Lo snorkeling, ovvero come ammirare le meraviglie del mondo subacqueo

 

Esiste un modo meraviglioso per esplorare il mare, immergersi nel blu e ammirare pesci, alghe, creature acquatiche e piante marine dai colori straordinari: si chiama “snorkeling”, e consente di osservare il mondo subacqueo senza doversi dotare di attrezzature complesse. Basta munirsi di una maschera, di un boccaglio e delle pinne per andare alla scoperta del paesaggio sottomarino, sebbene non ci si cali nelle sue profondità. Nel caso si decida, in seguito, di passare alle immersioni, è un ottimo modo per esercitarsi. Ma quali sono i requisiti per approcciarsi a questa disciplina? Innanzitutto, una buona salute e la proverbiale “sana e robusta costituzione”, poi bisogna saper nuotare. Chiunque sia in possesso di tali doti può diventare uno snorkeler, a qualunque età. Le immersioni, invece, richiedono un’esperienza e delle competenze tecniche ben precise, oltre che l’utilizzo di attrezzature adeguate. E’ comprensibile: immergendosi si esplorano gli abissi marini. Non a caso, prima di iniziare a fare immersioni è tassativo sottoporsi a una visita medica ed esibire un certificato che attesti l’idoneità a praticare questo sport acquatico. Successivamente, sarà necessario iscriversi a un corso e conseguire il brevetto subacqueo. Anche per quanto riguarda lo snorkeling, comunque, sarebbe preferibile seguire un corso base di immersioni: è sempre meglio avere delle conoscenze tecniche sull’attività che si andrà a svolgere e saperne di più sulla flora e la fauna marina locali. Non meno importante è imparare a riconoscere le correnti di ritorno del mare, responsabili di molti annegamenti; possono trasportare al largo senza che ci si renda conto.

 

 

Se si decide di praticare lo snorkeling regolarmente, l’attrezzatura dovrebbe includere – oltre al classico trio composto da maschera, boccaglio e pinne – una muta subacquea in neoprene e una boa segna sub per segnalare la propria presenza. Informarsi sull’area in cui ci si accinge a osservare i fondali marini è altrettanto utile, rispetto alle normative e alle autorizzazioni riservate a questo tipo di sport. Naturalmente, rispettare la natura e le creature acquatiche è un must: l’acqua del mare va mantenuta pulita, così come la spiaggia; bisogna evitare di toccare la flora e la fauna marina e di offrire cibo ai pesci; i movimenti compiuti devono essere pacati, circospetti, il meno invasivi possibile degli spazi che si sta occupando. Un dettaglio importante: dato che generalmente lo snorkeling si pratica in costume da bagno, sarebbe opportuno proteggersi dai raggi UV con una buona crema solare waterproof. E adesso godetevi la nuova photostory di VALIUM, che dedico allo snorkeling e al blu intenso del mondo subacqueo.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Sirene

 

” Le sirene esistono? O forse non sono altro che il sogno di inchiostro di un polpo geniale che si diverte a disegnarle nell’acqua e a farle apparire ai marinai inconsapevoli? Questo polpo ha il talento di un pittore e nessuno lo sa.”
(Fabrizio Caramagna)

Quella delle Sirene è una storia antica: affonda le radici nella mitologia greca, che le raffigurava come donne dal viso umano su un corpo piumato di uccello. La loro voce, però, era talmente affascinante che riusciva ad ammaliare chiunque. Nel Medioevo, la rappresentazione di queste incantate creature mutò completamente e cominciarono ad assumere l’aspetto di giovani donne con una coda di pesce invece delle gambe. Intorno all’ VIII secolo d.C., ibridi metà donna e metà pesce erano già stati catalogati in un volume, il Liber Monstrorum de Diversis Generibus, una sorta di inventario di tutti gli esseri viventi “portentosi” – non conformi, cioè, agli standard fisici dell’ epoca. L’ italiano “sirena” deriva dal greco “siren”. Ricorderete bene il ruolo delle Sirene nell’ “Odissea” di Omero: anche allora (tra il 700 e l’800 a.C.) venivano descritte come delle incantatrici, abitanti di un’ isola che alcuni studiosi collocarono a sud della penisola di Sorrento, altri tra Scilla e Cariddi, avvezze ad attirare i marinai con il loro canto per poi divorarli ed ammassarne le ossa sulla scogliera. Omero narra che tentarono Ulisse senza riuscire, però, ad ingannarlo. Grazie all’ aiuto della maga Circe, infatti, il suo equipaggio superò l’ insidiosa isola con dei tappi di cera nelle orecchie; Ulisse, non smentendo il proprio spirito avventuroso, fece a meno dei tappi ma chiese di essere incatenato all’ albero della nave. Udì il seducente canto delle sirene, tuttavia resistette e non cadde in trappola. Le doti ammalianti delle Sirene, a differenza del loro aspetto che variò nel tempo, rimasero una costante. Nel Medioevo le “donne-pesce” erano considerate il simbolo della vanità e della lussuria, non a caso appaiono di frequente nei bestiari che adornano le chiese romaniche. Scolpite sui capitelli o sulle facciate, le Sirene, con il busto voluttuoso e il magnetismo nello sguardo, incarnavano la quintessenza del peccato: l’ ambiguità della seduzione che prima attira a sè e poi sopprime, la parvenza maliarda che nasconde l’ inganno. Non c’è bisogno di dire, quindi, che la loro presenza nella chiese era un monito a tenersi alla larga dalle tentazioni. In quasi tutte le culture antiche, le Sirene venivano dipinte come creature infidamente seduttive. Fu probabilmente Hans Christian Andersen, nel 1837, a ribaltare quel canone: ne “La Sirenetta”, la protagonista della fiaba si dà la morte affranta dall’ impossibilità di coronare il suo amore per il Principe. Ma le Sirene sono sempre e solo state figure mitologiche tout court?

 

 

Era il 1493 quando nientemeno che Cristoforo Colombo dichiarò di averne viste tre mentre emergevano dalle profondità del mare. Anche alcuni uomini dell’ equipaggio di Henry Hudson, nel 1608, sostennero di aver scorto una sirena dai lunghi capelli neri durante un viaggio di esplorazione nell’ Oceano Artico. Altri avvistamenti risalgono alla seconda metà dell’ Ottocento e al 1967: entrambi riguardano la costa pacifica del Canada. In questi giorni che molti di noi si apprestano a vivere in vacanza, magari al mare, che ne dite?, imbattersi in una mitologica creatura acquatica potrebbe essere un’ eventualità possibile?

 

 

 

 

 

Salviamo il Pianeta Blu e le sue meraviglie

 

Gli abissi: un mondo a parte nel profondo dell’ oceano, miriadi di creature acquatiche che nuotano nel blu più intenso che si possa immaginare. Esplorare i fondali marini è calarsi in uno scenario a metà tra fiaba e fantascienza. Le quattro enormi masse acquee sparse per il globo costituiscono il 71% della superficie terrestre, basti pensare che il loro volume (mari inclusi) ammonta a 1,34 miliardi di km3. Le specie che le popolano sono eterogenee: annoverano varietà talmente numerose e sorprendenti che classificarle tutte è pressochè impossibile. I pesci, i crostacei, le tartarughe, i coralli, i cetacei, i molluschi, si suddividono in infinite tipologie. Se ne vedeste alcune pensereste di trovarvi nel ventre della balena che inghiottì Mastro Geppetto, per quanto sono surreali nell’ aspetto. Eh già, la fauna degli abissi è pura meraviglia…Una meraviglia messa a repentaglio dall’ inquinamento da microplastiche, dalle trivellazioni, dai cambiamenti climatici, da una pesca selvaggia e indiscriminata. L’ ecosistema marino va salvaguardato tassativamente. Gli oceani hanno la capacità di assorbire il carbonio e di ridurre quindi la percentuale di CO2 nell’atmosfera, ma non solo; svolgono un ruolo fondamentale, altamente benefico per la Terra. Gli studi hanno evidenziato che dovremmo tutelare almeno un terzo del Pianeta Blu entro il 2030, se non vogliamo destinare all’ estinzione le straordinarie creature che lo abitano. Contribuiamo tutti al benessere delle nostre acque (anche quando sono acque internazionali), proteggiamole finchè siamo ancora in tempo: vi linko qui il sito di Greenpeace, a cui potete far riferimento per intervenire in loro difesa. Intanto, godetevi gli scatti sulla vita negli abissi che ho postato qui di seguito. Se arriverete fino in fondo, noterete che ho sublimato la spettacolarità di questa gallery concludendola con una figura mitologica molto in tema. “Fiaba”, dicevamo prima. E per gli oceani, allora, che fiaba sia…ma rigorosamente a lieto fine.