La neve ci fa star bene: scopri perchè in 5 punti

 

La neve, in Italia, cade sempre meno spesso. L’anno scorso, ricordate?, ho dedicato un articolo proprio a questo tema (rileggilo qui), elencando i benefici che la neve apporta al nostro organismo e all’ecosistema. Oggi voglio analizzare, invece, tutti i vantaggi che la neve ci procura dal punto di vista del benessere mentale. Perchè una cosa è certa: una nevicata è in grado di influenzare positivamente il nostro stato d’animo, il nostro umore. E’ quel momento magico in cui tutto cambia: rallentano i ritmi, chiudono scuole e uffici, riaffiorano i più bei ricordi dell’infanzia. Ma come e perchè si verifica questo fenomeno? Scopriamolo insieme in 5 punti.

1. La neve riattiva la nostra memoria emotiva

Quando i fiocchi scendono fitti e il paesaggio si imbianca, riemergono le emozioni che la neve suscitava in noi durante l’infanzia: il mondo si trasforma, si impregna di magia. Da bambini, una nevicata improvvisa ci riempiva di gioia: la scuola chiudeva i battenti, potevamo goderci la meraviglia dello scenario  candido e il suo silenzio fatato. Organizzavamo battaglie di palle di neve con gli amici, condividevamo con loro l’ebbrezza di fare un pupazzo di neve…Ogni azione si tramutava in felicità pura. Una nevicata ha il potere di riattivare quei ricordi, quelle emozioni, solo in sporadici casi mitigati da pensieri “guastafeste” associati alla scomodità della neve.

 

 

2. La neve è rilassante

Il candore ammanta l’ambiente circostante: ci immerge nel magnifico scenario di una fiaba senza tempo. Il traffico diminuisce, a poco a poco diventa quasi assente; i rumori si fanno sempre più attutiti. Una delle caratteristiche della neve, infatti, è quella di ammortizzare i suoni: il manto nevoso è composto da pori pieni d’aria, siano essi isolati o aggregati in una rete di microscopici canali. Questa porosità permette alla neve di assorbire i suoni dell’ambiente, che risultano quasi ovattati. Inoltre, quando guardiamo i fiocchi di neve scendere dal cielo, una grande serenità si impossessa di noi: osservandoli proviamo la sensazione di una pace profonda; l’atmosfera è sospesa, il tempo sembra essersi fermato per donarci una pausa di autentico incanto.

 

 

3. La neve cambia lo stile di vita

Mi soffermo sul concetto di “autentico incanto” espresso al punto 2. La neve cambia il nostro stile di vita, rallenta i nostri ritmi. Pensate al nevone: gli spostamenti si bloccano, gli uffici, le fabbriche, le scuole rimangono chiusi, ma quella che ci accingiamo a vivere è una parentesi ad alto tasso di stupore. La neve ci permette di assaporare bei momenti passati davanti al focolare, magari sorseggiando una cioccolata calda, insieme alla famiglia. La routine viene stravolta e, paradossalmente, usciamo dal nostro guscio: aiutiamo il vicino a spalare la neve, veniamo aiutati se la neve ci crea difficoltà. Ma non solo. Lo stop momentaneo del traffico permette di camminare a piedi  lungo i sentieri scavati nel manto nevoso: quando i pedoni si incontrano si salutano, scambiano quattro chiacchiere, anche se sono dei perfetti sconosciuti; tutte abitudini “d’altri tempi” che, in un mondo sempre più virtuale, faremmo bene a ripristinare.

 

 

4. La neve ci fa riscoprire lo splendore della natura

La natura ci regala sensazioni di ineguagliabile benessere, vibrazioni che ci fanno sentire in pace con il mondo intero. Il candore della neve rimanda alla purezza, acuisce i nostri sensi. Avvertiamo tutto più distintamente, anche i colori risultano più vividi. A proposito di candore: sapevate che il bianco di cui è tinta la neve è soltanto una nostra percezione? I riflessi dei raggi di luce che attraversano i cristalli di neve subiscono deviazioni che fanno riemergere la luce in tutti i suoi colori di partenza. Di conseguenza, percepiamo la neve come bianca in quanto il bianco è la somma di tutti i colori dello spettro elettromagnetico.

 

 

5. La neve regala buonumore

Non c’è niente di meglio che una bella passeggiata nella neve, per incrementare il benessere mentale: lo sforzo costante che implica, infatti, stimola la produzione di ormoni quali le endorfine e la serotonina, i cosiddetti “ormoni del buonumore” o “della felicità”. Si verifica, in sostanza, una perfetta combinazione tra l’effetto rilassante procurato dalla neve e i benefici che comporta praticare questa specifica attività fisica. Una passeggiata nel paesaggio innevato rappresenta anche un momento di pausa in cui sgombrare il cervello dallo stress e dalle preoccupazioni: la capacità di concentrazione ne risulterà potenziata, così come il pensiero creativo e il problem solving. La neve, in conclusione, ci regala delle ottime occasioni per combattere lo stress e ritrovare il nostro equilibrio emotivo.

 

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Balocchi natalizi: un turbinio di ricordi e di emozioni

 

Orsacchiotti, giostrine, elfi, fate, Babbi Natale, soldatini Schiaccianoci…il Natale è il paradiso dei giocattoli d’antan. E nel weekend a ridosso dell’ Epifania, per concludere le festività in bellezza, è quasi d’obbligo omaggiare il nutrito gruppo dei balocchi natalizi: fanno atmosfera, sono iconici e ci riportano agli idilliaci Natali della nostra infanzia. Rievocando un luccicante turbinio di ricordi e di emozioni

Ecco a voi la nuova photostory di MyVALIUM, la prima del 2025.

 

Foto via Pexels, Piqsels e Unsplash

 

La colazione di oggi: l’uovo sbattuto, per un inizio di giornata che sa d’infanzia

 

Chi appartiene alla mia generazione lo ricorderà come una delle colazioni (o merende) cardine della propria infanzia: l’uovo sbattuto, oltre che essere buonissimo, era il ricostituente lampo che ci restituiva energia dopo un’influenza o ci rinvigoriva nel pieno dell’Inverno. Chi non adorava la sua consistenza cremosa, il suo sapore zuccherato, il colore giallo oro del tuorlo che in fondo al bicchiere si faceva più intenso? Naturalmente, l’uovo sbattuto non è una delizia riservata ai bambini: vale la pena di riscoprirlo, magari arricchendolo con qualche biscotto, del cioccolato in polvere, un goccio di caffè o di liquore. Anche perchè vanta una lunga serie di proprietà e benefici. In primis, è estremamente nutriente; contiene un gran numero di proteine essenziali per l’organismo. E’ ricco inoltre di vitamina A, D, E e molte vitamine del gruppo B, così come di minerali quali il ferro, il selenio e lo zinco. La vitamina E e la luteina, di cui abbonda, sono antiossidanti che preservano le cellule dalla nociva azione dei radicali liberi. In più, l’uovo sbattuto è l’alimento ideale per una colazione veloce: si prepara in pochi minuti e, grazie alla presenza delle proteine e dei grassi buoni, regala un’immediata sensazione di sazietà.

 

 

Per prepararlo sono necessari solo due ingredienti, un uovo rigorosamente fresco e un cucchiaio di zucchero (da aggiungere in base alla cremosità desiderata). Il primo step consiste nel rompere l’uovo. Successivamente, il tuorlo e l’albume si separano. Il tuorlo va versato in un bicchiere insieme allo zucchero prima di essere sbattuto con l’aiuto di un cucchiaio o di una forchetta. Se preferite un uovo sbattuto denso e soffice, abbondate con lo zucchero; viceversa, la consistenza risulterà più liquida. Per una cremosità extra, provate a sbatterlo anche con la frusta. Volete accentuare la sua dolcezza? Aromatizzatelo con la vaniglia o la cannella. E’ importante dire che l’uovo sbattuto dev’essere consumato subito per preservare la freschezza del tuorlo.

 

 

Non bisogna confondere l’uovo sbattuto con lo zabaione, una bevanda a base di tuorlo d’uovo, zucchero e vino o liquori come il marsala e il rum. Sulle origini dell’uovo sbattuto le teorie sono controverse. Pare innanzitutto che la sua ricetta fu ispirata da quella dello zabaione; alcuni ritengono che a idearla fu un capitano di ventura, Giovan Paolo Baglioni, nel 1471, mentre per altri affonderebbe le radici nella Torino del 1500. Certo è che con il nome zabaja si indicava una bevanda veneziana “importata” dall’Illiria, la parte occidentale dell’odierna penisola balcanica.

 

Il maglione natalizio

 

Lo conoscete tutti: è il maglione natalizio. Generalmente rosso (ma altri colori non mancano, meglio se in linea con il mood festivo), viene arricchito da un tripudio di decorazioni. Qualche esempio? Renne, fiocchi e pupazzi di neve, orsi polari, elfi, pinguini, omini al pan di zenzero, alberi di Natale…Spesso il focus si concentra su un elemento dell’iconografia natalizia e tutto il resto diventa un pattern ornamentale. Il maglione del Natale è stato riportato in voga da “Il diario di Bridget Jones”, il famosissimo best-seller di Helen Fielding, dove Mark Darcy (che nel film tratto dal libro è interpretato da Colin Firth) ne indossa uno con una gigantesca renna sul davanti. E anche se dai più viene considerato kitsch, non c’è dubbio che è l’ironia con cui viene esibito a fare la differenza: perchè il maglione natalizio è colorato, ridondante, esagerato, ma anche divertente. Evitando i modelli più trash, ed abbinandolo a un bel sorriso, può tramutarsi nel capo giocoso e un po’ naïf che vi farà rivivere (almeno sotto certi aspetti) le Feste di Natale della vostra infanzia. Non va dimenticato, poi, che se ne è appropriata persino l’Alta Moda: a portarlo in passerella è stato Jean-Paul Gualtier, che l’ha inserito (tinto di rosso e bianco e decorato con fiocchi di neve) nella sua collezione di Haute Couture Autunno Inverno 2017/18.

 

 

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Nient’altro che l’estate

 

” Nella stanchezza mi riusciva facile non pensare alla notte, ai disordini, ai singhiozzi di Rosalba, e sprofondavo in quel cielo che avevo sognato nel dormiveglia sotto la luce fresca, indugiavo nelle viuzze del paese, guardavo all’insú. Li conoscevo questi borghi ammucchiati nelle campagne. Conoscevo l’orto estivo della casa dei vecchi dove i miei mi mandavano a far campagna da ragazzo, un paese in pianura, tra rogge e siepi d’alberi, dai vicoli coi portici bassi e le fette di cielo altissime. Della mia infanzia non mi restava altro che l’estate. Le vie strette che sbucavano nei campi da ogni parte, di giorno e di sera, erano i cancelli della vita e del mondo. Gran meraviglia se un’automobile strombettante, giunta da chi sa dove, traversasse il paese sulla strada maestra e dileguasse chi sa dove verso nuove città, verso il mare, sconvolgendo ragazzi e polvere. Mi tornò in mente nel buio quel progetto di traversare le colline, sacco in spalla, con Pieretto. Non invidiavo le automobili. Sapevo che in automobile si traversa, non si conosce una terra. «A piedi, — avrei detto a Pieretto, — vai veramente, in campagna, prendi i sentieri, costeggi le vigne, vedi tutto. C’è la stessa differenza che guardare un’acqua o saltarci dentro. Meglio essere pezzente, vagabondo». Pieretto rideva nel buio e mi diceva che dappertutto nel mondo è benzina. “

Cesare Pavese, da “Il diavolo sulle colline”

 

 

Tina

 

“Sono convinta che ciascuno di noi sia nato con una missione unica, uno scopo che solo noi possiamo realizzare. Siamo tutti legati da una responsabilità comune: aiutare la famiglia umana a diventare più gentile e più felice. Le prime lezioni sul funzionamento dell’ Universo le ho ricavate dalla mia esperienza quotidiana durante l’infanzia a Nutbush, un paese rurale del Tennessee. Mi piaceva passare il tempo all’ aperto, correre nei campi, alzare lo sguardo verso i corpi celesti nel cielo, stare con gli animali – domestici e selvatici – e ascoltare i suoni della natura. Già a quei tempi percepivo una forza universale invisibile quando camminavo in mezzo ai pascoli sconfinati, giorno dopo giorno. Essere in comunione con la natura mi ha aiutato a credere nel mio intuito, che sembrava conoscere sempre la strada di casa quando mi smarrivo, il ramo migliore a cui appendermi e dondolare, il punto in cui un ruscello celava un sasso pericoloso. Ho imparato ad ascoltare il mio cuore, ed esso mi ha insegnato che io e te siamo connessi, non solo tra noi, ma con ogni altra cosa sul pianeta. Siamo collegati dalla misteriosa natura della vita stessa, dall’ energia creativa fondamentale dell’ Universo. In questo nostro mondo complicato in cui le contraddizioni abbondano, si scopre una bellezza mozzafiato nei luoghi meno probabili. L’arcobaleno più luminoso appare dopo il più violento dei temporali. Magnifiche farfalle emergono da bozzoli scialbi. E i più splendidi fiori di loto nascono dal fango denso e profondo. Secondo te perchè la vita agisce così? Forse quegli arcobaleni, quelle farfalle e quei fiori di loto sono lì per ricordarci che il nostro mondo è un’opera d’arte mistica, una tela universale che tutti noi dipingiamo con le nostre storie, giorno dopo giorno, con le pennellate dei nostri pensieri, delle nostre parole e azioni. “

Tina Turner, da “Diventare felicità. Diario spirituale per una vita migliore.”

 

Fai buon viaggio, Tina. Non ti dico “riposa in pace”, perchè vulcanica come sei tu non riposerai mai. E non ti dico neanche “addio”, perchè la morte è solamente un nuovo inizio. Con questo post voglio omaggiarti, esprimere la stima che ho sempre avuto per te. Hai saputo superare le avversità dell’esistenza semplicemente guardandoti dentro, riannodando il contatto con la tua anima e la tua vita spirituale, e questo ti rende un modello per tutti noi. Quando ti ho conosciuta artisticamente, ero solo una bambina: “A fool in love” è stato uno dei primi album che hanno comprato i miei genitori. Allora eri in coppia con Ike, e mi hanno subito colpito la tua voce potente, la tua grinta inesauribile, il tuo saperti connettere con l’istinto. Continua a brillare, Regina. Sei immortale, un’icona destinata a rimanere perennemente impressa nell’ immaginario collettivo.

(Foto: Jay Bernstein Public Relation Los Angeles via Wikimedia Commons)

 

Neve

 

” Subito dopo la partenza del pullman, mentre il passeggero seduto accanto al finestrino, pensando di poter vedere qualche cosa di nuovo, guardava con occhi attenti i quartieri della periferia di Erzurum, le minuscole e misere drogherie, i panifici e i caffè fatiscenti, aveva ripreso a nevicare. Adesso era più forte: i fiocchi erano più grandi di quelli del tragitto da Instanbul a Erzurum. Se il passeggero non fosse stato stanco per il viaggio e avesse prestato un po’ più di attenzione ai grandi fiocchi di neve che scendevano dal cielo come piume di uccelli, avrebbe potuto percepire che si stava avvicinando una violenta tormenta di neve e, forse, avrebbe potuto capire immediatamente di aver intrapreso un viaggio destinato a cambiare tutta la sua vita, e sarebbe potuto tornare indietro. Ma di tornare indietro adesso non gli passava proprio per la testa. Mentre la sera scendeva, guardava fisso il cielo che sembrava più luminoso della terra: contemplava i fiocchi di neve che man mano si facevano più grandi e si disperdevano nel vento, non come presagi di una prossima sventura ma, finalmente, come indizi del ritorno della felicità e dell’ innocenza della sua infanzia. (…) Sentiva che quella neve di una bellezza sovrannaturale lo rendeva persino più felice della Instanbul che aveva potuto rivedere dopo tanti anni. Era un poeta, e in una sua poesia di qualche anno prima, una poesia poco nota ai lettori turchi, aveva scritto che anche nei nostri sogni nevica, ma una sola volta nella vita. Mentre la neve scendeva fitta e silenziosa come nei sogni, il passeggero provò quella sensazione di innocenza e ingenuità che cercava appassionatamente da anni e, in un impeto di ottimismo, pensò di potersi sentire a proprio agio in questo mondo. Dopo un po’ fece una cosa che non faceva da tanto tempo: si addormentò nel suo sedile. “

Orhan Pamuk, da “Neve” 

 

 

Le discrepanze del tempo

 

Rimasi a lungo davanti all’Ottica e Orologi di Österberg: su un letto di argentei fili natalizi e neve sintetica, tra piccoli babbonatale che mi pareva di riconoscere dalla mia infanzia, era adagiata una quantità di orologi: sveglie, orologi da polso, graziose pendole, un orologio della nonna, all’antica, cipolloni da tasca e orologini da signora, su cui era impossibile leggere le ore. Contai ventisette diversi misuratori del tempo, e tutti erano in funzione. E nessuno segnava la stessa ora. Uno le due e un quarto, un altro le quattro e venti, un terzo era quasi sulla mezzanotte, o mezzogiorno. Instancabilmente continuavano a ticchettare, ognuno seguendo il proprio tempo, incuranti gli uni degli altri. Nessuno era sbagliato, nessuno era giusto, non c’era né un prima né un dopo. Tutti erano rivolti a se stessi, al proprio meccanismo. Fuori dalla vetrina era lo stesso. Nella neve che cadeva fitta, gli uomini s’incrociavano, scivolavano l’uno verso l’altro senza nessuna vera contemporaneità. Quando uno si risvegliava dai suoi incubi, un altro s’immobilizzava nel ricordo di un giorno d’estate. La neve mi costringeva a socchiudere gli occhi e mi serrai più stretto il collo del cappotto, mi feci un’insenatura di calma all’interno della stoffa e mi ritrovai nel confuso labirinto del mio proprio tempo, mentre procedevo per quella via in cui, una volta, avevo dato il nome a tante cose. Camminavo con il mio passo da adulto e contemporaneamente, con un’altra parte di me, avevo tre anni. La mano che stringeva la borsa teneva al tempo stesso la mano di mia madre, indicava un cono gelato, si liberava da una mischia in Grecia, seguiva le meraviglie di una partitura. Ogni azione del passato generava mille altre possibilità, scorreva a rivoli verso suoi propri futuri. Ed essi proseguono, sempre più numerosi, nelle terre vergini della coscienza, ombre che t’inseguono e vengono inseguite. Non c’è mai requie. “

Göran Tunström, da “L’oratorio di Natale”

 

 

Un albero di Natale

” Sono stato a osservare, questa sera, un’ allegra brigata di bambini riunita attorno a quel bel gioco tedesco, un Albero di Natale. L’ albero era piantato al centro di un gran tavolo tondo, e torreggiava alto sopra le loro teste. Era splendidamente illuminato da una miriade di candeline; e ogni dove riluceva e scintillava di oggetti sfavillanti. C’erano bambole dalla rosee guance, nascoste tra le verdi foglie; e c’erano orologi veri (con lancette mobili, quantomeno, e con un’ infinita capacità di caricarsi) penzolanti da innumerevoli ramoscelli; c’erano tavoli francesi lucidati, sedie, letti, armadi, pendole a carica settimanale, e altri vari articoli di mobilio domestico (mirabilmente creati, in latta, a Wolverhampton), appollaiati fra i rami, come in attesa di arredare qualche casa di fate; c’erano grassi ometti dal faccione largo, assai più piacevoli a vedersi di tanti uomini in carne e ossa…e lo credo bene, perchè staccando le loro teste, mostravano che erano pieni di caramelle; c’erano violini e tamburi; c’erano tamburelli, libri, cassette degli attrezzi, scatole di colori, scatole di dolciumi, scatole di lanterne magiche, e ogni sorta di scatole; c’erano ninnoli per le ragazzine più grandi, assai più splendenti di tutto l’ oro o di tutti i gioielli per adulti; c’erano cestini e puntaspilli di ogni foggia; c’erano fucili, spade e stendardi; c’erano fattucchiere in mezzo a cerchi magici di cartone , a predire la sorte; c’erano dadi rotanti e trottole fischianti, agorai, nettapenne, boccette di sali profumati, carte da conversazione, portafiori; frutta vera, rivestita artificialmente da una sfoglia dorata; mele, pere e noci finte, zeppe di sorprese; (…). Questa variopinta collezione di oggetti di ogni sorta, i quali erano raggruppati sull’ albero come grappoli di bacche miracolose, e che riflettevano gli sguardi brillanti su esso puntati da ogni lato (…) formava un quadro vivente delle fantasie infantili, e mi ha indotto a pensare che tutti gli alberi che crescono e tutte le cose che esistono sulla Terra, possiedano i loro addobbi fantastici in quel memorabile periodo. “

 

Charles Dickens, da “Un albero di Natale”

 

 

Foto “Children with Christmas Tree” di The Texas Collection, Baylor University, via Flickr, CC BY-NC 2.0

 

 

Un “Happy New Year” d’antan

 

” Il nuovo è molto antico, si può anzi dire che è sempre ciò che c’è di più antico.”
(Eugène Delacroix)

Chi segue VALIUM conosce bene la mia passione per le vintage cards. L’ arrivo del 2021, di conseguenza, non poteva che essere salutato da una gallery di preziose chicche d’antan: biglietti d’auguri raffiguranti antichi miti del periodo natalizio. Il nuovo anno viene sempre rappresentato come un bambino, un putto, un angioletto, l’ anno vecchio è un uomo vetusto dalla barba lunga. L’ infanzia fa da supremo leitmotiv, nelle card che celebrano il 1 Gennaio; rievoca l’ eterno ciclo di morte e nascita, paragonando lo scorrere dei dodici mesi alle fasi dell’ esistenza umana. Poi ci sono enormi orologi che segnano la mezzanotte, signore della Belle Epoque intente in un brindisi con dei cavalieri in frac, prototipi di automobile dove l’arrivo dell’ anno nuovo (una fanciulletta con tanto di corona sul capo) è salutato da un angioletto che dà fiato alle trombe, pattinatrici su ghiaccio accudite da paradisiache creature alate…Oggi, voglio augurarvi ancora un felice 2021 tramite una serie di piccoli capolavori artistici che risalgono al XIX secolo: i soggetti, con la loro naïveté, sono ricchi di pathos e risvegliano le emozioni, stendendo un velo di fatato stupore sulle ricorrenze a cui rimandano. E’ anche così, d’altronde, che si accresce l’ incanto delle feste più attese dell’anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto (dall’alto): n. 1 e 5 via The Texas Collection, Baylor University, from Flickr, CC BY-NC 2.0

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