Halloween magic

 

E soprattutto, guardate con occhi scintillanti tutto il mondo intorno a voi, perché i più grandi segreti sono sempre nascosti nei posti più improbabili. Coloro che non credono nella magia non potranno mai trovarla.
(Roald Dahl)

 

Halloween è magia, incantesimo, divinazione. Al di là del lato occulto e macabro che viene attribuito a questa festa. I Celti celebravano l’inizio del semestre oscuro con innumerevoli riti divinatori, affidando alle mele o alle pietre il compito di predire il futuro relativo al raccolto, ai matrimoni, alla fortuna e alla lunghezza della vita. I Druidi scrivevano messaggi rivolti ai defunti e li gettavano tra le fiamme del Fuoco Sacro affinchè facesse loro da tramite. La notte del Capodanno Celtico, Samhain (poi diventato Halloween), era impregnata di vibrazioni incantate: d’altronde, i Celti pensavano che le porte del regno degli spiriti (annwn) e quello delle fate (sidhe) si spalancassero e stabilissero una mutua connessione. La spooky season mantiene tuttora il suo carattere stregato. La magia predomina, portando con sè un bagaglio di corrispondenze, coincidenze, incontri inaspettati. Il bosco diventa il luogo dell’ignoto, dove tutto può succedere. Fuochi ardono all’improvviso, strane presenze si muovono nel fitto degli alberi. E i Tarocchi, con gli Arcani ricchi di simboli, svelano l’inconosciuto tramandando un’antichissima pratica esoterica…Ecco a voi la nuova photostory di VALIUM.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Marzo, il look del mese

Sportmax

Marzo, voglia di leggerezza. Voglia di abbandonare maglioni, giacche, cappotti, per abbracciare tessuti impalpabili ed eterei come i fiori che, a poco a poco, si preparano ad accogliere la Primavera. Il look del mese è firmato Sportmax e “racconta” molto bene il desiderio di rinascita che si associa al cambio stagionale: la silhouette affusolata invita a riscoprire le forme del corpo, celate per mesi e mesi da volumi over; il colore ricorda l’incantevole tonalità del glicine, che fiorisce tra Marzo e Aprile. L’outfit, composto da un ensemble di blusa e gonna attillatissime, viene ammorbidito da drappeggi sui fianchi che lo dotano di una soave fluidità. Le spalle accentuate e il colletto, che riproduce quello tipico di una camicia, esaltano la linea minimal del look senza scalfirne l’allure estremamente femminile. Raffinatezza e accenti futuribili creano un connubio vincente impreziosito dalle audaci trasparenze dello chiffon tecnico.

 

 

Il periodo in cui l’Inverno è quasi alle nostre spalle ma non è ancora Primavera, propizia il sogno: suggestioni ed atmosfere oniriche associate all’idea del risveglio, di una natura che torna a vivere in un’esplosione di colori tenui, carichi di fascino, profusi di magia. Ed è proprio in questo incrocio tra passato e futuro, in questo limbo dove l’avvenire si impregna di accenti di poesia, che si colloca il look di Sportmax da me scelto per rappresentare il mese di Marzo.

 

Befana e tradizioni: dal carbon dolce ai falò della vigilia dell’Epifania

 

“La Befana vien di notte”, come recita un’antica filastrocca. E se ai bimbi buoni riempie la calza di regali, quelli cattivi da lei ricevono soltanto carbone. Ma non si tratta di carbone vero e proprio: il carbone della Befana è uno dei dolci più noti associati a questa ricorrenza. Si tratta di un carbone di zucchero tinto di nero grazie a un colorante alimentare e tagliato in svariati pezzi. Ma dove nasce una simile tradizione e perchè proprio il carbone? Il motivo rimanda a un’usanza molto diffusa nell’ Italia Nord-orientale: i falò della vigilia dell’ Epifania. In epoca pre-cristiana, i falò avevano valenza purificatrice e propiziatoria presso molte popolazioni. I Celti, ad esempio, li utilizzavano per attirarsi la benevolenza delle divinità. Pare che l’usanza di dare alle fiamme fantocci che simbolizzavano il “vecchio”, ovvero il passato, fosse un rituale di matrici sia celtiche che romane. Nella Roma antica, i festeggiamenti in onore di Diana (la dea della Natura) si tenevano a distanza di dodici giorni dal Solstizio d’Inverno e prevedevano il falò di un fantoccio emblematico dell’anno appena trascorso; la stessa Diana veniva raffigurata come un’ottuagenaria, incarnando la duplice figura di Madre Natura e dell’anno vecchio. In tempi più recenti, questo tipo di fuochi si è tramutato in uno dei riti più diffusi della sera antecedente all’Epifania: le fiamme sono una potente allegoria del vecchio che brucia, del passato che viene distrutto per lasciar spazio al nuovo, a un futuro migliore. La tradizione, un cardine della cultura agreste, è tipica di regioni italiane quali il Veneto, il Friuli Venezia-Giulia e l’Emilia Romagna; chi ha visto “Amarcord” di Fellini ricorderà il “falò della vecchia” proprio all’inizio del film, anche se in quel caso inaugurava la Primavera. Il rituale prende nomi diversi a seconda della zona: in provincia di Treviso e di Venezia è il “panevìn”, a Padova la “fogherata”, nel Veneto dell’est la “casera”, a Parma e Reggio Emilia la “fasagna”.

 

 

Nonostante le differenti denominazioni, il procedimento è simile in ogni regione: sul calar della sera, il fantoccio che rappresenta il vecchio viene sistemato su una pira di legna; quando il falò comincia ad ardere, il parroco benedice il fuoco con l’acqua santa e lo scoppiettio che le gocce originano tra le fiamme, secondo un’antica tradizione, simboleggerebbe il diavolo che, furente, abbandona il falò. Molto importante è decifrare i presagi associati alla direzione del fumo e delle faville del fuoco: sono immancabilmente riferiti al raccolto e all’abbondanza dei frutti che la natura elargirà (o meno) dopo il suo risveglio. Gli uomini presenti, talvolta, si servono di un forcone per “aizzare” la produzione di scintille. Mentre il falò arde, la comunità si riunisce e trascorre momenti all’insegna della convivialità: nelle regioni del Nord-Est, ad esempio, è comune degustare una torta chiamata “pinza” accompagnata dal vin brulè. Tornando al carbon dolce, è facile intuire il link che lo connette ai fuochi dell’Epifania. Il carbone si associa direttamente a quei falò propiziatori, diviene il loro simbolo e al tempo stesso il simbolo della Befana. Con il passar del tempo, regalare carbone cominciò ad essere identificato come una “punizione” destinata ai bambini che non si comportavano bene. In realtà, il carbon dolce che lo rappresenta è una vera e propria delizia per il palato: potete prepararlo in casa seguendo una delle tante ricette disponibili in rete oppure comprarlo bell’e pronto ed inserirlo in una calza adeguatamente decorata.

 

 

 

Il denaro e i futuri possibili

 

” Svoltai; l’angolo oscuro m’indicò, da lontano, che la mescita era chiusa. In calle Belgrano presi un tassì; insonne, invasato, quasi felice, pensai che nulla è meno materiale del denaro, giacché qualsiasi moneta (una moneta da venti centesimi, ad esempio) è, a rigore, un repertorio di futuri possibili. Il denaro è astratto, ripetei, il denaro è tempo futuro. Può essere un pomeriggio in campagna, può essere musica di Brahms, può essere carte geografiche, può essere gioco di scacchi, può essere caffè, può essere le parole di Epitteto, che insegnano il disprezzo dell’oro; è un Proteo più versatile di quello dell’isola di Pharos. E’ tempo imprevedibile, tempo di Bergson, non tempo rigido dell’Islam o del Portico. I deterministi negano che ci sia al mondo un solo fatto possibile, id est un fatto che sia potuto accadere; una moneta simboleggia il libero arbitrio. “

Jorge Luis Borges, da “L’ Aleph” (Adelphi Edizioni)

 

 

(Foto: Marcin Skalij via Unsplash )

 

Le Frasi

 

“Si può trovare la vita solo nel momento presente. Il passato non è più, il futuro non è ancora arrivato, e se non torniamo a noi stessi nel momento presente, non possiamo essere in contatto con la vita.”

(Thich Nhat Hanh)

 

 

Il close-up della settimana

 

La notizia ormai è ufficiale: il marchio Walter Albini, capostipite del prêt-à-porter italiano, sta per essere rilanciato in grande stile. La proprietà intellettuale e buona parte degli archivi del brand sono stati acquistati da Bidayat, la società d’investimento con base a Lugano fondata da Rachid Mohamed Rachid. Rachid, CEO del fondo del Qatar Mayhoola che ha già acquisito le maison Valentino e Balmain, è entusiasta dell’ operazione. Attualmente sta intrecciando collaborazioni con un gran numero di media, musei, curatori, gruppi editoriali  e professionisti del settore del lusso allo scopo di divulgare l’eredità di Walter Albini e riaffermare la potente iconicità delle sue creazioni. Prima che li acquistasse Bidayat, gli archivi di Albini (che abbracciano un periodo compreso tra il 1965 e il 1983) erano di proprietà di Barbara Curti: sua madre, Marisa Curti, è stata un’appassionata collezionista di tutto ciò che riguardava lo stilista sin da quando apparve sulle scene. Abiti con le leggendarie stampe signature del brand, gioielli, accessori, un’incredibile quantità di foto e di disegni costituiscono il materiale della raccolta, di cui Barbara Curti seguiterà a occuparsi nel ruolo di curatrice. Il primo step del progetto di rilancio è incentrato proprio su un accurato studio dell’ heritage, che fornirà degli elementi decisivi per il futuro del marchio. La sfida è a dir poco emozionante: stiamo parlando di una griffe che il suo fondatore (Walter Albini, appunto) rese unica e irripetibile; non è un caso che lo stesso Rachid Mohamed Rachid l’abbia definita “un gioiello nascosto della moda italiana”. Ripercorrere in molta sintesi il percorso di Walter Albini, a questo punto, mi sembra d’obbligo. Nato a Busto Arsizio nel 1941, comincia a fare schizzi delle sfilate di alta moda appena diciassettenne, mentre studia ancora all’ Istituto d’Arte. Invia i suoi disegni alle riviste, si suddivide tra Roma e Parigi dove svolge la sua attività; nella Ville Lumière conosce Coco Chanel e ne rimane estasiato. Esordisce come fashion designer con Krizia di Mariuccia Mandelli, lavorando a fianco di un giovanissimo Karl Lagerfeld. Da Krizia rimane tre anni, a cui seguono collaborazioni con svariate case di moda. Si afferma a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 sbalordendo per il suo spirito innovativo: nel 1970 lancia il total look e l’ “unimax”, outfit per uomo e donna accomunati dal taglio e dalla tonalità; nello stesso anno svela la collezione Anagrafe, che a otto spose vestite di lunghi abiti rosa contrappone otto vedove in minidress nero. Anna Piaggi conia il termine “stilista” appositamente per Albini, ma l’estroso visionario di Busto Arsizio, grazie alle sue intuizioni, si guadagna anche il titolo di “pioniere del prêt-à-porter italiano”: sfila a Milano anzichè a Firenze (la capitale storica della moda), propone uno stile perfetto per la vita quotidiana e distante dall’atmosfera ovattata degli atelier. Presenta la prima collezione firmata Walter Albini a Londra, nel 1973. E’ una collezione co-ed che lancia in parallelo a molte altre novità. Una su tutte? La proposta di due linee parallele, la prima destinata a un pubblico ristretto e la seconda alla grande diffusione. In Italia apre uno showroom a Milano e va a vivere a Venezia, dove organizza un’indimenticabile sfilata al Caffè Florian. Diventa un “personaggio”, il testimonial delle sue creazioni, arreda le case che possiede en pendant con le sue collezioni. Nel 1975, a Roma, debutta nell’ alta moda con una linea fortemente influenzata da Coco Chanel e dagli anni ’30, che insieme ai ’40 rappresentano il periodo storico a cui fa riferimento. Altri cardini del suo stile sono le suggestioni ethno (pregilige l’Asia, l’Africa, il Messico), l’ispirazione Fortuny, l’unisex, il total look, la grande attenzione per i dettagli e gli accessori. Albini viene considerato l’equivalente italiano di Halston e di Yves Saint-Laurent, ma sfortunatamente non vive a lungo: muore nel 1983, a soli 42 anni. In Italia, all’ epoca, esplode il prêt-à-porter, un settore che lui stesso ha promulgato: il ricordo del suo marchio, tuttavia, sbiadisce con l’inarrestabile avanzata del Made in Italy.

 

 

Oggi, Bidayat ci offre la splendida opportunità di riscoprirlo. “La vera sfida sarà trovare una squadra direttiva del giusto calibro per concretizzare la nostra visione e ambizione”, dichiara Rachid Mohamed Rachid. E gira voce, non a caso, che alla direzione creativa del “nuovo” Walter Albini potrebbe essere nominato nientepopodimeno che Alessandro Michele.

 

Immagine di copertina: Walter Albini

Foto di Alessandro Michele by Walterlan Papetti, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

Buona Pasqua

 

“Pasqua ci invita a mettere il nostro respiro in sintonia con quell’immenso soffio che unisce incessantemente l’istante e l’eterno, il visibile e l’invisibile, la nostra povertà e la ricchezza di Dio. (…) Il mondo è un immenso pianto (Dio naviga in un fiume di lacrime, scrive Turoldo) ma a Pasqua diventa un immenso parto. Di vita, di futuro, di speranza, di nuovi orizzonti, di lacrime asciugate.”

Ermes Ronchi

(tratto dall’ articolo “Pasqua è il parto di un orizzonte nuovo”, ne “L’Avvenire”, 21 Aprile 2011)

 

Il luogo: Venezia, un Carnevale tra passato e futuro

 

Dress code: in maschera. Dove? A Venezia. Quando? Tutti i giorni fino al 1 Marzo, giorno in cui Martedì Grasso sancirà la conclusione di un Carnevale ritornato in presenza e impregnato di un nuovo fascino. Come ci ha anticipato il Principe Maurice nella sua ultima intervista (rileggila qui), questa edizione è declinata in una formula completamente inedita: eventi a rischio assembramenti come la Festa Veneziana di Cannaregio, gli show in Piazza San Marco e Piazza Ferretto, il corteo delle Marie e del Toro, i voli dell’ Angelo, dell’ Aquila e lo svolo del Leon, le sfilate di carri allegorici del Lido e di varie località della laguna sono stati eliminati, privilegiando l’ arte di strada e le feste negli antichi Palazzi. Venezia si svela attraverso i percorsi pedestri nelle calli e nei campielli, dove palesa la sua essenza più autentica; tutti i giorni, dalle 11 alle 19, l’ iniziativa Venezia Wonder Time! prevede spettacoli di circo-teatro, clownerie, teatro dei burattini, esibizioni acrobatiche e piccoli concerti diffusi nei Wonder Points, gli angoli più suggestivi della città. Vale a dire che a Campo Santa Margherita, Campo San Giacomo, Esedra-Castello, Campo Geremia, Campo San Cassiano, Campo dei Gesuiti, Campo Santa Maria Formosa e Campo Sant’Elena potrete imbattervi in street show che sprigionano pura magia. Chi invece preferisce assaporare la sontuosità dei party, questo weekend può contare su un appuntamento speciale: il Dinner Show del Carnevale a Ca’ Vendramin Calergi – prezioso Palazzo cinquecentesco affacciato sul Canal Grande – verrà arricchito da Venezia Imaginarium, tre ore di spettacolo che omaggiano la Serenissima tramite performance, sonorità, abiti, danze e allegorie da sogno. In attesa della XXIX edizione del Ballo del Doge, che si terrà il 26 Febbraio a Palazzo Pisani Moretta e avrà per titolo “Time for a New Renaissance”, Antonia Sautter (rileggi qui la sua intervista con VALIUM) ne anticipa il proverbiale splendore. Di Venezia Imaginarium è il Direttore Artistico e non c’è bisogno di dire che le scenografie, gli artisti e le esibizioni  saranno all’ insegna dell’ incanto onirico, della meraviglia nella sua quintessenza. Il Dinner Show si avvale di un Maestro di Cerimonie acclamatissimo, un’icona del Carnevale veneziano: il Principe Maurice. La cena di gala e Venezia Imaginarium sono in programma per il 19 e il 20 Febbraio alle ore 21, ma verranno riproposti anche dal 24 Febbraio al 1 Marzo. Last but not least, sapete qual è il tema del Carnevale di Venezia 2022? “Remember the Future”, un titolo ispirato alla celebre frase “E più di tutto mi ricordo il futuro” pronunciata da Salvador Dalì. Surrealismo, gioco, sovvertimento dei ruoli, esplorazione di nuovi scenari urbani ed interiori, maschere che regalano la libertà dell’ anonimato, sorprese e scoperte inaspettate si fondono in un mix immaginifico che connette passato e futuro. Il concetto viene mirabilmente spiegato dal Direttore Artistico Massimo Checchetto nel sito web del Carnevale: “Camminando per Venezia, sebbene con una meta precisa, si è costretti a continui cambi di direzione, le calli terminano in una svolta; dietro ad una svolta una sorpresa, spesso una meraviglia, quasi sempre un futuro. Per il tema del Carnevale di Venezia di quest’anno ho pensato proprio al nostro futuro, quel futuro che questa Città piena di passato scatena in chi la vive. Proprio un luogo in perenne contraddizione, dove si fondono sogno e realtà”.