Paolo e la Principessa

 

“Allorchè Paolo era arrivato a Milano colla sua musica sotto il braccio — in quel tempo in cui il sole splendeva per lui tutti i giorni, e tutte le donne erano belle — avea incontrato la Principessa: le ragazze del magazzino le davano quel titolo perchè aveva un visetto gentile e le mani delicate; ma soprattutto perch’era superbiosetta, e la sera, quando le sue compagne irrompevano in Galleria come uno stormo di passere, ella preferiva andarsene tutta sola, impettita sotto la sua sciarpetta bianca, sino a Porta Garibaldi. Così s’erano incontrati con Paolo, mentre egli girandolava, masticando pensieri musicali, e sogni di giovinezza e di gloria, — una di quelle sere beate in cui si sentiva tanto più leggiero per salire verso le nuvole e le stelle, quanto meno gli pesavano lo stomaco e il borsellino. — Gli piacque di seguire le larve gioconde che aveva in mente in quella graziosa personcina, la quale andava svelta dinanzi a lui, tirando in su il vestitino grigio quand’era costretta a scendere dal marciapiedi sulla punta dei suoi stivalini un po’ infangati. In quel modo istesso la rivide due o tre volte, e finirono per trovarsi accanto. Ella scoppiò a ridere alle prime parole di lui; rideva sempre tutte le volte che lo incontrava, e tirava di lungo. Se gli avesse dato retta alla prima, ei non l’avrebbe cercata mai più. Finalmente, una sera che pioveva — in quel tempo Paolo aveva ancora un ombrello — si trovarono a braccetto, per la via che cominciava a farsi deserta. Gli disse che si chiamava la Principessa, poichè, come spesso avviene, il suo pudore rannicchiavasi ancora nel suo vero nome, ed ei l’accompagnò sino a casa, cinquanta passi lontano dalla porta. Ella non voleva che nessuno, e lui meno d’ogni altro, potesse vedere in qual castello da trenta lire al mese vivessero i genitori della Principessa. “

Giovanni Verga, da “Primavera” (edizione critica a cura di Giorgio Forni e Carla Riccardi. Fondazione Verga, Interlinea.)

 

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