Il luogo

 

Stiamo annaspando in un caldo incredibile, questa settimana le temperature potrebbero innalzarsi fino a picchi di addirittura 45°. L’ estate è arrivata alla grande, travolgendoci con un’afa insolita per il mese del Solstizio: la calura è soffocante, persistente, e pare che non abbia nessuna intenzione di dileguarsi. Non a caso proviene dal Sahara, il deserto caldo più grande del mondo per estensione (ha una superficie di ben 9.000.000 km 2). Ecco come si spiega la sospensione nell’ aria di una fitta “pioggia” di sabbia che ogni tanto lascia tracce sui terrazzi e sui davanzali. Da sempre affascinata dai deserti, luoghi-non luoghi in cui l’ orizzonte viene continuamente plasmato dal vento, ho voluto saperne di più su questa landa che attraversa l’ Africa del Nord dall’ Oceano Atlantico fino al Mar Rosso. Vastissimo e sconfinato, il Sahara si snoda per 5000 km – interrotti dalla Valle del Nilo – e vanta un’ incredibile varietà di paesaggi: le dune di sabbia impresse nel nostro immaginario, in realtà, rappresentano solo il 30 per cento della sua superficie; altre aree sono composte da ghiaia e nuda roccia. A non presentare troppe variazioni sono le temperature, di giorno sempre molto alte, che in estate registrano punte di 45° o 50°. Il clima è estremamente arido, le escursioni termiche tra ore diurne e notturne  possono persino arrivare a 30° di differenza. Le piogge sono totalmente assenti, al contrario dei numerosi tipi di vento: hanno nomi affascinanti come “ghibli”, “simùn”, “khamsin”, “harmattan”, ed è proprio il ghibli l’artefice delle piogge di sabbia di questo torrido periodo.

 

 

Ma se la sabbia trasportata dal ghibli, o scirocco, è un fenomeno che anche Aristotele aveva rilevato in epoca pre-cristiana, non tutti sanno che il Sahara nasconde innumerevoli curiosità e meraviglie. Per esempio, svela a sorpresa delle splendide oasi di palme e laghi salati: si chiamano Awbari, Gardaya, Bajariya, e costituiscono attrazioni turistiche acclamatissime (non temete, non vi imbatterete mai in un assembramento ferragostano). Sapevate, poi, che il deserto del Sahara è stato scelto come location di cult movie del calibro di “Guerre Stellari” e “Alla ricerca dell’ arca perduta”? Il suo paesaggio illimitato, quasi lunare, non poteva lasciare indifferente il mondo del cinema. Nel Sahara del Sudan sono state scoperte 250 piramidi dalla misteriosa origine, a “misura d’uomo” anzichè maestose come quelle d’Egitto. Pare che derivino dai resti di una città esistita tra il 200 a.C. e il 300 d.C., ma non si è mai compreso a cosa servissero. Passando dalla storia alla fauna, anche la volpe più piccola del mondo, ebbene sì, si trova nel Sahara. Il suo nome è fennec o “volpe del deserto”, e a dispetto del corpo minuto esibisce due enormi orecchie che hanno la funzione di disperdere il calore.

 

 

Il fennec, diciamolo, “fa simpatia”. Non si può dire altrettanto della Ceraste cerastes, anche detta “vipera della sabbia” o “vipera cornuta del deserto”: è un serpente particolarissimo munito di corna e molto infido. Si mimetizza perfettamente con la sabbia per non farsi notare e, al momento opportuno, inietta un potente veleno nella sua vittima. Sia il fennec che la vipera cornuta si attivano in gran parte di notte e vivono rintanati nei rifugi del sottosuolo. Una curiosità sull’ acqua, sempre distante dall’ idea di deserto. Errore: in Tunisia, ai confini del Sahara, si trova il lago Chott El-Jerid. La sua superficie? 7000 km2, il che lo rende la più vasta distesa di acqua salata del Nord Africa. Chott El-Jerid è un angolo di incanto, anche perchè cambia aspetto in continuazione: d’estate i suoi cristalli di sale si addensano, asciutti, sul fondo di sabbia e argilla, mentre durante le stagione delle piogge si tramutano in una lamina acquosa dai colori cangianti (che si dice favoriscano i miraggi). Qui, a proposito di “Guerre Stellari”, il regista George Lucas fece atterrare le astronavi che appaiono nel primo film della saga. Concludo questa carrellata di aneddoti con una vera e propria chicca: dovete sapere che sul Sahara nevica persino. Strano a dirsi, eppure la neve cade di tanto in tanto sulla città di Ain Séfra, collocata nel bel mezzo delle dune dell’ Algeria. Il fenomeno è strettamente collegato all’ escursione termica, che di notte provoca un calo delle temperature fino a 0°. L’ ultima volta che i fiocchi di neve si sono posati sul deserto è stato, a tutt’oggi, tra il 2016 e il 2017. Un consiglio: se prevedete di viaggiare nel Sahara in un prossimo futuro, non perdetevi gli sbalorditivi tramonti sulle dune ed equipaggiatevi a dovere contro l’escursione termica per ammirare la meraviglia del cielo stellato che risplende sul deserto.

 

 

 

“Judy”, lo struggente biopic su Judy Garland

 

” Somewhere over the rainbow
Bluebirds fly
And the dreams that you dream of
Dreams really do come true “

(Da “Over the Rainbow”, che Judy Garland canta ne “Il Mago di Oz”)

 

Forse, Judy Garland non aveva mai covato il sogno di diventare un’attrice. Per lei, figlia di due performer del vaudeville, debuttare sul palco di un teatro era stato naturale, quasi ovvio. Ce lo conferma Oriana Fallaci nel libro “I sette peccati di Hollywood” (1958), dove la Garland così si esprime durante un’ intervista: ” Non avevo mai chiesto di diventare una attrice. Non sono mai stata bella, non sono mai stata una Duse e tutto quello che so fare è cantare. Ma decisero di farmi diventare un’attrice da quando avevo dieci anni e cantavo con papà e le sorelle in teatro. Mi vide un tale della MGM e poi mi fece un provino e io divenni proprietà della MGM. ” Così ebbe inizio la carriera di una delle più leggendarie icone della storia del cinema. Nel 1939, quando uscì “Il Mago di Oz” di Victor Fleming, Judy aveva già preso parte a tre film e la sua fama si era diffusa in tutti gli Stati Uniti, ma fu il ruolo di Dorothy a consacrarla giovane stella del panorama hollywoodiano. La Garland aveva appena 17 anni, e un anno dopo il film di Fleming le valse un Oscar Giovanile. Pare, però, che proprio durante la lavorazione de “Il Mago di Oz”, per mantenersi in forma e sostenere i ritmi pressanti del set, venne spronata ad assumere quegli psicofarmaci che si tramutarono in una costante della sua vita. Una costante nefasta, naturalmente, che 30 anni dopo contribuì a determinare il suo declino. E’ a questo periodo che fa riferimento “Judy”, il biopic di Rupert Goold appena uscito nelle sale. Una straordinaria Renée Zellweger veste i panni della Garland nel suo ultimo anno di vita, il 1969: a quell’ epoca, l’ ex “enfant prodige” annoverava nel curriculum quasi 40 pellicole, due nomination degli Academy Awards e un Golden Globe, ma l’esistenza che conduceva era tutto fuorchè dorata.

 

Un ritratto fotografico di Judy Garland

Quattro divorzi sommati ad anni di eccessi, abuso di farmaci e depressione l’ avevano segnata fisicamente e psicologicamente, con gravi ripercussioni sulle sue condizioni economiche. La nomea di “inaffidabile” la rincorreva e diradava i contratti cinematografici, le banche si rifiutavano di erogarle prestiti. Sola e con i figli Joey e Lorna a carico (era in lotta per la custodia con l’ex marito Sidney Luft), licenziata dalla Metro-Goldwyn-Mayer dopo il flop del film “L’allegra fattoria” (1950), nel 1969 Judy Garland decise di volare a Londra per una serie di concerti destinati a rilanciare la sua carriera. Seppure a malincuore, si separò dai figli e da Mickey Deans, un uomo d’affari che divenne il suo quinto marito. Nella capitale inglese, accudita dall’ onnipresente assistente Rosalyn, l’ attrice firmò un contratto di cinque settimane per esibirsi nel nightclub “The Talk of the Town”: furono serate in cui eccezionali performance e crolli emozionali si alternarono a ritmo continuo. In parallelo con questa caotica fase esistenziale, il film mostra la Judy “del successo”, l’ adolescente che nel 1939 conquistò il pubblico dopo il lancio in grande stile che organizzò per lei la Metro-Goldwyn-Mayer. Ma dietro al glamour hollywoodiano, al di là della parvenza della perfezione, non era esattamente oro tutto quel che luccicava. Per “creare” i loro divi, le major ne pianificavano la vita a trecentossessanta gradi. Raggiungere la fama era un obiettivo perseguito attraverso vere e proprie macchine da guerra, che non di rado stritolavano le star in erba: costretta a una dieta perenne, calata in una quotidianità in cui le torte di compleanno erano fake per ostentare sfarzo, Judy Garland scoprì ben presto l’altro volto del successo.

 

Da “Il Mago di Oz” di VictorFleming (1939)

Snodandosi sui due piani temporali del 1939 e del 1969, che continuamente alterna, il film mette  a raffronto la Judy degli esordi con quella del crepuscolo, intrappolata nella sua spirale autodistruttiva. All’eccesso di controllo a cui venne sottoposta durante l’ adolescenza si contrappone il subbuglio emotivo degli “anta”: come filo conduttore, un talento che si accompagna a una sensibilità finissima, a un costante bisogno di amore.  Delle doti che se da un lato “nutrono” l’artista, dall’ altro finiscono per scontrarsi con il mondo sfavillante, certo, ma spesso anche spietato dello show business.

 

Dal film “Nuvole Passeggere” (1946), registi vari

Adattato dalla pièce teatrale “End of the Rainbow” di Peter Quilter, “Judy” (guarda qui il trailer) ha già fatto l’ en plein di premi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Una menzione speciale va a Renée Zellweger, che si è calata perfettamente nel ruolo della protagonista: un’ interpretazione, la sua, talmente fedele di Judy Garland da rievocarne persino la gestualità e il modo di parlare. Nei paesi anglosassoni, dove il film è già uscito da mesi (a Settembre negli USA, a Ottobre nel Regno Unito), i riconoscimenti di cui la Zellweger è stata insignita sono innumerevoli. Per citane solo alcuni, la candidatura al Premio Oscar 2020 come migliore attrice, il Golden Globe e il Premio BAFTA 2020. Senza tralasciare, inoltre, la standing ovation interminabile che le è stata tributata al Toronto International Film Festival: il meritato elogio alla verve drammatica di un’attrice che, nel 2001, il mondo aveva imparato a conoscere nelle vesti della buffa e pasticciona Bridget Jones.

 

Al Greek Theater di Los Angeles nel 1957

Con John Hodiak nel film “The Harvey Girls” (1946)

 

 

Ritratto a colori di Judy Garland via Kate Gabrielle from Flickr, CC BY 2.0

 

Sulle tracce del Principe Maurice: ciak, si gira! Alla Biennale del Cinema il lancio di una nuova carriera

Il Principe all’ evento “Reaction” di Kiev

L’ incontro tra me e il Principe, complici anche l’ Estate e le vacanze, è avvenuto a Riccione. Nella “perla verde dell’ Adriatico“,  seduti a un tavolino del Victor Bistrot, tra un calice di bollicine e l’altro abbiamo conversato del più e del meno, degli eventi a cui Maurice aveva preso parte e di quelli con cui avrebbe inaugurato la nuova stagione. Gli aggiornamenti, d’obbligo vista la portata delle ultimissime notizie, sono però avvenuti via telefono e pochi giorni dopo l’ apertura della Biennale del Cinema di Venezia. Non è un caso che il cinema, come potrete leggere in questa intervista, sia il nucleo attorno al quale ruota un’ importante iniziativa che vede il Principe Maurice direttamente coinvolto: rappresenterà un’ autentica svolta per la sua già di per sè eclettica carriera. Ma non voglio spoilerarvi altro, rovinandovi il piacere della sorpresa…Qualche anticipazione sui personaggi, sulle location e sugli eventi citati qui di seguito dall’ icona del Teatro Notturno? Vi dò solo alcuni indizi, sicura che (come sempre) ne rimarrete intrigati: in ordine rigorosamente di apparizione, Riccione, la Reunion al Peter Pan, Palma di Maiorca e Ibiza Global Radio, Grace Jones e il Brighton Pride Festival, Kiev e la serata Reaction, la 76ma Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, l’ appuntamento seral-notturno alla Terrazza Biennale insieme al dj Francesco Trizza e via dicendo. Dulcis in fundo, viene presentato proprio oggi, alle 11, nello Spazio Veneto dell’ Hotel Excelsior di Venezia, il progetto che darà il via “col botto” alla carriera cinematografica di Maurizio Agosti Montenaro Durazzo alias il Principe Maurice. Come vedete, il mio spirito giornalistico ha prevalso e ho ceduto inesorabilmente alla succosità della notizia. Per saperne di più, tuttavia, non vi resta che continuare a leggere.

“L’Estate sta finendo”, come cantavano i Righeira tempo fa. Ma quella del Principe Maurice credo che sia stata un’Estate a dir poco rutilante: Riccione, Brighton, Palma di Maiorca, Kiev sono state solo alcune delle tue tappe. Immagino che avrai molto, anzi moltissimo da raccontarci…

Direi proprio di sì! Cominciamo con Riccione che, orfana del Cocoricò, è ancora molto viva grazie alle sue spiagge che sono diventate i nuovi contenitori del divertimento. A partire dal Samsara Beach, che ha funzionato alla grande avvalendosi di dj di prestigio e soprattutto della formula di fare discoteca durante il giorno, per tutto il pomeriggio fino all’ora dell’aperitivo – eccetto alcuni eventi che, comunque, non terminano mai oltre la mezzanotte. Ecco, diciamo che l’aver spostato il club sulla spiaggia ha anche anticipato i tempi di chiusura e di apertura del divertimentificio riccionese. Sempre in spiaggia si è tenuta una grossa produzione curata dall’ Altro Mondo Studios, la Rimini Beach Arena, ricca di eventi stratosferici come il Circoloco che da Ibiza è arrivato in pompa magna fin lì. La novità importante, quindi, è che Riccione attira ancora i giovani grazie al suo litorale, però questo fa del divertimento una realtà prettamente stagionale. Tra gli show a cui ho preso parte c’è stata una serata molto bella, una reunion dei dj più importanti sia legati al Cocoricò che ad altri circuiti del movimento techno anni ’90: si è tenuta al Peter Pan. E’ stato fantastico ritrovarci tutti a questa grande festa dove il 90 % del pubblico danzante sfoggiava le t- shirt del Cocoricò e memorabilia varia! E soprattutto è stato molto emozionante vedere come la Piramide, seppur chiusa, rimane nel cuore e nella memoria non solamente della “old school”, ma anche dei giovani che l’avevano cominciata a conoscere di recente. Passiamo a Brighton e al Brighton Pride Festival, bellissimo, dislocato in tutta la città ma più che altro nei suoi parchi. Ospite d’eccezione di questo straordinario evento è stata Grace Jones, protagonista di un live pazzesco. Io, invitato da Grace in persona, ho avuto il piacere di frequentarla per tre giorni e per tre notti. Mi ha voluto sul palco con lei, quindi ho adattato la mia mise alla sua dipingendomi anch’io io il volto con dei graffiti tribali alla Keith Haring. E’ stato molto divertente: Grace è sempre una grande, grande, grande artista nonostante sia alla soglia dei 70 anni. Per cui, ragazzi, sappiate che esistono dei personaggi che non hanno età! Il concerto di Brighton – con 25.000 persone partecipanti e sold out già da due mesi – è stato per me un’autentica botta di vita, perché l’energia che ti arriva da un’artista così e dal suo pubblico è qualcosa di meraviglioso…A Palma di Maiorca ho preso parte invece ad un evento molto chic, il White Party dell’Hotel a cinque stelle Portals Hills, di cui ho curato la parte lounge a bordo piscina. Il pubblico, ultra raffinato, ha gradito tantissimo; anche perché per me è stata la prima collaborazione con Ibiza Global Radio, dalla quale provenivano i tre dj che, rispettivamente, hanno seguito la parte pre-serata, curato la diretta radiofonica dell’evento e la discoteca. Non erano abituati ad avere un executive, un vocalist, un animatore, chiamatemi come volete, e sono rimasti stupefatti! Quello con Ibiza Global Radio è un nuovo, bellissimo canale che per me si è aperto e chissà che non porti a sviluppi radiofonici nelle Baleari… Arriviamo infine a Kiev, dove la Kuzmenko PR & Events ha organizzato una splendida serata Reaction. Il format, che avevo creato per il Plastic, era piaciuto e avevano voluto prenderlo a scatola chiusa per presentarlo non in una situazione di grande club, ma di club esclusivo: all’ evento erano presenti solo 100 persone in tutto, tra cui personaggi talmente importanti che non sono autorizzato a citare. La location era davvero deliziosa, il suo nome è Fregat…si tratta di uno yacht club esclusivo sul fiume Dnepr: lì hanno voluto provare il mio format in attesa di adottarlo, e poi replicarlo, in club più grandi. E’ stata una sorta di preview di lusso dove ho potuto esprimermi liberamente e, devo dire, con un ottimo successo. Ero accompagnato da una ballerina del Teatro dell’Opera di Kiev, Margot Gozalyan, che si è esibita ne “La morte del cigno” sulle note di un sound elettronico, ma era presente anche il mio fido Daniel Didonè che ha letteralmente ammaliato le signore dell’alta società ucraina. La parte dance, invece, è stata curata dal dj veneziano Joe Frattin, che ha dato vita a un set estremamente coinvolgente. Prima della serata Reaction, però, sono stato invitato al vernissage del pittore lussemburghese di origine italiana Claudio Rosati, un mio amico. La sua mostra occupava un piano intero del Museo di Storia di Kiev e non c’è bisogno di dire che ha riscosso un successo enorme. E’ in quell’occasione che ho reincontrato il dj Francesco Trizza, occupato nel dj set dell’opening: ci eravamo conosciuti a Milano, al Bar Martini di Dolce & Gabbana dove si esibisce in pianta stabile. Trizza è un “luxury dj” e ha creato un nuovo filone musicale, elegantissimo ma molto coinvolgente, che accompagna gli eventi di lusso. Sono rimasto entusiasta della sua musica al punto tale che abbiamo pensato di creare insieme una situazione easy e prestigiosa al tempo stesso alla Mostra del Cinema di Venezia sulla Terrazza Biennale del Masterchef Tino Vettorello, da dove passano (e rimangono a mangiare, bere e divertirsi) tutte le star e gli operatori del mondo del cinema oltre agli appassionati.

 

Durante la Reunion al Peter Pan con Cirillo Dj

Insieme a Margot Gozalyan, che danza “La morte del cigno” all’ esclusiva serata tenutasi al Fregat Yacht Club di Kiev 

Vorrei soffermarmi sulla figura di Grace Jones: l’hai definita “uno dei due più grandi amori della tua vita”. Cosa provi, oggi, quando la incontri? Qual è il rapporto che vi lega?

C’è lo stesso grande amore, una grande affinità dell’anima. Dai tempi della nostra relazione sono maturato artisticamente, per cui riusciamo ad essere – anche se non mi metto certo al suo livello! –  un po’ più alla pari, a scambiarci degli spunti. E poi, devo dire che c’è ancora molta attrazione. Grace è per sempre nel mio cuore. Anche se le nostre vite si sono separate, quando ci rivediamo è come se ci fossimo lasciati il momento prima: è uno di quei rapporti che non hanno né tempo né spazio. Certo, il rammarico è che, vivendo lei molto di più in Giamaica, ora ci incontriamo meno frequentemente; ma tutte le volte che arriva in Europa io faccio il possibile per raggiungerla, perché insieme stiamo veramente bene. E’ un punto di riferimento assoluto della mia vita: tra noi c’è intesa, alchimia…Il nostro rapporto è veramente ad altissimi livelli sia umani, che artistici. E vederci è sempre una gioia reciproca!

 

On stage al Brighton Pride Festival

Venezia in questi giorni è di nuovo sotto i riflettori, grazie alla Mostra del Cinema e ai suoi fasti. Corre voce che anche il Principe, quest’ anno, lì stia presentando un progetto speciale. Che ci dici al riguardo?

Esatto: si tratta di un progetto cinematografico. Ha il patrocinio della Film Commission e, siccome la burocrazia è abbastanza lenta, questo un po’ ha rallentato i tempi di esecuzione, ma a Venezia verrà presentato un film di cui sono il protagonista. Non sto parlando di “Ca’ Moon” bensì di una nuova sceneggiatura, molto brillante, molto dinamica, molto bella, che ha trovato una via preferenziale perché sviluppa un tema di attualità come quello dell’immigrazione. Il film verrà sicuramente girato entro la fine dell’anno e lo presenteremo ufficialmente il 5 Settembre, alle 11.00, nello spazio Regione Veneto all’ Hotel Excelsior. Una volta che un progetto viene annunciato in queste sedi significa che è assolutamente conclamato, quindi posso dirti che comincerò una nuova carriera nel cinema! Avevo già fatto dei camei, poi c’era stato il mio #Tribute, che però era un docufilm…Stavolta, invece, farò proprio l’attore e reciterò un ruolo importante. Non posso dirvi nulla della progettazione, è ancora work in progress…Ma è importante dire che, dato che la pellicola è parzialmente finanziata dalla Film Commission ma consistentemente finanziata da privati, la sera del 5 Settembre il nostro produttore riceverà un Leone di Vetro per il suo impegno nell’ industria cinematografica. Recitare mi intriga tantissimo, mi sento pronto per farlo come mi sento pronto per fare televisione…Vi metto una pulce nell’ orecchio, perché anche in quel senso c’è qualcosa che bolle in pentola!

 

Red carpet in black and white alla Biennale del Cinema di Venezia

A proposito di cinema: cosa rappresenta e cosa ha rappresentato, il cinema, nella tua vita?

Il cinema è un’arte assoluta, per me: è l’arte dei sogni, delle suggestioni, ma anche della realtà. E’ un racconto diretto, un potente mezzo di comunicazione che veicola tutto, dalla fantasia più sfrenata (non a caso io adoro i film Fantasy) fino alla realtà più cruda. A me il cinema ha sempre suggestionato tantissimo. Sono un amante dei film d’antan, a partire da quelli del cinema muto – il mio Nosferatu si riferisce proprio a quello di Murnau del 1922 – per arrivare al cinema degli anni ‘30, ‘40, ‘50 con le grandi star hollywoodiane, indimenticabili e meravigliose icone. Anche il cinema attuale mi piace, non tutto ma ci sono cose che mi intrigano. Infatti sono alla Mostra del Cinema anche per vedere che c’è di nuovo, pur non disdegnando la celebrazione di registi e di attori conclamati. Insomma il cinema lo amo, è un’arte che amo sin da quando ero bambino e sono felice di poter finalmente entrare a far parte di questo universo, in punta di piedi e con grande rispetto, come interprete.

Con il direttore della Biennale del Cinema Alberto Barbera

Se avessi la chance di diventare un attore a tempo pieno ma dovessi abbandonare il Teatro Notturno e le tue performance, pensi che lo faresti?

Non abbandonerò mai il Teatro Notturno! Potrebbe diventare, anzi, una mia forma di interpretazione anche cinematografica. Il Teatro Notturno è dentro di me, nelle mie fibre…Qualsiasi cosa succeda io cercherò sempre e comunque di comunicare in maniera diretta con il pubblico, non solo attraverso lo schermo cinematografico o televisivo: trovo che sia molto importante. Per cui non preoccupatevi, anche se dovessi diventare una star di Hollywood farò il Teatro Notturno a Hollywood!

 

Al White Party dell’ Hotel Portals Hills di Palma di Maiorca

Daniel Didoné al White Party. A destra, la postazione di Ibiza Global Radio

Siccome sono molto curiosa, ti chiedo di citarmi tre nomi: il regista, l’attore e l’attrice che preferisci e perché!

E’ una scelta molto difficile, perché ogni attore, ogni regista che mi ha colpito aveva un suo stile, un suo modo di comunicare e un suo argomento da sviluppare. Posso dirti che un regista che mi intriga moltissimo indubbiamente è Kubrick, perché pur avendo usato tecniche completamente dissimili da un film all’ altro tanto da sembrare ogni volta un regista diverso, ha mantenuto quello che è il suo leitmotiv, la disfatta dell’uomo: dell’uomo che arriva a raggiungere il massimo della soddisfazione in tutto, ma non riesce a mantenere questo status e in qualche modo desidera distruggerlo. Se ci fate caso, in qualsiasi film di Kubrick c’è questa inquietudine dell’uomo nei confronti della tecnologia, del successo, anche dell’amore. Guardate il suo ultimo film, per dire. “Eyes wide shut” è una meravigliosa storia d’amore che viene rovinata da una voglia di ricerca che diventa morbosa, e quando i protagonisti ritornano sui propri passi qualcosa è inesorabilmente cambiato. Io che sono un grande sperimentatore, un curioso delle tecniche di espressione, amo soprattutto il fatto che ogni film di Kubrick differisca dall’ altro. Anche nella fotografia…Ad esempio, negli interni di “Barry Lindon” usa solo la luce delle candele: un dettaglio che a me ha suggestionato tantissimo. Con i mezzi dell’epoca, che non erano certo quelli di oggi, è riuscito a fare un excursus di tutti i modi di vedere la realtà e la fantasia che lo rende un unicum assoluto. Per quanto riguarda l’attore, resto in Italia e ti rispondo Mastroianni. Mi piaceva moltissimo, lo trovavo di una bellezza, di una raffinatezza che lo mettevano al pari delle grandi star hollywoodiane e di una bravura incredibile nell’ interpretare tanti tipi di personaggi. Come attrice, e c’è un motivo personale, scelgo Silvana Mangano. Silvana Mangano perché mia madre le somigliava come una goccia d’acqua: pensa che la costringevo tutte le estati ad andare all’ Hotel Des Bains al Lido per fare “Morte a Venezia” con me, e lei si prestava a fare la contessa! Ero molto fiero di questa somiglianza, ma devo dire che a parte questo lato un po’ simpatico, bizzarro e malinconico nei confronti della mia straordinaria madre, effettivamente Silvana Mangano, che esordì come pin up, poi diventò un’attrice di un’intensità pazzesca. Anche il suo penultimo ruolo, quello della Reverenda Madre Ramallo in “Dune” di David Lynch, lo interpretò in modo eccelso pur essendo già molto malata.

 

A Palazzo Labia insieme alla performer Florence Aseult

Parlando ancora di Mostra del Cinema, hai qualche progetto inerente all’ edizione in corso?

Certo. Oggi è il 31 Agosto (data dell’intervista, ndr.) e mi accingo a far vivere un affresco di Tiepolo a Palazzo Labia, sede della RAI, per un gala ufficiale dedicato alla delegazione cinese e giapponese del Ministero della Cultura sezione Cinema: esalteremo la magia veneziana donando vita, in modo tridimensionale e performativo, al famoso affresco di Antonio e Cleopatra che si trova nel Salone delle Feste. Amo molto contaminare le arti e grazie al contributo di Stefano Nicolao, che è un grandissimo costumista e ha riprodotto esattamente i costumi della composizione pittorica, faremo una performance che lascerà a bocca aperta i nostri ospiti orientali. Io parteciperò nelle vesti di Maestro di Cerimonie, sarò un Casanova fuori dal tempo e dallo spazio, mentre il tableau vivant è di carattere rinascimentale ed è stupendo come d’altronde lo stesso affresco, che riproduce un pranzo tra Antonio e Cleopatra: lei scioglie una perla nell’ aceto per dimostrare quanto sia ricca e prestigiosa e mostra il seno quasi con arroganza, consapevole della propria bellezza.

 

Cleopatra nell’ affresco del Tiepolo

Stasera ci sarà anche il party in black and white di Vanity Fair, al quale accompagnerò la mia amica carissima Yvonne Sciò che ha una straordinaria carriera di attrice a Los Angeles. C’è tanta mondanità, a Venezia, durante la Mostra del Cinema! Ma l’unica mondanità inerente al Lido è quella, come vi ho già accennato, della Terrazza Biennale. Apro una parentesi: a me piace che si diano molte feste, ma mi dispiace che vengano organizzate in città e non al Lido, perché questi 10 giorni di festival dovrebbero essere il suo trionfo. Quindi il nostro tributo al Lido io e il luxury dj Francesco Trizza lo realizziamo alla Terrazza Biennale, che ormai da anni è gestita dallo chef Tino Vettorello: è un connubio tra il buon bere, il buon mangiare, la buona musica e l’allegria che io cerco sempre di portare, mondana ma anche simpatica e accessibile a tutti. La Terrazza infatti non è blindata, può venire chiunque. La selezione è naturale, perché può piacere o non piacere quello che facciamo, ma devo dire che stiamo avendo un enorme successo e andremo avanti fino alla fine della Mostra. Sono molto soddisfatto di questo nostro appuntamento serale, sta andando davvero alla grande. Francesco Trizza è un dj simpaticissimo e Tino Vettorello, oltre ad essere un ottimo chef, è un ottimo padrone di casa: l’atmosfera che si è creata, quindi, è quella di una festa tra amici, tra gente di tutto il mondo che parla qualsiasi lingua e si ritrova alla Terrazza dopo un film, prima di un film, dopo cena, per l’aperitivo…Siamo presenti ogni sera dalle 18 a mezzanotte, ma ormai si sfora tranquillamente fino alle 2. E’ un party continuo, bello, spontaneo, che nasce in amicizia e dove le amicizie si creano. Io mi esibisco nel ruolo di entertainer, canto live su delle basi, ogni tanto mi metto anche alla consolle, ma la musica è appositamente curata da Francesco Trizza.

 

Un particolare del costume creato da Stefano Nicolao per Nina Aprodu, interprete di Cleopatra nel tableau vivant di Palazzo Labia

Cambiamo argomento, ed affrontiamone uno completamente diverso. Cosa consigli ai tuoi fan per riprendersi dallo shock del rientro?

In realtà non saprei cosa risponderti, perché per me non esiste lo shock da rientro: quando vado in vacanza e poi torno a lavorare, sono contento perché il mio lavoro mi piace! Sicuramente, però, potrei consigliarvi di organizzare una serata tra amici e di raccontarvi i vostri aneddoti dell’estate, così in simpatia, un po’ per rievocarli e un po’ per riviverli nel racconto reciproco. Trovatevi tutti insieme a una cena, a un aperitivo, a un dopocena, e condividete i momenti più belli delle vostre vacanze. Penso che possa essere molto divertente, prima di chiudere il capitolo definitivamente e ricominciare a lavorare.

 

L’artista Claudio Rosati al vernissage della sua mostra al Museo di Storia di Kiev

E come affronterà Settembre, invece, il Principe?

Il mese di Settembre sarà un mese di preparazione. Ho in programma degli importanti eventi di lavoro, però dal punto di vista concettuale sarà un mese di puntualizzazione di quel che andrò a sviluppare concretamente durante l’Inverno e dei nuovi impegni che mi accingo ad affrontare: il cinema, la televisione, ma anche il mio progetto di creare una struttura, una Academy, per trasmettere le mie competenze a chi volesse approfondirle e portarle avanti. Tutto quello che prima dell’Estate era stato solo un abbozzo, a Settembre si deve chiudere ed organizzare. Sostanzialmente, quindi, per me è un mese di organizzazione. Bello pesantino ma senza dubbio intrigante, soprattutto viste le novità che ci sono all’orizzonte!

 

L’ invito all’ evento Reaction di Kiev

 

Photo courtesy of Maurice Agosti

 

Tra moda, cinema… ed eclettismo: incontro con Eleonora Albrecht

(Foto di Andrea Ciccalè)

“Altezza 1,74 m, capelli biondi, occhi azzurri”, riporta il suo composit. Segni particolari, una grazia innata: l’eleganza sembra incisa nel patrimonio genetico di Eleonora Albrecht. Romana di origini tedesche e russe, proveniente da una famiglia di artisti, Eleonora ha riversato il suo talento nella moda e nella recitazione, due passioni che la animano da sempre. Quel che più colpisce in lei – oltre ai grandi occhi blu, al corpo slanciato e alla cascata di capelli biondi – è il viso dalle molteplici potenzialità espressive: come una tela bianca plasmata da pennellate di colore, Eleonora può tramutarsi indifferentemente in una dea ultra-chic o in una scanzonata “comedian”, incarnando innumerevoli tipologie di personalità femminili. Il suo CV annovera esperienze prestigiose sia nelle vesti di modella, che di attrice. John Galliano, Calvin Klein, L’Oréal, Giada Curti, Aspesi, Gentucca Bini, Wella, BMW e Jean-Louis David sono solo alcuni dei brand per i quali ha posato o fatto da testimonial. Sul set, dopo un iter di studi che include (tra l’altro) il Lee Strasberg Institute di Los Angeles, Les Cours Florent di Parigi, il Conservatorio Teatrale Giovan Battista Diotaiuti e l’ Accademia del Comico dei Morini Bros di Roma, l’abbiamo vista in un gran numero di film e serie TV. Qualche titolo? “Un giorno speciale” di Francesca Comencini, “Se sei così ti dico sì” di Eugenio Cappuccio, “Un altro mondo” di Silvio Muccino parlando di cinema, “Che Dio ci aiuti 2”, “Don Matteo 8″, “Provaci ancora Prof.! 4” per quanto riguarda le sue apparizioni sul piccolo schermo. Ma gli interessi di Eleonora Albrecht spaziano oltre la moda e la settima arte, diramandosi in svariate direzioni. Influencer con il blog “The Fashion Screen”, Youtuber che vanta ben due canali all’attivo, designer e imprenditrice grazie alla creazione di Confetta – la borsa a forma di cuore già diventata un accessorio cult – la sua è una carriera più che mai eclettica e multiforme. E’ Eleonora stessa ad approfondirla insieme a noi, senza tralasciare un ruolo del tutto speciale: quello di compagna dell’ attore Flavio Parenti e di mamma della piccola Elettra, che lo scorso Marzo ha compiuto due anni.

Eleonora Albrecht: attrice, modella, blogger, influencer, creativa e imprenditrice con “Confetta”, la minaudière che hai ideato insieme al tuo compagno, l’attore Flavio Parenti…Quale definizione scegli, per presentarti?

Sono una persona estremamente curiosa, che ama viaggiare ed esprimersi in molti modi. Amo la Bellezza e tutto ciò che ne deriva.

A casa tua, il talento artistico si respirava nell’ aria: una madre prima ballerina al Teatro dell’Opera di Roma, nonni e zii pittori…Quando hai preso coscienza, per la prima volta, che l’Arte era nel tuo DNA?

Mio padre anche era ballerino classico, sono nata in un ambiente devoto alla danza e all’arte. Non ho mai pensato di fare qualcosa non relativo ad un processo artistico. Da bambina desideravo fare la cantante, poi la poetessa, poi la stilista. Semplicemente non mi è mai passato per la mente di dedicarmi ad un percorso non artistico. Per me vivere significa esprimere cosa si ha da dire nel modo in cui ci è più vicino e questo modo può evolversi negli anni, perché amo avere sempre stimoli diversi e ricercare qualcosa di nuovo, mettermi alla prova. Ovviamente c’è sempre un filo conduttore nelle mie ricerche personali che negli anni sarà sempre più definito.

 

(Foto di Claudio Amato)

A Parigi, appena diciannovenne, hai avuto l’opportunità di svolgere uno stage presso la Lagerfeld Gallery e di vedere il leggendario Karl Lagerfeld all’ opera. Che ricordo hai di lui?

Una persona molto cordiale e precisa, gentile con tutti. Attento ai dettagli, molto sicuro delle sue idee. Visionario ma concreto, un signore di altri tempi ma con un’energia contemporanea.

Qualche anno fa, su You Tube hai aperto due canali che definirei agli antipodi l’uno dall’altro: in “Sugar Barbarella” ironizzi sui tic sociali e sui fenomeni di costume del nostro tempo, mentre in “Eleonora Moda” proponi haul, tutorial e, soprattutto, dai consigli alle ragazze che vorrebbero diventare modelle. Come nasce questa tua “doppia anima”?

Le mie passioni sono la recitazione, il cinema, e la moda. Youtube ti permette di fare quello che vuoi e così ho sperimentato. Come attrice mi sono dedicata al cabaret per un periodo e quindi Sugar Barbarella era un mio personaggio comico. Attualmente non realizzo video però da anni, ma alcuni sono diventati molto famosi. Diversamente, Eleonora Moda è un canale che alla sua nascita mirava ad aiutare le centinaia di ragazze che mi scrivevano quotidianamente per avere consigli, pareri, ecc. Quindi ho raggruppato tutto in alcuni video che hanno ancora molto successo su YouTube e che spiegano come fare per affrontare una carriera da modella.

 

(Foto di Raffaello Balzo)

A proposito: cosa suggeriresti alle lettrici di VALIUM che sognano una carriera davanti all’ obiettivo? Il fashion world evolve alla velocità della luce. Quali sono, a tuo parere, i requisiti – aggiornati al 2019 – per intraprendere una carriera da modella?

I requisiti li richiedono le agenzie e consiglio sempre di contattare le agenzie serie di moda a Milano. In ogni caso l’altezza è sempre il filo conduttore della carriera delle modelle. Ma magari ora con Instagram ci possono essere delle evoluzioni. Dipende anche cosa si intende per modella. Fino a qualche anno fa, la modella era una ragazza alta e magra, che andava a fare i casting e veniva selezionata per sfilate e servizi fotografici, nessun problema per viaggiare, mangiare sano e ad andare via di casa presto per intraprendere una carriera. Molte ragazze ora pensano che basti avere un canale Instagram con vari followers, mettere foto mezze nude o molto provocanti ed essere contattate da marchi che le pagano. Sicuramente esiste anche quello, ma è un altro tipo di modella che va al di fuori di un giro di agenzie, ecc. di cui parlo nei miei video.

Dopo aver esordito come modella, sei stata rapita dal sacro fuoco della recitazione e sei volata a Los Angeles per studiare nientemeno che al Lee Strasberg Institute. Che puoi raccontarci di quegli anni?

Ho iniziato a fare la modella a 13 anni. A 17 abitavo a Milano, poi mi sono trasferita a Parigi per 4 anni, dove ho studiato stilismo in una scuola molto importante, l’Ecole de la Chambre syndicale de la Couture Parisienne, ho fatto stage da Dior e Lagerfeld e lavorato come assistente stylist in campagne pubblicitarie importanti. Al contempo lavoravo come modella e poi ho iniziato un corso serale di recitazione al Cours Florent. A questo punto ho messo da parte la moda, per studiare recitazione quotidianamente e dopo un anno sono andata a vivere e studiare a Los Angeles al The Lee Strasberg Institute. ) Los Angeles è una città molto dispersiva in cui è difficile orientarsi, fortunatamente ho uno spirito molto estroverso e ho fatto amicizia velocemente, riuscendo a vivere la città in un modo molto interessante. Ci sono attori ovunque, registi, sceneggiatori, lavorare nel cinema e in tv è normale. Ma è difficile avviare una carriera da zero se non sei anglofono. Io l’ho vissuta benissimo, mi sono divertita, ho conosciuto persone fantastiche, ho avuto così tante esperienze che starei le ore a parlarne.

 

 

Moda e cinema, due passioni che vivi con pari intensità (ricordo, peraltro, che di recente sei passata dietro la macchina da presa per dirigere due corti da te scritti): ma quale delle due ti permette di esprimerti “a tutto tondo”?  

L’aspetto estetico, il vissuto, le storie, la ricerca. Sono aspetti che il cinema e la moda hanno in comune. In realtà il cinema porta la parola, che la moda non ha. Quando penso ad una collezione di moda mi immagino come poter dare alla donna un oggetto bello, soprattutto, ma anche mettibile. Anche se non mi piace pensare ad accessori pratici perché non lo trovo divertente (la mia linea Confetta fa solo accessori al momento). Quando penso ad una storia da raccontare, mi baso su un’emozione personale, qualcosa che mi ha colpito particolarmente negli anni e che ho approfondito emotivamente e vorrei poi far uscire al di fuori. Per questo ho un’altra storia da anni nel cassetto, sto aspettando il momento giusto.

Nel 2013 hai preso parte alla serie TV “Che Dio ci aiuti”, una fiction a cui sono parecchio affezionata in quanto due sue edizioni hanno avuto come location Fabriano, la città dove risiedo. Come rievocheresti la tua esperienza nel ruolo di Camilla, e com’è stato lavorare a fianco dell’attrice Premio David di Donatello Elena Sofia Ricci?

La fiction è molto curata e sono stata contenta di averne fatto parte, tutti gli attori sono bravi e anche il cast tecnico.

Passiamo alla tua vita privata. Da tempo hai una relazione con Flavio Parenti e dal vostro amore è nata Elettra, che oggi ha due anni. Come vivete, tu e Flavio, il fatto di condividere la stessa professione?

Bene, perché facciamo anche molte cose insieme. Abbiamo, però, anche varie passioni non condivise che nutrono altre parti delle nostre personalità. Per il resto, lavorare nello stesso campo ti permette di avere più comprensione dell’attività e dei momenti up e down che ne conseguono.

 

Eleonora con la borsa Confetta

Vorrei chiederti ora qualche anticipazione sui tuoi progetti più imminenti ed un consiglio per concludere in bellezza questa intervista: qual è il must primaverile a tema fashion che non dovrebbe mancare nel guardaroba delle lettrici di VALIUM?

Il mio progetto imminente è lanciare la nuova collezione di borse Confetta. A breve lanceremo la collezione estiva, dopo il successo internazionale della borsa a forma di cuore in vetroresina. Per il must primaverile, ormai nella moda si vede di tutto e di più. Io non consiglio un “must”, ma di trovare quello che ci piace di più secondo il nostro gusto e non secondo delle tendenze. Se amate vestirvi come negli anni Cinquanta, per esempio, ben venga! Per me, l’unico must è di guardarsi allo specchio e piacersi. Se non ci si piace, e non si è capace di capire cosa potrebbe andar bene indosso, magari affidarsi a qualcuno oppure fare ricerche su internet, affinare il proprio gusto non solo nella moda ma a livello culturale in generale. Cercare stimoli, per capire come siamo.

 

 

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: gli Auguri di Buon Natale del Principe

Un particolare del presepe di Maurice

In questo weekend pre-natalizio, seguiamo il Principe Maurice nella città più romantica del mondo: siamo nella “sua” Venezia, dove l’ atmosfera festiva si amplifica e moltiplica. E’ in questa suggestiva, magica cornice che il Principe porge i suoi Auguri di Buon Natale ai lettori di VALIUM. Miriadi di luminarie accendono i canali di scintillanti riflessi, la nebbia si insinua tra le calli evocando uno scenario onirico. Quale miglior location per respirare l’ aria fiabesca tipica delle feste di fine anno? Proprio a Venezia, il 19 Dicembre scorso, Maurice ha presentato una serata dedicata ai giovani affetti dalla sindrome di Asperger. Organizzato dall’ Associazione Veneziana Albergatori ed allestito nell’ Auditorium Santa Margherita dell’ Università Ca’ Foscari,  il Venice Christmas Charity Festival (questo il nome dell’ evento) è stato arricchito dalla partecipazione dell’ affascinante performer Florence Aseult, dal coro polifonico Voci Amiche di Treviso e dalla Banda Vittoria di Venezia.

 

L’albero di Natale al Venice Christmas Charity Festival

Toccato nel profondo, il Principe Maurice l’ ha definita “un’ esperienza emozionale incredibile” che custodirà per sempre nel suo cuore. E con il cuore – una costante della sua vita e della sua arte – il Principe augura un Buon Natale e delle Buone Feste a tutti voi. Do a lui la parola:

Il mio augurio è quello – che faccio anche a me stesso – di riuscire a passare la vigilia, il giorno di Natale in maniera serena e circondati dagli affetti familiari. Io mi impongo ogni anno, nonostante la mia vita sia sempre più frenetica, di trascorrere il Natale in un’ atmosfera intima, con le persone più care. Vado volentieri anche alla messa della vigilia, perchè il momento della nascita, della luce, mi piace molto: a toccarmi è il fatto che si ricordi Qualcuno che ha fatto Qualcosa per l’ umanità, si creda o meno che fosse il Figlio di Dio. Anni fa ho passato un Natale a Betlemme e quel viaggio ha donato un imprinting più spirituale al mio modo di vivere questa ricorrenza. Stavolta, invece, starò con mia sorella e con la sua famiglia fino al giorno di Santo Stefano: sarà un Natale tradizionalissimo, che mi vedrà seduto davanti al camino in vestaglia e con il libro delle fiabe in mano! Ho una pronipotina di due anni…Il Natale diventa ancora più simpatico, leggero, giocoso, con i bimbi intorno; la mancanza degli affetti che non ci sono più viene compensata dalle nuove generazioni. Nei miei cari mi auguro di trovare serenità, conforto. Di amici ne ho visti molti, negli ultimi giorni: quando Grace Jones mi ha telefonato dicendomi che era a Londra, ho preso il primo aereo per raggiungerla e farle gli auguri di persona. Dopo che la nostra love story è finita, io e Grace siamo sempre rimasti legati da un affetto fraterno molto forte. A Londra ho passato dei momenti bellissimi insieme a lei, a Philip Treacy e ad altre persone. Gli amici, però, è bello incontrarli prima di Natale: dalla vigilia in poi, adoro stare in casa e godermi l’ intimità della vita familiare. Auguro quindi a tutti di trovare un momento da dedicare ai propri fratelli, genitori, nonni…Alla famiglia. Vi auguro un Natale in stile “Casa Cupiello”, insomma! Ah ah ah! Tra l’ altro ho fatto anch’io il presepe, che è minimal e al tempo stesso estremamente ricco: ho messo solo Gesù Bambino, la Madonna e San Giuseppe, ma in una versione barocca tutta mia.

 

Il presepe minimal-barocco

Il Principe con il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e alcuni amici

Quali sono i buoni propositi per l’ anno nuovo del Principe Maurice e quale sarà il suo progetto “clou” del 2019?

Il mio progetto clou del 2019 è sicuramente il film “Ca’ Moon”, la mia prima prova d’attore! Per me sarà una grande sfida, un mettermi alla prova: ma sono coadiuvato da un cast importante e da un bravo regista, quindi vado sul sicuro. Seguiteci sulla pagina Facebook “Ca’ Moon” per rimanere aggiornati sul nostro “work in progress”! Ho altri progetti legati al cinema e alla TV, ma non posso ancora svelare dettagli. A Febbraio, poi, mi ritroverete all’ immancabile appuntamento con il Carnevale di Venezia...Ne parleremo nella prossima puntata di questa rubrica. Per quanto riguarda i buoni propositi, vorrei riuscire a stare con i miei affetti più cari anche durante l’ anno, perche ce n’è bisogno. E poi, sviluppare i progetti professionali di cui sopra! Sempre a proposito di progetti: ce n’è uno, stupendo, che vorrei anticiparvi. Al Teatro Goldoni di Venezia, il 9 Gennaio prossimo, Andy e Morgan dei Bluvertigo faranno un omaggio a David Bowie insieme alla band dei White Dukes e sarò io a condurre lo show. A mia volta, racconterò la relazione di Bowie con Lindsay Kemp e renderò quindi omaggio al mio grande mentore. Sono felicissimo che Andy e Morgan mi abbiano chiesto di partecipare a questa loro “esecuzione” (mi piace molto la definizione che hanno scelto: “eseguono” David Bowie come si potrebbero “eseguire” Mozart o Beethoven) nel più importante teatro – dopo La Fenice – di Venezia. Sarà un evento magnifico e prestigioso a cui prenderò parte subito dopo le vacanze di Natale!

 

Maurice e l’ amica artista Florence Aseult al Fondaco dei Tedeschi per lo shopping natalizio

 

La locandina del tributo a David Bowie di Andy e Morgan insieme ai White Dukes

 

Photo courtesy of Maurice Agosti

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: suggestioni di viaggio e note d’incanto tra Kiev e il Bel Paese

 

Dal nostro ultimo incontro (rivivilo qui), lo scenario è mutato radicalmente: alla Rotonda a Mare di Senigallia si sostituiscono le cromie rosso-oro del foliage, ma nel Principe non c’è certo traccia di spleen autunnale. Rinvigorito da affascinanti trasferte all’estero, deliziato dalle scoperte che gli riserva una quotidianità colta nel suo lato magico, racconta a ruota libera episodi, progetti e aneddoti trascinandoti in un vortice di energia. L’ estate si è conclusa con una nota di tristezza: la morte del suo mentore Lindsay Kemp ha toccato profondamente il Principe. Eppure, questa malinconia è stata presto sublimata da accenti di creatività pura. Il tributo a Kemp che ha organizzato a Venezia, durante la Biennale del Cinema, ha letteralmente ipnotizzato il pubblico. Ma soprattutto, ha evidenziato ancora una volta la potenza incredibile di un’ Arte che scaturisce dal cuore: è qui che confluiscono il genio, la verve istrionica e il travolgente carisma del Principe Maurice.

Lascio a te la parola affinché possa descriverci questa splendida esperienza veneziana.

Alla 75ma Mostra del Cinema ho fatto un red carpet con la mia amica Guia Zapponi, bravissima attrice. E’ stato divertente, ma la cosa più importante per me è stato l’esser riuscito a organizzare un “flash mob” in omaggio a Lindsay Kemp. Da solo non avrei mai potuto farlo, ero troppo coinvolto emozionalmente. Ho quindi chiesto aiuto a Andy dei Bluvertigo. Ci siamo detti, “Perché non ripercorriamo l’incontro tra Kemp e David Bowie?”, dove io avrei interpretato Lindsay e Andy, David. A lui l’idea è piaciuta tantissimo e l’abbiamo messa in atto. Senza invito esclusivo, senza pass, senza registrazione…L’abbiamo messa in atto e basta, sulla Terrazza della Biennale che ha cominciato subito ad affollarsi: la gente sentiva che stava succedendo qualcosa. Ho esordito con un djset, poi mi sono trasformato in Lindsay Kemp ed intonando insieme a Andy “The man who sold the world” è partito questo set glam rock. E’ stato un successo, non mi aspettavo che arrivasse così tanta gente! Poter ricordare Lindsay e David, per me, è stata una grande consolazione. Non abbiamo fatto tanta pubblicità, il che ha richiamato il pubblico giusto: a quanti realmente interessa essere toccati nell’ anima, quanti partecipano solo per esibirsi? Il nostro è stato un anti-red carpet party fatto col cuore.

 

 

 

Il Principe con Andy Fluon in “Stardust – Tribute to Lindsay Kemp and David Bowie” alla Biennale del Cinema

Abbandonate le atmosfere vacanziere, ci ritroviamo in un Autunno già inoltrato. Come hai inaugurato la nuova stagione?            

Andando verso est, e la prima tappa è stata Kiev in compagnia della mia amica e manager Oksana Kuzmenko. A Kiev sono andato per relazioni pubbliche, più che per lavoro, e ho avuto modo di incontrare Aleksandr Lobortas: un gioielliere straordinario entrato nel Guinness dei Primati. Con Oksana, nel suo atelier bunker, abbiamo ammirato dei gioielli stupendi per un pomeriggio intero. E’ stato un incontro stupefacente, per la preziosità e la bellezza di quel che ho visto! Sono riuscito ad ispirare, a mia volta, Lobortas, che presto creerà una serie di stilografiche gioiello “forgiate” sul mio personaggio. Quei momenti sono stati da sogno: mi hanno impressionato la passione, l’entusiasmo, la creatività. I monili che ho ammirato rievocavano Fabergé, gli zar, sono creazioni stratosferiche valorizzate da un’accurata ricerca sulla sfaccettatura delle pietre. In quei giorni, poi, a Kiev ricorreva San Michele e abbiamo visitato un luogo sacro ed incredibile. Pecherska Lavra è un monumentale complesso di monasteri in stile ortodosso (quindi architettonicamente molto ricco), uno dei quali è costruito su una rete di catacombe e di cunicoli.

 

Pecherska Lavra, a Kiev

L’ atmosfera di grande spiritualità al suo interno viene esternata da una solennità che incarna il senso della devozione. Ho vissuto una sorta di estasi mistica scaturita dalle sonorità, da ciò che vedevo, dai rituali monastici…Rimango sempre molto colpito da queste espressioni. Di Kiev mi porto dentro, quindi, due episodi speciali. Quello con Lobortas è stato un incontro di anime, ma la preziosità che ci circondava era tale da renderlo surreale. A Pecherska Lavra, invece, la spiritualità era talmente intensa da risultare struggente. Dall’ Ucraina ci siamo poi diretti verso Baku, dove avevo in programma una performance in un importante locale.

 

Il Principe insieme a Oksana Kuzmenko e al grande gioielliere Aleksandr Lobortas

Approfitto di questo suggestivo spunto per chiederti: che rapporto hai con il divino?

Non posso non credere in un’entità superiore che potrei definire con la natura stessa: l’espressione massima della divinità per me è già visibile nell’ erba che cresce, nel fiore che sboccia, perché è tutto grande e meraviglioso. Questa energia potente, che crea la vita e la distrugge, è sicuramente identificabile con un senso del divino che mi porto dentro. Mi affascinano le storie, i messaggi, le filosofie orientali, però sostanzialmente credo che Dio sia in ognuno di noi e in ogni cosa bella o drammatica che vediamo quotidianamente. Mi affascinano i riti: anche quello che compivamo noi nelle discoteche, in fondo, era una sorta di rituale. Naturalmente, nel rito religioso il livello filosofico e spirituale è molto diverso. Più alto e radicato nelle tradizioni.

 

Una delle cupole dorate di Pecherska Lavra

Baku è famosissima per il suo circuito di Formula 1. Come la trovi a livello di “movida” e di pubblico della notte?

Ho preferito Baku al di fuori del circuito della Formula 1 perché l’ho trovata molto più gradevole, meno caotica. Questa volta me la sono goduta perfettamente e ho notato che c’è gente bella, elegante, che ad ogni età ama vivere la città. Per il compleanno del Jack Daniel’s mi sono esibito in una sorta di area “dei docks”, piena di movida: un locale attaccato all’ altro e tutti ispirati a diverse nazioni. La mia performance si è tenuta al Madrid Bar, che in realtà è un bellissimo locale all’aperto. A Baku adorano il dinner show, mangiare e poi ballare è una formula che funziona! Quindi, ho cantato durante una cena spettacolo: è stata una serata un po’ in stile America anni ’20 del proibizionismo, dato che inneggiava al whiskey, ed io mi sono esibito con gran divertimento in uno dei personaggi che ogni tanto mi saltan fuori. Il successo è stato enorme, ma la cosa più bella è stata aver potuto godere della città. A Baku la gente, di sera, esce anche solo per passeggiare. C’è voglia di incontrarsi, di girare, molta vivacità. Nei parchi trovi chi chiacchiera sulle panchine fino a tardi…C’è voglia di comunicare e di sedursi. Questo mi è piaciuto proprio tanto!

 

Il compleanno del Jack Daniel’s al Madrid Bar di Baku

Tornato in Italia, poi, sono stato coinvolto nelle celebrazioni del 50nario di un’azienda di tecnologia molto importante del senese. E’ nata dall’ intuizione di due meccanici che hanno elaborato una teoria per la lavorazione del legno ora esportata in tutto il mondo: una di quelle belle realtà che danno lustro alla nostra creatività anche nel campo della tecnologia. E’ stato bello festeggiare in questa azienda familiare, con il suo patriarca, tutta riunita attorno a quel successo. Nel senese ho anche scoperto una tenuta, “La Fratta”, che dal 1208 appartiene alla stessa casata. E’ un mondo incantato, un’ oasi d’eccellenza da godere con tutti i cinque sensi. Il mio ritorno in Toscana mi ha fatto riscoprire come il senso della famiglia sia ancora fondamentale, nella società italiana, per creare delle cose belle. E per “famiglia”, bada bene, io intendo anche il gruppo di amici e collaboratori storici che diventano tali. “Famiglia” come confidenza, stima, fiducia reciproca…Questo legame fatto di sogni e di speranze condivise è ciò che mi è più rimasto impresso nel mio vagare tra Kiev e il Bel Paese.

 

 

Stai diventando sempre più internazionale, a livello di performance. Qual è l’atout del tuo successo oltreconfine?

Il mio è il linguaggio universale dell’arte vera, quella vissuta con il cuore, dove la magia e la fantasia sono importanti ma lo è soprattutto un animo sincero. Io non fingo, le mie emozioni sono autentiche. Mi piace l’idea di riuscire ad arrivare con uno sguardo dentro qualcuno e di rapirlo, di portarlo nel mio mondo: con la grande convinzione di essere esattamente quello che desideravo essere in quel momento lì per quella persona.

Torniamo in Italia, e più precisamente alla Villa delle Rose di Riccione. Dove so che ti sei esibito, il 15 Settembre scorso, insieme alla Contessa Pinina Garavaglia…Che ci racconti di quella serata?

In realtà ho fatto semplicemente da chevalier a Pinina, la nostra è un’amicizia che risale addirittura agli anni ‘80. Quella serata è stata un’occasione per rivedere vecchi amici fuori dall’ ambiente del Cocoricò, fuori dall’ ambiente della techno ma più orientati verso l’house. Durante la cena mi sono esibito a livello canoro: il dinner show è un mio must, ultimamente!

 

 

Tu e Pinina Garavaglia: cosa pensi del suo look e del suo lifestyle iper flamboyant?

Ho conosciuto Pinina Garavaglia nella “Milano da bere” degli anni ‘80, quando lei lavorava come PR di locali importanti come l’Amnesie e la Belle Epoque. Pinina intuì subito le mie potenzialità nel mondo della notte, nonostante all’ epoca lavorassi in banca: cominciò a “utilizzarmi” nelle sue serate in maniera simpatica, non certo per lavoro ma più per divertimento. E’ stata lei a darmi un imprinting. Il suo motto “Audace ci piace” è senza dubbio la sintesi di come siamo entrambi, anche se poi io ho virato su una teatralità più dark, più riferita al mondo di Lindsay Kemp. Adoro Pinina, la stimo moltissimo: ha un’immensa cultura, una grande ironia e soprattutto una potente inventiva. E’ appassionata di antiquariato, musica, letteratura…Con lei, insomma, non posso che andare d’accordo sotto tutti i punti di vista. Il suo look è sempre “esagerato”, ma curato, quindi ci sta! Ed è tutt’altro che effimera: l’effimero è un concentrato di emozioni fugaci che resta nelle retrovie dell’anima, se intriso di preparazione e di eleganza.

 

Il Principe Maurice e la Contessa Pinina Garavaglia

Due personaggi come voi, accomunati dal gusto barocco e dall’ amore per la notte, ne avranno vissuti, insieme, di aneddoti! Puoi raccontarcene uno?

Sicuramente lo straordinario incontro con Andy Warhol, che nell’ ’87 Pinina ospitò a Milano dopo il vernissage dell’esposizione del suo Cenacolo. Famosa in tutto il mondo come “contessa rock”, Pinina diede un ricevimento a casa sua: ricordo questo bellissimo divano di velluto rosa di fronte a un camino barocco. Andy Warhol se ne stava seduto lì da solo, silenzioso, quasi imbambolato. Chiesi a Pinina se potevo avvicinarlo, mi disse che potevo. Così andai e mi sedetti accanto a Warhol: lo ringraziai di essere venuto a Milano, gli espressi la mia gioia per incontrarlo di persona…Lui non rispose nulla, girò la testa lentamente e mi guardò. La sua espressione era un po’ infastidita, del tipo “Che vuoi? Lasciami nel mio torpore!”, però per me fu un grande onore. Il suo sguardo era sempre nel vuoto, ma a me guardò negli occhi e io fui felice! Mi sembrò anche di percepire una leggera curva sul suo labbro, come a dire “Guarda questo, che faccia tosta!”…Credo che avesse apprezzato il mio coraggio. Quell’ impercettibile confidenza nei miei confronti mi diede potere, mi diede lustro quella sera: fu proprio divertente!

 

 

Per concludere, una domanda sui tuoi progetti non può mancare…

Il 13 Ottobre è in programma un evento dedicato alla presentazione di un progetto cinematografico di cui parlerò più avanti. Il mio autunno sarà incentrato sugli sviluppi di questa pellicola, che mi vedrà protagonista per la prima volta nonché coautore della sceneggiatura. Vi darò tutti i dettagli al momento giusto: è un progetto a cui tengo tantissimo, che darà una svolta alla mia carriera. Sarà una bella prova! E io ci sto dentro, ho voglia…Il film verrà realizzato completamente in Veneto – con sottotitoli in italiano ma anche in inglese, perché la produzione sarà internazionale – e questo valorizzerà il territorio, la storia, le tradizioni, addirittura l’enogastronomia della regione straordinaria nella quale vivo e che tanto amo.

 

Photo courtesy of Maurice Agosti

 

“Burlesque Extravaganza”: l’opera prima di Grace Hall esce in DVD

 

Star del Burlesque, attrice, showgirl, conduttrice, e ora anche regista e produttrice: di Emma Nitti, alias Grace Hall, non si può certo dire che non sia uno spirito eclettico. Chi segue VALIUM la ricorderà nelle vesti di presentatrice del Summer Jamboree 2017, intervistata insieme ai colleghi (Eve La Plume e Jackson Sloan) che la affiancavano sul palco del Festival che Senigallia dedica alla Musica e alla Cultura anni ’40 e ’50 (leggi qui l’ intervista a Grace Hall e ai conduttori dell’ ultima edizione della kermesse).  Da allora, Grace non se ne è stata con le mani in mano. Proprio ieri, ad esempio, “Burlesque Extravaganza” – il documentario che ha diretto e prodotto  in coproduzione con la Zed Film – è uscito in home video con la 30 Holding ed è già acquistabile su Amazon.it: un bel traguardo per la vulcanica diva dell’ Art of Tease! Ed esplosiva è anche la pellicola in cui esplora il Burlesque nella sua dimensione più pura e autentica. “Burlesque Extravaganza” nasce “on the road”, è un diario di viaggio che Grace ha concepito durante una tournée tra Nord Europa, Stati Uniti e Canada catturando umori e suggestioni  di un mondo intriso di profondo fascino. Su tutto, spicca la magia: nel Burlesque la danza, il canto, l’ abilità, il circo si intrecciano al trasformismo e alla fantasia, coniugano talento e arte e trionfano grazie a un unico denominatore comune, la passione. Addentrarsi nel pianeta Burlesque è  aprire una magic box ricolma di lustrini, immergersi in atmosfere che scintillano di incanto.

 

La locandina del docufilm

 

Dietro ogni act si cela un febbrile fermento creativo. Spazia dalla ricerca di coreografie sempre nuove alla creazione del costume di scena, passando per l’ ideazione del make up e dell’ acconciatura. Grace racconta questi rituali attraverso le voci dei protagonisti, performer diversi per nazionalità ed etnia ma anche per tipologia fisica: perchè non dimentichiamo che il Burlesque ha anche svolto un ruolo decisivo nella lotta contro gli stereotipi di bellezza. Celebra il corpo in tutte le sue forme, taglie, dimensioni; non esiste un unico standard, qualunque donna può essere bella: l’ Arte del Tease e lì a ricordarglielo. E’ così che il film di Grace Hall, tra memoir di viaggio, interviste in backstage e rutilanti show, stimola una riflessione sulle virtù terapeutiche del Burlesque e lo elegge ad importante strumento nel percorso dell’ accettazione di sé.

 

 

Imparare a conoscere il proprio corpo, padroneggiarlo nel linguaggio gestuale è imparare ad amarsi, prendere coscienza del proprio potenziale, incentivare la fiducia in se stesse.  Coltivare l’ Arte del Tease significa riscoprire una seduttività fatta di grazia, giocosità e ironia: è diventare “soggetto” valorizzando una femminilità che si riappropria dei propri atout e prende linfa da una nuova consapevolezza. Con un pizzico di stravaganza – anzi, di “Burlesque Extravaganza” – che accentua ed esalta l’ irripetibile unicità individuale.

 

 

Grace dietro la cinepresa: Ciak, si gira!

 

Per saperne di più:

www.gracehall.it

www.zedfilm.it

www.iltempiodelburlesque.it

www.burlesquextravaganzathemovie.com

 

Photo courtesy of Emma Nitti

 

Tributo a Giulio Cingoli, Maestro del cartoon italiano

” Guardare un animatore mentre sta movimentando un personaggio è divertente perchè sul suo viso passano tutte le espressioni che sta disegnando. Il suo disegnare è una recita.”

Giulio Cingoli, da “Il gioco del mondo nuovo”

Milano, 1954, Piazza della Scala. Nella foto in bianco e nero Giulio Cingoli è ritratto di profilo, sullo sfondo di una coltre di nebbia.  Accanto a lui, Arnaldo Pomodoro in quel che si scoprirà essere un abile fotomontaggio: i due artisti si erano immortalati a vicenda nella cornice della piazza nebbiosa divenuta quasi onirica, irreale. Un’ immagine che potrebbe essere la metafora della vita di Giulio Cingoli, Maestro dell’ animazione italiana e creativo che ha ripartito il suo genio tra pubblicità, cartoon e regia. Giulio si è spento ieri, a 90 anni, nella Milano che aveva coronato il suo sogno oltre mezzo secolo prima:  nato ad Ancona dove lavorava all’ ufficio del Genio Civile, piantò baracca e burattini inseguendo il desiderio di diventare illustratore. Impresa non facile in un’ era che inneggiava al mito del “posto fisso”, tant’è che a suo padre fece credere, per anni, che nella città meneghina lavorasse come impiegato. E fu proprio tra le brume di Milano che trionfò “il pupazzettaro”, come lo chiamavano ad Ancona. A soli 26 anni divenne il primo “fornitore” RAI di cartoons e nel 1962 fondò lo Studio Orti, società di produzione e punto di riferimento per coloro che ruotavano attorno al cinema di ricerca ed alle nuove arti figurative. Il boom dello Studio Orti lo portò a lavorare con nomi del calibro di Zavattini, di Fellini (per il quale collaborò al Satyricon), a realizzare cartoons, documentari, film sperimentali e spot pubblicitari (ricordate il celebre spray che gli insetti “Li ammazza stecchiti”?). La sua liason con la TV proseguì con il lancio di programmi come Nonsolomoda, Videosera e, nell’ ’87, della RaiTre di Angelo Guglielmi.  Nel 2002 tornò al suo vecchio amore per l’ animazione dirigendo Johan Padan a la descoverta delle Americhe, film ispirato a un monologo di Dario Fo che riscosse grande successo a Venezia. Recentemente, Cingoli aveva trovato persino il tempo di dare alle stampe un libro autobiografico, Il gioco del mondo nuovo, pubblicato per i tipi di Baldini & Castoldi nel 1996. Ma nonostante il successo, nonostante i numerosi riconoscimenti ottenuti – il premio IBTS Immagina (1990 e 91), il premio Asifa alla carriera (1995), l’ Attestato di Civica Benemerenza del Comune di Ancona (2003), l’ inserimento nell’ elenco dei 100 marchigiani illustri del Resto del Carlino (2005), solo per citarne alcuni – il “pupazzettaro” non si tramutò mai in un “homo oeconomicus”: riaffiorano flash della sua aria svagata, delle sue continue divagazioni da artista e, al tempo stesso, della sua saggezza profonda. Quel che segue è un estratto dall’ intervista che mi concesse per Innovazione e tradizione, periodico edito dalla Fondazione Carifac e dalla Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, nel 2005.

Vive a Milano da ormai 53 anni. Quali ricordi, delle Marche, si porta dentro e cosa la colpisce della realtà marchigiana attuale?

Quando ci si separa da persone e territori, tornando si pretende che nulla sia cambiato. Mentre si accetta ogni sorpresa da terre sconosciute, non si accetta il luogo natio modificato. Dove si è nati si ritorna per recuperare cose perdute. Ma è solo una speranza perché il luogo dei ricordi, col tempo, si è tutto trasformato. La vita è un racconto di vita, come ci insegna il nostro poeta di Recanati: il racconto di vita è quello che riusciamo a percepire di noi stessi, sia che giriamo il mondo, sia che restiamo fermi dove siamo… Faccio fatica a non sovrapporre le immagini delle Marche stampate dentro di me, del mio tempo, con quelle viscerali vissute con me da sempre. Quando vengo nelle terre dell’infanzia e della giovinezza, mi guardo attorno per rinverdire i ricordi, ma non penso a una trasformazione. Tutto si riempie di tutto. Una cosa è certa, la nostra terra è accoglientissima e serena. Le rocce sul mare sono figurazioni nostalgiche e le colline raccontano una strana pace. La gente sembra tranquilla, ma da qui a una soddisfazione diffusa non mi misurerei. La felicità non è di moda.

Il manifesto del film “Johan Padan a la descoverta delle Americhe”

“Milano faticherà sempre a produrre cinema, sarà un cinema molto civile e umano (…) Il grande circo carnale si può fare solo dove soffiano venti caldi e stravolgenti.”, scrive ne ‘Il gioco del mondo nuovo’. Hai mai pensato di spingersi tra i venti di scirocco della capitale per avvicinarsi al cinema fatto di attori in carne ed ossa?

No. Fo mi ha fermato per strada e mi ha fatto la proposta per il ‘Johan Padan’, ma di cartoons si trattava. Purtroppo uno dei produttori si è messo in competizione contro me e Fo, nella speranza di poter firmare anche lui, come autore. I conflitti con questo produttore hanno creato molte difficoltà e gravi mutilazioni alle scene. Il cinema ormai è cresciuto su tecnologie sofisticatissime, al punto che un produttore può imporre soluzioni con le sue attrezzature digitali, ignorando le richieste della regia. Il risultato è un conflitto permanente. Io non ho lavorato con grandi attori, ma questo produttore mi ha fatto capire quanto è difficile governare un film.

Come è nata l’idea di adattare cinematograficamente proprio quel determinato testo di Fo?

Ho conosciuto Fo e Franca Rame in RAI, durante la sfortunata serie della ‘Canzonissima’ del ’62, ritenuta dalla RAI troppo politica. Da allora, ci siamo sempre frequentati. Io e Fo abitiamo nello stesso quartiere. Filmavo sempre i suoi spettacoli ed era fatale che prima o poi ci saremmo misurati con un lungometraggio.

La copertina de “Il gioco del mondo nuovo”

A Arnaldo Pomodoro la lega un solido rapporto di amicizia iniziato a Milano, ai tempi del vostro comune impiego al Genio Civile; entrambi, ‘emigrati’ dalle Marche perseguendo sogni e passioni. Cosa è rimasto, in voi, di profondamente marchigiano?

Arnaldo e io siamo stati legati da una preveggenza. Lui era geometra al Genio Civile di Pesaro, io geometra al genio Civile di Ancona. Le nostre vite si sono incrociate più volte, ma non ci siamo mai incontrati. Poi, io ho chiesto il trasferimento al Genio Civile di Milano e lui pure. Qui ci siamo incontrati, quasi come se tutto il resto fosse stata una premonizione: a Milano, abbiamo contemporaneamente lasciato l’ufficio del Genio Civile e abbiamo costruito i nostri studi. Sempre unito l’uno all’altro. Arnaldo ha fatto un percorso straordinario e io l’ammiro molto, siamo legati da tutto…

In che modo pensa che la vostra ‘marchigianità’ vi abbia supportato (o meno) nella ricerca dell’affermazione professionale al di fuori della terra nativa? 

Nei bar di Brera, a Milano, dove si incontravano poeti, scrittori, pittori, scultori, attori, ecc. mi chiamavano ‘il pupazzettaro’, esattamente come ad Ancona. Tutto ci cambia attorno e per noi è una ginnastica infinita quella di modificarci. Mentre, contemporaneamente, tutto resta sempre come siamo.  Il pittore Cazzaniga, caro amico milanese, sceso a Portonovo per appropriarsi di una natura e di un clima estraneo a lui, ha portato a Milano quadri bellissimi di fiori e ambienti, come se fosse nato là. Poi, per nostalgia, la nebbia del nord l’ha risucchiato…La ‘marchigianità è un insieme di dolcezze e di misure. Penso le Marche come un genio dell’equilibrio, saggio (assieme all’Umbria), colto, ancora un po’ contadino, con una civiltà del vivere rara e non esibita. Non so se industrie manufatturiere troppo grandi non ne possano alterare lo stile di vita. Forse la mia distanza me la fa immaginare più dolce di quanto non sia, ma le terre natie si pensano e si sognano così.

Come vorrebbe essere maggiormente ricordato dai posteri? Regista, illustratore, cartoonist, pubblicitario o…?

Ad Ancona mi chiamavano ‘il pupazzettaro’. Spero di restare così.

 

 

Photo courtesy of Giulio Cingoli

Un ringraziamento alla Fondazione Carifac e a Veneto Banca per aver autorizzato la pubblicazione

 

 

 

 

Roberto Cavalli presenta Psychotic Love

 

Un film fuori dagli schemi, composto da sequenze fotografiche che sviluppano un storia espressa dal titolo – Psychotic love – in modo calzante: è il progetto più recente di Roberto Cavalli, che si avvale della direzione creativa di Rachele Cavalli e degli scatti di Diego Diaz Marin. Un progetto mirato a promuovere la nuova collezione accessori del brand evidenziando, in particolar modo, l’ iconica Hera bag. Protagonista del film è una star volitiva e ribelle, fortemente caratterizzata da una fluente chioma di capelli ramati, che si muove nei dintorni di una immensa magione di campagna – e poi al suo interno – senza mai separarsi da una gallina nè dalla sua Hera bag. Le esperienze che vive, sequenza dopo sequenza, evidenziano un suo disagio crescente sempre più ossessivo accompagnato da una progressiva variazione nei colori delle immagini, che si tramutano in toni inesorabilmente dark di pari passo con l’ implosione psichica della protagonista. Il film intanto, enfatizzando i superglamourous accessori del brand, si snoda tra tonalità di estremo impatto che amalgano, in modo artistico, gli outfit della ‘donna sulla crisi di nervi’ all’ ambiente circostante quasi mimetizzandoli in esso. Le sequenze lasciano sporadicamente spazio a scatti in cui il corpo della star si moltiplica a dismisura e crea giochi geometrici intrecciandosi con elementi dello sfondo, dando vita a sorprendenti effetti psichedelici. Le foto di Diaz Marin sono splendide realizzazioni artistiche che eccellono sia nel ritrarre le ambientazioni in esterno che in interno, partendo dalla sorta di iniziale trip ‘bucolico’ della protagonista fino ad arrivare alle claustrofofiche crisi nella sua cupa abitazione. La scena finale del film mostra la star in procinto di abbandonare tutto: circondata da bagagli e valigie di ogni tipo, si appresta a salpare verso la sua nuova esistenza. La Hera Bag, naturalmente, è lì ad accompagnarla, irrinunciabile compagna di vita e di avventura. Come dire: si può rinunciare a tutto, mai allo stile. (Nelle immagini, alcune sequenze del film).