La cucina lappone: prodotti, sapori e piatti tradizionali della terra dei Sami

 

Conoscere la cucina lappone è conoscere la cucina Sami, i suoi piatti tipici e la sua arte culinaria. I Sami, dei quali il 6 Febbraio si celebrerà la Giornata Nazionale, hanno da sempre guardato alla renna come a una risorsa suprema, basilare per la loro sopravvivenza. Ne abbiamo già parlato; oggi ci soffermeremo sulla grande importanza che questo animale riveste, sotto l’aspetto gastronomico, per l’unico popolo indigeno riconosciuto d’Europa, ma scopriremo anche quali sono i cibi, i prodotti e le pietanze tradizionali delle lande della Lapponia.

 

La carne di renna

 

La carne di renna rappresenta il cardine della tradizione culinaria Sami: viene preparata in svariati modi e sottoposta alle più disparate lavorazioni. Può essere essiccata, affumicata, marinata e consumata sotto forma di succulenti zuppe o stufati. La cottura richiede diverse ore, basti pensare che per la preparazione del suovas (uno dei piatti più conosciuti anche al di fuori delle regioni lapponi) ne occorrono otto. La carne, tagliata in fette molto sottili, viene salata e affumicata direttamente sul fuoco; poi viene condita con pepe nero, verdure, mirtilli rossi, funghi in agrodolce e panna acida. Il suo sapore è unico: coniuga gli accenti selvatici con il gusto intenso conferito dall’essiccatura. Non è un caso che con il suovas si preparino anche dei deliziosi panini.  Sempre a base di carne di renna, il gurpi è un salame che i Sami arricchiscono con il grasso dell’animale e accompagnano a diversi alimenti: confettura ai frutti di bosco, insalata, puré di verdure e via dicendo.

 

Il pesce

 

Siamo nel Grande Nord, e il salmone è il re del pescato. Nei corsi e negli specchi d’acqua lapponi se ne trova in quantità, insieme alle trote e ai salmerini. La pesca, in Inverno, costituisce un vero e proprio rituale: quando il ghiaccio ricopre i laghi e i fiumi, nessuno vuole rinunciare al piacere di questo sport. Così, accanto a chi approfitta delle superfici ghiacciate per pattinare, è possibile scorgere un gran numero di persone che praticano la pesca sul ghiaccio: basta creare un foro dove verrà inserita la canna da pesca. I piatti tipici a base di pesce includono il salmone con salsa alla panna acida, le aringhe affumicate con cipolle, la lampreda cucinata alla griglia, i timballi con pesce e piselli e una speciale torta, la kalakukko, composta da un involucro di pane azzimo farcito con pesce e pancetta.

 

I formaggi

 

Essendo ricca di capre, la Lapponia abbonda di latte caprino da cui si ricavano golosissimi formaggi. Sono soffici e hanno un gusto irresistibile, tant’è che i Lapponi non esitano ad abbinarli al pane e alla carne. Esistono formaggi annoverati tra le eccellenze gastronomiche della terra dei Sami: ad esempio il munajuusto, a base di uovo, o il kutunjuusto, un tipico caprino. Ma il formaggio più sorprendente è senza dubbio quello incluso nel kaffeost. Si degusta nella kuksa, la tradizionale tazza intagliata nel legno di betulla che i Sami crearono secoli orsono. La kuksa viene riempita di caffè bollente senza dolcificante; nella bevanda si immerge poi un formaggio duro, il Leipäjuusto, che viene “ammordibito” dal calore del caffè. La bontà di questa miscela è tale da aver promosso il kaffeost a ricetta di tendenza.

 

 

I frutti di bosco

 

Dal sottobosco lappone si originano tutti quei sapori che impreziosiscono la cucina Sami di note uniche. I funghi e i frutti di bosco svolgono un ruolo di primaria importanza al riguardo. A proposito di frutti di bosco, citare il lingon è tassativo: questo mirtillo rosso selvatico è celebre in tutto il mondo. Ha un gusto dolce, un pizzico amarognolo, e contiene acido benzoico naturale; si tratta di una pianta altamente benefica, dalle notevoli proprietà antiossidanti. Con il lingon, in Lapponia (ma anche in Svezia) vengono prodotte salse e confetture in grande quantità. Altri frutti di bosco molto diffusi sono il camemoro (detto altresì mora artica o cloudberry, che è poi il suo nome in inglese), con le sue inconfondibili bacche arancioni, e il mirtillo nero. Durante l’Inverno, i frutti di bosco in polvere sono presenti in svariate ricette lapponi.

 

 

Il pane

 

Che tipo di pane si mangia in Lapponia? Ne esistono due. Il mjukkaka è una sorta di focaccia tondeggiante, grande più o meno come un piatto, molto comune nella Lapponia svedese. Si prepara con ingredienti quali la segale, il lievito, la margarina, l’acqua, il sale e il latte, a cui vengono aggiunti il cumino e altre spezie del luogo. Il knäckebröd è invece un pane croccante tradizionale svedese, molto sottile, composto di farina di segale, sale e acqua; i Lapponi hanno aggiunto a questo tipo di pane semi di senape e ravizzone.

 

I dolci

 

In questo settore, le contaminazioni prevalgono. Nella Lapponia svedese, ad esempio, dolcetti come i kanelbullar (girelle alla cannella) e i chokladbollar (palline al cocco e cioccolato) regnano incontrastati. Da segnalare anche le caratteristiche caramelle alla liquirizia salata dei paesi nordici, le salmiakki: ricche di cloruro di ammonio, hanno un gusto quasi piccante scaturito dal mix tra il sapore salato del cloruro e la dolcezza dello zucchero.

 

 

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Foto del kaffeost di Mia is a Geek via Flickr, CC BY-NC-SA 2.0

Foto delle salmiakki di Marcin Floryan, CC BY-SA 2.5 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5>, via Wikimedia Commons

 

Cibo d’estate: la libertà di scegliere il piatto unico

 

Estate è anche libertà di gestire i propri pasti; scegliere il piatto unico, ad esempio, inglobando i classici primo, secondo e contorno in un’unica portata: per risparmiare tempo e alleggerire la dieta. Il caldo asfissiante rallenta la digestione, dimezza l’appetito e rende necessario eliminare i cibi troppo elaborati o pesanti. Il piatto unico, di conseguenza, diventa un’ottima soluzione: innanzitutto è veloce da preparare, poi permette di sperimentare un gran numero di ricette mettendo la fantasia alla prova. Possiamo abbinare gli ingredienti più disparati, dando vita a un connubio sia all’insegna del gusto che della salute. In un paese come il Venezuela, la pietanza unica è una tradizione talmente consolidata da essere stata assurta a piatto nazionale: il Pabellon Criollo è ben noto a chiunque abbia visitato la “piccola Venezia” (questo il significato del nome “Venezuela” in italiano rinascimentale) affacciata sul “Caribe”; si compone di riso bollito, carne saltata con verdure, fagioli neri e platano fritto (una banana tropicale del genere Musa diffusissima in America Latina).

 

Il Pabellon Criollo, piatto tipico del Venezuela

E voilà, lo spunto è servito: possiamo creare dei gustosi mix utilizzando il riso, alcuni tipi di pesce, certe verdure…non esistono limiti all’inventiva. Il piatto unico può essere realizzato con ricette calde o fredde, ma è immancabilmente veloce e facile da preparare.

 

 

Portare a tavola un’unica pietanza, ma completa, è una scelta che in estate comporta non pochi vantaggi: libera dalla schiavitù delle lunghe ore passate ai fornelli, privilegia gli alimenti sani ma gustosi e incentiva la sfiziosità delle portate. Qualche idea per gli ingredienti da “miscelare”?  Le verdure, il tonno, il riso, l’insalata, i frutti di mare, i ceci, i pomodori (perfetti per essere farciti a proprio piacimento), il farro, i peperoni, i pomodorini, le uova sode…senza dimenticare formaggi invitanti come la feta, la scamorza e la mozzarella.

 

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Foto del Pabellon Criollo Byfreddygutierrez, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

La colazione di oggi: il miele di Tarassaco, quando “precocità” fa rima con “pregiatezza”

 

Il miele di Tarassaco è un miele pregiatissimo, molto particolare. Innanzitutto è un miele precoce, perchè il Tarassaco, un fiore più noto come “dente di leone”, inizia a sbocciare tra Marzo e Aprile, quando le api non hanno ancora energia sufficiente per volare in massa a succhiare il nettare. Rispetto al miele di ciliegio, precoce anch’esso, sfoggia una tonalità giallo oro e un profumo inconfondibile, molto intenso, speziato e un po’ pungente. A questo mix si aggiungono accenti di camomilla che per contrasto esaltano la dolcezza del suo sapore. Ma torniamo al fiore da cui si ottiene: il Tarassaco (nome botanico Taraxacum Officinale) è una pianta erbacea selvatica appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Diffuso in ogni parte del globo, è riconoscibilissimo grazie all’ infiorescenza color giallo brillante che lo contraddistingue. La sua fioritura, che comincia al principio della Primavera, prosegue fino all’Autunno inoltrato. Quando raggiunge il picco, tra Maggio e Giugno, si espande in ampie distese della stessa gradazione del sole. Una curiosità: il ciclo vitale del Tarassaco ha la durata di un giorno, però per ogni fiore che muore altri ne nascono a decine.

 

 

Le api vengono immediatamente attirate dalla vibrante tonalità del Taraxacum Officinale, e raccolgono il suo nettare in dosi massicce. Quali sono, quindi, le caratteristiche del miele di Tarassaco? Bisogna premettere che è un miele raro e non è semplice reperirlo in commercio. Detto questo, di primo acchito colpiscono senza dubbio la sua nuance giallo vivo, molto luminosa, e la sua consistenza soffice e vellutata: il miele di Tarassaco è facilmente spalmabile, oltremodo denso. Altri mieli, tipo quello di corbezzolo o di castagno, ostentano una colorazione dai toni più scuri. Una particolarità del miele di Tarassico è costituita, poi, dal fatto che cristallizza molto velocemente. Inoltre, presenta un’elevata concentrazione di acqua: l’apicoltore provvede a correggerla durante la produzione per evitare che il miele fermenti. Veniamo ora a sensi quali l’olfatto e il gusto. A livello olfattivo, il miele di Tarassaco risulta aspro, molto forte, intriso di accenti che rievocano l’ammoniaca. Se vi sembra una descrizione poco invitante, quando lo assaggerete cambierete idea: il sapore di questo miele è dolcissimo, ricco di note speziate e vagamente agrumate a cui si aggiunge un delicato gusto di camomilla.

 

 

Molto note sono anche le proprietà salutari del miele di Tarassaco, un autentico toccasana per l’organismo. Tra i suoi benefici va segnalata un’efficace azione diuretica, drenante e depurativa: contrasta la ritenzione idrica ed elimina le tossine. In più purifica i reni, il fegato, e le vitamine che contiene lo dotano di straordinarie proprietà energetiche e ricostituenti. Durante la prima colazione, potrete aggiungere il miele di Tarassaco al porridge o utilizzarlo per dolcificare il , lo yogurt o il caffè; spalmandolo su una fetta di pane godrete appieno della sua consistenza setosa, che apprezzerete anche abbinandolo ad alcuni formaggi per dar vita a degli inediti connubi di sapori.

 

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Imbolc, la festività celtica del 1 Febbraio

 

Il freddo è polare, la neve spadroneggia in diverse regioni. Ma lo spiraglio di luce che ha iniziato a manifestarsi dal 21 Dicembre, ormai è evidente: le giornate si sono allungate, il sole comincia a fare capolino e i bucaneve fioriscono, generando un’ illusione di Primavera in mezzo al gelo. A livello temporale ed astronomico ci troviamo nel punto intermedio tra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera. Non è un caso che il 1 Febbraio gli antichi Celti festeggiassero Imbolc, una ricorrenza che sanciva il culmine dell’ Inverno o, in paesi come l’Irlanda, il principio della Primavera. Il nome della festa ha molteplici varianti e significati: “Imbolc”, letteralmente “grande pioggia”, sta ad indicare il periodo di transizione stagionale, ma in senso figurato designa la purificazione dalle “scorie” invernali. “Oimelc”, un’altra denominazione della festa, è sinonimo di “lattazione degli ovini”. “Imbolg”, che testualmente si traduce con “nel sacco”, ha l’accezione di “in grembo”. La Natura, infatti, si prepara a rinascere nel grembo di Madre Terra, e con essa gli agnelli che vedono la luce all’ inizio della bella stagione. Il latte di pecora rappresentava all’ epoca un’ importante fonte nutrizionale: era (ed è) la materia prima per la produzione del burro, del siero di latte e di svariati formaggi, ma conteneva anche una grande quantità di calcio, proteine e vitamine. Dei dettagli di rilievo, ai tempi in cui il sostentamento costituiva la linea di confine che separava la vita dalla morte.

 

 

Un’ altra caratteristica di Imbolc è la sua valenza di “festa della Luce”. Era d’uso accendere lanterne, falò e candele per simboleggiare l’ allungamento delle giornate e propiziare un rapido arrivo della bella stagione. I Celti onoravano Brigid, dea della fertilità, della Primavera ma anche del triplice Fuoco che risplende sui poeti, sui fabbri e sui guaritori, categorie di cui la dea è la protettrice: esiste un fil rouge costante che connette il sacro fuoco dell’ ispirazione, la fucina del fabbro e l’ energia che purifica e guarisce. Il motivo della purificazione è legato al fuoco a doppio filo; per Brigid, il primo dei quattro elementi si associa inoltre alla propulsione vitale, una forza che dalle più profonde viscere della Terra si irradia alle entità naturali e interrompe il loro lungo sonno invernale. Brigid è la giovane dea, nell’ Irlanda celtica veniva considerata anche la patrona dei pozzi e delle sorgenti. La leggenda vuole che sia nata all’ alba di Imbolc (l’alba, collocata a metà tra notte e giorno, era uno dei “luoghi di mezzo” venerati dai Celti); una fiamma arde sulla sua fronte, il cigno è il suo animale totem poichè simboleggia il candore, la regalità e il mutamento. Quando arrivava Imbolc, all’aurora, i Celti accendevano falò in onore di Brigid, ed è sempre la dea del triplice Fuoco che invocavano le partorienti. Le celebrazioni del 1 Febbraio iniziavano immancabilmente al tramonto del giorno prima, perchè per il calendario celtico ogni giornata cominciava al calar del sole.

 

 

Con l’ avvento del Cristianesimo, la festività pagana di Imbolc venne sostituita dalla Candelora, che celebra la presentazione di Gesù Bambino al Tempio di Gerusalemme; durante la messa, la tradizionale benedizione delle candele omaggia la luce di Cristo. La ricorrenza di Santa Brigida, invece, prese il posto dell’adorazione della dea Brigid: la santa, una badessa irlandese, insieme a San Patrizio fu attivissima nell’ evangelizzazione del suo paese.

 

Brigid in un dipinto di John Duncan, “The coming of bride”, del 1917