Lo snorkeling, ovvero come ammirare le meraviglie del mondo subacqueo

 

Esiste un modo meraviglioso per esplorare il mare, immergersi nel blu e ammirare pesci, alghe, creature acquatiche e piante marine dai colori straordinari: si chiama “snorkeling”, e consente di osservare il mondo subacqueo senza doversi dotare di attrezzature complesse. Basta munirsi di una maschera, di un boccaglio e delle pinne per andare alla scoperta del paesaggio sottomarino, sebbene non ci si cali nelle sue profondità. Nel caso si decida, in seguito, di passare alle immersioni, è un ottimo modo per esercitarsi. Ma quali sono i requisiti per approcciarsi a questa disciplina? Innanzitutto, una buona salute e la proverbiale “sana e robusta costituzione”, poi bisogna saper nuotare. Chiunque sia in possesso di tali doti può diventare uno snorkeler, a qualunque età. Le immersioni, invece, richiedono un’esperienza e delle competenze tecniche ben precise, oltre che l’utilizzo di attrezzature adeguate. E’ comprensibile: immergendosi si esplorano gli abissi marini. Non a caso, prima di iniziare a fare immersioni è tassativo sottoporsi a una visita medica ed esibire un certificato che attesti l’idoneità a praticare questo sport acquatico. Successivamente, sarà necessario iscriversi a un corso e conseguire il brevetto subacqueo. Anche per quanto riguarda lo snorkeling, comunque, sarebbe preferibile seguire un corso base di immersioni: è sempre meglio avere delle conoscenze tecniche sull’attività che si andrà a svolgere e saperne di più sulla flora e la fauna marina locali. Non meno importante è imparare a riconoscere le correnti di ritorno del mare, responsabili di molti annegamenti; possono trasportare al largo senza che ci si renda conto.

 

 

Se si decide di praticare lo snorkeling regolarmente, l’attrezzatura dovrebbe includere – oltre al classico trio composto da maschera, boccaglio e pinne – una muta subacquea in neoprene e una boa segna sub per segnalare la propria presenza. Informarsi sull’area in cui ci si accinge a osservare i fondali marini è altrettanto utile, rispetto alle normative e alle autorizzazioni riservate a questo tipo di sport. Naturalmente, rispettare la natura e le creature acquatiche è un must: l’acqua del mare va mantenuta pulita, così come la spiaggia; bisogna evitare di toccare la flora e la fauna marina e di offrire cibo ai pesci; i movimenti compiuti devono essere pacati, circospetti, il meno invasivi possibile degli spazi che si sta occupando. Un dettaglio importante: dato che generalmente lo snorkeling si pratica in costume da bagno, sarebbe opportuno proteggersi dai raggi UV con una buona crema solare waterproof. E adesso godetevi la nuova photostory di VALIUM, che dedico allo snorkeling e al blu intenso del mondo subacqueo.

 

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Caronte: perchè si chiama così e chi era il terribile traghettatore degli Inferi

 

Caronte: ma chi ha dato, e perchè, questo nome all’anticiclone africano più torrido di sempre? La tradizione di affibbiare determinati nomi ai fenomeni atmosferici, in Europa, ha avuto inizio negli anni Cinquanta all’Istituto di Metereologia dell’Università di Berlino. Nel 1954 fu compilata una lista di dieci nomi di persona da assegnare ai principali eventi meteo; curiosamente, le aree di alta pressione atmosferica (associate al bel tempo) vennero denominate con nomi maschili, mentre quelle di bassa pressione (associate al cattivo tempo) con nomi femminili. Ciò provocò malcontento, in particolare tra le femministe, pochè una simile prassi fu considerata discriminatoria in base al genere. Negli anni Novanta si stabilì quindi che, annualmente, si sarebbero alternati nomi maschili e femminili in ordine alfabetico a prescindere dal fenomeno atmosferico. In conclusione, a battezzare gli eventi metereologici nel Vecchio Continente è l’Istituto berlinese da 70 anni a questa parte. Vale ora la pena di ricordare chi fosse Caronte.

 

Caronte in un’incisione di Gustave Doré, che illustrò la “Divina Commedia” (1861-1868)

Caronte è una figura che ritroviamo sia nella mitologia greca che romana: si occupava di traghettare le anime dal mondo dei vivi all’Ade, il regno dei Morti, attraverso il fiume Stige (come riporta Virgilio nell’Eneide) o Acheronte (come riporta Dante nella Divina Commedia). Caronte, però, svolgeva le proprie mansioni solo a beneficio di chi era stato seppellito con una cerimonia funebre oppure era in grado di pagargli un obolo per il viaggio. Tutti coloro che erano privi di questi requisiti venivano condannati a errare nel Limbo, un bosco spettrale ammantato di nebbia, per l’eternità. Se le anime in questione, invece, potevano permettersi di salire sull’imbarcazione di Caronte, venivano traghettate da una sponda all’altra del fiume Acheronte. Il traghettatore infernale viene descritto da Dante come un uomo spaventoso: un vecchio con barba e capelli lunghi e candidi accompagnati da occhi cerchiati di fuoco. Non a caso Caronte è il figlio di Erebo, la personificazione dell’oscurità degli Inferi, e di Notte, la personificazione della notte della Terra. L’obolo, il pedaggio da pagare per la traghettatura, è un dettaglio molto importante. Sia nell’antica Grecia che nell’antica Roma, infatti, vigeva l’usanza di seppellire i cadaveri con una moneta sotto la lingua o due monete sugli occhi: per evitare che i defunti vagassero nell’Ade come anime in pena, i loro familiari li dotavano dell’obolo da versare a Caronte. In Grecia, questa tradizione è stata abolita solo in tempi recenti. Il demoniaco traghettatore dell’Ade, tuttavia, non ha trasportato sull’altra sponda del fiume soltanto morti; tra i vivi saliti sulla sua barca figurano personaggi mitologici del calibro di Enea, Persefone, Teseo, Ercole, Orfeo, Psyche. L’elenco si allunga, in seguito, con San Paolo e Dante Alighieri.

 

Caronte in un dipinto di Joachim Patinir (1520-1524 circa) conservato nel Museo del Prado

Caronte appare in due pietre miliari della letteratura quali l’Eneide di Virgilio e la Divina Commedia di Dante Alighieri, dove entra in scena nel Canto III dell’Inferno. Anche il commediografo greco Aristofane, intorno al V secolo a.C., lo incluse nella sua pièce Le Rane, facendogli fare una breve comparsa. Se Caronte è una figura mitologica, i Caronti sono realmente esistiti.  Ma chi erano, esattamente? Nell’antica Roma, veniva chiamato Caronte colui che dava il colpo di grazia al gladiatore in fin di vita che aveva perso il combattimento. Il Caronte aveva un aspetto inquietante: celava il volto con una maschera che raffigurava il suo omonimo mitologico, e per portare a termine il suo compito si serviva di una mazza. Dopo essersi accertato che il gladiatore avesse esalato l’ultimo respiro, il Caronte caricava il suo corpo su un carro e lo trasportava nel cosiddetto “spoliarum”. In questa macabra stanza dell’anfiteatro, il gladiatore veniva spogliato  e i Caronti procedevano a impossessarsi del suo sangue. Costoro, infatti, avevano una sorta di seconda attività: vendevano il sangue dei gladiatori, reputato un potente amuleto e un antidoto a mali come l’astenia e la mancanza di virilità. Nella vita quotidiana, per rendere ancora più lugubre la loro figura, i Caronti usavano tingersi la pelle di verdognolo per rievocare la caratteristica tonalità della decomposizione cadaverica. Ma non voglio concludere questo articolo con racconti così funerei. Passiamo allora al motivo per cui l’anticiclone africano è stato battezzato con il nome del terribile nocchiero degli Inferi. La ragione è molto semplice: al Caronte sub-tropicale spetta il compito di “traghettarci” nelle infuocate estati del cambiamento climatico.

Immagini di Caronte: Public Domain via Wikimedia Commons

 

Le Frasi

 

“Arlecchino è savio o matto? È intelligente o balordo? Sono domande impossibili, perché la maschera si muove su un piano diverso. Anzi ciò che turba è la doppiezza o polivalenza della maschera.”
(Giorgio Strehler)

 

Illustrazione di Ludovic Lepic, Public domain, da Wikimedia Commons

 

Le metamorfosi carnevalesche

 

“Ciò che conosciamo di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa.”
(Luigi Pirandello)

 

Giovedì Grasso, il Carnevale raggiunge il suo culmine: ogni travestimento è possibile. Senza necessariamente mettersi in maschera, ma per sperimentare nuove identità. Gli aspetti più reconditi di noi stessi. I lati imprevedibili della nostra personalità, quelli celati dal conformismo quotidiano. Che magari scopriamo proprio grazie a un trucco sopra le righe, a una metamorfosi giocosa del look. Trasformarsi per conoscersi, osare per rivelare: “Semel in anno licet insanire” (“una volta all’anno è lecito far pazzie, uscire da se stessi”), dicevano i latini. Approfittiamo del gioco delle identità tipico del periodo Carnevalesco per acquisire una nuova consapevolezza.

 

 

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Febbraio, il look del mese

 

Un look che ispira vaghe reminiscenze settecentesche e quindi, in questo periodo dell’anno, “carnascialesche”: l’ho scelto per rappresentare il mese di Febbraio e lo firma Uma Wang, che l’ha inserito nella sua collezione Primavera Estate 2024. I colori sono chiari e luminosi, spaziano dai toni del panna a quelli dell’avorio. L’ abito è composto da un corpetto aderente e da una gonna con pinces che sfiora le caviglie; lo impreziosiscono maniche voluminose, increspate sullo scollo, ad effetto mantella. Il cappello è un autentico capolavoro: la forma rievoca un tricorno, pur con le dovute differenze, e una veletta che ricade sia anteriormente che posteriormente cela metà volto quasi fosse una maschera. L’allure che sprigiona il look è antica, misteriosa quanto basta. Le nuance tenui dell’outfit, però, smorzano qualsiasi indizio di enigmaticità: quest’abito di Uma Wang, proprio come il mese di Febbraio, si colloca tra Inverno e Primavera; dell’Inverno riprende il mood arcano, della Primavera la soave luminosità. E poi, potremmo provare a chiudere gli occhi e immaginarlo tinto di un tripudio di colori…pronto per partecipare alla variopinta parata di maschere del Carnevale veneziano.

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice – Un’esotica fiaba contemporanea

 

Il nostro ultimo appuntamento con il Principe Maurice risale al Febbraio scorso: in occasione del Carnevale di Venezia, Maurice ci ha accompagnato nei luoghi ed agli eventi “in maschera” più affascinanti della Serenissima. Sono passati tre mesi, da allora. Un periodo che il nostro eroe ha vissuto tra mille impegni, viaggi di lavoro e di relax, iniziative e date speciali. Ma io non ho demorso. Ho fatto scorta della pazienza di Giobbe e sono rimasta costantemente sulle sue tracce. In un pomeriggio di primavera inoltrata, finalmente, siamo riusciti a fissare un appuntamento telefonico. Non c’è bisogno di dire che la nostra è stata una conversazione fiume: Maurice doveva raccontarci le tappe più salienti di questi mesi di latitanza da VALIUM, un compito piuttosto arduo dati gli innumerevoli progetti a cui ha preso parte. Grazie alla travolgente energia che lo contraddistingue, tuttavia, l’ intervista si è come sempre tramutata in una chiacchierata ipnotica e avvincente. Se dovessi riassumerla con un aggettivo, la definirei “fiabesca”: una fiaba contemporanea che parte da Fabriano, la “città della carta” adagiata in una valle dell’ Appennino umbro-marchigiano, per poi approdare in luoghi da mille e una notte quali Venezia, Dubai e Baku, la capitale dell’ Azerbaigian, senza trascurare Milano e Riccione…Una fiaba esotica che, ve lo assicuro, vi catturerà dal primo istante. Per assaporarne appieno la meraviglia, non vi resta che continuare a leggere.

Rimanere sulle tue tracce per tre mesi non è facile, data la mole di impegni che ti vedono protagonista! Suggerirei di ripercorrere le tappe più importanti. Magari cominciando dalla tua serata al Bohemia Music di Fabriano, dove ti sei esibito il 25 Febbraio scorso…

Senz’altro è stata un’esperienza straordinaria e unica nel suo genere, la prima sperimentazione di un nuovo format che potrebbe avere un successo incredibile: mettere a confronto le due coste (toscana e romagnola) che hanno sempre spadroneggiato nel mondo della musica techno e dell’animazione. Sostanzialmente, la serata era incentrata su un gemellaggio tra il Cocoricò e l’Insomnia. E’ stato magnifico perché ho potuto rincontrare punte di diamante dell’Insomnia come Franchino, Joy Kitikonti e Luca Pechino, mentre a rappresentare il Cocoricò c’eravamo Cirillo ed io. Ci siamo alternati. Hanno cominciato “i toscani” e abbiamo proseguito noi, in un crescendo straordinario che il pubblico ha molto gradito: era come prendere due piccioni con una fava. L’ evento è stato fantastico e dal punto di vista artistico e dal punto di vista emotivo, perché metteva due miti nello stesso contenitore. Tra l’altro il locale, molto bello, si prestava perfettamente all’ iniziativa, e tutto è andato per il meglio. Io ho avuto l’opportunità di coinvolgere due eccezionali acrobati maceratesi che hanno accompagnato le mie performance con acrobazie meravigliose. Il pubblico ha recepito in maniera empatica e gioiosa questa festa doppia. Da parte mia l’ho vissuta con grandissima emozione, e penso che quel format vada implementato e sfruttato di nuovo perché è eccezionale: l’idea del coast to coast, anche se le nostre coste non sono così lontane come quelle degli Stati Uniti, è veramente intrigante! Spero che avremo modo di riproporlo.

 

Il Principe al Bohemia di Fabriano, nelle Marche

Dopo la performance fabrianese non sei di certo stato con le mani in mano. Parlaci ad esempio di “Discorivoluzione”, la mostra sul clubbing ideata dal Politecnico in collaborazione con Le Cannibale che si è tenuta a Milano, dal 3 al 5 Marzo, al PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea).

E’ stato bellissimo…Quando le istituzioni si avvicinano al nostro mondo (in questo caso il Politecnico, un’istituzione culturale di importanza internazionale, e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano), il risultato è sempre meraviglioso. Il Comune ha messo a disposizione il PAC, il Padiglione d’Arte Contemporanea adiacente alla Villa Reale di Milano, uno spazio espositivo di grande prestigio. Gli studenti di architettura ed architettura di interni del Politecnico hanno realizzato un progetto di ricerca sull’architettura delle discoteche e sul mondo del clubbing internazionale. Essendo l’iconica Piramide del Cocoricò inclusa nel progetto, hanno voluto incontrarmi per farmi alcune domande. L’ intervista ha evidenziato l’esigenza di dialogare con un testimonial, un portavoce della nightlife, per approfondire il modo in cui lo spazio del club veniva utilizzato dal punto di vista performativo. Questa intervista, carinissima, è stata pubblicata sui social del Politecnico e “Discorivoluzione” l’ha mandata in loop insieme a quelle di altri celebri protagonisti del mondo techno. Il Cocoricò è stato preso in esame sia dal punto di vista della sua struttura che delle sue tendenze, dei suoi tratti identitari. Il PAC proliferava di installazioni, riproduzioni in scala dei locali, eventi, paraphernalia anni ‘90… una maschera del mio volto è stato uno dei feticci più ammirati e concupiti: hanno cercato persino di portarsela via, quasi fosse stata “La Gioconda” del Louvre!

 

 

Questa mostra-evento mi ha entusiasmato enormemente. Da parte degli studenti ho ricevuto un’accoglienza calorosissima, addirittura reverenziale. Ho incontrato un professore che mi ha detto di essere stato un habitué del Cocoricò, per cui mi ritrovo a interloquire con svariate fasce sociali e d’età: i ragazzi di un tempo oggi sono professori, assessori, manager, imprenditori, artisti… altro che generazione “X” perduta e perdente!…E’ bellissimo, veramente incredibile! “Discorivoluzione” esplorava la club culture a 360 gradi, musica compresa naturalmente. Tantevvero che Daniele Baldelli si è esibito in un dj set pazzesco…Questa tre giorni ha ottenuto un successo tale che penso  debba essere riproposta assolutamente. E’ una mostra che merita di essere divulgata, un esempio di come il mondo del clubbing possa essere cultura in tutti i sensi. La cosa interessante è che si è partiti dal concetto di architettura di interni e di esterni per poi esplorare il modo in cui la struttura di una discoteca viene sfruttata, rendendola mitica. Ti confesso che essere stati affiancati a giganti del clubbing mondiale come il Ministry of Sound di Londra o lo Studio 54 di New York è stata una grandissima soddisfazione, anche a livello morale: la celebrazione (e la rivincita) di un settore che ultimamente è stato messo in crisi da tanti fattori. I club possono essere dei contenitori sociali, dove trasmettere valori oltre che fare divertimento. Noi del Cocoricò la cultura l’abbiamo già fatta, possiamo continuare a farla. E sempre meglio!

 

Estasiato e stupefatto accanto alla sua maschera esposta al PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano

Special Guest della kermesse “Discorivoluzione”, la mostra-evento organizzata dal Politecnico di Milano

Poi sei volato a Dubai con il Grand Bal di Monte Carlo. Che ci racconti di questa esperienza?

Tutti sapete che io ho da sempre una doppia vita. Sin dalla gloriosa epoca del Cocoricò, al mio lato “trasgressivo” e avanguardista alternavo quello più serioso e filologico di Maestro di Cerimonie del Carnevale di Venezia. L’essermi fatto conoscere al Carnevale è stata per me una vetrina importante: mi ha consentito di fare animazione, direzione artistica, partecipare al mondo prestigioso dei grandi balli anche grazie alla società denominata Noble Monte-Carlo. La dirige Delia Grace Noble, un’affascinante signora rumena, cantante lirica straordinaria e ambasciatrice dell’Unicef trasferitasi nel Principato di Monaco ormai da tempo. All’attività di soprano Delia affianca quella di organizzatrice di eventi mondani e culturali. Io a Monte Carlo organizzavo eventi per la SBM, la Société des Bains de Mer, e lei mi ha contattato anche in virtù di questo mio ruolo. Tra noi si è subito instaurata un’intesa umana e professionale. Sotto la sua direzione artistica, l’anno scorso, mi sono esibito nel gala ufficiale di chiusura del padiglione del Principato di Monaco all’ Expo di Dubai. E’ stato qualcosa di grandioso: la famiglia reale ha desiderato e patrocinato un ballo al Burj al- Arab, il rinomato e iconico hotel a sette stelle a forma di vela, dove ci hanno onorato della loro presenza ben sette sceicchi e le loro corti. Lo considero a tutt’oggi uno degli eventi più lussuosi e prestigiosi a cui abbia preso parte nella mia vita, un’esperienza molto emozionante perché abbiamo portato le atmosfere delle corti europee, dei grandi balli dell’800, negli Emirati Arabi. Gli sceicchi, seduti in prima fila, per protocollo sarebbero dovuti rimanere un’oretta, invece hanno gradito lo spettacolo al punto tale da decidere di godersi tutta la serata. Uno sceicco, anche a nome anche degli altri membri delle famiglie reali, mi ha voluto  ricevere nel suo ufficio al World Trade Center perché era interessato a saperne di più su alcuni dettagli del ballo. Per me è stata un’enorme soddisfazione, ho avuto una conferma del successo ottenuto e del fascino che ha sprigionato il nostro evento. Per Dubai, una città abituata al lusso sfrenato e al divertimento ma poco ricca di storia, siamo stati una bella novità!

 

La straordinaria performance di Dubai con il Grand Bal di Monte Carlo: in prima fila, gli sceicchi ospiti dell’ evento

Hai anche avuto modo di visitare Dubai, una città nota per il suo lusso opulento e per la vita notturna vibrante? Se sì, che impressione ti sei fatto di questo luogo talmente sfarzoso da sembrare irreale?

Quel territorio non ha una grande storia alle spalle, e proprio per questo si è proiettato in una dimensione futura e futuristica. Ho visitato il Museo del Futuro, dove ci sono progetti che verranno ultimati nel 2060 e nel 2070 ma sono già partiti… sembrano usciti da un libro di fantascienza! Questo Museo è interessantissimo, ma la cosa che mi ha emozionato di più è stato il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo: misura 828,28 metri di altezza! E’ completamente ricoperto di led e di notte, quando è illuminato, appare altamente scenografico. Ma quando è spento è talmente imponente da diventare quasi inquietante, una torre di babele pazzesca! Il giorno in cui l’ho visitato (ero al 145mo piano, dove sembrava di stare in un aereo stazionato sopra la città), mi sono messo alla ricerca di un rifugio che facesse da contrappeso a tanta maestosità: sono andato a bere un caffè all’Armani Hotel. Mi sono subito sentito a casa. Lo sfarzo arabo è fatto di molto oro affiancato ai tradizionali colori religiosi, quindi il turchese, lo smeraldo, il blu cobalto…ma a volte si rivela lontano dal nostro gusto. Invece il Burj Khalifa sfoggia un’eleganza tecnologica, avveniristica e di design molto particolare. All’ Armani Hotel, un fiore all’ occhiello del Made in Italy all’ interno di questo capolavoro di ingegneria e architettura che è il Burj Khalifa, sono dedicati ben sette piani. E poi, in giro per la città, ho notato un canale che mi ha fatto pensare a una sorta di Venezia del quarto millennio: era solcato da imbarcazioni, anche turistiche, c’erano molti ristoranti e grattacieli dal lusso ridondante. A Dubai c’è la voglia di creare il tutto dal nulla. Il futuro è il valore aggiunto della città. Non ho trovato troppo invitanti le spiagge, l’acqua non è così limpida e trasparente come la nostra, però si può fare dello sport acquatico. Quello che attira di più, indubbiamente, è l’ostentazione dello sfarzo, della ricchezza e dell’esclusività.

 

Ori e opulenze in quel di Dubai. Qui sopra, il Burj Khalifa: è il grattacielo più alto del mondo

Il 2 Aprile, per te, è stata una data importante: ricorreva il compleanno di Giacomo Casanova, il seduttore veneziano di cui sei ormai l’alter ego. So che nella Serenissima svariate iniziative ti hanno visto protagonista…

L’iniziativa più importante – Casanova nacque esattamente il 2 aprile del 1725 – è stata l’inaugurazione della Fondazione Giacomo Casanova, che fa ricerche a livello culturale e filologico per divulgare non solo l’immagine dell’avventuriero e libertino, ma soprattutto quella del Giacomo intellettuale, del grande testimone del suo tempo. Casanova è stato protagonista autentico ed appassionato dell’Illuminismo pur subendo il fascino dell’ancien régime e delle splendide Corti europee. Di questa Fondazione fanno parte studiosi casanoviani provenienti da tutta Italia e tutta Europa. Essendo io il suo testimonial, ho potuto inaugurare l’Infopoint a Palazzo Zaguri che tra due anni ospiterà il Museo Ufficiale di Giacomo Casanova. In questo bellissimo Palazzo in Campo San Maurizio, infatti, nel 2025 verrà collocato il Museo dedicato al grande seduttore. E’ giusto che Casanova “ritorni” a Venezia, la sua città natale. Le sue spoglie, purtroppo, sono irrintracciabili perché era finito in miseria e fu seppellito in una fossa comune. Ma le sue gesta, non solo quelle erotiche bensì le sue temerarie avventure e disavventure, le sue invenzioni (basti pensare al gioco del lotto), la sua attività di letterato, musicista, collaboratore a libretti d’opera quali il “Don Giovanni” di Mozart, a cui lavorò con Lorenzo Da Ponte…rimarranno eternamente impresse nella nostra memoria.

 

La Casanova Foundation di Venezia

C’è ancora tanto da scoprire su di lui, e questa Fondazione ha proprio lo scopo di aiutare tutti a conoscere un Casanova più completo, nella sua città, con la sua Fondazione e il suo Museo Ufficiale. E’ il veneziano più famoso al mondo insieme a Marco Polo, ma nell’ immaginario mondiale viene per primo. Una vita teatrale come la sua ha fatto sì che il personaggio storico diventasse una maschera da Commedia dell’Arte, il suo nome è diventato addirittura un aggettivo: “E’ un Casanova”, come si suol dire!

 

Abbandoniamo per un attimo la tua vita professionale per passare al privato. Come hai trascorso il weekend pasquale? Dopo tanto girare hai deciso di rimanere in famiglia o ti sei spostato nuovamente?

Mi sono spostato: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”! Sono stato qui nel Veneto con la mia seconda famiglia, la famiglia Venerandi. Ho trascorso queste festività sia esibendomi nel dinner show dedicato che partecipando al pranzo pasquale ricco di ospiti organizzato all’Hotel Spresiano adiacente all’Odissea Fun City (mega club di cui quest’anno ricorre il 30mo anniversario). Grazie ai miei cari amici del trevigiano ho potuto godermi questa bella festa, per me supremo simbolo di rinascita e speranza.

Una manciata di giorni dopo, comunque, eri già in volo per una destinazione estremamente affascinante: Baku, la capitale dell’Azerbaigian. Posso chiederti cosa ti ha riportato nell’ esotica “città dei venti” affacciata sul mar Caspio?

Intanto, l’Azerbaigian per me è una terra magica. Una terra dove gli elementi sono potenti, e non solo il vento che spira forte, ma anche l’acqua, perché si affaccia sul mare; la terra, perché è una terra fertile: gli azeri producono verdure deliziose, e poi sapessi la bontà dei loro vini rossi! Le tre fiamme in prossimità di Baku bruciano da millenni. Probabilmente sono pozze di petrolio, e sono diventate il simbolo della città. Le riproducono anche i bei grattacieli che di giorno hanno una forma un po’ particolare, sembrano proprio delle fiamme, ma di notte si infiammano letteralmente grazie a un tripudio di led. Ammirarli è uno degli spettacoli più belli che possa offrire la città! Sono andato a Baku con molto piacere perché la adoro, adoro la sua gente, e per chiudere il cerchio sull’ iniziativa del Museo Mocenigo: la presentazione di un profumo, prodotto da Mugham, che celebra la riconquista di Shusha. Shusha, la capitale culturale del Caucaso, è stata infatti riannessa al territorio dell’Azerbaigian dopo essere stata presa da potenze esterne. La fondazione di Shusha risale al 1752, non a caso questo profumo si chiama 1752 Karabakh Bouquet. Il mio viaggio a Baku aveva uno scopo ben preciso: consegnare un’ importante lettera della Presidenza della Fondazione dei Musei Civici di Venezia alla Mugham, una casa di produzione che si impegna non solo nella produzione dei profumi, ma anche a livello di divulgazione culturale e musicale. Mugham in azero è una parola magica che significa “musica, tradizione, retaggio”. Sono state create sette note di profumo che diventano una sinfonia nella fragranza celebrativa 1752 Karabakh Bouquet. Musica e profumo si fondono quindi all’insegna del “mugham”: un termine simbolico, iconico, importantissimo in Azerbaigian. Considero l’iniziativa di Palazzo Mocenigo di accogliere questa fragranza nella collezione/archivio del Centro Studi del Profumo, parte preziosa del Museo, l’evento forse più bello, prestigioso ed esclusivo del Carnevale di Venezia 2023, celebrato con un Gala dell’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia al Museo Correr il Venerdì Grasso.

 

Le meraviglie esotiche di Baku, capitale dell’ Azerbaigian

Tu viaggi molto all’estero, per lavoro ma – come ben sanno tutti i lettori di VALIUM – anche per diletto. Hai mai pensato di trasferirti all’ estero in pianta stabile, buen retiro di Palma di Maiorca a parte?

No. Voglio restare in Italia, anche se è tanto difficile per una serie di motivi. Ma l’Italia appartiene troppo al mio Dna perché io possa lasciarla per trasferirmi altrove. Espatriare, poi, per me sarebbe una sofferenza. Io voglio essere italiano e portare la cultura italiana nel mondo più che posso, in particolare la cultura veneziana perché Venezia è la mia città di adozione. Non credo che mi trasferirò mai, anche se ho in programma di andare tra tre giorni a Palma di Maiorca! Lì trovo un ambiente tranquillo, ho un’empatia totale con la natura…E’ l’isola delle Baleari che preferisco. Poi credo che farò una puntata a Ibiza, in questi giorni riaprono i locali…andrò a curiosare un po’. Maiorca mi piace moltissimo e sono contento di avere un buen retiro là, ma l’Italia non la lascerò mai. Per turismo o per lavoro l’estero ci sta, ma il Bel Paese è la mia terra natia.

 

Altre immagini di Baku. Qui sopra, il sontuoso Museo Nazionale di Storia dell’ Azerbaigian

A proposito di viaggi, quali aggiornamenti puoi darci sul tuo Grand Tour?

Ho dovuto abbandonare un po’ l’idea a causa degli impegni. Però mi rendo conto che il Grand Tour, più che essere composto da tappe prestabilite come dettò a suo tempo la regina Elisabetta I d’Inghilterra per istruire la giovane nobiltà inglese, oggi abbraccia in realtà un concetto molto più vasto, nel senso che si possono trovare suggestioni e riferimenti a valori importanti in tutto il mondo. Per me anche Baku, per esempio, appartiene alla mia idea di Grand Tour. Nei viaggi che faccio cerco sempre di abbracciare il senso filosofico del Grand Tour, di rinnovare quindi conoscenze antiche o di intrigarmi con nuove esperienze. Anche Dubai fa parte del Grand Tour, perché è un aggiornamento su ciò che accade nel mondo. Tutto quel che c’è in giro di iconico, di suggestivo, per me è Grand Tour. Il mio Grand Tour filosofico, perciò, è sempre attivo.

Tornando in Italia, il 29 Aprile per te è stata un’altra data clou: ti sei esibito in un Memorabilia proprio nella leggendaria location del Cocoricò. Con te c’erano, per fare solo qualche nome, dj del calibro di Cirillo, Saccoman e Ricci jr . Come spiegheresti lo strepitoso successo che questo appuntamento riscuote presso le nuove generazioni? Il Memorabilia è un must anche per chi non ha vissuto la gloriosa era dei ’90…

Ormai, nell’immaginario dei giovanissimi, è diventato una sorta di Grand Tour emotivo e musicale. Quest’ anno abbiamo avuto come special guest Darren Emerson, musicista, dj, produttore di fama internazionale e membro degli Underworld, la band che ha firmato “Born Slippy” e alcuni brani della colonna sonora di “Trainspotting” (il film visionario e un po’ inquietante che è stato un baluardo della gioventù anni’90). I giovanissimi sono attratti da quelle sonorità, oggi inesistenti. Non c’è più niente di nuovo che sia potente e suggestivo come la musica fatta e prodotta dai nostri dj, che si sono fatti conoscere in tutto il mondo con le loro produzioni techno, techno trance ecc. Ma il Memorabilia si è imposto anche per la riproposta del Teatro Notturno, una mia esclusiva. Un particolare molto importante: il 30 aprile di 60 anni fa nasceva il compianto Riccardo Testoni aka RicciDj, per cui allo scoccare della mezzanotte tutti noi della crew abbiamo realizzato un breve ed emozionale evento per onorare la memoria di questo notevole dj e produttore, ma soprattutto meraviglioso amico. Per me, la commemorazione di Ricci Dj è stata la cosa più importante di questo Memorabilia. Avevo deciso che avrei parlato col cuore come feci in occasione del suo elogio funebre, perché avevo visto Ricci solo un paio di giorni prima e mi aveva colpito il fatto che una persona così straordinaria potesse venire a mancare all’ improvviso. All’ epoca, ricordo che al microfono della chiesa dissi: “Questa volta il microfono invece di accompagnarti a una serata ti accompagnerà nel tuo ultimo viaggio, ma l’emozione è la stessa. La passione, l’amore, il rispetto per te è lo stesso, se non di più, perché da oggi rimarrai per sempre nella nostra memoria”. E questo è anche uno dei compiti del Memorabilia.

 

Il Memorabilia al Cocoricò: il costume incontra la moda originando una fusione teatrale (gli abiti del Principe, in rosa Valentino, sono dell’ Atelier La Bauta)

L’ estate si avvicina. Potresti darci qualche anticipazione a grandi linee su come sarà la tua?

Senz’altro ho dei progetti di lavoro in ballo, anche se dopo il Covid tutto si conclama un po’ last minute. Per cui ci sono tante cose in vista; lavorerò in giro per l’Europa, ma voglio anche godermi le vacanze. Sicuramente effettuerò un tour di spiagge mediterranee prima di volare in Giamaica per andare a trovare Grace Jones. Vorrei assistere a diversi suoi concerti tra l’America e l’Europa, per esempio ce n’è uno a New York a fine Maggio, un altro a Giugno in InghilterraGrace è l’artista che seguo di più, vuoi per amore, vuoi perché adoro la sua musica. In più, sta per uscire una sua nuova produzione discografica intrigantissima, dall’atmosfera “afro-tecnologica”…Riassumendo: la mia sarà un’ estate di lavoro, ma sarò anche impegnato a seguire Grace nel suo tour e, last but not least, a godermi questo mondo…almeno finchè c’è!

 

Tableau Vivant al Memorabilia con la Contessa Pinina Garavaglia

Dettagli del look del Principe all’ appuntamento riccionese del 29 Aprile

Il concerto di Grace Jones che Maurice ha già incluso tra gli eventi a cui non ha intenzione di mancare

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti