Carnevale 2025: qualche spunto per il make up

 

Il countdown a Carnevale sta per terminare: la festa più sfrenata dell’anno avrà inizio domenica 16 Febbraio (a Venezia il 14, in concomitanza di San Valentino, e vedremo in seguito il perchè). In attesa di approfondimenti dal punto di vista storico e delle tradizioni, ci soffermiamo sul make up; che è un dettaglio importante, perchè rimanda a un cardine delle cerimonie “carnascialesche”: il travestimento. Travestirsi, diventare altro da sè, a Carnevale è fondamentale. Perchè è un periodo in cui il caos, il sovvertimento delle regole, gli eccessi e le trasgressioni diventano catartici e favoriscono la rigenerazione della società. Carnevale, con i suoi travestimenti, cancella qualsiasi distinzione tra le classi sociali: si esce da sè stessi per abbracciare una nuova identità, quella che più si desidera. Questo livellamento sociale, seppur provvisorio, era guardato con diffidenza dai potenti. Basti pensare che a Venezia, tra il XVIII e il XIX secolo, i festeggiamenti carnevaleschi vennero proibiti sia da Napoleone che dagli Austriaci. Si temevano disordini, cospirazioni. Ma le maschere, nella Serenissima, erano state vietate molte altre volte: venivano indossate pressochè tutto l’anno incrementando il malcostume, i raggiri e il libertinaggio. Tornando all’epoca contemporanea, travestirsi è tornato ad essere un momento liberatorio e rigenerante: anche il make up, oltre alla maschera (di cui parleremo nei prossimi giorni), permette di forgiarsi un’identità a propria scelta. E se siete a corto di idee, guardate la gallery dove vi dò qualche spunto.

 

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

La violetta, un preludio di Primavera

 

E’ il fiore di Febbraio per eccellenza: la violetta, o viola mammola, o mammola semplicemente, appartiene alla famiglia delle Violaceae e il suo nome botanico è Viola Odorata. Fiorisce quando l’Inverno è prossimo alla fine, annunciando i primi indizi di Primavera nei prati, lungo i fiumi e nelle radure dei boschi. Essendo una viola selvatica, predilige le zone ombreggiate e umide poichè resiste al freddo intenso. Ciò non toglie che ami anche il sole, i cui raggi rendono ancora più vivida la sua tonalità di viola. Ha un profumo inconfondibile, la corolla composta da cinque petali: due puntano verso il cielo, i rimanenti tre verso terra. Le foglie, a forma di cuore, sono di un verde luminoso. La viola selvatica, inoltre, ha una marcia in più rispetto a molti altri fiori: è edibile e vanta proprietà curative. Ricche di vitamina A e C, le sue foglie favoriscono l’eliminazione delle tossine e vengono utilizzate come verdure o insieme alle insalate e alle minestre. Con i suoi fiori, invece, si preparano dolcissimi sciroppi aromatizzanti e coloranti alimentari. Le virtù antinfiammatorie rendono l’infuso di Viola Odorata perfetto per i malanni da raffreddamento. Non dimentichiamo, poi, che l’inebriante profumo della violetta è contenuto in una delle più celebri fragranze italiane: tutto ebbe inizio quando Maria Luigia D’Asburgo, seconda moglie di Napoleone, divenne Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla nel 1816. A Parma, il profumo delle mammole affascinò la Duchessa al punto tale da spingerla a chiedere ai frati del Convento della Santissima Annunziata di prepararle un’essenza che lo contenesse. I frati furono ben lieti di esaudire il desiderio di Maria Luigia, e realizzarono un profumo, la “Violetta di Parma”, ad esclusivo uso della Duchessa. La formula della fragranza, custodita gelosamente dai frati, rimase segreta fino al 1870, quando venne comunicata a Luigi Borsari dai religiosi stessi. L’imprenditore, allora, pensò di commercializzare la “Violetta di Parma” destinandola al grande pubblico: la racchiuse in flaconi raffinatissimi, preziosamente decorati, che tuttora la rendono uno dei profumi più richiesti e iconici del Made in Italy.

 

 

Per omaggiare la viola selvatica, un preludio del risveglio della natura, voglio concludere questo post con una nota poesia di Ada Negri (1870-1945): “Le violette”, questo il suo titolo, è inclusa nella raccolta “Vespertina” pubblicata nel 1936.

Le violette

Anche quest’ anno andrai per violette
lungo le prode, nel febbraio acerbo.
Quelle pallide, sai: che han tanto freddo,
ma spuntano lo stesso, appena sciolte
l’ultime nevi; e fra uno scroscio e un raggio
ti dicono: «Domani è primavera.»
Ogni anno ti confidi al tuo tremante
cuore: «È finita», e pensi: «Non andrò
per violette – ché passò il mio tempo –
lungo le prode, nel febbraio acerbo.»
Invece (e donde ignori, e da qual bocca)
una voce ti chiama alla campagna:
e vai; e i piedi ti diventan ali,
sì alta è la promessa ch’è nell’aria.
E per amor dell’esili corolle
quasi senza fragranza, ma beate
d’esser le prime, avidamente schiacci
con gli steli la zolla entro le dita.
O sempre nuova, o non guarita mai
dell’inquieto mal di giovinezza,
a chi dunque darai le tue viole?
A nessuno: a te stessa: o, forse, ad una
fanciulla che ti passi, agile, accanto,
e ti domandi dove tu l’hai colte:
sola n’è degna, ella che fresca ride
come il febbraio; e non si sa qual sia
più felice, se ella, o primavera.

 

Foto: AnRo0002, CC0, da Wikimedia Commons