La colazione di oggi: la melagrana, un frutto magico e portafortuna

 

La melagrana (e non il melograno, che è il nome della pianta) è un tipico frutto autunnale; matura a Ottobre ed ha un aspetto molto particolare. Il suo nome, composto dai termini latini “melum” (ovvero “mela”) e “granatum” (“con semi”), è indicativo: a vedersi sembra una mela, alla quale lo accomunano la forma sferica e il rosso intenso della buccia, ma in realtà è una bacca – chiamata Balausta – dalla texture dura e massiccia. Sul lato opposto a quello del picciolo presenta una protuberanza circolare molto solida che altri non è che una rimanenza del suo calice floreale. All’ interno, la melagrana è suddivisa in sezioni che straripano di semi (gli arilli); la membrana che separa gli scomparti porta il nome di cica. Il melograno, l’albero dal quale la melagrana matura, in botanica è denominato Punica Granatum, appartiene alla famiglia delle Punicaceae e al genere Punica. La pianta è originaria della Persia e attualmente viene coltivata in Iran, nell’ India settentrionale, nel Caucaso e nel Mediterraneo. Per le sue proprietà e per i benefici che apportano, la melagrana è considerata un frutto miracoloso, addirittura magico: possiede potenti virtù antiossidanti e c’è chi la ritiene efficacissima persino contro il cancro.

 

 

Ma quali sono i componenti che la rendono così salutare? Innanzitutto le vitamine, in particolare la vitamina e pro-vitamina A e la vitamina C: quest’ ultima svolge un’azione rafforzante sul sistema immunitario e protegge le cellule dai nefasti effetti dello stress ossidativo; impedendo la sintesi delle sostanze cancerogene, poi, pare che contrasti l’ insorgere dei tumori, soprattutto di quello allo stomaco. Gli arilli abbondano di acqua, zuccheri, fibre, proteine, lipidi e grassi insaturi, che riducono i livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”) a favore del colesterolo HDL (il “colesterolo buono”). La melagrana è inoltre ricca di minerali come il potassio, il sodio, il fosforo, il ferro e il magnesio. Le calorie sono piuttosto contenute, tra le 52 e le 60 per ogni 100 grammi. Di conseguenza, se non soffrite di patologie come il diabete o l’obesità, gustare il frutto non ha controindicazioni di sorta. La presenza di fibre lo rende ottimo contro la stipsi, il potassio modula la pressione sanguigna, l’acqua combatte la disidratazione e reintegra i liquidi persi, ad esempio, con un’ intensa attività sportiva.  Altri benefici della melagrana possono essere riassunti in questo elenco: ha proprietà antidiarroiche, vermifughe, gastroprotettive, diuretiche, antitrombotiche e vasoprotettrici grazie a  una massiccia presenza di flavonoidi. La spremuta e il liquore di melagrana sono bevande ideali per usufruire al meglio delle sue doti salutari, ma esistono pietanze a miriadi che prevedono l’ utilizzo del frutto.

 

 

Con la Balausta, tra l’altro, si prepara una deliziosa marmellata: è decisamente perfetta per la prima colazione. La melagrana può essere mangiata al naturale oppure usata per guarnire i dolci, le torte, le crostate e la macedonia. Innumerevoli sono anche le ricette destinate ai pasti principali (il risotto, l’insalata e l’anatra alla melagrana, tanto per citarne qualcuna), ma in linea con il tema di questa rubrica daremo spazio agli alimenti del mattino. Appena alzati potete arricchire di arilli lo yogurt, le meringhe, la panna cotta, il budino, il semifreddo, il pancake, i cupcakes… Versate del succo di melagrana nel sorbetto per renderlo ancora più dolce, oppure assaporate le golose gelatine e confetture ottenute con l’ eclettico frutto. Spalmatele sul pane, utilizzatele per farcire le crostate: la bontà è assicurata.

 

 

Sapevate che la melagrana è un frutto portafortuna? Svariate culture la associano all’ abbondanza, al benessere, alla ricchezza, sin dalla notte dei tempi. Ciò è in gran parte dovuto ai suoi numerosissimi chicchi, gli arilli, incredibilmente succosi. E rossi come il sangue, che simbolizza il vigore e l’energia. Il melograno, inoltre, cresce e matura con ogni tipo di clima senza disdegnare i terreni brulli: non necessita di una quantità d’acqua particolare e resiste alle intemperie stoicamente. Queste caratteristiche lo hanno reso quasi magico presso gli antichi popoli asiatici. Nella Bibbia, il melograno viene citato spesso. Rappresenta un emblema di fertilità, è un dono di Dio molto importante; persino artisti del calibro del Botticelli e di Leonardo Da Vinci lo inserirono frequentemente nelle loro opere. L’ ebraismo sostiene che i semi della melagrana e i comandamenti della Torah siano entrambi 613. In Turchia è usanza che le spose lancino a terra una melagrana di fronte alla casa coniugale: se i semi fuoriusciti sono parecchi, sarà di buon auspicio per le finanze della famiglia e per la futura prole. Sempre in Oriente, il frutto – grazie alla gran quantità di semi racchiusi nella membrana interna – è un emblema di fratellanza e solidarietà tra i popoli. Tornando in Occidente, notiamo che la valenza beneaugurale della melagrana si è imposta anche in Italia. Qui si è soliti gustarla a Capodanno perchè, al pari delle lenticchie, i suoi arilli simboleggiano il denaro e attirano la ricchezza. Regalare questo frutto, di conseguenza, è un gesto dalla potente valenza propiziatoria.

 

 

 

La colazione di oggi: le castagne, il “pane” dell’ Autunno

Ottobre = castagne: un’equazione che viene spontanea. Insieme alla zucca, infatti (che tratteremo a tempo debito), i frutti del castagno rappresentano un emblema dell’arrivo dell’ Autunno. E dell’ Autunno incarnano la suggestività più profonda. Pensate solo alle caldarroste degustate insieme al vino, meglio ancora se davanti al focolare…un’ immagine ricorrente, quando si vaga con la mente all’ inizio della stagione fredda. Ma oltre ad evocare tutta un’ atmosfera, le castagne sono ricche di proprietà benefiche. Comincio subito col dire che – ebbene sì – contengono parecchie calorie: gli zuccheri, declinati in amido, compongono l’ 84% del frutto della “Castanea Sativa” (questo il nome dell’ albero da cui ha origine). In compenso, però, le castagne racchiudono un’ alta quantità di fibre e di vitamina E, B2 e PP, accompagnate da minerali quali il potassio, il fosforo, il ferro, il magnesio, il calcio e lo zinco. Da questo mix scaturisce vigore puro, una vera e proprio bomba di energia. Ecco perchè i “marroni” sono spesso utilizzati per combattere la stanchezza, durante la convalescenza e dagli sportivi quando devono fare il pieno di sprint. Per contrastare gli effetti della copiosa dose di amidi, però, c’è un trucco: bisognerebbe diminuire (o addirittura eliminare del tutto) la quantità di pane che si ingerisce insieme a un pasto a base di castagne. Tanto per farvi un’idea, considerate che una decina di castagne contengono amidi in un numero pari a quello di 50 g di pane integrale. In più, le castagne sono prive di glutine e le fibre, di cui al contrario abbondano, diminuiscono drasticamente il quantitativo dei grassi compresi nel frutto. Riassumendo il concetto, dunque, dovrebbero essere sempre degustate evitando l’ abbinamento con cibi come appunto il pane, ma anche la pasta e le patate, ricche di amidi parimenti. 

 

 

Bisogna aggiungere che, proprio in virtù dell’ elevato contenuto di amidi racchiusi nelle castagne, l’ideale sarebbe consumarle durante i pasti brevi o gli spuntini. La prima colazione o la merenda, per esempio, oppure a pranzo o a cena, ma combinandole preferibilmente con le verdure. A noi, però, interessa la prima colazione: come inserire le castagne nel menu di inizio giornata? In modi innumerevoli. Torte, biscotti, budini, creme spalmabili (utilizzate anche per guarnire i dolci), mousse di castagne, sono solo alcune delle delizie a cui dà vita questo frutto tipicamente autunnale. Oppure, gustatele sotto forma di caldarroste: se le abbinate alla vaniglia o alla cannella in polvere otterrete, garantito, un connubio irresistibile.

 

 

Le ricette, comunque, sono numerose e tutte da leccarsi i baffi. Basti pensare che la farina di castagne viene utilizzata per preparare delle succulente crepes! Tramite una ricerca mirata sul web, potrete trovare una miriade di spunti. Accantonando l’ aspetto culinario per esplorare quello delle tradizioni e delle leggende associate al frutto ottobrino, scopriamo notizie estremamente interessanti. Le sue radici pare che risiedano nell’ antica Grecia: lì, in Tessaglia (una regione centrale del paese), sorgeva una città nel bel mezzo di vasti castagneti. I Romani, ghiotti di castagne a tal punto da decantarle nei componimenti poetici, non esitarono nel diffondere il castagno non solo in Italia, bensì in tutta Europa. Grazie alle loro proprietà nutrienti, le castagne vennero subito utilizzate dai poveri come pasto principale; abbiamo già visto, infatti, che la ricchezza di amidi del frutto fa sì che possa sostituire il pane (lo storico Senofonte, vissuto tra il 400 e 300 a.C., non a caso aveva battezzato il castagno “albero del pane”). Dal 1770 in poi, tuttavia, anche l’aristocrazia cominciò ad apprezzarle sotto forma di marron glacé. Con il passar del tempo, le castagne spopolarono soprattutto in versione “dessert”: in Francia era ricercatissima la crema di cioccolata e farina di castagne preparata dal dottor Bonneau, un farmacista parigino. Da allora, cucinate in modi incalcolabili, quei frutti divennero un “basic” della gastronomia europea.

 

 

Esistono moltissime leggende sulle castagne, sia correlate al loro aspetto che alla loro valenza di “pane dei poveri”. Una di queste, ad esempio, narra che le castagne, stanche di patire il freddo dell’ Inverno, chiesero al castagno che le aveva generate se avesse qualche consiglio da fornire al riguardo. L’ albero suggerì ai suoi frutti di convocare i ricci del bosco: avrebbero avuto, per caso, amici non più in vita a cui sottrarre il manto spinoso? Le castagne seguirono il suggerimento e i ricci le aiutarono di buon grado. Consegnarono loro una serie di manti ispidi e, da quel momento, le castagne rimasero per sempre al riparo dai rigori dell’ Inverno. Sapete, invece, perchè il guscio delle castagne si apre a croce? Racconta una leggenda che il popolo medievale, attanagliato dalla fame, avrebbe voluto nutrirsi di castagne, ma non poteva a causa delle spine dei loro ricci. Supplicò quindi San Benedetto affinchè venisse in suo aiuto; al che, il Santo benedisse i frutti e questi si aprirono formando una croce per onorare il sacrificio di Cristo. Sempre riguardo le spine dei ricci, esiste un’ altra leggenda: Dio aveva creato le castagne perchè potessero sfamare le popolazioni della montagna. Il loro guscio era liscio, apribilissimo. Ma il Diavolo, per impedire che la povera gente raccogliesse quei frutti, lo cosparse di spine. Non appena se ne accorse, Dio benedisse le castagne e il guscio, apertosi a forma di croce dopo il suo gesto, cadde a terra in modo che tutti i bisognosi potessero coglierlo facilmente.

 

 

 

 

La colazione di oggi: l’ uva, emblema di vita e di prosperità

 

Nella scorsa puntata di questa rubrica abbiamo parlato delle mele (e della torta di mele), stavolta parleremo dell’ uva. Molti frutti autunnali, in effetti, sono miniere inesauribili di salute e di benessere. L’ uva è uno di questi. Oltre a darci l’occasione di dilettarci con la vendemmia (io l’ho fatto da piccola, mia zia aveva un podere in campagna) ci regala il vino, e i suoi acini succosissimi sono ottimi anche per la prima colazione. Ma quali sono le virtù di questo frutto che, più di ogni altro, rappresenta la fine dell’ estate? Innanzitutto, contiene un’ alta quantità di polifenoli: la sostanza che dà il colore all’ uva e la mantiene sana.  Ingerendoli, contrastiamo l’ invecchiamento cellulare poichè agiscono contro i danni causati dai radicali liberi. I polifenoli sono molecole preziose anche per la salute dell’ apparato cardiovascolare; favoriscono infatti un buon funzionamento dell’ endotelio (il tessuto che riveste le pareti interne del cuore), dei vasi linfatici e sanguigni, svolgendo al tempo stesso un’ azione antinfiammatoria e antiaggregante. L’ uva, inoltre, è un ottimo antidoto contro la degenerazione della macula, la parte centrale della retina. Si rivela utile, quindi, a preservare il benessere della nostra vista.

 

 

Se volete mantenervi giovani e attivi a lungo, poi, l’ uva fa al caso vostro: il resveratrolo e l’ acido linoleico di cui è ricca incentivano, rispettivamente, la sopravvivenza delle cellule grazie a potenti proprietà antiossidanti, e il mantenimento dell’ elasticità della pelle. Lo stress ossidativo, drasticamente ridotto dai componenti dell’ uva, viene contrastato e anche la memoria ne risente: ecco perchè i grappoli di questo frutto sono dei veri e propri toccasana contro le malattie degenerative. Ma non è finita qui: la lista dei benefici dell’ uva è ancora molto lunga. La presenza dei polifenoli apporta ulteriori vantaggi, combatte la sindrome metabolica contribuendo a mantenere ottimali, di conseguenza, i valori dei trigliceridi, del colesterolo, della glicemia e della pressione. Avete mai sentito parlare di vitamina K? Bene, l’ uva la contiene. E’ un efficacissimo fluidificante del sangue, che previene il rischio di emorragie. Inoltre, la presenza di fibre solubili nel frutto regolarizza le funzioni intestinali e diminuisce i livelli del colesterolo e degli zuccheri nei vasi sanguigni.

 

 

L’ uva è squisita sia mangiata da sola che in innumerevoli altre versioni: potete utilizzarla per guarnire dessert quali torte, crostate, pancake, includerla tra i frutti della macedonia o tra i componenti di un tagliere, ricavarne un delizioso succo. Avete solo l’ imbarazzo della scelta! Per concludere, come sempre, lascio spazio alle curiosità e alle leggende. Che in questo caso sono numerosissime: basti pensare che l’ uva, in tempi remoti, veniva considerata il Nettare degli Dei. Non è un caso che gli antichi popoli associassero al vino una divinità in carne ed ossa, Bacco nel caso dei Romani e Dioniso in quello dei Greci. Questi Dei donavano l’ uva all’ uomo come atto di generosità, e dall’ uva veniva ricavata una bevanda, il vino, che aveva uno straordinario potere sull’ animo umano; se bevuto in quantità moderate, alimentava il coraggio, l’ euforia e la loquacità. I valori più comunemente attribuiti all’ uva erano molteplici: il vino, ma ancor prima la vendemmia, venivano associati alla condivisione e alla convivialità. Attorno all’ uva ruota un’ antica leggenda. Si raccontava che, agli albori del tempo, la vite non producesse frutti. Un contadino decise così di potarla, per far sì che le altre piante potessero godere della luce solare. Ma quando si vide disadorna e priva delle sue rigogliose fronde, la vite scoppiò in un pianto disperato. Un usignolo che passava da quelle parti, ascoltandolo, si commosse, e cominciò a intonare una canzone per darle conforto. Le stelle furono toccate profondamente da quella scena, e decisero di rianimare la vite con la loro luminosità. All’ improvviso, la pianta ritrovò le forze e ognuna delle sue lacrime si tramutò in un acino dolcissimo: erano nati i grappoli d’uva.

 

 

Una leggenda della mitologia ellenica, invece, ricollega la genesi della vite alla morte di Ampelo, uno splendido giovane di cui Dioniso era innamoratissimo. Quando Ampelo morì incornato da un toro, Dioniso versò lacrime amare. Il dio che non conosceva la sofferenza si rese conto, nel modo più triste, di cosa fosse il dolore. Inconsolabile, Dioniso continuava a piangere quando un giorno le sue lacrime, cadendo sul corpo inanimato di Ampelo, operarono il miracolo: Ampelo si tramutò in una vite e le lacrime di Dioniso, fondendosi con il sangue di colui che tanto aveva amato, diedero origine al vino. Una sostanza, non a caso, in grado di donare ebbrezza e quindi di cancellare i ricordi strazianti tramite la gioia e la spensieratezza. Il vino cominciò a incarnare la vita, l’allegria, un modo per sconfiggere la morte e qualsiasi pena. Ulteriori motivi che favoriscono l’associazione tra uva e vita si rinvengono nella vendemmia: un autentico rituale che coincide con l’ inizio dell’ autunno. La terra sta per assopirsi, inaugura il suo periodo di riposo in attesa del risveglio primaverile. Ma prima di farlo ci fa dono dell’ uva, o per meglio dire del vino, che ci accompagna lungo tutto l’ inverno restituendoci calore e gioia di vivere. L’ uva diventa così l’ emblema della vita stessa, del trionfo della vita sulla morte, dell’ amore, della prosperità. Non stupisce che in Spagna, a Capodanno, si usi ingurgitare 12 chicchi d’uva in concomitanza con i 12 rintocchi della mezzanotte. L’ uva è fertilità e abbondanza; nell’ Eucarestia il vino simboleggia il sangue di Cristo, che diventa anche il nostro affinchè possiamo rinnovarci, rigenerarci in Lui. Esiste poi un detto, “In vino veritas”, che celebra l’ effetto disinibitorio del vino. Il vino “libera”, elimina i freni e le inibizioni. Sconfigge la doppiezza e favorisce l’ affiorare della verità: rappresenta, dunque, una saggezza pura e “senza filtri”.