” Vivi al sole, nuota nel mare, bevi l’aria selvaggia. “
(Ralph Waldo Emerson)
Il blog di Silvia Ragni
” Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare – nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare. Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità – verità – ma ancora una volta è il salvifico granello dell’ uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un’ inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, (…) minuscola eccezione, posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore. Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L’ uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela. E’ come una sentinella – questo bisogna capirlo – in piedi a difendere quella porzione di mondo dall’ invasione silenziosa della perfezione, piccola incrinatura che sgretola quella spettacolare scenografia dell’ essere. Giacchè è sempre così, basta il barlume di un uomo a ferire il riposo di ciò che sarebbe a un attimo dal diventare verità e invece immediatamente torna ad essere attesa e domanda, per il semplice e infinito potere di quell’ uomo che è feritoia e spiraglio, porta piccola da cui rientrano storie a fiumi e l’immane repertorio di ciò che potrebbe essere, squarcio infinito, ferita meravigliosa, sentiero di passi a migliaia dove nulla più potrà essere vero ma tutto sarà – proprio come sono i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia (…) L’ uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Le setole del pennello lasciano dietro di sè l’ ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c’è solo acqua. E sulla tela, niente. Niente che si possa vedere. “
Alessandro Baricco, da “Oceano mare”
In una goccia d’acqua si trovano tutti i segreti degli oceani.
(Khalil Gibran)
Temperature bollenti, afa, un caldo torrido a ogni ora del giorno e della notte: Caronte, l’ anticiclone africano proveniente dal Sahara, sta opprimendo l’ Italia con continue ondate di calore. E quando le massime sfiorano i 40 gradi, l’ estate perde tutta la sua magia. Non c’è niente di meglio dell’ acqua, per ripristinare l’ euforia tipica della stagione del Sole. Acqua fresca, limpida e in enormi quantità. Può essere l’acqua del mare, di un fiume, di un lago. L’acqua che sgorga da una cascata o da una sorgente. L’ importante è che ci rinfreschi, che ci dia sollievo. Che ci immerga in uno pseudo liquido amniotico rigenerante. La nuova photostory di VALIUM nasce all’ insegna di quel richiamo primordiale, una fascinazione atavica che rimanda al primissimo habitat della vita umana.
” Bisognerebbe saper attendere, raccogliere, per una vita intera e possibilmente lunga, senso e dolcezza, e poi, proprio alla fine, si potrebbero forse scrivere dieci righe valide. Perché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si acquistano precocemente), sono esperienze. Per scrivere un verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna capire il volo degli uccelli e comprendere il gesto con cui i piccoli fiori si aprono al mattino. Bisogna saper ripensare a itinerari in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e congedi previsti da tempo, a giorni dell’infanzia ancora indecifrati, ai genitori che eravamo costretti a ferire quando portavano una gioia e non la comprendevamo (era una gioia per qualcun altro), a malattie infantili che cominciavano in modo così strano con tante profonde e grevi trasformazioni, a giorni in stanze silenziose e raccolte e a mattine sul mare, al mare sopratutto, a mari, a notti di viaggio che passavano con un alto fruscio e volavano assieme alle stelle – e ancora non è sufficiente poter pensare a tutto questo. Bisogna avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra, di grida di partorienti e di lievi, bianche puerpere addormentate che si rimarginano. Ma bisogna anche essere stati accanto ad agonizzanti, bisogna essere rimasti vicino ai morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori intermittenti. E non basta ancora avere ricordi. Bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e avere la grande pazienza di attendere che ritornino. Perché i ricordi in sé ancora non sono. Solo quando diventano sangue in noi, sguardo e gesto, anonimi e non più distinguibili da noi stessi, soltanto allora può accadere che in un momento eccezionale si levi dal loro centro e sgorghi la prima parola di un verso. “
Rainer Maria Rilke, da “I quaderni di Malte Laurids Brigge”
” Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso…”
(Ugo Foscolo, da “A Zacinto”)
Il suo nome è Zante, ma anche Zacinto, o meglio Zakynthos come la chiamano gli autoctoni. Appartiene all’ arcipelago greco delle Isole Ionie (che include anche Corfù, Cefalonia, Itaca, Leucade, Cerigo, Passo) ed ha una superficie di 405 km 2 su cui sono distribuiti 40.000 abitanti. Se amate la natura selvaggia ma non disdegnate la nightlife e il divertimento, Zante fa al caso vostro: è un’ isola singolarissima, ricca di sfaccettature. Secondo la mitologia greca, a Zante nacque Venere; non soprende, dunque, che sia una sorta di paradiso terrestre lambito dal mare più azzurro che ci sia. Leggende a parte, Zakynthos diede i natali al poeta Ugo Foscolo. Non va dimenticato, infatti, che per ben sei secoli – a partire dal 1194 e fino al 1797 – l’isola fu soggetta al dominio della Repubblica di Venezia. Ma quali sono le origini di Zante e perchè le venne attribuito quel nome? Omero fu il primo a citarla in un testo, lo fece sia nell’ Iliade che nell’ Odissea. Si narra che, in tempi antichissimi, la Dea della Caccia Artemide vagasse di continuo nei rigogliosi boschi di Zante, e che suo fratello Apollo solesse decantare la bellezza di quei luoghi accompagnandosi con la lira. In onore dei due Dei venivano organizzati eventi, gare e svariati spettacoli, finchè, tra il 1500 e il 1600 a.C., sull’ isola approdò Zakynthos (il figlio di Dardano, Re di Troia) e la colonizzò. Zakynthos era partito dalla città di Psofida, in Arcadia; a Zante fondò un’ acropoli a cui diede lo stesso nome. Considerato colui che scoprì e popolò l’isola, Zakynthos divenne la sua icona. Appariva sulle monete e si tramutò in una sorta di emblema: era raffigurato mentre reggeva tra le mani un serpente, perchè – come asserivano le leggende – al suo arrivo fece piazza pulita dei serpenti che si addensavano nel territorio. A tutt’ oggi, Zakyhthos (in italiano Zacinto) viene considerato l’ eroe supremo dell’ isola che nel 2011 prese il nome di Zante.
Omero la ribattezzò “Fiore di Levante”, Foscolo le dedicò un sonetto, “A Zacinto”: le meraviglie naturali di Zante sono state celebrate sin dalla notte dei tempi. Il verde pervade l’ intera isola, le spiagge sono molteplici e collocate in spettacolari insenature, le pareti rocciose cadono a strapiombo sul mare. Il paesaggio è straordinario, caratteristico. Abbondano gli ulivi, i vigneti, le piantagioni di cedri, che fanno dell’ agricoltura una delle ricchezze principali dell’ isola. Tipico di Zante è il corinzio nero senza semi, detto ribes: la coltivazione di questa varietà d’ uva risale a epoche antichissime; secoli orsono, il ribes veniva esportato nel Mediterraneo attraverso il porto di Corinto. Altre risorse sono rappresentate dall’ allevamento degli ovini, da due giacimenti minerari situati a ovest dell’ isola, dall’ artigianato e, naturalmente, dal turismo. Anche perchè Zante è una meta per tutti i gusti. Chi ama il relax e i panorami incontaminati la adorerà, chi è in cerca di mondanità potrà trovare “movida” in abbondanza lungo la costa meridionale. A ovest si concentrano scogliere altissime, nelle zone interne sono presenti luoghi in cui la civiltà sembra non essere ancora arrivata: vecchie mulattiere attraversano un territorio straripante di piante selvatiche e costellato da mulini d’ altri tempi. Il clima, senza dubbio, favorisce questo tipo di paesaggio; a Zante le primavere sono piovose e le estati caldissime, ma secche. E se le temperature raggiungono normalmente i 40-45 gradi, risultano sopportabili grazie all’ assenza dell’ afa.
Se dovessimo scegliere uno scorcio specifico per identificare l’ isola, punteremmo di sicuro sulla spiaggia del Relitto o del Navagio (in italiano, naufragio). Si trova sulla costa nord-occidentale ed è collocata tra due promontori rocciosi: appare come un’ insenatura di spiaggia bianchissima dove dal 1980 giace il relitto della motonave Panagiotis, che quell’ anno naufragò dopo essere rimasta incagliata in una secca. La vecchia nave arrugginita risalta sul candore della cala, che alterna sabbia e ciottoli: non è un caso che questa location sia una delle più fotografate di Zante. Per ammirarla dall’ alto, e godere al tempo stesso del blu intenso del mar Ionio, basta percorrere un sentiero panoramico laterale alla spiaggia. Navagio Beach, da notare, è raggiungibile soltanto via mare.
Dato che parliamo di spiagge, eccone qualcun’ altra da non lasciarsi sfuggire. Se amate praticare lo snorkeling, puntate su Makris Gialos: è una spiaggia composta di sabbia e ciottoli situata nei paraggi di stupefacenti grotte subacquee. A pochi passi dal villaggio di Alykes troverete invece la spiaggia di Xigia: su questa cala incassata tra due scogliere rocciose vi sentirete in un vero e proprio angolo di Eden. Il fondo è sabbioso (l’ optimum per chi detesta camminare sui ciottoli), e nelle immediate vicinanze si apre una grotta dove scorre una sorgente naturale di acqua sulfurea. Grazie all’alta concentrazione di zolfo, il mare su cui si affaccia la spiaggia sfoggia una nuance di turchese mozzafiato. Il fondale sabbioso – ricoperto però da numerosi ciottoli – contraddistingue anche la spiaggia di Limni Keri, un paesino posizionato di fronte all’ isola di Marathonissi. Circondata da un gran numero di pini marittimi e di taverne, questa piccola baia, al tramonto, è impregnata di un’ atmosfera incredibilmente suggestiva. La collocazione alle pendici di Capo Marathia, un maestoso promontorio, fa sì che la spiaggia sia un perfetto punto di partenza per le escursioni nel Parco Marino Nazionale, nell’ isola di Marathonissi e nelle grotte e calette di Capo Marathia. Kaminia Beach si trova nel cuore del golfo delle Tartarughe: il suo fondo di sassi candidi è raggiungibile solo tramite una scaletta assai ripida. Non è il massimo della comodità, ma se adorate le spiagge nascoste vale la pena di farci un salto! Porto Roxa, completamente attorniata dalle rocce, abbina il relax al divertimento sfrenato. Le taverne abbondano e il calar del sole è tutto da ammirare. Non è raro, inoltre, ottenere ombrelloni e sdraio gratuiti in cambio di una consumazione nei suoi brulicanti locali.
Una visita al Parco Nazionale Marino è imprescindibile. E’ sorto nel 1999 a tutela delle tartarughe acquatiche Caretta caretta, una specie tipica del mar Mediterraneo che è solita nidificare sulla costa sud-occidentale di Zante (si contano circa 1300 nidi l’anno). L’ area del Parco include quattro isolotti situati a sud dell’ isola: Marathonissi, Pelouso e le due isole Strofadi. Le tartarughe, ad alto rischio di estinzione, raggiungono le spiagge ogni mese di Giugno per sotterrare le loro uova nella sabbia. Dopo circa 55 giorni queste si schiudono e i cuccioli si dirigono autonomamente verso il mare.
Le Grotte di Keri rappresentano un’ ennesima meraviglia locale. Sono posizionate a sud-ovest di Zante, nei pressi del promontorio di Capo Marathia, e si raggiungono solamente via mare tramite barche private o turistiche. Queste grotte si sviluppano lungo la costa a strapiombo, che favorisce una notevole profondità dei fondali: le imbarcazioni, in genere, possono accedervi senza problemi. Nelle grotte con un ingresso molto stretto si può invece entrare a nuoto. In questa zona è consigliabile soffermarsi ad ammirare i Mizitres, due faraglioni uniti da una sottilissima lingua di sabbia alle pareti rocciose del litorale. La spaccatura che squarcia un faraglione rende possibile esplorare quest’area a nuoto osservando le innumerevoli stelle marine che la popolano. Anche sulla costa nord-occidentale dell’ isola è presente una serie di grotte incantevoli. Si tratta delle celebri Grotte Blu, formazioni geologiche che partono da Agios Nikolaos ed arrivano fino a Capo Skinari: una zona ideale per praticare lo snorkeling. Il nome delle grotte si ispira ai particolarissimi riflessi azzurri che l’acqua marina proietta al loro interno. Come avviene per le Grotte di Keri, alcune Grotte Blu sono visitabili con una piccola imbarcazione oppure a nuoto (un metodo riservato ai più esperti).
Un tour ideale dell’ isola di Zante comprende i luoghi, i paesaggi e gli edifici più disparati: antichi mulini, strade panoramiche, monasteri secolari come, ad esempio, San Giorgio delle Rocce, situato nel paese di Anafonitria. Il complesso architettonico si staglia su un promontorio e vanta una magnifica vista mare. Consta di una torre a base circolare, una serie di alloggi e una chiesetta che i pirati distrussero nel 1553. Successivamente, venne ricostruita in tipico stile veneziano. Un altro monastero molto caratteristico è quello di Eleftherotria, il monastero della Madonna Liberatrice. Si trova nei pressi di Macherado e somiglia ad un castello ricco di torri, archi e merlature. Il tour prosegue a Zante, capoluogo dell’ isola e suo porto principale. Un terribile terremoto rase al suolo la città nel 1953, annientando ogni traccia dell’ antico dominio veneziano. I portici, i palazzi e i luoghi di culto che si rifacevano strutturalmente alla Serenissima vennero riedificati in stile moderno. Le uniche testimonianze risalenti ai tempi che furono sono rappresentate dalla chiesa di San Dioniso (dove vengono conservate le reliquie del santo), la chiesa di San Nicola del Molo, l’ edificio della Banca Nazionale e la piazza di San Marco, un nome scelto non a caso. Imperdibile una passeggiata nei tortuosi vicoli, costeggiati da case con cortili adornati di fiori, e il panorama che abbraccia la baia di Zante. Proprio dietro la città, nel punto più alto della collina Strani, spicca poi un delizioso borgo che circonda i resti di un castello veneziano: merita di essere visitato senza esitazione. E la vita notturna, le discoteche, i pub? Oltre che a Zante, si concentrano a Argassi e Laganas. Quest’ ultima località, situata nel sud dell’ isola, viene soprannominata “la piccola Las Vegas” ed è tutto dire. Nightclub, negozi, hotel e ristoranti si susseguono in un’ esplosione di insegne al neon che accendono la notte di mille colori. I supermercati, i locali e gli esercizi commerciali rimangono aperti pressochè h24 e anche la spiaggia, che si snoda per chilometri e chilometri, è frequentatissima a ogni ora del giorno e, ça va sans dire…della notte! Zante, insomma, è l’isola perfetta per qualsiasi esigenza e qualsiasi stile di vita. E voi, quale aspetto di Zakynthos preferite?
” Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare. “
(Giacomo Leopardi, da “L’Infinito”)
Il caldo improvviso e travolgente di questi giorni fa sì che gli scenari marini ricorrano nei nostri weekend. Oggi voglio parlarvi, quindi, di una delle baie più “selvagge” e meravigliose d’Italia: la Spiaggia delle Due Sorelle, emblema iconico della Riviera del Conero. Dal porto di Ancona al centro balneare di Numana si snoda un litorale roccioso e frastagliato di cui il promontorio del Monte Conero (572 m. di altezza sul livello del mare) costituisce il rilievo principale. La costa si estende per una ventina di chilometri ed è contraddistinta da una bellezza tale da esser stata dichiarata, nel 1987, Parco Regionale del Conero. Per averne un’ idea, pensate a un mare (il mare Adriatico) color turchese, limpido e cristallino. Poi immaginate un monte, conosciuto non a caso come il “Paradiso delle Marche”, che cade a picco su questo mare: è ammantato di boschi e di una rigogliosa macchia mediterranea, tra cui un tripudio di ginestre. La Riviera del Conero è tempestata di baie, deliziose spiagge di ghiaia e ciottoli, scogli, calette, grotte inaspettate… raggiungibili esclusivamente via mare o percorrendo una serie di sentieri.
Sono molte le spiagge che seducono, con la loro meraviglia, i turisti e i locali. Ne cito solo alcune: Mezzavalle, un vero e proprio eden da godere in piena libertà. Portonovo, una baia pittoresca dove spicca l’inconfondibile “palafitta” color cielo del Clandestino Susci Bar. La Spiaggia dei Gabbiani, una piccola insenatura cosparsa di sabbia vellutata. La Spiaggia dei Sassi Neri, che, al contrario, vanta una riva rocciosa composta da sassi e da scogli molto scuri. E poi c’è la Spiaggia delle Due Sorelle, incontaminata e ricca di ciottoli candidi e sabbia finissima. E’ “wild” al punto tale da poter essere raggiunta soltanto dai traghetti in partenza da Portonovo, oppure tramite barca, canoa o sup. A Nord si erge la coppia di faraglioni, le “Due Sorelle” appunto, che sono un po’ il suo simbolo. Gli speroni rocciosi rappresentano d’altronde una costante di questo tratto di costa, affacciata su un mare che spazia dal verde smeraldo a un azzurro talmente intenso da sembrare caraibico. Ma come nasce il nome le “Due Sorelle”? Pare che i faraglioni, bianchi e gemelli, siano stati così battezzati perchè la loro conformazione ricorda quella di due monache in preghiera.
Per godervi la spiaggia appieno, non tralasciate di ammirarla al tramonto, quando il sole la inonda di splendidi colori. L’atmosfera è magica e la distesa d’acqua che avete di fronte vi sembrerà sconfinata. Questo gioiello immacolato, incastonato tra le rocce, viene considerato la spiaggia più bella delle Marche e Legambiente lo annovera nella Top 15 delle spiagge d’Italia. La Spiaggia delle Due Sorelle è l’ideale per poter vivere a stretto contatto con la natura: bisogna essere muniti di un ombrellone e di acqua e cibo propri, se si vuol trascorrere una giornata nei suoi spazi. Non sono presenti bar, locali o ristoranti, è proibito fumare e lasciare sulla spiaggia rifiuti o mozziconi di sigaretta. Trovandosi all’ interno del Parco Regionale del Conero, inoltre, raccogliere piante e impossessarsi di pietre o sassi dalla forma particolare è vietato nel modo più assoluto. Ma non voglio di certo scoraggiarvi, con questa lista di divieti! La Spiaggia delle Due Sorelle è la location perfetta se volete prendervi una pausa dal caos o dalle classiche spiagge in cui la musica gracchia dagli altoparlanti e il cicaleccio dei bagnanti azzera il relax. Sappiate che esiste anche una leggenda molto suggestiva che la riguarda: si narra che anni e anni orsono, in quella zona, si udissero urla laceranti provenire dal mare. Al largo viveva una bellissima Sirena che era solita ammaliare i marinai con il suo aspetto seducente e il suo canto melodioso. Costoro ne erano irrimediabilmente attratti e, conquistati da quel magnetismo, la raggiungevano senza esitazione.
Ma la Sirena li attirava a lei per poi incatenarli nella Grotta degli Schiavi, una mitica cavità marina situata a Nord degli scogli delle Due Sorelle. Questa Grotta è tuttora avvolta nel mistero. Lunga ben 70 metri, si pensa che sia esistita almeno fino agli anni ’30 del ‘900, quando una frana ne occluse l’apertura. Pare che al suo interno fosse presente una spiaggia ghiaiosa, ed eminenti personalità dell’ anconetano assicurarono che dalla roccia delle sue pareti sgorgasse acqua purissima. Anche il nome del luogo ha un’ accezione di volta in volta storica o mitologica. Secondo alcuni, la Grotta venne così denominata poichè gli Schiavoni, pirati originari dei Balcani, la utilizzavano a mò di rifugio. Altri affermano che i pirati solessero incatenare nella Grotta i loro prigionieri, e che gli anelli fissati sulla roccia sarebbero tuttora distinguibili. Secondo un’ altra leggenda, gli Schiavoni rapirono una Principessa e la imprigionarono a vita nella Grotta: le lacrime infinite della donna generarono una sorgente all’ interno della cavità. Tornando alla Sirena, pare che avesse come complice un terribile Demone marino. Costui venne abbattuto e tramutato in una roccia che, squarciatasi in due blocchi, diede origine ai faraglioni delle Due Sorelle. Ancora oggi, navigando in barca o traghetto davanti all’ ingresso della Grotta, si dice che si odano le urla dei marinai imprigionati e il rumore lugubre delle loro catene.
Esiste un’ ulteriore leggenda legata alla Grotta, e senza dubbio è intrisa di immenso fascino. Si narra che la Grotta non sia altro che la nota e ricercatissima “stanza del tesoro” in cui culmina il Buco del Diavolo del Monte Conero. Secondo le credenze popolari, infatti, all’ interno del Monte sarebbe presente un intricato labirinto di cunicoli. Questi condurrebbero a una “stanza del tesoro” che conterrebbe un altare, una gallina d’oro circondata da dodici pulcini d’argento e un baule ricolmo di ricchezze. Per accedere a quei cunicoli, si dovrebbe passare attraverso una fenditura situata alle pendici del Conero. Impossessarsi del tesoro, però, pare che non sia così semplice: chiunque lo trovasse, sappia che non può portarlo via con sè a meno che non scriva sull’ altare della Grotta, con il proprio sangue, il nome esatto del Demone dimorato nei cunicoli. La spiegazione storica dei tunnel scavati nella roccia, invece, li identifica con una sorta di acquedotto interno al Monte costruito in epoca romana o preromana.
Oltre alle atmosfere paradisiache, al relax più assoluto, al connubio mozzafiato tra il paesaggio marino e quello montano, la Spiaggia delle Due Sorelle offre la possibilità di vivere una singolarissima esperienza: presenziare al magnifico evento naturale della riproduzione dei polpi a cavallo tra l’ Autunno e l’ Inverno.
Foto: n.3 dall’ alto, di Giorgio Montesi, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons. N.4 di Marche Tourism via Flickr, CC BY-NC-SA 2.0. N.5 di Antonio Castagna via Flickr, CC BY 2.0. N.6 di Enrico Pighetti via Flickr, CC BY 2.0.
” Come non posso vedere un torrente limpido, senza bagnarvi perlomeno i piedi, così non posso pensare davanti a un prato a maggio senza fermarmi. Non c’è niente che attiri di più di questa terra profumata, su cui le fioriture del cerfoglio ondeggiano come una lieve spuma, mentre gli alberi da frutto tendono i loro rami coperti di fiori come se volessero emergere da questo mare di beatitudine. E io, io devo per forza lasciare la strada e addentrarmi in questa pienezza multiforme di vita. “
(Sophie Scholl)
Due amiche nella campagna assolata di Maggio. Borse e cappelli di paglia per esaltare un mood rustico, abiti bianchi per riflettere la luce. Momenti di gioia e di assoluto relax vissuti in mezzo alla natura, a piedi nudi, tra candidi fiori di campo e prati verdeggianti. Finchè un sentiero che scende verso il mare svela un nuovo panorama: orizzonti sconfinati e una spiaggia deserta da godersi in un tripudio di inebrianti emozioni. (Foto di Nataliya Vaitkevich via Pexels)
Dire “mare” e dire “vacanze”, spesso è un tutt’uno: le sconfinate distese acquatiche fanno da sfondo alla maggior parte delle nostre estati. Il mare ci rilassa, ci permette di praticare numerosi sport e di effettuare lunghe traversate in barca. Lo amiamo perchè incarna l’idea stessa di “infinito”. Ma il mare è lì anche quando l’estate finisce, quando non lo vediamo, e una volta esaurita l’euforia vacanziera si fa pressante riflettere sul suo stato di salute. Plastica, rifiuti, inquinamento, perdita della biodiversità e una pesca selvaggia sono i mali principali che lo affliggono, per non parlare dei cambiamenti climatici. Eppure, il mare è sempre stato un alleato dell’ uomo. Tramite la pesca gli ha assicurato il sostentamento e grazie all’aria prodotta dalle piante acquatiche (circa il 70% di quella che respiriamo quotidianamente) ha contribuito alla sua sopravvivenza. Gli oceani, composti dal 97% di tutta l’acqua del globo, assorbono una grande quantità di anidride carbonica: non a caso, vengono considerati i “polmoni” della Terra. Ma visto il modo in cui sono ricambiati, evidentemente per molti è un dettaglio trascurabile. Immondizia – soprattutto in plastica come bottiglie, tappi, sacchetti, oggetti usa e getta – e mozziconi di sigaretta iniziano a proliferare sulle spiagge per poi propagarsi nel mare. L’ emergenza è concreta: l’ argomento è stato affrontato anche in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, l’8 Giugno scorso, che aveva come tema “Oceano: vita e sostentamento”. Sono molte le Organizzazioni Non Governative che si occupano del benessere dei mari, affiancate da associazioni costituitesi con il medesimo scopo. Il movimento globale 30×30, ad esempio, è composto da scienziati e ambientalisti internazionali che lottano per una causa comune: dichiarare “area protetta” il 30% delle acque e delle superfici terrestri. L’ obiettivo dovrebbe essere portato a termine entro il 2030, e ci auguriamo decisamente che vada a buon fine. Un altro problema rilevante è quello delle cosiddette reti fantasma. Depositate nelle profondità dei mari, reti da pesca abilmente occultate e gabbie adibite alla cattura di pesci e di crostacei provocano la morte di innumerevoli creature acquatiche oltre a danneggiare la barriera corallina.
Cosa possiamo fare, in prima persona, per impedire che il mare e gli oceani si “ammalino” definitivamente? Innanzitutto, comportarci in modo responsabile. Bastano pochi gesti quotidiani e una reale presa di coscienza: il pianeta blu si può salvare, se ci impegnamo tutti insieme. Qui di seguito, ecco alcuni input.
Foto: Francesco Ungaro via Unsplash
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