“Nel frattempo i tramonti sono folli scatenati color arancio che impazzano nelle tenebre, mentre lontano a sud in direzione delle progettate tenere braccia delle mie señoritas, mucchi di neve rosata attendono ai piedi del mondo, in città vaghe irradiate d’argento – il lago è una padella dura, grigia, azzurra, che mi attende dai fondali brumosi quando la percorrerò sul battello di Phil – il Monte Jack come sempre riceve la sua ricompensa di piccole nubi al piedistallo di intellettuale, col suo migliaio di campi da football innevati tutti rosa e aggrovigliati, quell’unico inconcepibile abominevole uomo delle nevi ancora accovacciato pietrificato sul crinale – Il Golden Horn lontano lontano è ancora tutto d’oro in un grigio sudest – La gobba mostruosa del Sourdough guarda il lago – Nuvole arcigne s’oscurano per formare cerchi di fuoco in quella fucina dove vien martellata la notte, montagne impazzite marciano verso il crepuscolo come cavalieri ubriachi a Messina quando Ursula era bella, ci giurerei che Hozomeen si muoverebbe se riuscissimo a convincerlo ma lui trascorre la notte con me e presto quando le stelle inondano i campi di neve sarà la quintessenza dell’orgoglio tutto nero e sonnacchioso a nord dove (proprio sopra di lui tutte le notti) la Stella del Nord dardeggia lassù costellanti presagi anticipanti la sua toilette arancio pastello, verde pastello, arancio ferro, azzurro ferro, azzurrite che quasi si potrebbero pesare sulle bilance del mondo dorato – Il vento, il vento – Ed ecco il mio povero patetico tavolo umano al quale siedo così spesso durante il giorno, volto a sud, le carte, le matite e la tazza del caffè con dentro dei rametti di abete alpino e una misteriosa orchidea delle alture che avvizzirà in un giorno – La mia gomma Beechnut, la borsa del tabacco, ceneri, malinconici giornaletti da quattro soldi che mi devo leggere, a sud la vista di tutte quelle maestà nevose – L’attesa è lunga. “
Jack Kerouac, da “Angeli di desolazione” (Mondadori, 1982)
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