Giovedì Grasso con i dolci tipici del Carnevale di Venezia

 

Quando arriva Giovedì Grasso, parlare di dolci è quasi tassativo. Il giovedì e il martedì  di Carnevale, infatti, vengono detti “grassi” perchè ci si poteva abbandonare ad eccessi culinari (oltre che dolciari) di ogni tipo prima della frugalità della Quaresima. Non è un caso che la tradizione dei dolci carnevaleschi sia massicciamente diffusa in tutte le regioni italiane: ognuna ha il suo dolce tipico, o ha donato un nome e connotati ben precisi a dolci preparati nell’intera penisola. In questo articolo, però, dati gli ultimi approfondimenti di MyVALIUM, ci occuperemo esclusivamente dei dolci veneziani. Iniziamo subito a conoscere le delizie del Carnevale più famoso al mondo.

 

Le fritole

 

Sono il dolce più tipico: le fritole sono dei piccoli e deliziosi bomboloni fritti. Possono essere farcite con svariati ingredienti; esistono fritole ripiene di crema, cioccolata, uvetta e pinoli, pistacchio, gianduja, ricotta, zabaione, crema chantilly…in un crescendo di golosità davvero irresistibile. Le origini delle fritole affondano nientemeno che nella Serenissima Repubblica Veneta, della quale furono decretate il dolce ufficiale. Anticamente le vendevano gli ambulanti, i “fritoleri”, stazionati nei campi e lungo le calli. La ricetta delle fritole veniva tramandata di generazione in generazione, in quanto era considerata arte pasticcera a tutto tondo. Sebbene a partire dal XX secolo i fritoleri siano scomparsi, le fritole rimangono il dolce tradizionale più noto del Carnevale veneziano.

 

I mameluchi

 

Sono un dolce poco noto, ma non per questo meno squisito: i mameluchi si possono acquistare nella pasticceria Targa di Ruga Rialto e in pochissime altre pasticcerie selezionate. Il loro luogo di nascita, però, è Murano, e ad inventarli è stato il pasticciere Sergio Lotto. Lotto stava preparando un dolce tipico dell’Egitto, ma si accorse di aver confuso le dosi degli ingredienti. Ha quindi ripetuto l’impasto, arricchendolo di scorze d’arancia e uva passa. Poi gli ha dato la forma di un cannolo e ha pensato di cuocerlo fritto. Il suo esperimento ha avuto un incredibile successo: il dolce ottenuto era soffice, golosissimo e dava l’idea di essere farcito con la crema anche se di fatto non la conteneva. Sergio Lotto lo ha chiamato “mameluco”, “mammalucco”, in onore dello “strampalato” impasto con cui lo ha realizzato.

 

I galani

 

Sono la versione veneziana delle frappe, chiacchiere, bugie, dei crostoli o qualsivoglia nome li definisca nel resto d’Italia. Non hanno origini venete, ma nella città lagunare hanno assunto caratteristiche del tutto proprie: mentre le frappe esibiscono una forma rettangolare dai bordi seghettati, i galani vantano le sembianze di un nastro. Che, guarda caso, in veneto di traduce con “galan”.

 

Le castagnole

 

Il dolce carnevalesco italiano per eccellenza, a Venezia si impreziosisce di un gusto unico e prelibato: le castagnole, qui, sono piccoli dolcetti sferici cotti nell’olio bollente e cosparsi di zucchero. Ma il particolare più squisito è senz’altro la farcitura; può essere a base di crema, cioccolata, panna o rum. I veneziani le chiamano altresì “favette”. Anche in questo caso, dunque, Venezia è riuscita ad omaggiare un dolce tipico della tradizione italiana con una variante più golosa che mai.

Foto delle fritole: Massimo Telò, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, da Wikimedia Commons

 

I dolci dell’Avvento: viaggio in Nord Europa

 

Quest’anno, durante l’Avvento, viaggiamo in Europa anche per quanto riguarda le delizie dolciarie. Ma quali sono i più famosi dolci dell’Avvento, nei paesi europei? Per rimanere in linea con gli ultimi articoli apparsi su VALIUM, oggi andremo alla ricerca delle specialità natalizie del Nord Europa. Noteremo che hanno in comune molti ingredienti, ad esempio le spezie e la frutta secca, e che sono rappresentate da prodotti da forno sotto molteplici forme: dalla torta ai biscotti, dalla brioche al pan dolce. Con un’eccezione che potrete scoprire leggendo l’articolo qui di seguito…

 

Germania: i Lebkuchen

Diffusi anche in Austria, Boemia, Polonia, nel Trentino Alto-Adige e nella Svizzera tedesca, sono biscotti a base di spezie non di rado ricoperti di glassa o cioccolato.

 

Danimarca: il risalamande

Servito come dessert, questo dolce danese è un budino che si prepara combinando il riso al latte con ingredienti quali la vaniglia, lo zucchero, la panna e le mandorle tritate. Viene gustato freddo dopo essere stato arricchito di una deliziosa salsa alle ciliegie.

 

Estonia: il Kringel

Si tratta di una brioche intrecciata a base di cannella guarnita con crema al cioccolato, frutta secca (soprattutto noci) e, a volte, mele: ne esistono varie versioni, una più squisita dell’altra.

 

Finlandia: la Joulutorttu

Conosciuti anche in Svezia, sono dolcetti natalizi dalla tradizionale forma di stella. Si preparano con la pasta sfoglia e una marmellata di prugne da leccarsi i baffi.

 

Lussemburgo: il Boxemännercher

Simile ai noti e amatissimi omini al pan di zenzero, il Boxemännercher è un dolce lussemburghese tipico della ricorrenza di San Nicola. Non è un caso, infatti, che sia molto diffuso in tutti i paesi in cui il Santo, la notte tra il 5 e il 6 Dicembre, si reca di casa in casa per portare regali ai bambini. L’omino plasmato su questa golosa brioche rappresenta proprio San Nicola, e solitamente viene guarnito con zucchero al velo, pasta di zucchero o uvette.

 

Paesi Bassi: il Kerststol

Nei Paesi Bassi il Natale si festeggia con un dolce che somiglia parecchio allo Stollen, il soffice pane tedesco ricco di spezie e di canditi. L’impasto è composto, tra gli altri ingredienti, di noce moscata, cardamomo, uva passa, canditi, brandy, mandorle, vaniglia e un tocco di pasta di mandorle che lo rende ancora più invitante.

 

Belgio: il Kerststronk

E’ un tronchetto di Natale preparato con pasta biscotto al cioccolato, farcito di crema e rivestito di crema al burro; in Francia prende il nome di Bûche de Noël. Si ispira alla tradizione millenaria del ceppo di Natale – o ceppo di Yule – di cui VALIUM ha parlato qualche tempo fa (rileggi qui l’articolo).

 

Austria: i Vanillekipferl

Questi squisiti biscotti alla vaniglia hanno la forma di un ferro di cavallo e sono abbondantemente ricoperti di zucchero a velo. Durante l’Avvento, vengono perlopiù degustati in occasioni come i brindisi in compagnia. Piacciono molto anche ai tedeschi e agli ungheresi…non è difficile capire il perchè.

Foto del risalamande di Pille from Tallinn, Estonia, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons

Natale è nell’aria

 

Al 25 Dicembre manca poco più di un mese, ma l’atmosfera natalizia inizia a insinuarsi in tutte le città. Luminarie appena installate, vetrine vestite a festa, decorazioni e proposte regalo fanno già parte dello scenario di questo fine Novembre. Cominciamo a tirar fuori l’albero, gli addobbi, libri di ricette che ci guidino nella preparazione di piatti e dolci tradizionali…Il caminetto prende il posto dei caloriferi, senza dubbio meno suggestivi, le candele baluginano poeticamente al calar del crepuscolo; il freddo porta con sè la pioggia, il nevischio, su certe alture anche la neve. Natale è nell’aria: i suoi bagliori e i suoi profumi ravvivano l’anonimo grigriore novembrino. L’odore di fumo che fuoriesce dai comignoli è già un indizio, il sentore della ritrovata intimità familiare. Godiamoci appieno questo periodo, che ci accompagna verso l’Avvento.VALIUM lo celebra con la nuova photostory, un racconto per immagini intriso di una gioia atavica: quella che, ormai da secoli, fa da preludio alle feste natalizie.

 

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

La colazione di oggi: le frappe di Carnevale, un’ evoluzione dei frictilia dell’ antica Roma

 

A Carnevale ogni scherzo vale, ma vale anche la pena di assaporare i ghiotti dolci tradizionali del periodo. Prendiamo le frappe, ad esempio: se questo nome non vi dice nulla, probabilmente le chiamate “chiacchiere”, “bugie”, “cenci”, “crostoli”… L’ elenco è interminabile, le loro denominazioni variano in ogni regione italiana. La golosità, però rimane immutata: sono dei dolcetti fritti dai bordi zigzagati, a forma di nastri e spolverati di zucchero a velo. A conquistare subito è la loro consistenza, dolce e croccante a un tempo, leggera al punto tale da invogliare a gustarne sempre di più. Una frappa tira l’altra, perchè a Carnevale anche ogni sgarro alla dieta vale…e poi, la ricetta di questo dolce è semplicissima: un impasto di burro, farina, zucchero e grappa (in alternativa il marsala, il vinsanto, l’acquavite) viene suddiviso in lunghe strisce che successivamente prendono la forma di nastri. Dopo averli fritti in olio, si spolverano con lo zucchero a velo e il dessert è servito.

 

 

Le frappe sono un dolce internazionale: si preparano in tutto il mondo, dall’ Europa alla Russia, dall’ Ucraina al Brasile. Ma c’è un’altra curiosità che le riguarda, intrigante almeno quanto il loro sapore. Sapevate che le origini di queste frittelle risalgono nientemeno che all’ antica Roma? A quei tempi si chiamavano “frictilia” ed erano dolcetti fritti tipici dei Saturnali, i festeggiamenti in onore di Saturno che si svolgevano dal 17 al 23 Dicembre. In questo periodo, caratterizzato dal sovvertimento delle classi sociali e da fastosi banchetti, i frictilia venivano distribuiti ad ogni angolo di strada. I romani ne andavano ghiotti: con le frappe come le conosciamo oggi avevano poco a che fare, ma la frittura e molti altri particolari rendono simili i due dolci. I frictilia avevano una forma tondeggiante (non è un caso che fossero chiamati anche “globulos”), una consistenza soffice, e venivano fritti nello strutto; una volta cotti, si cospargevano di miele, sesamo (o pepe macinato) e semi di papavero per intensificare il loro sapore. Con il passar del tempo, comunque, la ricetta subì sostanziali variazioni. La cannella arricchì il gusto dei frictilia, consumati abbondantemente in occasione delle “feste dei folli” medievali (festeggiamenti in maschera organizzati dal clero europeo che presero il posto dei Saturnali). In seguito, le frittelle tondeggianti entrarono a far parte della tradizione carnevalesca. Ma a quel punto, la loro metamorfosi in frappe era già evidente…

 

 

Tornando alle frappe odierne, preparatele in diverse varianti se volete renderle più ghiotte per la vostra prima colazione: per esempio, anzichè utilizzare lo zucchero a velo, potreste cospargerle di miele o innaffiarle con l’archemes. Oppure, aggiungete del cacao all’ impasto e ricopritele di cioccolato fondente. In rete esistono ricette sfiziose per donare un nuovo twist al dolce. Le proposte spaziano dalle frappe ripiene alla frappe alla sambuca, passando per quelle al mandarino, al limone, allo zenzero e canella. Se queste versioni vi intrigano, cliccate qui

 

 

 

La colazione di oggi: le castagnole, il dolce-simbolo del Carnevale

 

Carnevale è una ricorrenza nota anche per la bontà dei suoi dolci: le castagnole, le frappe, le chiacchiere, le frittelle e la cicerchiata rappresentano il coté goloso della festa più folle dell’ anno. Mi soffermerò sulle prime, le castagnole appunto, in quanto svariate regioni italiane ne rivendicano la paternità e sono ormai il dolce-emblema del periodo che precede la Quaresima. Ne esistono diverse versioni, ma due elementi fanno immancabilmente da leitmotiv: la forma tondeggiante e la frittura in olio bollente. Possono essere con o senza ripieno; nel primo caso, generalmente si farciscono con della crema pasticcera, panna o cioccolata. Nel secondo, vengono ricoperte di miele. Quasi tutte le varianti del dolce, comunque, sono accomunate da una guarnizione a base di zucchero a velo o di alchermes. Anche gli ingredienti restano perlopiù gli stessi. Farina, uova, burro e zucchero si amalgano con il lievito, una scorza di limone, l’ essenza di vaniglia, il liquore (rum, anice o alchermes) o il latte per creare un impasto soffice. Alcune tipologie di castagnole vengono cotte nel forno anzichè in olio bollente. In tutti i casi, il risultato è estremamente invitante: un delizioso dolcetto sferico ricco di squisiti ripieni o guarnizioni. Il nome “castagnola” deriva proprio da questa conformazione; le dimensioni mini e la rotondità, infatti, evidenziano non poche similitudini tra la ghiottoneria carnascialesca e la castagna.

 

 

Le regioni che includono le castagnole tra i propri dolci tradizionali sono molteplici: la Lombardia, il Veneto, la Liguria, l’ Emilia Romagna, le Marche, il Lazio, l’ Umbria e l’ Abruzzo le hanno elette a suprema leccornia del Carnevale, ma la loro presenza è massiccia anche in Campania. Le origini del dolcetto appaiono controverse, tuttavia sembra certo che nacque nel Settentrione; non a caso, la castagnola è stata attestata “De.CO.” (denominazione comunale di origine) del Comune di Ventimiglia. Il periodo storico a cui risale si colloca a cavallo tra il 1600 e il 1700: ricette di castagnole sono state rinvenute nel 1684 e nel 1692 tra i manoscritti dei cuochi Nascia e Latini, rispettivamente al servizio di casa Farnese e della famiglia reale dei D’Angiò. Entrambi citavano gli “struffoli alla romana”, ma di fatto (dati gli ingredienti e la preparazione) si trattava di castagnole vere e proprie. Nel tardo ‘700, un libro conservato nell’ Archivio di Stato di Viterbo conteneva quattro differenti ricette del dolce carnascialesco, compresa la versione cotta al forno. Da antichi manuali ottocenteschi pare invece che derivebbero le ricette utilizzate attualmente. Ma l’ esistenza delle castagnole è stata attestata, in realtà, in epoche ancora più remote di quelle citate finora: un prototipo piuttosto rudimentale veniva preparato già nell’ Antica Roma.

 

 

In questa puntata della rubrica “La colazione di oggi” non sto ad elencarvi nè le proprietà nè i benefici del dolce in questione, come ho fatto anche in occasione dei cupcake di San Valentino. E’ chiaro che, di tanto in tanto, arricchire con delle castagnole il proprio breakfast è altamente benefico: sia per il palato, che in fatto di buonumore. A partire da oggi, che non a caso è Giovedì Grasso

 

 

Foto: la terza dall’ alto via Cleare Garofalo from Flickr, CC BY-NC-ND 2.0, l’ ultima via Ted Eytan from Flickr, CC BY-SA 2.0