Svegliarsi a Firenze

 

” Era piacevole svegliarsi a Firenze, aprire gli occhi su una camera nuda e luminosa, con il pavimento di piastrelle rosse che parevano pulite e non lo erano, con il soffitto dipinto, dove grifoni rosa e amorini azzurri si svagavano in una foresta di violini e fagotti gialli. Era piacevole anche spalancare le finestre, ferendosi le dita con chiavistelli non familiari, affacciarsi nel sole con le colline, gli alberi e le chiese di marmo di fronte, e sotto, non lontano, l’Arno, che gorgogliava contro il terrapieno della strada. Sul greto sabbioso alcuni uomini erano al lavoro, con vanghe e setacci, e sul fiume c’era una barca, a sua volta adibita a qualche fine misterioso. Un tram elettrico passò di corsa sotto la finestra. Non c’era nessuno, dentro, tranne un turista. Ma le piattaforme traboccavano di italiani che preferivano viaggiare in piedi.  Alcuni bambini tentavano di attaccarsi alla parte posteriore del veicolo, e il conducente, senza alcuna cattiveria, sputava loro in faccia, per costringerli a staccarsi. Poi apparvero dei soldati – uomini piccoli ma di bell’aspetto – ciascuno col suo zaino ricoperto di pelliccia malconcia, e il cappotto di taglia troppo grande. Accanto a loro marciavano gli ufficiali, con aria stupida e feroce, e davanti a tutti altri bambini, che facevano le capriole al ritmo della banda. Il tram restò intrappolato tra i ranghi, e continuò ad avanzare faticosamente, come un bruco in uno sciame di formiche. Uno dei bambini cadde a terra, e da un’arcata sbucarono alcuni manzi bianchi. In effetti, se non fosse stato per l’intervento di un vecchio che vendeva gancetti, la strada non si sarebbe più sgombrata. Si possono passare ore preziose a contemplare trivialità del genere, e il viaggiatore venuto in Italia per studiare i valori tattili di Giotto (…) corre il rischio di tornare in patria senza altri ricordi se non quello del cielo azzurro e degli uomini e delle donne che vivono sotto di esso. Fu quindi un bene che Miss Bartlett bussasse alla porta, entrasse in camera di Lucy e, dopo qualche commento sul fatto che la ragazza non avesse chiuso la porta a chiave e si fosse affacciata alla finestra prima di aver finito di vestirsi di tutto punto, la invitasse ad affrettarsi, se non voleva sprecare così la parte migliore della giornata. “

Edward Morgan Forster, da “Camera con vista” (Garzanti Libri)

 

I Re Magi: tra leggenda e realtà

Giotto, “L’Adorazione dei Magi” (1303-1305 ca.)

 

Il 6 Gennaio non è solo la “festa della Befana”. Il Cristianesimo ricollega a questa data l’arrivo a Betlemme dei Re Magi, i forestieri che nel Vangelo di Matteo portano in dono oro, incenso e mirra a Gesù Bambino. Tradizionalmente vengono rappresentati come tre re originari dei continenti conosciuti all’ epoca, ovvero l’Asia, l’Africa e l’Europa. La carnagione e i tratti somatici di Melchiorre, Baldassarre e Gaspare (questi i nomi attribuiti ai Magi), di conseguenza, sono indicativi della loro provenienza. I Bizantini privilegiavano l’aspetto simbolico dell’ età, che doveva rispecchiare le tre fasi della vita umana: solevano quindi raffigurarli come un giovane, un uomo nel pieno della maturità e un anziano. Nel suo Vangelo, tuttavia, Matteo non ci fornisce indizi sull’ identità dei Magi. Tutto quel che sappiamo è che venivano dall’ Oriente e che fecero tappa a Gerusalemme, dove incontrarono Erode e  (inconsapevoli dell’ avversione che nutriva per Gesù)  gli chiesero ragguagli sul luogo di nascita del Messia. Dopodichè la stella cometa li condusse fino a Betlemme e, grazie a un sogno rivelatore, cambiarono il tragitto di ritorno per non far parola con Erode di quanto avevano visto.

 

 

Matteo, definendo i visitatori “Magi”, svela che provenivano da una delle tribù dei Medi, un popolo anticamente stanziato nell’ attuale Iran, ma soprattutto che erano sacerdoti mazdei dediti all’ astronomia e all’ interpretazione delle visioni oniriche. Il fatto che avessero iniziato il loro viaggio guidati da una stella, dunque, è perfettamente plausibile. Un gran numero di particolari sulla reale identità dei Magi proviene dai Vangeli apocrifi, che tra l’ VIII e il XII secolo contribuirono a rimpolpare l’ immaginario della tradizione cristiana, e dalla “Legenda Aurea”, un testo che il domenicano Giacomo da Varazze redasse nella seconda metà del 1200. Sebbene Matteo non citi il numero dei Magi, si suppose che fossero tre in base ai doni che offrirono a Gesù Bambino. Altre interpretazioni riconducono il numero tre al simbolismo dei tre continenti, gli unici che l’umanità conoscesse allora: proveniendo i Magi da ognuno di essi, era come dire che il mondo intero aveva omaggiato la venuta del Messia. Ma come facciamo a sapere che Gaspare, Melchiorre e Baldassarre fossero dei re? La spiegazione viene fatta risalire all’ Antico Testamento, dove nei Salmi e nel Libro di Isaia si citano dei re che camminano nella luce del Salvatore, in procinto di porgergli doni, e si profetizza che ogni sovrano si sarebbe prostrato davanti a lui.

 

 

Anche i doni sono elementi dalla potente valenza simbolica: l’ oro, regale, rimanda al Cristo Re, l’incenso alla sua essenza divina, la mirra alla morte del Figlio di Dio. I nomi dei Magi sembrerebbero invece avere radici nell’area che comprendeva la Fenicia, la Babilonia e l’odierno Iran. Ulteriori indizi sull’identità di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre provengono dalle loro reliquie. Fu Sant’ Elena a rinvenire i resti dei tre re, che dopo essere stati trasferiti a Costantinopoli vennero donati a Eustorgio di Milano. Il vescovo li portò con sè nella città meneghina e fece erigere una basilica (oggi basilica di Sant’Eustorgio) dove furono collocati. Nel 1164 l’ imperatore Federico Barbarossa traslò le reliquie dei Magi a Colonia e le donò all’ Arcivescovo Rainaldo di Dassel. I resti sono stati sottoposti ad analisi scientifiche nel XIX e nel XX secolo; quest’ ultima indagine, svolta nel 1981, si è focalizzata sugli abiti dei Magi, e l’esito è stato sorprendente. L’esame ha rilevato la presenza di tre stoffe preziosissime, due damascati e un taffetà di seta provenienti dal Medio Oriente e datati intorno al 100 d.C.: un dettaglio che potrebbe confermare l’ipotesi della regalità di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.

 

 

La stella cometa è parte integrante del “mistero” dei Re Magi. Giotto inserì la cometa nel celebre affresco “L’Adorazione dei Magi” che realizzò a Padova, nella Cappella degli Scrovegni, tra il  1303 e il 1305 circa: un omaggio alla cometa di Halley che aveva potuto ammirare al suo passaggio nel 1301. Il realismo del corpo celeste dipinto da Giotto lascia tuttora senza fiato. Studi scientifici hanno dimostrato che simili spettacoli cosmici sono effettivamente avvenuti, all’ epoca della nascita di Gesù. In particolare, pare che determinati allineamenti planetari abbiano originato fenomeni contraddistinti da una luminosità sbalorditiva.

 

 

 

Immagine de “L’Adorazione dei Magi” via NASA Universe from Flickr, CC BY 2.0