La colazione di oggi: la delizia del panettone e del pandoro in saldo (o riciclati)

 

Il pandoro: una trama di zucchero, farina e luce.
(Fabrizio Caramagna)

 

La colazione di Gennaio? Ecco un’idea all’insegna del risparmio: panettoni e pandori acquistati lo scorso Natale, magari nell’euforia dell’accumulo tipica delle feste di fine anno, oppure ricevuti in regalo, possono diventare i dolci perfetti con cui iniziare la giornata. Un altro spunto a tema? I panettoni e i pandori in saldo, che in questo periodo si trovano a prezzi stracciati. Vi dirò di più: Gennaio è il mese giusto per sbizzarrirsi tra le varie offerte, soprattutto nei supermercati. Il costo delle due golosità natalizie più amate arriva a dimezzarsi e si associa a svariati format di convenienza, uno su tutti il celebre “prendi tre paghi due”; vale la pena di approfittarne al volo, anche perchè gli sconti non hanno nulla a che vedere con pandori e panettoni di minore qualità. Via libera, dunque, all’acquisto, o al consumo, dei dolci emblematici del Natale sebbene fuori tempo massimo. Una colazione del genere, inoltre, si ricollega a tutta una serie di vantaggi. La parola d’ordine, in questo caso, è “riciclo”.

 

 

Un panettone o un pandoro delle festività appena trascorse possono essere convertiti in una miriade di dolci differenti: muffin, crostate, torte, zuppe inglesi, budini, girelle, tiramisù…c’è solo l’imbarazzo della scelta. Se ne è avanzata qualche fetta, basta mettere in moto la creatività per dar loro un nuovo volto e combattere gli sprechi. I sapori da sperimentare sono innumerevoli, uno più ghiotto dell’altro. Basti pensare al pandoro tagliato a fette e poi farcito con della crema deliziosa e frutti di bosco, oppure al panettone ricoperto con una ganache da leccarsi i baffi e un tripudio di barrette di cioccolata.

 

 

La trasformazione di un pandoro o un panettone, tuttavia, non si limita solo agli esemplari da riciclare: può essere applicata anche a quelli che abbiamo acquistato in saldo. Soprattutto se abbiamo usufruito delle offerte. In questo caso, infatti, avremo un maggior numero di dolci a nostra disposizione. Gli spunti sono moltissimi, gli ingredienti da aggiungere incalcolabili a dir poco. Qualche esempio? Il cioccolato fondente, la crema al mascarpone, inglese o pasticcera, lo yogurt, il burro, i frutti di bosco, il liquore, la vaniglia, il cacao, il caffè, la frutta secca, la panna montata…l’elenco è interminabile come le ricette che vedono protagonisti, di volta in volta, questi prodotti e tanti altri ancora.

 

 

A dispetto del termine delle festività natalizie – ma in fondo proprio grazie ad esse – Gennaio si configura, dunque, come il mese delle colazioni ad alto tasso di golosità. Cogliamo l’occasione finchè siamo in tempo; e se siete in cerca di qualche sfiziosa ricetta a cui far riferimento, vi segnalo subito questo link: su Cookist potete trovare mille e più idee su come riciclare, o rendere ancora più squisiti, il pandoro e il panettone.

 

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Gennaio

 

“Il primo giorno di gennaio porta sempre alla mia mente una serie di riflessioni molto solenni e importanti e una domanda più facile a farsi che a rispondergli: come sono migliorato l’anno passato e con quali buone intenzioni vedo l’alba del prossimo?”
(Charlotte Brontë)

 

Caratteristiche

Gennaio, nel Calendario Gregoriano, sancisce l’inizio del nuovo anno: potremmo definirlo il mese delle buone intenzioni e dei buoni propositi. E’ anche il secondo mese dell’Inverno, il che delinea le sue caratteristiche climatiche e le sue atmosfere. A Gennaio il freddo, la neve e il gelo regnano sovrani (o almeno lo facevano fino a qualche anno fa, prima dei mutamenti del clima terrestre), le giornate cominciano a diventare più lunghe. Il bianco, alternato al grigio, è il colore predominante. I lavori agricoli si arrestano completamente: le basse temperature e il maltempo impediscono qualsiasi tipo di attività. La natura rimane assopita, gli animali proseguono il loro letargo. Gli ultimi tre giorni del mese, i cosiddetti “giorni della merla”, vengono addirittura considerati i più freddi dell’anno. Eppure, anche Gennaio ha un suo potente fascino: è una promessa di luce, un mese di rinascita. Comincia con il giorno di Capodanno, proprio quando il nuovo ciclo annuale è ancora tutto davanti a noi.

Storia

I romani fecero derivare il suo nome, il latino Ianuarius, da Ianus, ovvero Giano, la divinità bifronte associata ai passaggi e al cambiamento: non è un caso che “ianua”, nell’antica Roma, significasse “porta”. Gennaio diventò il primo mese dell’anno grazie a Giulio Cesare, nel 46 a.C. Promulgando il Calendario Giuliano, infatti, il “dictator” di Roma fissò il Capodanno al primo Gennaio, non più a Marzo come stabiliva il Calendario Romano. Ma non fu sempre così: nel Medioevo, ad esempio, l’anno cominciava in una data diversa per ogni città. Fu solo nel 1582, con l’entrata in vigore del Calendario Gregoriano, che il primo Gennaio tornò a coincidere con il Capodanno; la riforma del calendario voluta da Papa Gregorio XIII estese questa usanza a tutti i paesi cattolici.

Segni zodiacali

Fino al 20 Gennaio siamo sotto il segno del Capricorno, a cui il 21 subentra l’Acquario.

Ricorrenze

Gennaio esordisce con le festività natalizie, includendo Capodanno (il primo giorno del mese) e l’Epifania (il 6): per la Chiesa d’Occidente, la ricorrenza legata all’Adorazione dei Magi e alla rivelazione di Gesù bambino ai cosiddetti Gentili (i pagani); per la Chiesa d’Oriente, la data in cui il Bambinello fu battezzato nel fiume Giordano e la commemorazione del miracolo delle nozze di Cana, il primo compiuto da Gesù.

Colore

Il colore di Gennaio è il grigio, collegato sia al ghiaccio che alla nebbia, anche metaforica: potrebbe rappresentare la nebulosità di un futuro ancora tutto da decifrare.

Pietra Preziosa

Gennaio si lega al granato (in latino “granatus”), una gemma simile, per colore e forma, ai semi della melagrana. Questa pietra, in realtà, è rintracciabile in svariati colori, ma il rosso è la sua tonalità classica e proviene dal Mozambico. Anticamente, in epoca medievale,  si pensava che il granato favorisse la guarigione dalle infiammazioni. Scintillante e luminoso, il granato simbolizza alla perfezione la luce che si associa ad ogni nuovo inizio.

 

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Il fiabesco universo di Paolo Domeniconi

Gli Auguri di Buone Feste di Paolo Domeniconi

VALIUM ha celebrato molto spesso le atmosfere che impregnano le festività natalizie. La voglia di fiaba, di magia, di un ritorno all’ infanzia per riscoprire la meraviglia delle cose, sono il fil rouge di settimane che ogni anno si concludono con l’arrivo della Befana. E il tema della fiaba torna anche oggi, di certo senza risultare ridondante: le illustrazioni che vedete qui di seguito ne sono una prova. Si tratta di un bestiario incantato, dalle dimensioni enormi, calato in paesaggi onirici e fatati. Neve, stelle, fitti boschi, ninfee galleggianti predominano, facendo da sfondo a quei giganteschi animali e ai bambini che li affiancano di frequente. E’ questo, il poetico universo di Paolo Domeniconi. Un universo fatto di immagini che tutto il mondo conosce e apprezza: basta osservare il numero delle loro condivisioni sui social. Sono gli anni ’90 quando Domeniconi debutta nella pubblicità: si occupa di campagne, packaging e grafica. Successivamente, rimane conquistato dalla letteratura per l’ infanzia e comincia ad illustrare le fiabe più celebri. A tutt’oggi oltre 40 libri – senza contare le raccolte di fiabe, i volumi scolastici e le copertine – includono le sue iconiche illustrazioni; vanta collaborazioni con case editrici del calibro di Grimm Press, Mondadori, Houghton Mifflin Harcourt, The Creative Company (solo per citarne alcune), e i suoi lavori sono presenti, oltre che in Italia, in paesi come  gli Stati Uniti, la Spagna, il Regno Unito, la Cina, la Corea e Taiwan. Per saperne di più sull’ immaginario sognante e fantastico di Paolo Domeniconi, ho pensato di rivolgergli alcune domande.

Cominciamo dai suoi studi. Si è focalizzato sin dall’ inizio sul mondo della grafica e dell’illustrazione?

Quando mi sono trovato a dover scegliere un indirizzo di studi non ero ancora in grado di fare la scelta giusta. Ho passato un anno piuttosto spaesato in un istituto tecnico. Non ci ho messo tanto a rendermi conto di essere fuori strada e sono quindi ripartito da zero in un istituto d’arte.

 

Paolo Domeniconi circondato da alcuni dei libri che ha illustrato

Com’è nata questa sua passione?

Inizia nell’infanzia, è un approccio alle cose che mi ha sempre portato a fare stranezze rispetto alla maggior parte dei miei coetanei, a vivere in un mondo a parte, in un certo senso. A 10 anni passavo ore a fare disegni animati e stop-motion col vecchio 8mm, hackeravo cineprese, pellicole, organi elettronici, un armamentario di strumenti creativi che oggi un bambino può trovare in un tablet. Col tempo mi sono sempre più focalizzato sul disegno cominciando a vagheggiare, chissà in che modo, che un giorno potesse diventare il mio lavoro.

 

 

Nei primi anni ’90 si è dedicato alla pubblicità e al visual merchandising, occupandosi anche di stampe e di packaging. Quanto è determinante, a suo parere, la comunicazione visiva di un prodotto e in che percentuale riesce ad orientare i gusti del pubblico?

L’immagine è tutto. Il “pubblico” mi sembra piuttosto acritico nei confronti della comunicazione ma devo ammettere che ormai questi temi mi appassionano poco.

 

 

Esistono dei motivi grafici che a quell’ epoca prediligeva utilizzare?

Il mio era comunque un lavoro da illustratore o da visualizer. Si lavorava tanto sul packaging di prodotti alimentari e si trattava di rendere accattivanti le immagini del prodotto, la fragranza di una merendina come la freschezza di uno yogurt alle fragole. Photoshop era ancora poco usato e toccava a noi illustratori trovare il lato glamour in un mazzo di spinaci. Fortunatamente qualche volta l’immagine aveva una funzione più evocativa o addirittura metaforica, erano i tempi in cui giravano le immagini di Folon e di alcuni illustratori americani che hanno caratterizzato fortemente la comunicazione istituzionale, Brad Holland, per esempio.

Com’è avvenuto il suo passaggio all’illustrazione di libri per bambini come le fiabe?

Per tanti motivi mi sentivo sempre più fuori posto in quell’ambiente e in generale la pubblicità non mi interessava più. In quegli anni mi ero riappassionato alla lettura e un po’ per gioco inventavo copertine immaginarie, studiandomi tecniche e stili diversi. Alla Children’s Book Fair di Bologna ho toccato con mano le meraviglie che si pubblicavano all’estero e alla fine ho deciso di rimettermi in gioco. Ho seguito quattro corsi brevi ma intensi nelle due migliori scuole di illustrazione e nell’arco di qualche anno sono passato gradualmente dalla pubblicità all’editoria.

 

 

In questo settore ha lavorato per case editrici di tutto il mondo. Da quanto ha potuto riscontrare, è un universo che conosce diverse sfumature a seconda della latitudine e delle culture o piuttosto omogeneo nell’ intero pianeta?

Il linguaggio del libro illustrato può essere molto diverso da un paese all’altro. Cambiano i contenuti, lo stile grafico, la scelta di un certo tipo di illustrazione piuttosto che altri. Ciononostante, alcuni libri particolarmente riusciti vengono tradotti in tante lingue e fanno il giro del mondo. Un dato positivo per gli editori italiani è che le vendite dei diritti per la pubblicazione all’estero sono in aumento.

Cosa la affascina, del mondo delle fiabe?

Forse il fatto stesso che raccontandoci le fiabe siamo vicini, ci riconosciamo. Contengono elementi così universali e archetipici che creano un grande momento di empatia tra le persone, adulti o bambini che siano.

 

 

Uno dei leitmotiv delle sue illustrazioni sono gli animali umanizzati, i bambini e soprattutto la notte, intesa – credo – come parentesi magica e del sogno…Potrebbe approfondire per noi questi temi?

Le favole ci hanno abituati alla presenza degli animali antropomorfi nelle illustrazioni. Maestri come Wolf Erlbruch li hanno introdotti anche in contesti più contemporanei e nelle storie del quotidiano, io copio un po’ da lì. L’effetto è di spaesamento surreale, a volte divertente perché vediamo nell’animale aspetti caricaturali dell’umano. In un altro tipo di illustrazione (e di narrazione) più vicina al “fiabesco”, mi interessa l’animale come portatore di mistero, contatto con una natura inconoscibile. Detesto il magico della letteratura fantasy e allo stesso tempo il documentarismo che si interessa solo alla meccanica dei comportamenti animali. Cerco lo stupore di chi ancora sta scoprendo il mondo, per questo i miei bambini si ritrovano spesso in atmosfere notturne, tra sogno e realtà.

 

 

I suoi progetti più imminenti sono top secret o potrebbe darci qualche anticipazione al riguardo?

Posso dire che sto lavorando per un editore russo su un albo illustrato molto impegnativo. Si tratta di una fiaba classica molto nota in Russia ma praticamente sconosciuta da noi. Qualche copertina di romanzi per ragazzi e a seguire tornerò finalmente a pubblicare in Italia con tre titoli di autori contemporanei.

 

 

Qual è il sogno più grande che – professionalmente parlando – vorrebbe ancora realizzare o che ha già realizzato?

Ho tante cose da imparare ancora. Ogni nuovo libro è per me quasi un ripartire da capo e costituisce la più grande sfida in quel particolare momento.

 

 

 

 

 

 

 

 

Merry Vintage Christmas

 

Natale non è Natale, senza un tocco vintage. La stessa iconografia di questa festa rimanda ad un passato divenuto mitico: il focolare acceso, Babbo Natale e la sua slitta di renne, le fiabe lette davanti al camino…quell’ atmosfera magica che tra luci, addobbi e pacchi regalo trasporta in una dimensione dove realtà e fantasia si intrecciano e le tradizioni si fondono con leggende che, in questo periodo, potrebbero persino risultare veritiere. Oggi, tra social e tecnologia padroneggiata a menadito, i bambini subiscono sempre di meno la fascinazione del Natale. Lo spirito a cui si associava un tempo, intriso di meraviglia e di stupore, però non è andato perso: lo testimoniano le cartoline di auguri d’antan ormai tramutatesi in preziosi oggetti da collezione. La prima ad uso commerciale apparve nel 1843, quando il businessman inglese Henry Cole commissionò ad un disegnatore 1000 Christmas Card da far stampare e da inviare ai propri cari.

 

 

Fu proprio durante l’età vittoriana che le cartoline natalizie conobbero un vero e proprio boom, propagatosi ulteriormente con lo sviluppo dell’ industrializzazione. All’ epoca soggetti come Babbo Natale, gli angeli, l’albero di Natale, i paesaggi innevati e soprattutto un’ infanzia felice, unita nell’ incantata attesa della vigilia, predominano, ma le illustrazioni variano anche a seconda delle tradizioni locali. Nel mondo anglossasone, dove i cardini delle festività natalizie si intersecano più marcatamente con la leggenda, prevalgono immagini e personaggi fantasiosi, come usciti da una fiaba. Ma in generale la gioia, la sorpresa e un pizzico di enigmaticità, probabilmente scaturita dal mistero che aleggia sul Natale, la fanno da padrone. Nella seconda metà dell’ Ottocento, la voga delle Christmas Card approda oltreoceano e spedire i propri auguri diventa un must al punto tale che i postini faticano a recapitare la copiosa corrispondenza. La Germania detiene allora la supremazia nella produzione di cartoline natalizie, che esporta negli States in quantità industriali. Solo nel 1915, con l’avvento sul mercato della Hallmark, le Christmas Card diventano una realtà in tutto e per tutto Made in USA.

 

 

Oltre un secolo dopo, il panorama degli auguri natalizi è completamente cambiato. L’ era di Internet e delle comunicazioni via e-mail o messaggistica, tuttavia, non ha relegato nel dimenticatoio le cartoline: saranno antichi reperti, testimonianze di un’ epoca ormai lontana, però non cesseranno mai di affascinare. Perchè possiedono lo straordinario atout di rappresentare la quintessenza del Natale, ovvero quel mood, quello stato d’animo che poco ha a che fare con la tecnologia ma molto, moltissimo, con la fiaba.

 

 

 

Cartoline, dall’ alto verso il basso: eccetto le nn. 3, 7, 8, 9, 11, 14, 16, 18, 22, tutte via Dave from Flickr, CC BY-ND 2.0

Cartolina n. 17 via Rawpixel from Flickr, CC BY 2.0