Sol Levante) e highball. L’aroma, naturalmente, è al gusto di ciliegio.

 

 

E in questo trionfo del rosa, vi chiederete, che ruolo ha il vino rosè? La buona notizia è che il rosato italiano sta avanzando a grandi passi verso il Giappone, e chissà che un giorno non riesca ad affiancare le bevande tradizionali dell’ Hanami.

 

 

Foto dei dango e sakuramochi (n.4 dall’alto) di crayonmonkey from Manchester, UK, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, da Wikimedia Commons

Il resto delle foto, via Pixabay e Unsplash