La prima notte di luglio

 

” Nella vita di Herr Cazotte trascorrere la prima notte di luglio all’aperto era una specie di rito. Ad esso fedele, anche il primo luglio di quell’anno, subito dopo che la Corte e tutti gli abitanti di Rosenbad si erano ritirati per la notte, egli uscì sotto le stelle pallide in un cielo terso, in un mondo rorido di rugiada e colmo di fragranza. A tutta prima camminò rapidamente per allontanarsi, poi rallentò il passo per guardarsi intorno. E men­tre così faceva sentì che il suo cuore traboccava di gratitudine. Si tolse il cappello. “Quale tremendo, insondabile potere di immaginazione” si disse “ha formato ognuno dei più piccoli oggetti che ho d’intorno, e li ha combinati in una possente unità! Io non sono una persona modesta, ho una notevole considerazione per i miei talenti, e oso cred­ere che avrei anche potuto immaginare l’una o l’altra delle cose che mi circondano. Avrei potuto inventare i lunghi fili d’erba, ma sarei stato capace di inventare la rugiada? Avrei potuto inventare l’oscurità, ma sarei stato capace di inventare le stelle? Di una cosa sono sicuro” disse tra sé mentre rimaneva perfettamente immobile e ascoltava “che non sarei mai stato capace d’inventare l’usignolo”. “I fiori del castagno” continuò “si tengono dritti come i ceri degli altari. I fiori del lillà sembrano erompere in tutte le direzioni dal tronco e dai rami, dando a tutto l’arbusto l’aspetto di un lussureggiante bouquet e i fiori del cìtiso si inchinano penduli come do­rati ghiaccioli estivi nell’aria di un pallido azzurro. Ma i fiori del biancospino si spandono lungo i rami come fragili strati di neve bianca e rosea. Non è possibile che una varietà così infinita sia necessaria all’economia della Natura, dev’essere per forza la manifestazione di uno spirito universale, inventivo, ottimista e giocondo all’estremo, incapace di trattenere i suoi scherzosi torrenti di felicità. E davvero, davvero: ” Domine, non sum dignus.” Si aggirò a lungo per i boschi. “Stanotte” pensò “sto rendendo omaggio al grande dio Pan”.”

 

Karen Blixen, da “Ehrengard”