Speciale “Sulle Tracce del Principe Maurice”- Un 1 Maggio sotto l’ incantesimo della Superluna rosa

 

La Superluna rosa, nascosta dalle nuvole in un’ Italia perlopiù flagellata dal maltempo, a Venezia è stata visibile eccome: all’alba del 27 Aprile, sembrava galleggiare in un cielo intriso di foschia. Il Principe Maurice, innamorato della luna da sempre, si è soffermato ad ammirarla e ne è rimasto ammaliato. In una delle due immagini che ha messo a disposizione di VALIUM, scattate da Marco Contessa, i primi bagliori del giorno accendono di onirici riflessi la laguna veneziana. L’ atmosfera è sospesa, impalpabile. La Superluna si staglia tra i chiaroscuri dell’ aurora irradiando un alone luminoso: non stupisce che da questa magica visione siano scaturiti degli incantesimi che riguardano da vicino la vita del Principe. E non solo la sua, come vedremo più avanti…

 

 

Gli influssi benefici emanati dall’ astro, tinto di rosa a titolo puramente emblematico, hanno avvolto l’ intera Venezia nel loro abbraccio. Ecco allora che oggi, 1 Maggio, la Festa del Lavoro si è tramutata in festa della ripartenza: un esempio su tutti? In Piazza San Marco, i caffè – compreso lo storico Caffè Florian (il più antico d’Italia) – riaprono i loro “salotti all’ aperto”.

 

 

E’ davvero significativo che in questa data si celebrino, al tempo stesso, il lavoro e la ripresa delle attività. La vita finalmente ricomincia, con tutte le precauzioni del caso. La Piazza tornerà ad animarsi e caffè ed aperitivi (rigorosamente in “modalità non assembrata”) torneranno a scandire le diverse fasi della nostra giornata. Il Principe ha approfittato dell’ occasione per girare due brevi video-interviste: una con Claudio Vernier, Presidente dell’ Associazione Piazza San Marco, e l’ altra con lo staff del Caffè Florian, il suo locale preferito. Non sorprende, d’altronde, che il leggendario caffè, frequentato un tempo da nomi del calibro di Casanova, Carlo Goldoni, Lord Byron, Charles Dickens, Goethe, Hemingway e Gabriele D’Annunzio (per menzionarne solo alcuni), annoveri tra i suoi habituée anche il Principe Maurizio Agosti Montenaro di Serracapriola Durazzo dei Sangro di Sanseveraro! Pubblico per tutti voi, qui di seguito, i video a cui accennavo:

Dialogo sulle riaperture tra il Principe e il Presidente dell’ APSM Claudio Vernier

Il Principe incontra lo staff del Caffè Florian, pronto a riprendere il suo posto d’onore in Piazza San Marco

 

Ma l’ incantesimo della Superluna rosa ha influito sulla vita del nostro eroe anche sotto forma di progetti. Uno di questi lo vede impegnato nientemeno che in Toscana, dove prenderà parte ad un appuntamento d’eccezione: “Il suono del silenzio” insieme al team Metempsicosi. Nel giorno della Festa dei Lavoratori, infatti, i professionisti del mondo della notte faranno sentire la loro voce attraverso un messaggio forte e chiaro. In collaborazione con il SILB (Sindacato Italiano Locali da Ballo), gli artisti Metempsicosi hanno ideato un evento – rigorosamente senza pubblico – di una suggestività incredibile. “Il suono del silenzio”, questo il suo titolo, andrà in scena stasera, dalle ore 19 alle 21, nel Teatro delle Rocce di Gavorrano, un’ area adibita a concerti, convegni e spettacoli ricavata da una millennaria cava di calcare. Il teatro, la cui struttura ricorda quella di un teatro della Grecia antica, è situato all’ interno del Parco Minerario Naturalistico di Gavorrano (un borgo a trenta chilometri da Grosseto) ed è completamente immerso nella natura: un dettaglio che, già da solo, basterebbe ad evocare la meraviglia della location. Qui, il team di musica elettronica MetempsicosiMario Più, Ricky Le Roy, 00Zicky, Franchino, Joy Kitikonti – e il Principe Maurice daranno vita ad una sbalorditiva performance visualizzabile in live streaming sulla pagina FB @metempsicosiofficialfanpage (questo il link del live: https://fb.me/e/120iDL7Jc). Ma perchè “Il suono del silenzio”? E’ presto detto. Il titolo si riallaccia ad un concetto ben preciso, il silenzio della musica in questi mesi di chiusura forzata di tutte le attività artistiche e dei club. In un caso del genere, il silenzio può diventare talmente assordante da avvolgerci nel suo eco. L’ evento nasce quindi come antidoto ad una situazione che inizia ad assumere connotati inquietanti. Il team Metempsicosi, in connubio con il Principe, è pronto a ridar vita alla musica  ed alle tante voci che compongono il mondo del clubbing. Chiunque voglia unirsi o partecipare, virtualmente, all’ iniziativa, può farlo utilizzando l’hashtag #ilsuonodelsilenzio. Per quanto riguarda il Principe Maurice, posso anticiparvi che interpreterà in modo del tutto speciale la leggendaria “The sound of silence” di Simon & Garfunkel nella versione rivisitata dai Disturbed: non mancate, anche perchè potrete assistere a performance straordinarie sull’ altrettanto straordinario sfondo di un magico tramonto maremmano.

 

 

Sempre il 1 Maggio Maurice sarà coinvolto, successivamente, in una diretta con Radio WoW. Dalle 22 fino a mezzanotte, il programma #tothepeople di questa nuova emittente radiofonica si collegherà con l’ Anima Club di Treviso, dove, durante un’ immaginaria serata in discoteca, verrà intavolata una conversazione sul mondo della notte  e sul suo attuale stand by. Alla discussione prenderanno parte il Principe ed altri protagonisti dell’ universo del clubbing. Per partecipare al dibattito potrete intervenire telefonicamente oppure via chat, in questo caso mettendovi in contatto con Radio WoW sui social.

 

 

Buon 1 Maggio a tutti, dunque. E che sia la data in cui riprenderemo il volo…Insieme al Principe Maurice, naturalmente!

 

 

 

Le foto della Superluna sono di Marco Contessa. Tutte le rimanenti immagini, courtesy of Maurizio Agosti

 

 

 

Il luogo

 

Siamo in aperta campagna, in mezzo al verde, e il nostro sguardo viene invaso dal candido tripudio di petali di un mandorlo in fiore. Il sole risplende, il cielo è limpido: neppure una nuvola squarcia la sua azzurrità luminosa. Un vento leggero fa danzare le foglie e i fiori, dei quali veicola il profumo delicato. In sottofondo, il soave suono di un flauto libra nell’ aria una melodia incantatrice. L’ atmosfera sembra sospesa, un mood etereo aleggia tutto intorno. Tra poco, il nostro picnic irromperà in un’ armonia che, finora, solo il vivace cinguettio degli uccelli è riuscito a spezzare. Consapevoli di questo, ci ripromettiamo di immergerci nello scenario bucolico che ci sta di fronte con la massima discrezione, assaporando fino in fondo l’ avvolgente quiete della natura. E se una Pasquetta simile, molto probabilmente, la vivremo soltanto nei sogni a causa della zona rossa generale, affidiamoci all’ immaginazione: accrescerà ancora di più il piacere di godercela quando saremo finalmente liberi dall’ incubo Covid.

 

 

Buona Pasqua

 

” Il giorno di Pasqua, il velo tra il tempo e l’eternità si assottiglia in modo quasi impercettibile. “

(Douglas Horton)

Una gallery per celebrare la Pasqua insieme a voi: sono scatti che catturano dettagli, colori, emblemi ed atmosfere tipici dell’ iconografia del giorno della resurrezione. Le uova predominano, e non potrebbe essere altrimenti dato il loro significato simbolico (rileggi qui l’articolo che lo approfondisce); risaltano le tonalità pastello, indissolubilmente associate alla Primavera; i fiori inneggiano alla rinascita della natura e i cieli sono azzurri, tersi, come vuole la bella stagione. Poi ci sono dolci tipici, cupcakes dalle nuance pop, animali tradizionalmente legati alla Pasqua quali il pulcino, il coniglio, l’ agnello…che, fedele al mio credo animalista, spero non faccia parte del vostro menu odierno. In un tripudio idilliaco e pieno di stupore, insomma, le immagini che accompagnano questo post sono un’ autentica ode alla resurrezione interiore. Perchè nella vita si muore e si rinasce infinite volte, e persino i periodi più duri possono tramutarsi in occasioni per un nuovo inizio. Tanti Auguri di Buona Pasqua a tutti!

 

 

 

 

Equinozio di Primavera

 

Buon Equinozio di Primavera! Oggi, la Primavera fa il suo ingresso ufficiale. Giorno e notte avranno una durata identica – Equinozio deriva dal latino “aequus nox”, ovvero “notte uguale” – e il Sole, giunto allo Zenit dell’ Equatore, irradierà i suoi raggi perpendicolarmente rispetto all’ asse di rotazione terrestre. In sintesi, l’Equinozio rappresenta il preciso istante in cui il movimento della Terra attorno al Sole coincide con il posizionamento di quest’ ultimo allo Zenit. Ma l’ Equinozio non è solo astronomia: l’ arrivo della bella stagione è associato a miti, rituali e leggende che risalgono alla notte dei tempi. Non è difficile immaginare, infatti, che il trionfo della luce sul buio e il risveglio della natura abbiano assunto delle forti connotazioni simboliche presso le civiltà più antiche. In Mesopotamia, secoli e secoli orsono, l’ Equinozio di Primavera e il Capodanno combaciavano: rappresentavano entrambi un nuovo inizio. Nel mondo occidentale, dove un numero incalcolabile di popoli celebrava  i cicli della Natura con feste e rituali, il mito della Dea Persefone riveste un’ importanza fondamentale. Racconta la leggenda che Persefone, figlia di Demetra (la Dea della Madre Terra), venne rapita da Ade, il signore dell’ Oltretomba, che la portò con sè negli Inferi. Demetra ne fu così addolorata che minacciò di condannare la Terra alla distruzione, se sua figlia non avesse fatto ritorno.  Zeus ordinò quindi che fosse liberata. Ma quando Persefone riabbracciò sua madre, Demetra si accorse che era ormai una donna, non più la sua bambina. Allora, Zeus stabilì che Persefone avrebbe trascorso metà dell’ anno nel Regno dei Vivi, con Demetra, e l’ altra metà con Ade nelle profonde viscere della terra. Fu così che la natura divenne ciclica e che ebbero inizio le quattro stagioni. La Primavera celebrava, al tempo stesso, la natura che rifiorisce e il ritorno di Persefone, che riportava la vita e ripristinava il rinnovamento. In onore di Demetra e di sua figlia, nella Grecia antica si istituirono i Misteri Eleusini: si svolgevano da metà Febbraio a metà Marzo ed erano riti misterici di tipo iniziatico che accompagnavano gli adepti alla scoperta della Conoscenza, della Verità e dell’ Immortalità. Le due Dee, emblemi di fertilità e rinascita, si identificarono per sempre con la bella stagione. L’ Equinozio era una data cruciale anche per gli antichi romani, che proprio a Marzo (il mese dedicato al dio Marte, padre di Romolo e Remo) facevano iniziare l’ anno,  mentre i nordici Celti preferivano festeggiare la rinascita a Beltane, il 1 Maggio.

 

 

Al di là dei resoconti storici, comunque, ciò che conta è la valenza simbolica dell’ Equinozio di Primavera, chiamato Ostara dai popoli germanici (dal nome di Eostar, Dea della fertilità) e Alban Eiler, “Luce della Terra”, in lingua gallese. Alle connotazioni di rinascita e ritorno della luce si affianca quella di un’ unione cosmica tra divinità maschile e femminile: il Dio Sole e la Dea Terra si accoppiano, la loro fusione è sinonimo di vita. Un’ antica tradizione equinoziale prevedeva che si accendesserò dei falò in collina, la cui durata sarebbe stata direttamente proporzionale alla fecondità del terreno. L’ Equinozio rappresenta anche una svolta che ci riguarda personalmente, che coinvolge la nostra esistenza e la nostra interiorità. A Alban Eiler rinasciamo a nuova vita: è il momento di fare progetti, di concretizzare i sogni, di andare incontro ai sentimenti senza remore. Dovremmo sentirci un tutt’ uno con la natura che germoglia, sbocciare a nostra volta per seguire questo flusso rigoglioso e inarrestabile. L’ Universo è in armonia perfetta. Le ore diurne e notturne si equivalgono, il sole torna a splendere e la terra a rinverdirsi.

 

 

Ostara, inoltre, è il nome da cui deriva il termine Pasqua nelle lingue germaniche: in tedesco Ostern, in inglese Easter. Ciò rimanda all’ opera di sostituzione e di “riassorbimento” adottata dalla chiesa cristiana nei confronti delle ricorrenze pagane. Nel 325 d.C., il Concilio di Nicea stabilì di contrapporre le celebrazioni per la risurrezione di Cristo ai rituali in onore del riveglio della natura; la Pasqua, di conseguenza, fu fissata alla domenica successiva al primo plenilunio dopo l’ Equinozio di Primavera. A Ostara i popoli germanici inneggiavano alla Dea della fertilità con l’ accensione di un cero, emblema della fiamma dell’ esistenza, che veniva fatto ardere nei templi fino all’ alba. A proposito di Ostara, sapete quali sono i suoi colori? Tonalità pastello come il rosa, il celeste, il giallo, il verde. Suoi caratteristici simboli sono invece le uova, i nidi delle lepri, la luna nuova e le farfalle. Non vi ricordano un po’ le cromie e l’ iconografia tipicamente pasquali? Per concludere, alcuni elementi collegati al significato spirituale dell’ Equinozio: un’ audacia, un entusiasmo, una gioia di vivere rinnovati che portano al desiderio di abbracciare nuove svolte e nuovi progetti. La positività, l’ apertura nei confronti degli altri, l’ evoluzione, l’ incremento della consapevolezza di sè. Vi auguro di far vostri questi input, e che possiate trascorrere un Equinozio di Primavera assolutamente speciale.

 

John William Waterhouse, “Gather ye rosebuds while we may”, 1909

John William Waterhouse, “A song of Springtime”

John William Waterhouse, “Spring spreads one green lap of flowers”, 1910

John William Waterhouse, “Persephone”, 1912

 

 

 

Foto: quinta immagine dall’ alto via Sofi, “Ida Rentoul Outhwaite, “Spring””, from Flickr, CC BY-NC 2.0

La colazione di oggi? A base di miele, il “nettare degli Dei”

 

La colazione di oggi, primo giorno del mese di Marzo, è all’ insegna della dolcezza più assoluta. Una dolcezza salutare, che ha a che fare con un prezioso mix di palato e natura. Perchè il protagonista della nostra colazione è il miele: un alimento che non conosce stagioni, al 100% eco-friendly in quanto prodotto dalle api. A proposito, sapevate che una specie su dieci di questi operosi insetti rischia l’estinzione? Per l’ uomo sarebbe drammatico, dal momento che provvedono all’ impollinazione del 90% delle piante selvatiche, sono indispensabili al funzionamento dell’ ecosistema e alla preservazione della diversità biologica. In poche parole, un mondo senza api diventerebbe un mondo senza fauna umana. Tornando al miele, è davvero difficile trovare un prodotto più genuino. Le api bottinatrici si occupano della raccolta delle sue materie prime, il nettare o la melata, cercandole a non oltre 800 metri dal loro alveare. Mentre il nettare è reperibile all’ interno dei fiori, la melata, una sostanza zuccherina rilasciata da minuscoli insetti che si nutrono della linfa degli alberi, generalmente riveste la corteccia dei tronchi. Dopo aver ingurgitato nettare e melata a volontà, le api bottinatrici tornano alla colonia e li rigurgitano. A questo punto, il lavoro passa alle api operaie: si cibano di quella mistura liquida e la trattengono al loro interno per mezz’ora, così da eliminare l’ acqua in eccesso. Poi la rigurgitano, infine la plasmano in strati oltremodo sottili che depositano sulle pareti delle celle. L’ eccesso d’ acqua viene assorbito nuovamente attraverso un prolungato battito d’ali collettivo. 36 giorni dopo, il miele è maturato e sufficientemente denso da non temere più la muffa; rimarrà intatto per mesi, sarà un’ ottima provvista per l’ Inverno. Le api lo conservano nei favi, cellette esagonali realizzate con la loro cera che otturano tramite tappi composti dalla stessa materia. E’ in questa fase che entra in scena l’ apicoltore: allontana le api, distacca i favi dall’ alveare, rimuove i tappi ed estrae il miele servendosi di una centrifuga. Filtrato da eventuali impurità, il “nettare degli Dei”(come lo definì la mitologia greca) viene conservato a una temperatura atta ad impedirne la cristalizzazione. Prende così vita la sostanza color oro, liquida o semi-densa, che oltre ad essere invitante è un vero e proprio toccasana. Il miele, ora, è pronto per essere versato nei vasetti e messo in commercio.

 

 

Sono infiniti i modi in cui gustarlo a colazione: spalmato su una fetta di pane insieme al burro, sulle crostate, sul formaggio, sui pancake, inserito nei croissant o nell’ impasto di deliziosi biscotti. E se vi state chiedendo quali benefici apporta, basta stilare un breve ma significativo elenco: il miele ha proprietà antisettiche e antinfiammatorie, dimostrandosi particolarmente efficace contro i malanni delle prime vie respiratorie; contrasta la formazione dei radicali liberi e svolge una funzione nutriente, idratante, antiossidante per la pelle ed i capelli; possiede un alto tasso di elementi nutrizionali essendo ricco di vitamine del gruppo A, B, C e di minerali quali (tra gli altri) il potassio, il fosforo, il sodio, il ferro, il magnesio, lo zolfo, il rame; contiene acidi organici che accentuano la sua funzione antibatterica. Last but not least, può essere utilizzato come dolcificante e si declina in un’ ampia e pregiata gamma di varietà. In Italia se ne contano ben 25, tra cui spiccano il miele d’acacia, di tiglio, d’arancio, di corbezzolo, di castagno e d’eucalipto: per iniziare una giornata con il buon “nettare degli dei”, garantito, non avrete che l’ imbarazzo della scelta!

 

 

 

 

Ricordi di un’ estate che fu

 

Molti, in questa stagione segnata dal Covid, adorano ricordare gli episodi felici delle estati che furono. Rifugiarsi nel passato, in effetti, conforta e rigenera, seppure per pochi istanti…Anche se penso che la vita vada vissuta nel presente, oggi mi unisco al coro di chi ama ritornare con la mente ai “bei tempi andati”. E lo farò rievocando un luogo. Troppo scontato parlare del mare, delle spiagge tropicali, dei viaggi all’estero, dei locali bazzicati durante le vacanze. Voglio ricordare una location dell’ estate in città, così, semplicemente: una location associata a tanti anni fa, ma altrettanto suggestiva dei posti e delle situazioni che ho citato qualche riga addietro. Per me è stato e rimarrà sempre un luogo da sogno, emblema di bellezza e convivialità. Immaginate un monte a ridosso delle storiche Cartiere (chi segue VALIUM sa che abito a Fabriano, la “città della carta”), dove anticamente sorgeva un borgo romano. Civita, questo il nome  dell’ abitato,  nel tempo è diventata un’ area cosparsa di ville e case di campagna ombreggiate dalla fitta vegetazione. Tuttora rimane una traccia di quel remoto insediamento, la chiesa di Santa Maria di Civita: tra il XII e il XIII secolo ospitò Francesco di Assisi quando si recava in visita al suo confessore, il pievano Beato Ranieri. Nel corso dei secoli, il colle ha perso l’aura mistica ma non l’atmosfera idilliaca, e resta il luogo ideale in cui vivere per chi ama la privacy e il contatto con la natura.

 

 

Avrò avuto 15 o 16 anni quando un amico di mio padre ha iniziato ad invitarci a cena sulla splendida terrazza della sua casa di Civita. Era una grande terrazza, all’ ombra di una quercia e affacciata sulla valle dove si adagia Fabriano: per raggiungerla bisognava farsi strada tra stanze in stile bohémien dove spiccavano i quadri dipinti dal nostro anfitrione. Eh già, perchè l’ amico di mio padre era un pittore, reduce degli anni della Swingin’ London e molto sul genere “bello e dannato”. Anzi, dovrei dire bellissimo: fisicamente ricordava il Warren Beatty di “Shampoo”, le donne andavano pazze per lui. Originario della Mitteleuropa, poliglotta, arrivava al metro e 90 e i capelli gli sfioravano le spalle. In quella casa immersa nel verde viveva con la sua compagna ungherese e un cane enorme, tutto nero, che aveva chiamato Golia. Le cene d’estate con loro e la mia famiglia – nonostante fosse diversissima in quanto a “imprinting”, c’era una notevole sintonia reciproca – erano una meraviglia. Tra chiacchiere in libertà, calici di vino e il panorama delle mille luci della città di fronte, la terrazza diventava uno scenario mozzafiato con il canto dei grilli in sottofondo. Nel cielo brillavano miriadi di stelle, l’afa si stemperava con l’altura, di tanto in tanto le nostre voci venivano inframezzate dal motore delle macchine che si inerpicavano lungo i tornanti di Civita…e poi, l’autentico spettacolo della Fabriano tutta illuminata, maestosa e antica, distesa ai piedi del colle. Non so se per la compagnia, per la location o per la sensazione di dominare il paesaggio dall’ alto, ma respiravo un’ aria di pura libertà. Quelle serate estive sono rimaste impresse nella mia memoria, indelebili anche dopo svariati anni. Tantevvero che poco tempo fa, incontrando il proprietario della casa con terrazza dove viveva il nostro amico pittore, gli ho chiesto se per caso era in affitto o in vendita…

 

 

 

The Desert

 

The Desert
    –roseate metallic blue
    & insect green

    blank mirrors &
    pools of silver

    a universe in
    one body

(Jim Morrison, “The Desert”)

 

Il deserto: uno spazio sconfinato, un paesaggio mai uguale a se stesso. Il vento modella le dune e cancella le orme, il sole picchia forte prima di sfumare in un tramonto spettacolare e lasciar spazio ad una notte che, all’ improvviso, cala il suo manto di stelle. Oggi ci perdiamo in questa landa sterminata dove i colori, la bellezza e il silenzio si amplificano a dismisura. Assaporeremo ogni istante del percorso, unendoci al “popolo blu” dei Touareg durante il celebre rito del tè e rinfrescandoci all’ ombra di incredibili oasi. Impareremo passo dopo passo, durante il cammino: a relativizzare la nostra presenza nell’ immensa vastità della natura, a riconoscere che nulla è eterno…neppure le impronte che ci lasciamo dietro. Ma soprattutto, ad ascoltare noi stessi laddove una muta melodia sembra sospendere le coordinate di spazio e di tempo.

 

 

 

 

Il Giardino di Ninfa: antiche suggestioni tra natura e incanto

 

Pensate a un luogo fatato, completamente immerso nella natura. Un luogo dove il verde inghiotte lo sguardo, intervallato dal rosa, dal lilla e dal bianco degli alberi in fiore. Corsi e specchi d’acqua si incastonano tra la vegetazione, riflettono torri solenni e resti di antiche dimore, mentre ovunque è un autentico tripudio floreale: magnolie decidue, rose, ortensie rampicanti, glicini, iris palustri, narcisi, ciclamini e moltissime altre specie sono alternate alle ninfee che galleggiano sotto piccole cascate. Su questo paradiso regna il silenzio, spezzato solo dal canto dei volatili, e l’atmosfera che si respira è secolare e intrisa di magia. Un sogno? Niente affatto. Il luogo appena descritto esiste davvero: è il Giardino di Ninfa, Monumento Naturale situato a Cisterna di Latina. Per darvi un’idea della sua magnificenza, basta dire che il New York Times l’ha definito il più bel giardino al mondo. La storia che Ninfa ha alle spalle è antichissima e travagliata. Nell’ età classica, il suo nome era stato dato a un piccolo tempio dedicato alle Ninfe che si ergeva sul lago, ma in epoca romana designava già un villaggio che viveva prevalentemente di agricoltura. A determinare i suoi avventurosi trascorsi fu la strategica posizione geografica in cui Ninfa era collocata: inserita nel vasto territorio denominato Campagna e Marittima, nell’ VIII secolo fu transitatissima poichè la via Pedemontana che si snodava nei suoi paraggi permetteva di raggiungere il Sud senza passare per la via Appia e la via Severiana, allora sommerse dalle Paludi Pontine. A quei tempi, Ninfa apparteneva allo Stato Pontificio. Divenuta un importante centro urbano, ricco di risorse e superbo architettonicamente, nel X secolo iniziò l’ alternanza governativa che la caratterizzò sempre. Al predominio dei vari Papi si succedette quello di dinastie aristocratiche come i Conti di Tuscolo, i Frangipane, gli Annibaldi, i Colonna; nel frattempo, la rilevanza di Ninfa si accresceva sia dal punto di vista economico, che politico e di struttura urbana: tra il 1100 e il 1200 furono costruiti un castello e delle mura difensive.

 

 

Nel 1294, Benedetto Caetani fu nominato Papa con il nome di Bonifacio VIII e quattro anni dopo, per suo nipote Pietro,  acquistò Ninfa e dintorni al costo di 200.000 fiorini. Per la cittadina cominciò il periodo di massimo splendore. Vennero edificati mulini, ospedali, una torre, un gran numero di chiese e di botteghe, le mura e il castello furono ingranditi e rinforzati. A quell’ epoca ebbe inizio il legame tra Ninfa e i Caetani, un rapporto millenario che, tra innumerevoli vicissitudini, durò fino al XX secolo. Per fare una sintesi, potremmo citare alcune date chiave: nel 1382, in seguito al Grande Scisma, Ninfa venne saccheggiata e rasa al suolo dalle truppe che appoggiavano l’antipapa. Tutti i suoi abitanti fuggirono, condizionati anche dalla malaria diffusasi nelle vicine paludi, e persino le chiese rimaste attive vennero abbandonate poco a poco. I Caetani si trasferirono a Roma. Nel 1500, tuttavia, il Cardinale Niccolò III Caetani volle riscoprire le meraviglie naturali di Ninfa e della sua zona. Esaltò quello splendore attraverso un “hortus conclusus” delimitato dalle mura, un “giardino delle delizie” che conteneva un’ incredibile varietà di agrumi, e la sua opera fu portata avanti dal Duca Francesco IV durante il secolo successivo. Il giardino venne impreziosito da fontane e vene d’acqua sorgiva, ma la permanenza del Duca non durò a lungo a causa della malaria.

 

 

I Caetani tornarono a Ninfa solo sul finire dell’ Ottocento. La stupefacente bellezza del luogo, d’altronde, non poteva passare inosservata: fu così che – nel 1920 – Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onoraro Caetani,  ripristinò l’idea del giardino. Insieme ai suoi figli Gelasio e Roffredo creò un magnifico “English garden”, stabilendo a Ninfa la residenza di campagna della famiglia. Numerose opere vennero realizzate, come la bonifica delle paludi circostanti e la scerbatura dei ruderi, il palazzo baronale fu restaurato e tramutato in una signorile dimora. In questo periodo il giardino si arricchì di un’ ampia gamma di vegetazione. Roseti mozzafiato ma anche lecci, cipressi, faggi accrebbero il suo appeal naturale, specie botaniche provenienti dall’ estero proliferarono grazie all’ umidità apportata dal fiume.

 

 

 

 

Negli anni ’30 del ‘900 fu l’ intellettuale, collezionista d’arte e mecenate Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, a impreziosire il giardino di nuovi arbusti. A quell’ epoca, inoltre, Ninfa divenne un luogo di ritrovo per letterati e artisti di rilievo: nomi del calibro di Gabriele D’Annunzio, Boris Pasternak e molti altri ancora, associati perlopiù alle riviste letterarie “Commerce” e “Botteghe Oscure” fondate dalla Chapin, erano degli habitué del giardino. Persino Benito Mussolini fu ospite di quell’ area delle meraviglie, che visitò nel 1935 durante la bonifica dell’ Agro Pontino. Leila Caetani, figlia di Marguerite e di Roffredo Caetani, fu l’ ultima erede ad occuparsi del giardino e a conferirgli il suo aspetto definitivo. Lo impreziosì scegliendo accuratamente le specie vegetative e floreali, ne accentuò le armonie cromatiche avvalendosi delle sue competenze pittoriche, evitò ogni tipo di sostanza inquinante. Rose rampicanti, pruni e magnolie stellate davano vita ad autentici angoli di incanto, mentre il “Rock Garden” che Leila realizzò incastonava piante e fiori tra le rovine rocciose delle mura di cinta.

 

 

 

Donna Leila, che visse stabilmente a Ninfa dal 1940 in poi, era un’artista e adorava dipingere, viaggiare, le letture di giardinaggio. Frequentava abitualmente poeti e i maggiori esponenti del mondo dell’ arte. L’ impronta che ha donato al Giardino è inconfondibile: ne perfezionò la struttura all’ inglese e lo elevò alla meraviglia attuale. Nel 1972, inoltre, istituì la Fondazione Roffredo Caetani a tutela di Ninfa e del Castello di Sermoneta, un’altra proprietà di famiglia. Leila Caetani morì cinque anni dopo. La Fondazione, alla quale intestò il Giardino e il Castello, a tutt’oggi si occupa della gestione di entrambi e di preservare la memoria del Casato Caetani.

 

 

 

Dichiarato Monumento Naturale della Repubblica Italiana nel 2000, il Giardino di Ninfa – che quest’ anno festeggia i suoi “Cento anni di bellezza” – attira migliaia di turisti ogni anno. Qualche numero per raccontarvelo: si estende su una superficie di otto ettari, vanta oltre 1300 piante e 100 specie di uccelli censiti. Entrare nei suoi spazi è addentrarsi in un eden naturale, dove ci si perde con lo sguardo e con la mente. Cascate di glicine esaltano le antiche rovine, ciliegi e meli ornamentali ostentano le loro spettacolari chiome, aceri giapponesi donano un tocco esotico allo scenario…Il colpo d’occhio è stupefacente, di quelli che rimangono impressi sine die. E poi, ho una notizia fresca fresca da darvi: da qualche giorno, nei corsi d’acqua del Giardino galleggiano sei cigni appena nati. La Fondazione coinvolge tutti nella scelta dei loro nomi, che potrete suggerire visitando la pagina Facebook del Giardino di Ninfa. Per rimanere invece aggiornati sulle visite, in via di riattivazione dopo la sospensione dovuta al lockdown, non mancate di seguire i social del Giardino. Ve li elenco qui di seguito, augurandovi di poterlo esplorare prestissimo: è un esperienza decisamente imperdibile.

FACEBOOK: https://www.facebook.com/giardinoninfa

SITO WEB: https://www.frcaetani.it/giardino-di-ninfa/

INSTAGRAM: https://www.instagram.com/giardinodininfa/?hl=it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: Archivio Fondazione Roffredo Caetani/Giardino di Ninfa

 

 

Tramonto di riflessioni

 

Un’ altra domenica volge al termine, la penultima domenica della fase 1 del lockdown. Io la concludo qui, dondolando di fronte all’ immensa spettacolarità di un tramonto sull’ oceano. Naturalmente, con la fantasia. Stiamo vivendo giorni in cui la razionalità dovrebbe raggiungere il picco, per fronteggiare l’ emergenza Covid-19, ma al tempo stesso non possiamo trascurare l’ enorme potere dell’ immaginazione. Che è quella che davvero ci salva, nel nostro essere a tu per tu con questo dramma. E se al momento il Coronavirus ci proibisce di muoverci, di evadere, di viaggiare, possiamo farlo approdando in luoghi che, esplorati con la fantasia, risulteranno ancora più incantevoli e attraenti. Albert Einstein disse: “La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto”, una frase di cui tenere conto: oggi la faccio mia, e mi trasferisco in un paradiso tropicale per rafforzare il significato che il periodo di clausura ha assunto per me e gli insegnamenti che mi ha donato: su tutti, a parte il valore della solidarietà e dei sentimenti veri, solidi, che durano nel tempo, la basilare importanza dell’ amore per nostra Madre Terra, il rispetto nei confronti dei suoi paesaggi e del suo patrimonio faunistico, vegetale e floreale. Stasera, quindi, voglio sottolinearne il concetto con una semplice – ma sbalorditiva – immagine. Le albe e i tramonti sono da sempre i momenti della giornata che preferisco, perchè sono momenti di riflessione: il tramonto invita al bilancio del giorno appena trascorso, l’ alba a rinascere grazie al giorno che stiamo per affrontare. Mi lascio avvolgere dalle meravigliose cromie di questo sole che cala nell’ oceano, circondata dalle palme esotiche, per augurarvi una buona serata e per ricordarvi, e ricordarmi, di non dar mai per scontata la bellezza di tutto ciò che ci circonda. Ma anche di rivalutare il potere della fantasia che, soprattutto se si intreccia alla realtà, dà vita a un cocktail quanto mai prezioso e inestimabile.