Il luogo: Gotland, il fascino nordico dell’isola vichinga delle rose

 

Abbiamo già esplorato le isole del Mediterraneo (rileggi qui l’articolo), adesso è tempo di ritornare nel Grande Nord. Precisamente a Gotland, un’isola situata nel mar Baltico, al largo delle coste svedesi sud-orientali: appartenente alla Svezia, dista quaranta minuti di aereo da Stoccolma ed è ricca di storia, cultura, bellezze architettoniche e naturali. Le sue origini antichissime (risalgono al 5000 a.C.) sono circondate da affascinanti leggende; una di queste descrive Gotland come una terra che, generata dal mar Baltico, torna negli abissi ogni sera al tramonto. L’alone mitico che la ammanta si intreccia a doppio filo con la storia dell’isola, che vede protagoniste svariate popolazioni vichinghe: Gotland fu abitata dai Gotlandi, dai Geati e dai Goti, che poi si spinsero a Sud abbandonando la Scandinavia. L’isola ebbe un ruolo molto importante nel commercio tra il Nord Europa e l’Oriente. La sua posizione strategica sul mar Baltico, infatti, la fece entrare di diritto nella Lega Anseatica, che dal 1358 al 1862 detenne il predominio commerciale nell’ Europa Settentrionale e nel mare collocato tra la penisola scandinava e il continente. Non è un caso che il Medioevo, epoca in cui si costituì la storica alleanza, sia uno dei periodi che ha lasciato maggiori tracce architettoniche sull’isola: ne è un esempio Visby, la capitale di Gotland, circondata da imponenti mura fortificate e decretata Patrimonio dell’Umanità Unesco. Ma lasciando da parte il passato, che cosa rappresenta Gotland oggi? Alcuni la chiamano la “Capri del Nord”: le sue spiagge, le scogliere rocciose della sua costa, gli splendidi paesaggi e gli edifici di design, un connubio di stile tipicamente hygge e pura raffinatezza, la rendono oltremodo speciale. Ma Gotland non è solo questo. E’un’isola verdeggiante, ricca di reperti archeologici, e, su tutto, la patria di un’ottima cucina. Viene considerata, non senza una ragione, la capitale culinaria della Svezia.

 

 

Un altro dei suoi punti di forza è il clima mite. Qui, le rose fioriscono anche in Inverno: un particolare che è valso a Gotland l’appellativo di “isola delle rose”. La secolare isola vichinga appartiene a un arcipelago che comprende isolette come Fårö (dove il regista Ingmar Bergman visse e ambientò molti suoi capolavori),  Karlsö e Gotska Sandön. Vantando una superficie di 2994 km quadri, Gotland è la più grande isola svedese situata nel mar Baltico e la seconda isola, in quanto a estensione, dopo la danese Selandia. Abitata da circa 60.000 persone in tutto, l'”isola delle rose” è rimasta splendidamente selvaggia: alberi in via di estinzione come gli abeti rossi e l’antichissima specie equina dei Pony Gotland, che risale all’Età della Pietra, sopravvivono ancora nelle sue lande incontaminate.

 

 

Dal momento che ha radici così remote nel tempo, ospita numerosi resti archeologici che spaziano dal Paleolitico all’Età del Bronzo, dall’Era dei Vichinghi al Medioevo. Cosa visitare, dunque, in questa suggestiva località del mar Baltico? Non si può che iniziare con il capoluogo, Visby, raggiungibile dalla Svezia (partendo da Oskarshamn) in circa tre ore di traghetto. Visby è una città medievale fortificata che, come vi ho già detto, venne inclusa nella Lega Anseatica: la sua appartenenza a quell’importante alleanza commerciale è compresa tra il XII e il XIV secolo. Nel 1995, omaggiando la sua pittoresca bellezza, l’Unesco ha dichiarato Visby Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il centro storico è percorso da un intrico di viuzze fiancheggiate da case in colori pastello e dai tetti a punta; risaltano le guglie della cattedrale, le chiese e gli edifici sorti all’epoca dei Vichinghi, le torri che intramezzano le mura. Potete visitare la città in tutta calma, a piedi, o decidere – in puro stile nordico – di effettuare i vostri spostamenti in bicicletta.

 

 

Un giro turistico non può prescindere dalle mura della città. Innalzate tra il XIII e il XIV secolo, sono lunghe 3,44 km e completamente edificate in pietra calcarea. Le intervallano trenta torri che oltrepassano i venti metri di altezza; torri ammantate, peraltro, di una potente aura di leggenda: in una di esse, la Torre della Fanciulla, si narra che fu murata viva la figlia di un orefice innamoratasi del re danese Valdemar Atterdag; ciò fu considerato un tradimento nei confronti della città; nella feritoia di un’altra torre, la Sankt Goransporten, è rimasta incastrata una pietra risalente alla guerra civile duecentesca. Dopo la costruzione delle mura, Vilby fu suddivisa in due aree ben distinte. All’interno delle fortificazioni si trovavano gli artigiani e i mercanti, che potevano commerciare con l’estero, all’esterno i pescatori e gli agricoltori, abilitati solamente al commercio interno. Alcuni spazi delle mura, oggi, sono stati adibiti a punti panoramici da cui ammirare lo splendore di Vilby e dei suoi dintorni.

 

 

Il Gotlands Museum è un altro must see: una vera meraviglia per tutti gli appassionati della civiltà vichinga. La fondazione della struttura risale al 1875. Al suo interno, il Museo ospita permanentemente reperti archeologici compresi in un arco di tempo che va dall’Età della Pietra all’Era dei Vichinghi. Accanto ad essi spiccano fossili rinvenuti nel mar Baltico, pietre runiche, e nella sezione dedicata ai secoli più recenti la ricostruzione di una fattoria settecentesca fa bella mostra di sè. Nel Museo viene anche custodito il tesoro vichingo più vasto del mondo: una ricchissima collezione di manufatti e monete in argento e bronzo.

 

 

La Cattedrale è famosa per le sue guglie, un dettaglio inconfondibile e iconico che simboleggia la città di Visby. Destinata ai mercanti tedeschi della Lega Anseatica, la chiesa fu inaugurata nel 1190. Nel 1125 venne dedicata a due tipologie di fedeli, gli abitanti di Gotland e i forestieri; a officiare la messa erano ministri di culto differenti. Nel 1500 le fu conferito lo status di Cattedrale. Questa maestosa chiesa medievale, che nel tempo ha conosciuto molte modifiche, viene tuttora utilizzata. Gli stili predominanti nella sua architettura sono il romanico e il gotico. A Visby esiste circa una decina di ulteriori chiese medievali, ma di esse rimangono solo le rovine. Le più rappresentative sono quelle delle chiese di San Nicola, San Clemente e Santa Caterina.

 

 

Nel Botaniska Tradgarden, il giardino botanico, è possibile effettuare una full immersion nella natura. Sorto nel 1855, si trova nei paraggi del mare; lo contraddistingue un vero e proprio tripudio di verde, piante e fiori esotici, prati tenuti in modo impeccabile. All’interno del giardino sono situate le suggestive rovine della chiesa di Sankt Olof.

 

 

Se siete appassionati del senso del mistero e della cultura ancestrale di quest’isola svedese, non mancate di visitare i suoi labirinti. Si trovano nei pressi della città di Vilby, e nella riserva naturale di Galberget è collocato il più celebre. I labirinti, denominati Trojaborg, sono stati costruiti in tempi remotissimi formando linee quasi circoncentriche con una serie di massi e pietre posati sulla terra. Ma a cosa servivano questi labirinti di sassi? Lo scopo era quello di farvi rimanere intrappolate la sfortuna e le entità malvagie. La maggior parte dei Trojaborg risale al Medioevo, e un buon numero di essi venne realizzato in prossimità delle aree costiere: i pescatori avevano l’abitudine di entrare in un labirinto poco prima di salpare, per propiziarsi una pesca fruttuosa e le migliori condizioni di navigazione; appena finivano di percorrerlo, correvano in tutta fretta sulla loro barca affinchè i troll, le entità malvagie e la malasorte rimanessero imprigionati nel labirinto. Il Trojaborg della riserva naturale di Galberget è stato scoperto nel 1740 e si pensa che sia stato realizzato nel Tardo Medioevo.

 

 

Accanto ai labirinti, a Gotland troviamo anche le navi di pietra, monumenti funerari tipicamente scandinavi dell’Età del Bronzo. All’interno di questi spazi composti da pietre conficcate nel terreno che riproducono la forma di una nave, si seppellivano i notabili della comunità. La forma del monumento serviva a garantire una buona traversata verso l’altra dimensione. Sull’isola, potrete ammirare le navi di pietra nei dintorni di Gnisvärd: una quarantina di case, tradizionali e coloratissime, abitate dai pescatori. Gnisvärd, villaggio estremamente suggestivo, è diventato celebre anche per la prosperosa pesca di aringhe.

 

 

Spostandoci verso la costa, incontriamo un altro tipo di roccia: i raukar, formazioni calcaree dalle forme alquanto bizzarre. Sull’isola di Fårö, di cui vi ho già accennato, si trovano le più spettacolari. Somigliano a colossi di pietra, e la leggenda vuole che il loro sguardo sia costantemente rivolto a Thor, figlio di Odino, divinità norrena del tuono e del fulmine. Fårö conta solo cinquecento abitanti, ma possiede un fascino unico: è selvaggia, incontaminata, vanta un mare cristallino, spiagge con dune di sabbia e un’esplosione di verde rigoglioso. Qui vivono le tipiche pecore di Gotland, che sfoggiano un riccioluto pelo grigio, e i rami degli alberi sembrano torcersi con il vento. Non è un caso che questa sorprendente isoletta sia stata scelta da Ingmar Bergman come location di molti suoi film: ricordiamo ad esempio “Persona” (1966), “L’ora del lupo” (1968) e il famosissimo “Scene da un matrimonio” (1973). Innamorato di Fårö, Bergman decise di viverci fino alla sua morte. Sull’ isola, in suo onore, è sorto il Bergman Center. La struttura include un cinema, una biblioteca interamente incentrata su Ingmar Bergman, e al regista svedese vengono dedicate mostre che celebrano il suo rapporto con Fårö. Esiste anche la possibilità di svolgere dei workshop creativi.

 

 

Tornando a Gotland, vale la pena di fare una visita a Villa Villacolle: è la casa dove venne ambientato il celebre telefilm “Pippi Calzelunghe”, ispirato al personaggio creato negli anni ’40 dalla scrittrice svedese Astrid Lindgren. Villa Villacolle si trova a una manciata di chilometri da Visby, precisamente all’interno del Kneippbyn Resort, un parco dei divertimenti per bambini che comprende un campeggio, un parco acquatico, piscine, scivoli d’acqua e giochi vari. C’è anche la possibilità di praticare windsurf, dato che il mare è a pochi passi dal Resort. Pippi Calzelunghe, in questo luogo, viene omaggiata con numerose e costanti pièce teatrali.

 

 

Veniamo ora a una delle eccellenze di Gotland: la buona cucina. Gotland straripa di ristoranti e bistrot, e nel 2013 è stata addirittura nominata Capitale Culinaria della Svezia. Il clima temperato dell’isola, infatti, rende il suolo particolarmente fertile. Proliferano la verdura, la frutta, le mele in particolare: il maggior produttore di sidro di tutta la Svezia, Halfvede Musteri, non a caso si trova proprio a Gotland. Ma soprattutto, Gotland è un autentico paradiso dei tartufi. Tutti gli anni ne vengono raccolti tra i sette e gli otto quintali, e pare che a Stoccolma siano richiestissimi. Sull’isola sono presenti anche diversi vigneti, e si produce il vino più a nord del mondo. Ma anche la birra non scherza: Gotland vanta la maggior densità di birrifici per abitanti di tutta l’Europa. E siccome in Svezia le bevande contenenti alcol in una percentuale maggiore al 3,5% sono proibite, un birrificio ha lanciato la Sleepy Bulldog, birra analcolica dal gusto squisito. Se adorate i dolci non perdetevi la saffranspannkaka, una torta-pancake allo zafferano tipica dell’isola: viene servita con panna montata e marmellata di more, ed è a dir poco irresistibile.

 

Foto via Unsplash

Foto del Trojaborg di Arkland, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Foto della nave di pietra di Jürgen Howaldt, CC BY-SA 2.0 DE <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/de/deed.en>, da Wikimedia Commons

Foto della Saffranspannkaka di Toyah, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

 

Il Giardino di Ninfa: antiche suggestioni tra natura e incanto

 

Pensate a un luogo fatato, completamente immerso nella natura. Un luogo dove il verde inghiotte lo sguardo, intervallato dal rosa, dal lilla e dal bianco degli alberi in fiore. Corsi e specchi d’acqua si incastonano tra la vegetazione, riflettono torri solenni e resti di antiche dimore, mentre ovunque è un autentico tripudio floreale: magnolie decidue, rose, ortensie rampicanti, glicini, iris palustri, narcisi, ciclamini e moltissime altre specie sono alternate alle ninfee che galleggiano sotto piccole cascate. Su questo paradiso regna il silenzio, spezzato solo dal canto dei volatili, e l’atmosfera che si respira è secolare e intrisa di magia. Un sogno? Niente affatto. Il luogo appena descritto esiste davvero: è il Giardino di Ninfa, Monumento Naturale situato a Cisterna di Latina. Per darvi un’idea della sua magnificenza, basta dire che il New York Times l’ha definito il più bel giardino al mondo. La storia che Ninfa ha alle spalle è antichissima e travagliata. Nell’ età classica, il suo nome era stato dato a un piccolo tempio dedicato alle Ninfe che si ergeva sul lago, ma in epoca romana designava già un villaggio che viveva prevalentemente di agricoltura. A determinare i suoi avventurosi trascorsi fu la strategica posizione geografica in cui Ninfa era collocata: inserita nel vasto territorio denominato Campagna e Marittima, nell’ VIII secolo fu transitatissima poichè la via Pedemontana che si snodava nei suoi paraggi permetteva di raggiungere il Sud senza passare per la via Appia e la via Severiana, allora sommerse dalle Paludi Pontine. A quei tempi, Ninfa apparteneva allo Stato Pontificio. Divenuta un importante centro urbano, ricco di risorse e superbo architettonicamente, nel X secolo iniziò l’ alternanza governativa che la caratterizzò sempre. Al predominio dei vari Papi si succedette quello di dinastie aristocratiche come i Conti di Tuscolo, i Frangipane, gli Annibaldi, i Colonna; nel frattempo, la rilevanza di Ninfa si accresceva sia dal punto di vista economico, che politico e di struttura urbana: tra il 1100 e il 1200 furono costruiti un castello e delle mura difensive.

 

 

Nel 1294, Benedetto Caetani fu nominato Papa con il nome di Bonifacio VIII e quattro anni dopo, per suo nipote Pietro,  acquistò Ninfa e dintorni al costo di 200.000 fiorini. Per la cittadina cominciò il periodo di massimo splendore. Vennero edificati mulini, ospedali, una torre, un gran numero di chiese e di botteghe, le mura e il castello furono ingranditi e rinforzati. A quell’ epoca ebbe inizio il legame tra Ninfa e i Caetani, un rapporto millenario che, tra innumerevoli vicissitudini, durò fino al XX secolo. Per fare una sintesi, potremmo citare alcune date chiave: nel 1382, in seguito al Grande Scisma, Ninfa venne saccheggiata e rasa al suolo dalle truppe che appoggiavano l’antipapa. Tutti i suoi abitanti fuggirono, condizionati anche dalla malaria diffusasi nelle vicine paludi, e persino le chiese rimaste attive vennero abbandonate poco a poco. I Caetani si trasferirono a Roma. Nel 1500, tuttavia, il Cardinale Niccolò III Caetani volle riscoprire le meraviglie naturali di Ninfa e della sua zona. Esaltò quello splendore attraverso un “hortus conclusus” delimitato dalle mura, un “giardino delle delizie” che conteneva un’ incredibile varietà di agrumi, e la sua opera fu portata avanti dal Duca Francesco IV durante il secolo successivo. Il giardino venne impreziosito da fontane e vene d’acqua sorgiva, ma la permanenza del Duca non durò a lungo a causa della malaria.

 

 

I Caetani tornarono a Ninfa solo sul finire dell’ Ottocento. La stupefacente bellezza del luogo, d’altronde, non poteva passare inosservata: fu così che – nel 1920 – Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onoraro Caetani,  ripristinò l’idea del giardino. Insieme ai suoi figli Gelasio e Roffredo creò un magnifico “English garden”, stabilendo a Ninfa la residenza di campagna della famiglia. Numerose opere vennero realizzate, come la bonifica delle paludi circostanti e la scerbatura dei ruderi, il palazzo baronale fu restaurato e tramutato in una signorile dimora. In questo periodo il giardino si arricchì di un’ ampia gamma di vegetazione. Roseti mozzafiato ma anche lecci, cipressi, faggi accrebbero il suo appeal naturale, specie botaniche provenienti dall’ estero proliferarono grazie all’ umidità apportata dal fiume.

 

 

 

 

Negli anni ’30 del ‘900 fu l’ intellettuale, collezionista d’arte e mecenate Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, a impreziosire il giardino di nuovi arbusti. A quell’ epoca, inoltre, Ninfa divenne un luogo di ritrovo per letterati e artisti di rilievo: nomi del calibro di Gabriele D’Annunzio, Boris Pasternak e molti altri ancora, associati perlopiù alle riviste letterarie “Commerce” e “Botteghe Oscure” fondate dalla Chapin, erano degli habitué del giardino. Persino Benito Mussolini fu ospite di quell’ area delle meraviglie, che visitò nel 1935 durante la bonifica dell’ Agro Pontino. Leila Caetani, figlia di Marguerite e di Roffredo Caetani, fu l’ ultima erede ad occuparsi del giardino e a conferirgli il suo aspetto definitivo. Lo impreziosì scegliendo accuratamente le specie vegetative e floreali, ne accentuò le armonie cromatiche avvalendosi delle sue competenze pittoriche, evitò ogni tipo di sostanza inquinante. Rose rampicanti, pruni e magnolie stellate davano vita ad autentici angoli di incanto, mentre il “Rock Garden” che Leila realizzò incastonava piante e fiori tra le rovine rocciose delle mura di cinta.

 

 

 

Donna Leila, che visse stabilmente a Ninfa dal 1940 in poi, era un’artista e adorava dipingere, viaggiare, le letture di giardinaggio. Frequentava abitualmente poeti e i maggiori esponenti del mondo dell’ arte. L’ impronta che ha donato al Giardino è inconfondibile: ne perfezionò la struttura all’ inglese e lo elevò alla meraviglia attuale. Nel 1972, inoltre, istituì la Fondazione Roffredo Caetani a tutela di Ninfa e del Castello di Sermoneta, un’altra proprietà di famiglia. Leila Caetani morì cinque anni dopo. La Fondazione, alla quale intestò il Giardino e il Castello, a tutt’oggi si occupa della gestione di entrambi e di preservare la memoria del Casato Caetani.

 

 

 

Dichiarato Monumento Naturale della Repubblica Italiana nel 2000, il Giardino di Ninfa – che quest’ anno festeggia i suoi “Cento anni di bellezza” – attira migliaia di turisti ogni anno. Qualche numero per raccontarvelo: si estende su una superficie di otto ettari, vanta oltre 1300 piante e 100 specie di uccelli censiti. Entrare nei suoi spazi è addentrarsi in un eden naturale, dove ci si perde con lo sguardo e con la mente. Cascate di glicine esaltano le antiche rovine, ciliegi e meli ornamentali ostentano le loro spettacolari chiome, aceri giapponesi donano un tocco esotico allo scenario…Il colpo d’occhio è stupefacente, di quelli che rimangono impressi sine die. E poi, ho una notizia fresca fresca da darvi: da qualche giorno, nei corsi d’acqua del Giardino galleggiano sei cigni appena nati. La Fondazione coinvolge tutti nella scelta dei loro nomi, che potrete suggerire visitando la pagina Facebook del Giardino di Ninfa. Per rimanere invece aggiornati sulle visite, in via di riattivazione dopo la sospensione dovuta al lockdown, non mancate di seguire i social del Giardino. Ve li elenco qui di seguito, augurandovi di poterlo esplorare prestissimo: è un esperienza decisamente imperdibile.

FACEBOOK: https://www.facebook.com/giardinoninfa

SITO WEB: https://www.frcaetani.it/giardino-di-ninfa/

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/giardinodininfa/?hl=it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: Archivio Fondazione Roffredo Caetani/Giardino di Ninfa