Sulle tracce del Principe Maurice – “Il tempo di Casanova” e la Callas del futuro

(Photo courtesy of Maurizio Agosti)

Il Carnevale di Venezia ha aperto ufficialmente i battenti, e lo ha fatto il 14 Febbraio, in concomitanza con la festa di San Valentino: lo sfarzoso evento di inaugurazione tenutosi in Piazza San Marco, “Cuore a cuore”, ha voluto omaggiare l’amore incarnandolo nel grande seduttore a cui è dedicata l’edizione 2025 della kermesse, Giacomo Casanova, nato nella Serenissima 300 anni orsono. “Il tempo di Casanova” sarà un Carnevale assolutamente speciale, ricco di spettacoli e iniziative che celebreranno l’affascinante avventuriero. E ad impersonarlo non poteva essere che il Principe Maurice, ormai da anni suo sommo interprete sia nella perla lagunare che in numerose “trasferte” in Italia e all’estero. La serata d’apertura del Carnevale, “Cuore a cuore”, naturalmente lo ha visto brillare sul palco. Il suo Casanova, sofisticato e carismatico, ha ammaliato il folto pubblico che affollava Piazza San Marco. Ed è solo l’inizio: nei panni del poliedrico libertino, il Principe si prepara ad esibirsi in una lunga lista di eventi carnascialeschi. Volevo saperne di più, e ho deciso di farmi raccontare tutto da Maurice in persona nell’intervista che posto qui di seguito. Che non è, badate bene, esclusivamente incentrata sul Carnevale…Vi invito a leggerla fino in fondo!

 

Credits: Andrea Rizzo

Non ci sentiamo, auguri di Natale a parte, dall’estate scorsa: un periodo lunghissimo, considerando che la tua vita viaggia alla velocità della luce! Ripercorriamo insieme questi ultimi mesi. Intanto, il 15 Novembre è stato il tuo compleanno, e so che l’hai festeggiato in modo a dir poco spettacolare…

In realtà, essendo un “+1”, è stato meno eclatante di quello dell’anno scorso, però ugualmente bello ed emozionante. L’ho vissuto con il mio pubblico, ma anche in famiglia: ultimamente sento il bisogno di rendere la mia vita più intima, anche se poi tutto ciò che faccio diventa spettacolo immancabilmente. Ho festeggiato la mezzanotte del mio compleanno al Plastic di Milano per assistere alla presentazione del nuovo brano del mio stilosissimo amico Thomas Costantin; il giorno dopo l’ho trascorso a casa di mia sorella, per la quale ho un attaccamento quasi morboso dato che è l’ultimo membro della mia famiglia: abbiamo preparato una torta in casa con i miei nipoti e pronipoti. La sera del 15 Novembre mi sono spostato in un locale di Mantova, il Mascara, che proprio quel giorno spegneva 28 candeline! Sabato 16, infine, si è tenuta questa straordinaria, meravigliosa, incredibile festa all’Area City di Mestre, “Satanika”, che è uno dei primi format a cui ho partecipato. Con me c’erano Dj Ralph, Massimino, Ricci Jr. e Nicola Parente, patron dell’Area City quando ero agli inizi della mia carriera. È stato bellissimo, uno spettacolo eccezionale! Il pubblico era composto dallo zoccolo duro dei miei aficionados, un gruppo di cari amici è arrivato apposta da Venezia per festeggiarmi. Però l’attenzione l’ho rivolta più al prodotto artistico che alla mia persona, forse perché non voglio sentirmi più vecchio di quello che sono già…(ride, ndr.). L’età è uno stato d’animo e l’anagrafe non mi tange più di tanto.

 

Maurice con Thomas Costantin al Plastic di Milano, dove ha festeggiato una “tranche”del suo compleanno

La festa “Satanika” all’Area City di Mestre

Quali sono gli eventi di cui vuoi parlarci, tra quelli che ti hanno visto protagonista nel tuo periodo di latitanza da MyVALIUM?

Senz’altro l’evento in cui è stata svelata in anteprima mondiale la nuova Vanquish della Aston Martin (il brand preferito da James Bond): si è tenuto durante l’81esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia ed era affollato di star. La serata è stata organizzata dalla mia cara amica londinese Meredith O’Shaughnessy, responsabile degli eventi dell’Aston Martin a livello internazionale, insieme alla potente agenzia di Bianca di Savoia Arrivabene; inutile dire che eravamo veramente al top. L’incontro più emozionante, per quanto mi riguarda, è stato quello con Michael Douglas, perché ha una villa a Palma di Maiorca e c’eravamo già incrociati da qualche parte. Pur non conoscendoci così bene, il nostro legame con la più grande isola delle Baleari ha fatto sì che quella sera facessimo comunella! Le star del cinema erano presenti proprio tutte, è stata una festa pazzesca. All’evento ho contribuito come consulente, ma la serata me la sono goduta da ospite! C’erano degli allestimenti pazzeschi, il ricevimento era eccellente…È stata un’esperienza stupenda, veramente emozionante. Ma la cosa più bella è che mi sono sentito a casa, una gran soddisfazione dato il calibro degli invitati. Alla fine di Settembre, invece, abbiamo celebrato il decimo anniversario del  “Grand Bal des Princes et des Princesses” all’Hotel de Paris di Montecarlo. Anche in quell’occasione ero Maestro di Cerimonie. L’evento, patrocinato dal Principe Alberto II di Monaco, è stato meraviglioso, molto elegante…ricco di abiti, costumi e ospiti eccezionali. L’asta di beneficenza per la Fondazione Princesse Grace è andata benissimo. Passando al mese di Ottobre, arriviamo direttamente alla notte di Halloween: al Memorabilia  che si è tenuto al Cocoricò, mi sono esibito sotto la Piramide insieme a Talla 2XLC, Cirillo, Saccoman e Ricci Jr. E’ stato bello, bello come sempre. Quello del Memorabilia è un format che ho nel cuore: è la testimonianza che abbiamo fatto, sì, la storia, ma siamo sempre un work in progress. Con noi ogni volta c’è l’emozione della sorpresa, non ci ripetiamo mai…è un po’ la mia filosofia. E’ intrigante inventare sempre nuove cose per stupire il pubblico, che è il pubblico più bello che si possa desiderare perché dimostra un’empatia, una passione che ti riportano indietro nel tempo.

 

Nella foto sopra e nei due scatti qui sotto, il Principe al Memorabilia di Halloween che si è tenuto al Cocoricò

 

Qualche giorno prima della “notte delle streghe” sono volato in Germania, precisamente a Mannheim, per il 60esimo compleanno di Sven Väth: lo ha festeggiato il 25 e 26 Ottobre al Time Warp, uno dei festival itineranti di musica techno più importanti del mondo. Al compleanno di Sven ho fatto da presentatore ed entertainer; nella sala grande c’erano oltre 15.000 persone e un parterre di dj pazzeschi! La festa era ispirata al film “Barbarella” di Roger Vadim: io, che indossavo un outfit originale di Paco Rabanne (costumista del film ndr.), ho fatto anche la mia bella figura “fashion”. La techno berlinese è diventata Patrimonio Immateriale dell’Unesco un anno fa e ho voluto celebrare anche questo splendido traguardo!

 

Con Sven Väth (a sinistra nella foto). Il leggendario dj e producer tedesco ha festeggiato il suo 60esimo compleanno al Time Warp Festival di Mannheim, in Germania

Il Principe in puro stile Space Age nell’oufit griffato Paco Rabanne

Poi, a Novembre, la Contessa Pinina Garavaglia mi ha invitato al suo ricevimento a tema “Pink”. Ho ripristinato il mio storico completo di Valentino e mi sono divertito moltissimo, ho ritrovato vecchi amici e ne ho conosciuti di nuovi. Pinina è una padrona di casa straordinaria, brillante e ironica. Ha la capacità di amalgamare persone di ogni genere, di farle empatizzare e comunicare. Le differenze non emergono sotto nessun punto di vista: si è accomunati da un tema, da un gioco e dalla voglia di far festa.  Essere ricevuti in maniera elegante, ma anche leggiadra e leggera, è il segreto per far star bene tutti. E Pinina in questo è maestra.

 

Momenti magici al Pink Party della Contessa Pinina Garavaglia

 

Raccontaci del tuo grande progetto su Maria Callas, a cui ci hai già accennato. Hai qualche aggiornamento da darci?

“EONIA Callas”, questo il nome del progetto, sta andando avanti…Alla famiglia della divina, che attraverso il ”Maria Callas Estate” gestisce e tutela il suo patrimonio personale e artistico, è piaciuto molto: lo trova assolutamente rispettoso nei confronti della voce inconfondibile, che è addirittura stata estrapolata per cantare a cappella con un accompagnamento orchestrale. Con la tecnologia, oggi, si riesce a fare anche questo. Si tratta proprio della sua voce, vibrante…resa accessibile dal lavoro di squadra tra me, Andy dei Bluvertigo e Eugene Valente. Ho fatto fatica ad individuare chi potesse lavorare insieme a me, a modo mio, con i miei tempi un po’ bizzarri. Poi ho avuto l’intuizione di Andy (Andrea Fumagalli), che è un’anima sensibile, un musicista, un polistrumentista e anche un pittore straordinario, e grazie a lui ho conosciuto il compositore, produttore e cantante Eugene Valente, che collabora per colonne sonore a livello internazionale e lavora con la musica elettronica in modo eccellente. Grazie alla demo preparata insieme e da me portata ad Atene per essere esaminata, il direttivo dell’Estate ha deciso di proseguire con questo progetto. Mi sento onorato ma soprattutto emozionato! L’idea di fondo è quella di portare la voce di Maria alle nuove generazioni; opereremo una selezione delle arie più famose da lei interpretate e le proporremo in modo che possano essere ballate al ritmo della techno (o trance, progressive e via dicendo) nei club e nei festival dedicati a questo tipo di musica. Posso dire che “EONIA Callas” è senz’altro uno dei progetti più importanti della mia vita. Sono sempre stato un grande amante di Maria Callas, e lo porto avanti con tanto di quell’amore che la forza la trovo lì! Maria è la Divina assoluta, mi emoziono ogni volta che ascolto la sua voce…Riuscire a diffondere le vibrazioni di una voce così, umana e sovrumana al tempo stesso, tra i giovani, mi fa compiere il mio dovere su questa terra, la mia missione. Sono felicissimo!

 

Il Principe e il suo amore sempiterno per Maria Callas, la Divina

Insieme a Andy (Andrea Fumagalli) dei Bluvertigo, con cui Maurice porta avanti il progetto “EONIA Callas”

Arriviamo all’anno nuovo e soprattutto al clou di quest’intervista: il Carnevale di Venezia, di cui ci parlerai più approfonditamente in seguito…

All’inizio del 2025, la nostra Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia è volata in Colombia: terminato l’afflato per la Cina, terminato per modo di dire dal momento che la Cina è legata a doppio filo alla vita di Marco Polo, c’è stato un nuovo scambio con Barranquilla, dove il Carnevale è addirittura Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Questa missione, realizzata dall’Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia in collaborazione con l’UniNorte nel contesto di “Catedra Europa”, l’Istituto Italiano di Cultura di Bogotà e l’Ambasciata Italiana, è stata come sempre molto interessante. Il Carnevale di Venezia, invece, quest’anno avrà come titolo “Il tempo di Casanova” e celebrerà i 300 anni del grande seduttore. Non è un caso che inizi il 14 Febbraio. San Valentino è la Festa degli Innamorati e Casanova (interpretato dal sottoscritto) farà da anfitrione in Piazza San Marco e con un grande gala darà lezioni ai giovani: lezioni di bacio e di tante altre cose che pare abbiano un po’ dimenticato! Tra gli eventi da me diretti per l’Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia ce n’è uno (inserito nel programma ufficiale culturale del Carnevale) che racconta della passione per la musica di Giacomo che fu violinista in gioventù e coautore del libretto del “Don Giovanni” di W. A. Mozart su liriche di Lorenzo da Ponte: “Là ci darei la mano…. Casanova versus Don Giovanni” presso e in collaborazione con il Conservatorio Musicale “B. Marcello” di Venezia con protagonisti musicali gli allievi dei corsi avanzati e due cantanti straordinari: il soprano Violeta Botezatu e il baritono Raffaello Bellavista che con me eseguiranno arie dalla celeberrima opera. Post Scriptum: la sede del conservatorio di Venezia è in uno dei più bei palazzi della città.

 

 

Giacomo Casanova, oggi, avrebbe 300 anni. Come lo vedresti proiettato nel nostro tempo?

Giacomo Casanova è stato un testimone importante del suo tempo e la poliedricità del suo carattere lo ha reso un protagonista dell’Illuminismo. Senz’altro un avventuriero e libertino ma soprattutto un intellettuale di primo livello che ha potuto “giocare” con la sua vita perché curioso, intelligente, coraggioso e vivace: qualità necessarie in ogni tempo per evolvere la società.

 

Con Marco Maccarini, co-conduttore dell’evento “Cuore a cuore” che ha inaugurato il Carnevale di Venezia 2025

Il palco di Piazza San Marco, pronto per l’inaugurazione de “Il tempo di Casanova”

All photos courtesy of Maurizio Agosti

 

Lumere, Lumazze e Morte Secche: le Jack O’lantern della tradizione italiana

 

Ad Halloween le ombre sono diverse dal solito, gli spaventi ti prendono all’improvviso, le zucche sorridono e i pensieri trasgrediscono ogni regola.
(Fabrizio Caramagna)

 

Sapevate che la tradizione della zucca intagliata di Halloween (“Jack O’lantern”) non appartiene esclusivamente ai paesi anglosassoni? Il simbolo per eccellenza della notte del 31 Ottobre, in realtà, ricorre anche nel folklore italiano: la ritroviamo in Liguria, in Toscana, nel Lazio del nord e in tutta la Padania, dal Piemonte all’Emilia passando per il Veneto e la Lombardia. Non dimentichiamo che la festa di Samhain (poi sostituita dalla Chiesa cattolica con le solennità di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti) rappresentava il Capodanno celtico, e quando i Celti migrarono nella penisola italica si stanziarono nelle suddette regioni prima di spingersi fino a Roma. Riguardo a Samhain, che in Italia prese il nome di Samonio, su VALIUM trovate un gran numero di articoli. Oggi, invece, accenderemo i riflettori sulla zucca intagliata. Emblema della connessione tra il mondo visibile e invisibile che si instaurava nella notte di Samhain, la Jack O’lantern giunse addirittura ad avere un suo corrispettivo italiano, la lümera della Padania. Non sono pochi gli studi che hanno rinvenuto similitudini tra la zucca intagliata, illuminata da una candela, e un teschio. Gli occhi enormi, il naso appena accennato e la bocca sdentata ne replicavano le fattezze per farsi scherno della morte: era un modo per esorcizzarla mettendola in ridicolo.

 

 

Il rapporto che i Celti avevano con la morte era privo di qualsiasi indizio di drammaticità. Alla fine della vita si guardava con serenità, paura e tristezza erano emozioni che non avevano nulla a che fare con il sonno eterno. Samhain, infatti, nonostante i defunti avessero libero transito nel mondo dei vivi, era una festa giocosa. I Celti conferivano una forte valenza simbolica al teschio: ritenevano che la testa fosse la sede dell’anima e conservavano il capo reciso del nemico più ardito che avevano affrontato in battaglia, poichè pensavano che avesse la capacità di infondere in loro i suoi pregi e il suo valore. Ai teschi e alle teste tagliate veniva tributato un enorme rispetto, una sorta di adorazione; in questo modo, avrebbero irradiato un’energia benefica e incrementato le loro attitudini divinatorie. L’utilizzo ironico e gioioso che a Samonio veniva fatto dei teschi, di conseguenza, implicava l’utilizzo obbligato delle zucche, che ne erano la rappresentazione.

 

 

La Lümera padana

Le zucche intagliate a mò di teschio, illuminate dall’interno con una candela, nelle aree padane vengono chiamate Lümere. Il loro utilizzo era legato prevalentemente alla festa dei Morti e alla vigilia di Ognissanti, ma in determinate zone la tradizione anticipava o prolungava di diverse giorni il rito delle Lümere: sono noti casi in cui le zucche illuminate si preparavano già alla fine di Settembre e rimanevano in uso fino all’Epifania. A realizzarle erano i bambini, guidati dai nonni o comunque dagli anziani della famiglia. Ma a cosa servivano, di preciso, le Lümere? Innanzitutto a spaventare, a fare scherzi. I giovani erano soliti collocarle nei cimiteri, ai bordi dei sentieri, sempre e solo nei luoghi più bui. Oppure le infilzavano a dei bastoni e bussavano di casa in casa, dando vita a burle che oggi chiameremmo “prank”. Altrimenti, organizzavano vere e proprie processioni, avvolti in spettrali mantelli bianchi e reggendo la Lümera tra le mani.

 

 

Delle Lümere, però, non veniva fatto solo un uso goliardico: nelle notti del 31 Ottobre e del 1 Novembre, venivano poste in prossimità delle chiese e dei cimiteri per far luce alle anime dei defunti che transitavano tra l’aldilà e il mondo terreno. Avevano anche una funzione ornamentale, la stessa che hanno oggi. La vigilia di Ognissanti decoravano davanzali, muretti, portoni e balconi; ogni famiglia sceglieva le zucche accuratamente, anche in base alle dimensioni, perchè le più grandi erano riservate alle porte d’ingresso. Nel bresciano e nel canavese, la tradizione prevedeva che pendessero dai rami degli alberi. Nel Friuli si utilizzavano tante zucche quanti erano i morti che si desiderava omaggiare, e le candele al loro interno dovevano ardere tutta la notte affinchè la polpa del frutto si ammorbidisse e potesse nutrire il defunto. Oppure, in ogni zucca si inseriva una lettera per i defunti della famiglia; la mattina dopo era d’obbligo verificare se le anime erano effettivamente entrate in casa.

 

 

I nomi

I nomi delle zucche intagliate variano di zona in zona. Se in Piemonte, Lombardia e Emilia sono state battezzate Lümere, i veneti le chiamano Lumere o Suche Baruche. In provincia di Rovigo e in Romagna vengono denominate Lumazze, a Biella Teste da Mort, in Toscana le Morte Secche: l’antica simbologia celtica relativa alle zucche di Samonio riaffiora prepotentemente.

 

 

La Morte Secca toscana

Il cosiddetto “gioco dello zozzo” era tipico della cultura agreste toscana: tra il mese di Agosto e il mese di Ottobre si usava intagliare una zucca dotandola di occhi, naso e bocca, poi la si illuminava accendendo una candela al suo interno. La zucca veniva posizionata all’esterno della casa, in giardino oppure su un muretto, dove era più facile darle l’aspetto della testa di un mostro. A questo scopo venivano aggiunti degli abiti, o qualche straccio, per simulare l’esistenza di un corpo. Non restava che aspettare che calassero le tenebre per organizzare qualche scherzo, spaventando a morte chiunque si trovasse a passare di lì. Nel Lazio settentrionale vigeva un gioco simile che pare risalisse all’ Ottocento: la zucca intagliata, in questo caso, veniva chiamata La Morte; un nome a dir poco significativo, in virtù di quanto abbiamo appreso finora. Felice Halloween a tutti!

 

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I costumi di Halloween: la potenza delle suggestioni

 

Avete già deciso cosa indossare ad Halloween? Travestirsi, ormai, è qualcosa che non riguarda solo i bambini: sfoggiare un costume a tema è un must per chiunque partecipi a un party che si rispetti. Gli appassionati della vigilia di Ognissanti conosceranno tutti i classici del travestimento per quella ricorrenza; mummie, streghe, vampiri e idoli degli slasher sono inflazionatissimi. A meno che non li si reinterpreti con un tocco altamente personalizzato, potrebbero risultare banali. C’è poi da aggiungere che lo stile horror, se enfatizzato a dismisura, sconfina nel trash. Molto meglio puntare sul mistero, sulle suggestioni, sull’inquietudine. Evocare sensazioni tramite rimandi a fiabe gotiche, libri e film da brivido o stupire con accenti di inaspettata sensualità. In questa gallery vi propongo alcuni spunti, che potrete adottare in toto o rielaborare a vostro piacimento.

 

Il cigno nero

La Medusa

L’angelo del male

La dama del mistero

Mercoledì Addams

La dama nera

Cappuccetto Rosso

La strega del bosco

Il fantasma

La sposa cadavere

La dark lady

L’angelo candido

La donna lepre

La dama lacrimarum

La wicca

La viandante

La dama pop

 

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Il cappello della strega: le origini, la storia e la contemporaneità

 

Il cappello a punta, nero e rigorosamente a falda, rimanda da sempre a una figura ben precisa: quella della strega. Altre creature, come le fate ad esempio, indossano un cappello dalla forma conica, ma privo di falda; lo stesso vale per gli stjärngossar, i “ragazzi stella” che prendono parte alla processione svedese di Santa Lucia. Come nasce, dunque, il tipico cappello della strega? Oggi lo scopriremo insieme.

Le origini

In tempi antichissimi, tra il IX e il I secolo a.C., i ministri del culto indossavano un cappello a punta quando celebravano gli uffici divini. Questo tipo di copricapo, alto e “svettante” verso il cielo, rappresentava senza dubbio un trait-d’union tra l’uomo e le divinità. Reperti archeologici significativi in tal senso sono stati rintracciati sia in Sardegna che nell’area corrispondente all’antica Etruria: si tratta di piccole sculture in bronzo che riproducono religiosi vestiti di tutto punto e con un cappello conico in testa. Ma le preziose decorazioni che ornano i loro abiti sono tutto fuorchè trecce; le statuette rappresentano infatti degli aruspici, i sacerdoti che, nell’antica Roma, praticavano la divinazione tramite le viscere degli animali sacrificati sull’ara. Va da sé che quelle che sembrano trecce sono, in realtà, le interiora che gli aruspici utilizzavano per le preveggenze. Queste sculture, molto simili tra loro, affondano le radici in epoca nuragica ed etrusca; ad accomunarle è un dettaglio importante: il cappello a punta che sfoggiano i sacerdoti. Anche nell’antica Persia i ministri del culto indossavano un cappello a punta, nello specifico il berretto frigio, in uso a partire nientemeno che dal VI secolo a.C. Tutte le testimonianze appena descritte, ci inducono a trarre conclusioni ben precise: il copricapo conico era associato al prestigio, a un profondo senso di reverenzialità.

 

 

Il Medioevo

La situazione cambiò completamente con l’avvento del Cristianesimo. Nel Medioevo, epoca che coincide con la sua massima diffusione, la Chiesa Cattolica dovette prendere atto che, soprattutto nei villaggi e nelle aree più isolate del Sacro Romano Impero, il paganesimo rimaneva il culto a cui aderiva gran parte della popolazione. Cominciò quindi a sostituire feste, tradizioni e rituali pagani con i loro corrispettivi cristiani, ma anche ad avviare una campagna anti-pagana che snaturava e distorceva i più importanti simboli del paganesimo: le corna, ad esempio, antico emblema di forza e fecondità, vennero indissolubilmente associate al demonio. In quest’operazione di ribaltamento generale rientrò anche il cappello a punta, la cui storica autorevolezza fu soppiantata da una valenza di disonore e derisione. Prova ne è il fatto che nel 1215, durante il Concilio Lateranense, Papa Innocenzo III decretò che gli Ebrei dovessero indossare il cappello giudaico, o “pileus cornutus” (l’evoluzione del berretto frigio), per distinguersi dai cristiani. Tale imposizione, lungi dall’essere una semplice regola, cominciò ben presto ad apparire una sorta di discriminazione. Sempre nel Medioevo, tuttavia, il cappello a punta si tramutò in un accessorio di tendenza che, con il nome di hennin, tra il 1300 e il 1400 spopolò tra le dame europee. L’hennin derivava quasi certamente dal tipico copricapo delle donne mongole, che grazie a Marco Polo approdò nel Vecchio Continente. La moda dell’hennin esplose nelle Fiandre; era un cappello a cono alto circa 90 cm ornato di un velo che spesso arrivava a sfiorare il suolo. Avete presente il cappello indossato dalle fate nelle fiabe? Bene, si tratta proprio dell’hennin.

 

L’hennin di Isabella di Francia in un’opera anonima conservata nella Bibliothèque Nationale de France

In Europa veniva sfoggiato dalle donne aristocratiche, benestanti e acculturate. Ma a quei tempi, nel Regno Unito, si impose una nuova tipologia femminile: la alewife. Intorno alla metà del 1300, le vedove e tutte le donne in difficoltà economica avevano la facoltà di produrre e commercializzare birra artigianale. Le birraie gestivano le ale house, locande contraddistinte da una scopa di saggina a mò di insegna, oppure organizzavano banchetti ambulanti. Le alewife, però, non godevano di buona reputazione: a consumare birra erano più che altro gli uomini, inoltre l’alcol veniva considerato un potente afrodisiaco, una bevanda che eliminava i freni inibitori. Nell’immaginario collettivo, di conseguenza, le ale house vennero ben presto percepite come covi di stregoneria e prostituzione. E’ molto importante dire che le alewife vestivano rigorosamente di nero e indossavano un cappello (sempre nero) a punta che serviva a renderle riconoscibili: era una sorta di divisa, insomma. Ma anche il fatto che fossero vedove, ancor peggio nubili, ed economicamente autonome era mal visto: tutti elementi imperdonabili, per l’oscurantismo dell’epoca.

La caccia alle streghe

 

Era il 1484 quando Papa Innocenzo VIII, promulgando la bolla “Summis Desiderantes”, ordinò di inquisire e uccidere, dopo una serie di torture, tutte le streghe d’Europa. La caccia alle streghe raggiunse l’apice nel 1500 e perdurò fino alla metà del Settecento. Naturalmente, le alewife vennero bersagliate fin da subito. Molte di loro erano guaritrici, e utilizzavano le erbe a scopo terapeutico, ma furono accusate di servirsi dell’erboristeria per adulterare, o avvelenare, la birra che loro stesse producevano. Anche l’abbigliamento che caratterizzava le alewife venne assimilato a quello, tipico, delle streghe: gli abiti neri e il copricapo a punta entrarono a far parte dell’iconografia della perfida adoratrice del demonio, consolidandosi in particolar modo nell’età vittoriana, e forgiarono l’immagine della strega rimasta perennemente impressa nell’immaginario collettivo.

 

Francisco Goya, “Il tribunale dell’Inquisizione”, olio su tela (1812-1819 ca)

In un suo dipinto, “Il tribunale dell’Inquisizione”, Francisco Goya riprende il tema del carattere punitivo legato al cappello a punta e lo inserisce in un contesto che raffigura un processo per stregoneria: le presunte streghe, dopo la sentenza, erano tenute ad indossare un copricapo conico che fungesse da “segno di riconoscimento”. Il cappello, sul quale era scritta e disegnata la condanna, doveva renderle identificabili presso il popolo e contribuire alla loro emarginazione. In secoli più recenti, il motivo del cappello a punta come umiliazione e penitenza è riapparso sotto forma di punizione scolastica: gli alunni più svogliati esibivano il cosiddetto “cappello da asino” mentre erano in castigo dietro la lavagna.

Oggi

 

La Pop Culture contemporanea ha sdoganato la figura della strega, rendendola un’icona del nostro tempo. A questo hanno contribuito in gran parte i cartoon, i film (basti pensare a pellicole come “Ho sposato una strega” di René Clair, del 1942), i libri, le serie televisive. La strega non viene più dipinta come una creatura tenebrosa e legata al demonio; mantiene i suoi poteri magici, ma ha perso l’allure oscura. Un esempio? La strega Nocciola, all’anagrafe Nocciola Vildibranda Crapomena, che la Disney lanciò nei suoi fumetti e cartoni animati. Nocciola ha esordito nel cartoon “La notte di Halloween” del 1952; la sua unica malvagità? Prendere di mira Paperino per aiutare Qui, Quo e Qua a impossessarsi dei suoi dolcetti. Il cappello a punta rimane, ma a differenza del passato viene guardato con ironia e giocosità.

 

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Compendio di simbologia halloweeniana

 

Il 31 Ottobre è dietro l’angolo, e le atmosfere spensierate del weekend ci invitano a guardare ad Halloween con un pizzico di giocosità. Qui di seguito trovate un compendio (rigorosamente in ordine alfabetico) dei suoi simboli e della sua terminologia.

Candy Corn

Tipici dolcetti di Halloween. Si tratta di piccole caramelle dalla forma conica che ricorda un chicco di mais. A base di miele, burro, vaniglia e zucchero, esibiscono le tonalità del raccolto d’Autunno: arancione, giallo e bianco. Furoreggiano soprattutto negli Stati Uniti e in Canada.

Colori

I colori di Halloween sono essenzialmente tre: l’arancio delle zucche, il verde dei mostri, il nero delle streghe, dei vampiri e dei pipistrelli. Anticamente, quando Halloween era ancora Samhain, si riducevano all’arancio e al nero. Il primo simboleggiava il raccolto, il secondo la morte dell’Estate. La notte di Samhain, infatti, presso i Celti inaugurava il semestre oscuro.

Dolcetto o scherzetto

Nei paesi anglosassoni, “Trick or treat” è la frase che pronunciano i bambini durante la loro questa di caramelle. Una frase che si ispira a una tradizione medievale: la notte di Ognissanti, in Gran Bretagna e in Irlanda, gli indigenti bussavano di porta in porta chiedendo qualcosa da mangiare; in cambio, avrebbero recitato una preghiera per i defunti di chi li ospitava. Se la famiglia, al contrario, non li lasciava entrare, erano pronti a lanciare improperi e maledizioni.

Fantasmi

La notte di Halloween, il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si squarcia mettendoli in comunicazione. Gli spiriti hanno libero accesso alla vita terrena: le popolazioni celtiche, per spaventarli e indurli alla fuga, erano soliti indossare i travestimenti più disparati.

Jack-O’lantern

Le zucche intagliate e illuminate, supremo emblema di Halloween, rimandano alla leggenda di Jack, un bevitore incallito irlandese. Jack ingannò il Diavolo varie volte e costui, per vendicarsi, lo cacciò dall’Inferno dopo la sua morte, condannandolo a vagare come un’anima in pena. Per farsi luce, l’uomo teneva in mano una rapa all’interno della quale baluginava un tizzone infuocato: la rapa venne soppiantata dalla zucca, molto più a portata di mano, in seguito alla massiccia migrazione irlandese negli Stati Uniti d’America.

Pipistrelli

Fanno parte della “paraphernalia” orrorifica entrata a far parte di questa festa, soprattutto dopo che è diventata americana. I pipistrelli sono animali notturni che, quando fa buio, vanno a caccia delle loro prede. Considerati l’incarnazione delle streghe e dei vampiri, su di loro aleggia un alone di mistero che li riconduce alle forze demoniache.

Ragni

Anche le ragnatele fanno ampiamente parte dell‘iconografia di Halloween: la figura del ragno riveste un’importanza decisiva nella simbologia di quasi ogni cultura. Si dice, inoltre, che le streghe li utilizzino in abbondanza per la preparazione delle loro pozioni magiche.

Spooky season

Significa letteralmente “stagione spettrale” e deriva dall’olandese “spook”, ovvero fantasma. Gli inglesi adottarono quel termine nell’Ottocento; un secolo dopo, la “spooky season” è stata identificata come il periodo che precede Halloween, caratterizzato da una profonda trasformazione della natura.

Streghe

Oltre ad essere associate al Diavolo nell’immaginario collettivo, si dice che le streghe scelgano la notte di Halloween per i loro raduni. Dotate di poteri soprannaturali ed esperte nell’arte della divinazione, si inseriscono perfettamente nel contesto magico-divinatorio che contraddistingue questa festa.

Zucca

Gioca a suo favore il fatto di essere un frutto-simbolo dell’Autunno, dalle forme svariate e dai colori vividi. L’utilizzo delle zucche come Jack-O’lantern affonda le radici nelle migrazioni irlandesi negli Stati Uniti. Fu qui che gli immigrati Irish iniziarono a intagliare le zucche anzichè le rape, poco reperibili in America, per festeggiare Halloween.

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Un nero che fa rima con mistero

Chiara Boni

Halloween in nero: la fashion parade in total black, su VALIUM, anche quest’anno non può mancare. Nero come la notte, l’ignoto, il mistero. Nero come la paura, un black out cognitivo che inibisce temporaneamente le nostre risposte razionali. Nero come il corvo, volatile associato da sempre a connotazioni macabre e infernali. Nero, infine, come i look che vi propongo, impregnati di un fascino potente e vagamente gotico.

 

Hui

Balmain

Calcaterra

Elie Saab

Junya Watanabe

Issey Miyake

Chet Lo

Del Core

Duran Lantink

Theunissen

Gauchere

Naeem Khan

Odette Alvarez

Isabel Sanchis

Yohji Yamamoto

Fely Campo

 

Spunti a tema horror per il make up: ed è subito Halloween party

 

Anche se siete fedeli a Samhain, l’Halloween delle origini, e per voi la vigilia di Ognissanti è tutto fuorchè una mascherata, prendere parte agli horror party del 31 Ottobre rimane un modo divertente di celebrare questa festa, di condividerne le atmosfere e lo spirito. Un make up all’insegna del brivido è tassativo: lascia libero sfogo alla fantasia e contribuisce alla “metamorfosi” halloweeniana ancor più di un abito. Le ispirazioni sono molteplici, la creatività galoppa a briglia sciolta. In questa gallery trovate diversi spunti: macabri pagliacci, raccapriccianti streghe, Joker inquietanti, dame esoteriche e spose cadavere si alternano a misteriose figure in maschera e ad entità dal volto tinto di nerofumo. Senza dimenticare la potente connessione di Halloween con la natura, rappresentata da make up di stampo eco-tribale. Ce n’è per tutti i gusti: scegliete il trucco che sentite più vostro e sentitevi liberi di…spaventare.

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Crepuscolo

 

Meno dieci giorni ad Halloween. Il nostro percorso prosegue, nell’aria aleggia ancora il persistente odore del fumo che proviene da un camino. Passo dopo passo, le foglie morte che scricchiolano sotto i piedi, avanziamo. E’ già calato il crepuscolo e si accendono i primi lampioni. Continuate a seguirmi…perchè domani vi aspetta un articolo molto speciale.