La sua è un’ impronta artistica inconfondibile: colori vibranti, netti, decisi, che mettono in risalto un mood irriverente e profuso di ironia. Il cielo azzurro del Mediterraneo riaffiora come un flashback, delineando il leitmotiv di scenari potentemente radicati nell’ immaginario. E poi, ancora, il rosso, il fucsia, il blu elettrico, il giallo, l’acquamarina, alternati in cromatismi vividi e di estremo impatto: spagnolo di Torre del Mar, il ventinovenne Diego Diaz Marin ha interiorizzato i panorami della sua infanzia traducendoli in assoluti input visivi. Come fashion photographer si impone in Italia, spaziando dalle advertising campaign per marchi del calibro di Roberto Cavalli, Aquazzura, Luisaviaroma, Liu Jo – solo per citarne alcuni – a shooting graffianti e sottilmente provocatori. Dal 2012 affianca il designer Roberto Ferlito nel concept di Schield, jewellery brand con base a Firenze per cui realizza campagne pubblicitarie ad alto tasso di originalità creativa. Le protagoniste sui generis fanno da fil rouge a tutta la sua fotografia: drama queen ossessionate dai sogni e da desideri di evasione, eccentriche eroine di una quotidianità che sconfina di continuo nel surrealismo onirico. Donne che sembrano appena uscite da una pellicola di Almodovar, “raccontate” da Diego nell’ incredibile contrasto tra le azioni improbabili e un’ eleganza innata. I suoi shooting sotto forma di photofilm si prestano molto, in tal senso: ogni singolo fotogramma è il tassello di una storia, parte integrante di un percorso che include un inizio e un culmine. Questo storytelling per immagini rappresenta anche il leitmotiv di Schield, progetto ad ampio spettro che cala la creazione di jewels in un effervescente mix di design, moda e fotografia rinsaldando il sodalizio creativo tra Ferlito e Diaz Marin. E’ da questa intuizione che è nato Doubleview, visual book che si addentra nell’ universo artistico del fotografo andaluso esplorandolo nelle molteplici sfaccettature: prodotto da Finger Coast Studios, la società che il duo di Schield ha fondato a Firenze, Doubleview è un “compendium” in cui coté fashion e concettualità si intersecano con un risultato esplosivo, evidenziando il genio inventivo di Diaz Marin e degli special guest che di volta in volta appaiono nel magazine. A un esordio on line è seguita l’ edizione cartacea, appena lanciata a livello internazionale. Da ora in poi, Doubleview farà capolino nei newsstand di (quasi) tutto il mondo: dall’ America al Giappone. E’ proprio Diego Diaz Marin ad approfondire con noi questa nuova avventura.
Il lancio internazionale di Doubleview è appena partito. Su quali Paesi avete puntato, per il debutto?
Al momento Doubleview è appena uscito negli Stati Uniti, in Belgio, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Spagna, Canada, Italia, Portogallo, Germania, Australia e Giappone.
Dove verrà distribuito esattamente?
Prevalentemente nei concept store, nelle edicole e nelle librerie specializzate.
Il visual book include contributi da parte di numerosi special guest. Cosa ci racconti, al riguardo?
Per questo primo numero abbiamo collaborato soprattutto con Schield e con Pamela Costantini, una grande amica che mi ha spinto a creare questo progetto ed è attualmente una shoe designer da Givenchy. Abbiamo realizzato un editoriale con Vivetta ed altri, diciamo così, più “indipendenti”. A cui tengo molto perché attraverso questi shooting posso esprimere la mia arte in modo “puro”, scattandoli nel mio Paese con persone che da sempre mi ispirano. Infatti, per la seconda uscita, il numero sarà scattato al 50% in Spagna. Per quanto riguarda le illustrazioni, Gianpaolo Infante ha contribuito con un editoriale ispirato alle televendite degli anni ‘80.
Lo spazio dedicato alla fotografia continuerà a rappresentare la quasi totalità della rivista o prevedi evoluzioni?
No, voglio che lo spazio sia totalmente visivo. Gli editoriali dei prossimi mesi racconteranno delle storie, ma solo per immagini. E’ questa la filosofia della rivista.
Come definiresti il tuo stile fotografico?
Non saprei definirlo: posso solo dirti che la fotografia è per me qualcosa di viscerale, mi esce “da dentro”. Il mio lavoro non è impostato, è intuitivo, nasce da sè. Se dovessi trovare una definizione, direi “cinematografico”. Ogni foto è come il fotogramma di un film.
Il fashion world ti appassiona sin da bambino. Com’ è nata questa fascinazione?
Da bambino, quando lavoravo nel campeggio dei miei genitori, vedevo la pubblicità di Roberto Cavalli e sognavo… Anni dopo, quando mi sono ritrovato a casa sua per una campagna pubblicitaria, appena ho finito mi sono messo a piangere perché avevo realizzato un sogno che mi sembrava irraggiungibile. Sono stato sempre molto attratto, come ipnotizzato dal mondo della moda. Da Cavalli, ho iniziato con la campagna accessori Psychotic love. Oggi, se devo essere sincero, dalla moda sono un po’ annoiato. Nel senso che preferisco mantenere la fotografia “pura”, infatti il secondo numero di Doubleview sarà molto più incentrato sul “concetto” e meno sulla “moda”. Ossia: la moda sarà presente perché il look delle modelle verrà accuratamente studiato, ma sarà molto più “anonima”. Perché secondo me oggi c’è tanto, troppo sfruttamento del marketing. Vorrei che la fotografia rimanesse qualcosa di più concettuale: che fosse l’ immagine ad essere protagonista, non un brand.
Photo courtesy of Diego Diaz Marin
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