Equinozio d’Autunno, una data all’insegna della “trasformazione”

 

Finché ci sarà l’autunno, non avrò abbastanza mani, tele e colori per dipingere la bellezza che vedo.
(Vincent van Gogh)

 

Arriva l’Equinozio d’Autunno e con esso si inaugura ufficialmente il semestre oscuro dell’anno. L’Autunno è entrato stamattina, alle 8.49. Se oggi il giorno e la notte avranno la stessa durata, da domani le ore di buio inizieranno a prevalere a poco a poco. Per la natura comincia un nuovo ciclo: il secondo raccolto si è ormai concluso, la terra si prepara ad assopirsi dopo aver raggiunto il picco della produttività. Gli uccelli migratori, di qui a breve, spiegheranno le proprie ali verso il sud del globo, mentre gli animali già si apprestano a raccogliere provviste dedicate ai mesi freddi. L’antica tradizione onorava l’Equinozio d’Autunno con la festività di Mabon, dio della caccia, della giovinezza e dei raccolti della mitologia gallese; per approfondire l’argomento vi rimando al mio articolo di benvenuto all’Autunno del 2022 (leggetelo qui). L’uva è uno dei doni che la natura ci offre, a piene mani, in questo periodo. Non è un caso che le fasi di lavorazione del vino fossero caratterizzate da una forte valenza allegorica: la vendemmia, la pigiatura, la fermentazione, la conservazione nelle botti rivestivano un significato ben preciso, secoli orsono. La fermentazione, in particolare, simbolizzava il rinnovamento spirituale che coincideva con i riti misterici e le iniziazioni; veniva quindi esaltata da una serie di rituali che esaltavano la sua suggestività, il suo ruolo chiave nel tramutare l’uva in vino. Anche l’Equinozio d’Autunno può essere considerata una ricorrenza a carattere iniziatico. “Trasformazione” è la parola cardine: si associa alla natura ciclica dell’esistenza, al ciclo stagionale che, più di ogni altro, è legato a un nuovo stadio di consapevolezza. Quando il semestre buio ha inizio e la terra si assopisce, comincia il tempo dedicato all’interiorità e alla meditazione. Il viaggio che compiamo è introspettivo, un approfondimento su noi stessi. Le nostre riflessioni si concentrano sulla trasformazione correlata alla morte e ai misteri che circondano questa metamorfosi.

 

 

Un altro fenomeno caratteristico dell’Autunno è il cosiddetto “foliage”: le foglie, prima di staccarsi dai rami degli alberi, si tingono di straordinari colori. Arancio, rosso, porpora, oro e marrone sono i più frequenti, un’autentica meraviglia per lo sguardo. Passeggiare in mezzo alla natura diventa un’occasione per ammirare le splendide cromie dei boschi. Il foliage ha origine dall’escursione termica tipicamente autunnale. Il divario tra le temperature del giorno e quelle della notte provoca un graduale mutamento nella tonalità delle foglie, ma bisogna considerare che il fogliame è ormai giunto al termine del suo ciclo vitale: la clorofilla comincia a diminuire e il verde viene a poco a poco sostituito dai pigmenti nei toni del rosso, del giallo e dell’arancio dei carotenoidi e degli antociani.

 

 

Buon Equinozio d’Autunno, dunque. Assaporate i deliziosi frutti che la natura ci offre, rappresentati con il simbolo della cornucopia (il corno dell’abbondanza in mano alla dea Fortuna) dall’ iconografia autunnale, bruciate incensi a base di mirra, salvia, pino e petali di rose e degustate vini provenienti dai migliori vigneti in attesa di stappare il vino novello. Bisogna pazientare un po’, ma quando arriverà il gran giorno sarà probabilmente il momento di festeggiare uno dei più amati appuntamenti di stagione: Samhain, altrimenti detto Halloween, che quest’anno cade di martedì e – grazie alla festività di Ognissanti – ci regalerà un bel ponte.

 

 

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Il luogo: Lanzarote, la “isla diferente” dell’arcipelago delle Canarie

 

Il piacere profondo, ineffabile, che è camminare in questi campi deserti e spazzati dal vento, risalire un pendio difficile e guardare dall’alto il paesaggio nero, scorticato, togliersi la camicia per sentire direttamente sulla pelle l’agitarsi furioso dell’aria, e poi capire che non si può fare nient’altro, l’erba secca, rasente al suolo, freme, le nuvole sfiorano per un attimo le cime dei monti e si allontanano verso il mare, e lo spirito entra in una specie di trance, cresce, si dilata, manca poco che scoppi di felicità. Che altro resta, allora, se non piangere?

(José Saramago)

 

L’estate è in dirittura d’arrivo, ma se già vi manca potete raggiungerla in sole cinque ore di volo. La troverete a Lanzarote, l’isola più a nord-est dell’arcipelago delle Canarie (le altre sono Tenerife, Fuerteventura, Gran Canaria, La Palma, La Gomera, El Hierro e Lobos): situata nell’Oceano Atlantico, dista 125 chilometri dall’ Africa e 1000 chilometri dalla Spagna (della quale fa parte in qualità di Comunità Autonoma). La superficie di 806 km2 la rende la quarta, per dimensioni, di tutto l’arcipelago, mentre a livello di popolosità si colloca al terzo posto dopo Tenerife e Gran Canaria. Eppure, Lanzarote ha ben poco in comune con le altre Isole Canarie. Il suo paesaggio avveniristico è spesso stato definito “lunare”: dire “Lanzarote” equivale a dire vulcani, immense distese di lava, spiagge sconfinate di sabbia nera che si alternano a quelle, bianche o color oro, di stampo tropicale. E poi fitti palmeti, rocce futuribili, montagne imponenti affiancate a pianure di terriccio rossastro, le tradizionali case bianche che si stagliano contro l’azzurro del cielo…Tutto intorno, l’oceano diffonde la sua massa acquosa declinata in moltepici sfumature di blu. I segni particolari dell’isola? Una natura spettacolare, un silenzio sospeso e, non ultimo, un clima gradevole 365 giorni all’anno. Il periodo migliore per visitarla è l’autunno, quando il caldo lascia spazio a temperature miti e il vento invernale è ancora lontano.

 

 

Decretata “riserva della biosfera UNESCO”, Lanzarote vanta oltre cento vulcani distribuiti su una superficie di 800 km2: il risultato è uno scenario dai connotati unici, che combina i suoi tratti lunari con un mare trasparente, i cactus e le palme da cocco. A valorizzare al massimo il paesaggio dell’isola è stato l’architetto e artista César Manrique, nativo di Arrecife, che ha creato opere artistiche ad ampio spettro dove la pittura, l’architettura, la scultura, i murales e le installazioni si integrano armoniosamente con il territorio. Su Manrique e la sua opera bisognerebbe scrivere un articolo apposito. La Fondazione a lui intitolata si trova a cinque chilometri da Arrecife, la capitale di Lanzarote, in località Taro de Tahiche.  Nell’ itinerario che ho intenzione di percorrere, il nome del visionario architetto lanzarotegno ricorrerà spesso, e a pieno merito: il grande amore che nutriva nei confronti dell’isola ha generato l’indissolubile connubio tra turismo, natura e arte che la contraddistingue.

 

 

Una curiosità: sapevate che Lanzarote, nonostante la natura vulcanica del suo suolo, abbonda di vigneti dai quali si ricavano famosissimi vini DOC? La varietà è denominata “Malvasia Vulcanica”. Preparatevi a degustarli, se intendete volare nella “isla diferente”: questo è il soprannome che l’isola si è guadagnata grazie ai suoi paesaggi onirici e incontaminati. Plinio Il Vecchio, tra il 77 e il 78 d.C. , nel suo trattato enciclopedico “Naturalis Historia” identificò le Canarie con il mito delle Isole Fortunate, un luogo idilliaco collocato nell’ Oceano Atlantico. Lanzarote viene definita “Purpura Insula”, “isola viola”, poichè l’economia dell’arcipelago si basava sulla produzione di porpora, garum (una salsa di pesce molto amata dai Romani) e sale, mentre a tutte le altre isole Plinio dà un nome: Tenerife è “Ninguaria”, Fuerteventura “Junonia”, Gran Canaria “Canaria”, La Palma “Junonia Major”, La Gomera “Capraria” e El Hierro “Pluvialia”. Il tratto distintivo paesaggistico di Lanzarote è senz’altro costituito dal suo vulcano, il Timanfaya, una delle cosiddette “Montagne del Fuoco” sparse sull’isola. Era il 1 Settembre del 1730 quando la “isla diferente” venne devastata da un tripudio di eruzioni vulcaniche che stravolsero completamente la sua fisionomia. Oggi il Timanfaya è l’unico vulcano rimasto attivo, ma non si verificano eruzioni da molto tempo. Il vulcano dà anche il nome a un grande Parco Nazionale situato nel sud-est di Lanzarote che comprende i comuni di Tinajo e Yaiza: la statua “El Diablo” di César Manrique è diventata il suo emblema.

 

 

Il Parco Nazionale di Timanfaya è dominato da rocce surreali, coni vulcanici e millenarie distese di lava: uno scenario avveniristico e incontaminato avvolto nel silenzio. Ma è un silenzio eloquente: come se la natura stessa tacesse di fronte a tanta meraviglia. Il Parco, che nel 1993 è entrato a far parte della riserva della biosfera UNESCO, vanta una palette cromatica che spazia dall’ocra al nero, dal marrone al ruggine. E’ possibile visitarlo a piedi addentrandosi lungo due percorsi appositi, oppure in autobus, usufruendo di un tour guidato. Tenete presente che l’accesso viene accuratamente monitorato per preservare l’unicità della flora e della fauna dell’area protetta. Se volete provare l’ebbrezza di una visita “diferente” come l’isola, optate per la groppa di un cammello: a poca distanza dall’ ingresso del Parco potete trovare l’ Echadero de Camellos, che vi offrirà l’opportunità di fare un giro in cammello nella zona delle “Montagne del Fuoco”.

 

 

Ma il suolo vulcanico non è di certo un’esclusiva del Parco: lo troverete in ogni angolo di Lanzarote, persino a livello sotterraneo. Un esempio? La Cueva de los Verdes, un luogo d’incanto nelle viscere della terra. La grotta, circondata da un’aura di leggenda, si è formata in seguito alle eruzioni del vulcano della Corona. A partire dal cratere del vulcano, si snoda per 6 km fino all’oceano e si dirama in oltre 16 cunicoli. Esiste anche un tratto sottomarino, il Tunnel dell’Atlantide, lungo circa 1 km e mezzo. Molti secoli orsono, la Cueva rappresentava un rifugio dai continui assalti dei pirati magrebini: i lanzarotegni, per proteggersi, erano soliti nascondersi nei suoi anfratti. La particolarità della grotta sono i colori, un’alternanza mozzafiato di ocra, verde, nero, grigio e rosso che emerge dall’oscurità delineando sbalorditive formazioni rocciose. Inoltrarsi nelle profondità della Cueva de los Verdes è come avventurarsi in un viaggio onirico nel sottosuolo.

 

 

Arte e natura si fondono nel Jameos del Agua, un capolavoro dell’architetto César Manrique. Manrique ha dato vita a una location naturale in cui risaltano un tunnel vulcanico e un laghetto originato da infiltrazioni di acqua marina. La struttura è unica in quanto a bellezza, una sorta di auditorium incastrato in un prezioso scrigno di formazioni geologiche. La grotta, che risale a 3000 anni fa, è stata generata da un flusso di lava. Accanto ad essa, incastonati tra le rocce, emergono un dancefloor e un bar, mentre il laghetto è circondato da un giardino tropicale. Il laghetto, tra l’altro, ospita nelle sue acque un piccolo crostaceo chiamato “jameito”: completamente bianco e privo della vista, questo animale non è rintracciabile in nessun’ altra parte del mondo.

 

 

Un’altra meraviglia sorta ad opera di César Manrique, l’ultima prima che nel 1992 decedesse in un incidente stradale, è il Jardin de Cactus: si tratta di un’immensa piantagione di cactus che comprende 13 famiglie di piante succulente reperite nei cinque continenti del globo. In totale, conta 4500 cactus appartenenti a 450 specie diverse. Il Jardin, calato in una natura selvaggia, è intriso di una suggestività potente: combina il verde intenso dei cactus con il nero della lava vulcanica e il blu del cielo dando vita ad una splendida armonia cromatica.

 

 

Per omaggiare César Manrique è tassativo visitare anche il Castillo de San José ad Arrecife, la Casa-Museo del Campesino nel cuore dell’isola e la sede della Fondazione intitolata all’artista, ubicata a Tahiche nel bel mezzo di un’antica colata lavica. Ad Harìa potrete invece visitare la Casa-Museo César Manrique, l’abitazione dove l’architetto nato ad Arrecife risiedette fino agli ultimi giorni di vita: è una dimora rustica immersa in un rigoglioso palmeto.

 

Un’opera di César Manrique

Un altro luogo emblematico dell’ intervento dell’artista sull’ isola è il Mirador del Rio, una struttura architettonica particolarissima. Si insinua nella roccia a 474 metri di altezza, sulla vetta del Promontorio di Famara, risultando a malapena percettibile; ma al suo interno è sorprendente. Potremmo definirla un belvedere che offre una vista straordinaria sull’ Isola Graciosa. Affacciato sul mare, vanta due vetrate panoramiche che lasciano senza fiato: Manrique le ideò per riprodurre gli occhi del Mirador.

 

 

Arrecife, la capitale di Lanzarote, è un importante centro commerciale e turistico. Conta circa 60.000 abitanti e il suo nome deriva dal termine “arrecifes”, in spagnolo “scogliere”: come quelle a picco sul mare nelle prossimità della città. Ad Arrecife potete fare shopping, acquistando una miriade di prodotti artigianali locali, ma anche ammirare le specificità paesaggistiche del luogo. Le barriere coralline, ad esempio, o le isolette che, in epoche remotissime, vennero plasmate dai flussi di lava. Non mancate di visitare le numerose fortezze che i lanzarotegni edificarono per difendersi dagli assalti dei pirati. La più antica è il Castillo de San Gabriel, situato su un isolotto chiamato Islote e raggiungibile tramite il Puente de las Bolas, uno scenografico ponte levatoio. Il Castillo de San José, invece, risale al XVIII secolo e dal 1975 ospita il MIAC (Museo Internazionale d’Arte Contemporanea) su iniziativa di César Manrique. Una delle maggiori attrazioni turistiche di Arrecife è poi il Charco de San Ginés, una laguna naturale nel cuore della città. Il Charco è circondato dalle case dei pescatori, e sulle sue sponde è possibile acquistare pesce fresco ogni giorno della settimana.

 

 

A Lanzarote anche i villaggi e i piccoli centri sono ricchi di fascino. Il fatto che siano sorti in un territorio tanto particolare li rende ancora più straordinari. All’ interno del Parco Nazionale di Timanfaya, ad esempio, è situato El Golfo, un borgo fronte mare dove ci si può deliziare il palato con squisiti piatti a base di pesce. A Yaiza si insediarono, secoli orsono, i primi abitanti delle Canarie. E’ una cittadina costruita nel tipico stile dell’ isola e collocata proprio nei paraggi delle eruzioni vulcaniche settecentesche del Timanfaya. Teguise è celebre per lo splendore del suo centro storico, un labirinto di vie acciottolate, e per il mercato della domenica che è un’autentica calamita per i turisti e gli autoctoni. Harìa, ribattezzata la “Valle delle Mille Palme”, vanta un tripudio di palmeti che si alternano alle tradizionali casette bianche lanzarotegne.

 

 

E veniamo alle spiagge, uno degli elementi paesaggistici più apprezzati da chi vola a Lanzarote. Puerto del Carmen, sulla costa orientale dell’ isola, è il principale centro turistico e vanta spiagge di ogni tipo, da quelle di sabbia dorata alle baie (come Playa Chica) pervase da sabbia scura di origine vulcanica. Altre spiagge da non perdere? Playa Famara, nel nord-ovest dell’ isola,  che si snoda per 5 km. Attorniata da imponenti scogliere rosate, è ricca di una sabbia finissima color oro. Qui potrete praticare ogni genere di sport acquatico, dato che Famara è abitualmente sferzata dal vento: surf, windsurf e kitesurf sono l’ideale. El Golfo, nel sud di Lanzarote, è stata originata dalle terribili eruzioni vulcaniche del XVIII secolo. E’ una spiaggia di sabbia nera: il mare si insinua negli antichi crateri. Proprio dietro El Golfo, spicca un grande lago verde (reso tale dalle alghe) dove è assolutamente vietato bagnarsi e persino sfiorarne l’acqua. Il Charco de los Clicos, questo il suo nome, è sorto dallo sprofondamento su se stesso di un millenario vulcano. L’acqua marina riversatasi nel suo cratere ha generato il lago, un must-see per i turisti. Charca de la Novia, sulla costa nord, è molto particolare. La sabbia bianca costeggia il mare azzurrissimo per un chilometro, ma le rocce di lava presenti sul posto fanno sì che, con l’alta marea, si creino specchi d’acqua vulcanici del colore della pece e dall’aspetto avveniristico. Situata nel sud di Lanzarote, Playa Papagayo viene considerata una delle più belle dell’isola. Non è molto distante da un’altra celebre spiaggia, Playa Blanca: questo segmento di costa include infatti una serie di calette separate da superbe scogliere entrate a far parte del Parco Naturale Los Ajaches. La sabbia è bianca, il mare turchese. Le scogliere riparano la spiaggia dal vento e le dimensioni ridotte la rendono immune dal turismo di massa; non è un caso che sia molto frequentata dai nudisti. Da Playa Papagayo, data la poca distanza, partono numerose escursioni per il Parco Nazionale di Timanfaya e la catena montuosa di Los Ajaches.

 

 

Foto via Pexels, Piqsels, Unsplash. Foto del Diablo di Timanfaya di César Manrique: Enric, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, da Wikimedia Commons

 

I doni dell’Autunno

 

“In Natura tutto parla, nonostante il suo apparente silenzio.”

(Hazrat Inayat Khan)

 

Uva, fichi, mele, melograni, pere, susine, frutti di bosco, noci, castagne, cachi, zucche…I frutti autunnali che la Natura ci offre sono doni preziosi. Per non parlare della verdura, che include, tra l’altro, i deliziosi funghi che tanto allietano il nostro palato. Viene voglia di immortalare tutti in grande stile, con scatti che rievocano le celebri nature morte caravaggesche. Ma di  “morto” non hanno proprio nulla, anzi: semmai le composizioni, le disposizioni, le collocazioni che li vedono protagonisti esaltano a dovere le loro doti, inneggiano alla vita, riducono l’immobilità ad una sorta di fermo immagine. VALIUM dedicò già lo scorso anno un post (rileggilo qui) allo still life delle colture dei primi mesi freddi, e oggi decide di fare il bis. Anche perchè questo post, a proposito di frutta d’Autunno, avrà un sequel…Stay tuned per scoprire di che si tratta.

 

 

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Dal rosso rame al Cowboy Copper: le sfumature dell’hair color di tendenza della stagione fredda

 

Quali tendenze colore per i capelli dell’Autunno Inverno 2023/24? Sicuramente, tonalità sfumate e tridimensionali ma decise, senza vie di mezzo: il biondo sarà scandinavo, il castano cioccolato fondente, il nero gotico e profondo. E il rosso? La nuance più scenografica in assoluto ha già spadroneggiato sulle passerelle dove sfilavano le collezioni dedicate alla stagione fredda. Trionfa il rosso rame, la gradazione che meglio si accorda con quelle, tipiche, che la natura ci regala in questo periodo dell’ anno: rievoca il rosso del foliage, del cielo che al calar del sole si tinge di cromie intense e spiccatamente aranciate.  Al top in classifica si posizionerà il Cowboy Copper, un rosso ottenuto accendendo di sfumature ramate una base molto scura. E’ un colore lucente, ricco di riflessi che virano al caramello, ma se volete osare vi consiglio di provare un rosso Tiziano luminoso e caldo: la tonalità che il pittore veneto utilizzava per dipingere le chiome delle sue dame, imitatissima dalla popolazione femminile del Rinascimento. Il rosso illumina il viso, si accorda a qualsiasi colore degli occhi ed incarnato (tranne che a quello olivastro). E’ teatrale, sbarazzino, catalizza l’attenzione su di sè…L’ideale per chi ha voglia di cambiare o di voltare pagina. E se volete renderlo ancora più spettacolare, provate a schiarire le punte: aggiungerete degli straordinari bagliori dorati alla vostra chioma.

 

 

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Summer Sunset

 

“Il tramonto che scherma, rivela – intensificando ciò che vediamo. Con minacce d’ametista e fossati di mistero.”
(Emily Dickinson)

E’ il momento più bello delle giornate d’estate: il tramonto, complice la vita all’aria aperta e gli scenari mozzafiato che fanno da sfondo alle vacanze, rappresenta sempre una parentesi ad alto tasso di incanto. Il cielo si tinge di colori intensi, che il mare riflette e rende cangianti. Le onde rallentano il loro moto fino a farlo diventare quasi impercettibile. E’ come se il creato stesso, di fronte a tanta meraviglia, trattenesse il respiro. La natura si arresta in contemplazione di un fenomeno che mantiene intatto il suo fascino sin dagli albori della creazione. Non è un caso che VALIUM dedichi proprio al tramonto la photostory che conclude l’estate metereologica. “Summer Sunset”, tramonto d’estate: pura bellezza immortalata da una serie di scatti ma anche velata allegoria di un’estate ormai giunta al tramonto.

 

 

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Buon Ferragosto

 

“Nessuna vacanza è così stranamente gremita di questa che spopola le città, più chiassosa di questa che rende silenzioso il Tritone a mezzogiorno. Non è una festa, è un incantesimo, una malìa, una fattura. Irretisce le folle, ispira programmi insensati, o immerge in una torva e diffidente sonnolenza.”

(Giorgio Manganelli, da “Improvvisi per macchina da scrivere”)

 

Picnic di Ferragosto. Ma anche barbecue, grigliata, pranzo all’aria aperta…L’importante è festeggiare in mezzo alla natura. Celebrare questa ricorrenza, metà sacra (coincide con l’Assunzione in cielo della Vergine Maria) e metà profana (iniziano il relax, le vacanze tanto agognate), è celebrare l’apogeo dell’estate. Fateci caso: dopo Ferragosto le giornate si accorciano, l’entusiamo comincia a sfumare…alla fine del mese mancano solo due settimane. Non è un caso che il 15 Agosto, per molti, sia uno spartiacque tra il fulgore estivo e i preludi settembrini. Ma oggi non pensiamoci: cogliamo l’attimo, godiamoci questa giornata con il suo sole, il suo caos, i suoi eccessi, la sua afa. Dopotutto, l’estate è folle e spensierata per natura!

 

 

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Ibiza: il fascino ineguagliabile della “Isla Blanca”

 

” Ibiza è pazzesca. La chiamano la Isla Blanca e la leggenda vuole che nessun ibicenco si permetterebbe mai di salutarti senza un sorriso. “
(Antonio Errigo)

 

Fu fondata dai Fenici nel 654 a.C.: la chiamarono Ibossim, era un porto importante nel bel mezzo del Mediterraneo. I Romani e i Greci si incantarono di fronte alle produzioni vinicole, ai giacimenti di marmo e piombo, alle folte pinete locali. Tant’è che furono proprio i Greci a dare a Ibiza e Formentera il nome di “Pitiuse” (dal greco “Pityûssai”, ovvero “ricoperte di pini”). All’epoca Ibiza, la più frizzante tra le isole che compongono l’arcipelago delle Baleari, era nota per la produzione di sale, lana, pesce secco o salato e salsa di pesce. Oggi, dire Ibiza equivale a “vita notturna”, “divertimento”, “clubbing à gogo”. Ma è veramente così? In realtà, la cosiddetta “Isla Blanca” è un’ isola estremamente versatile, dalle molteplici sfaccettature. Vanta un’ ottantina di spiagge di tutti i tipi, dalla più incontaminata alla più prettamente turistica, città pittoresche e intrise di testimonianze storiche, indizi della cultura hippie che incluse Ibiza, a suo tempo, tra le location cult del movimento…La Isla Blanca, soprattutto, sfoggia una natura rigogliosa e paesaggi mozzafiato: cale, baie e insenature si alternano lungo la sua costa frastagliata. I tramonti sono spettacolari, un’autentica attrazione turistica. Celebre è soprattutto il calar del sole che si ammira dalla baia di Sant Antoni, in colori intensi che esplorano tutte le gradazioni del rosso. E poi, certo, ci sono i locali: le discoteche iconiche, i ristoranti affacciati sul mare, i sunset bar, chiringuitos per tutti i gusti…ma ci arriveremo più avanti.

 

 

A Ibiza, innanzitutto, la natura riveste un ruolo molto importante. Il verde la invade: tutto merito del clima mediterraneo, caratterizzato da una flora eterogenea. Oltre alla macchia mediterranea, sull’ isola proliferano gli olivi, i fichi, i mandorli, le carrube, i cactus, le palme da dattero, ogni genere di albero da frutto. Non è un caso che nell’ entroterra siano disseminati agriturismi e tenute agricole in cui alloggiare. Sono sempre molto suggestivi, costruiti nello stile tipico dell’ isola, in linea con i valori eco e bio e all’ insegna dello slow food. A proposito di natura, è tassativa una visita al Parco Naturale di Ses Salines: si estende – per un totale di 14mila ettari – nel sud di Ibiza e comprende l’area nord di Formentera. Il Parco è un inno alla biodiversità del Mediterraneo, include una vasta tipologia di habitat sia terrestri che marini. I suoi fondali, completamente ricoperti della pianta acquatica Posidonia, nel 1999 sono stati decretati Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Anche la fauna del Parco, naturalmente, è molto ricca: le specie di volatili incluse nell’area ammontano ad oltre 210,  tra le quali spiccano le aquile pescatrici e i falchi pellegrini. Il paesaggio spazia dagli stagni alle scogliere rocciose, dalle saline ai rilievi sabbiosi, ma ingloba anche bellissime spiagge ed isolotti: risaltano (per citarne solo alcuni) le spiagge di Sa Caleta e Ses Salines e gli isolotti des Freus e des Penjats.

 

 

“Natura” significa anche “genuinità”, artigianalità, gusto per il “fatto a mano”. Se cercate oggetti e souvenir speciali da portarvi a casa dopo il vostro viaggio, fate un salto al mercatino hippy di Es Canar: l’artigianato è un must in questo luogo iconico dell’ isola. E’ sorto nel 1973, quando l’ Hotel Club Punta Arabì strinse un accordo con gli hippie che avevano invaso Ibiza. I responsabili dell’ Hotel suggerirono loro di vendere ai turisti i prodotti che creavano artigianalmente o che acquistavano in giro per il mondo. La proposta fu accolta con molto entusiasmo, anche perchè all’epoca l’isola non era ancora una meta del turismo di massa. Dalle cinque bancarelle iniziali, il mercatino di Es Canar è passato alle 500 odierne. Se cercate abiti, gioielli, accessori e tutto quanto di più sfizioso possa esistere, delizie gastronomiche e birra artigianale comprese, dovete visitarlo assolutamente. Lo trovate ogni mercoledì da Aprile fino a Ottobre. Alcuni, tuttavia, preferiscono il mercatino hippie di Las Dalias considerandolo meno turistico: è aperto il sabato, ma nel periodo estivo rimane attivo anche di domenica e il lunedì e martedì si svolge in orario serale, dalle 19 all’ una. Las Dalias è fantasioso, variopinto, una gioia per gli occhi. Basti pensare che in estate raduna fino a 20.000 persone. Il mercatino è nato nel 1985 accanto all’ omonimo bar, un locale frequentato da artisti e musicisti di spicco. Nel 2015, le famiglie che lavoravano a Las Dalias erano già 350.

 

 

Mi accorgo di non avervi detto ancora qual è la lingua originaria di Ibiza. Nella “Pitiusa” si parla l’ “ibizenco”, una variante del catalano (diffuso nelle Baleari sotto forma di dialetto, ma diverso in ogni isola). Niente paura, però: lo spagnolo è la lingua ufficiale e l’anima cosmopolita dell’ Isla Blanca fa sì che si comunichi normalmente anche in inglese, tedesco e italiano. Continuando a focalizzarci sulla natura, è d’obbligo citare le principali spiagge. Se amate gli scenari selvaggi, raggiungete Aguas Blancas: è piuttosto nascosta, circondata su tre lati da imponenti scogliere sormontate da una fitta vegetazione. Il mare è cristallino, il fondale roccioso. Chi pratica lo snorkelling, qui trova il suo paradiso. Aguas Blancas è una spiaggia naturista, ma se il nudismo vi fa storcere il naso sappiate che non dovete necessariamente adeguarvi.

 

 

Sa Caleta è una spiaggia molto celebre, contraddistinta da uno straordinario ambiente naturale. La delimitano scogliere dal colore rossiccio e un mare limpido. Posizionate lateralmente alla spiaggia risaltano le pittoresche capanne di legno dei pescatori, mentre al centro, proprio affacciato sul mare, si estende il ristorante di pesce Sa Caleta: un must see imperdibile in tipico stile mediterraneo. Se invece amate Ibiza per il divertimento e le folli nottate che offre, Playa d’en Bossa è la spiaggia che fa per voi. Si presenta come un lunghissimo litorale sabbioso dove ci si può rilassare sugli esotici Bali Beach Beds a baldacchino o prendere il sole full time. Chi ama gli sport acquatici può praticarli tutti (o quasi) in attesa della movida serale: i chiringuitos e i beach bar si moltiplicano, come le feste in spiaggia,  e i più iconici club della nightlife sono a un passo di distanza. Qualche nome dei locali più in? Il famosissimo Pacha, l’Amnesia (indimenticabili i suoi schiuma-party), l’Ushuaia, l’Hi e, last but not least, l’esclusivo beach club Blue Marlin Ibiza fondato dall’ italiano Mattia Ulivieri.

 

 

La spiaggia di Ses Salines appartiene al Parco Naturale di Ses Salines ed ha tratti quasi tropicali: inserita in un panorama mozzafiato, esibisce una sabbia di un bianco abbagliante e un mare terso. Dietro la spiaggia è situato un fitto bosco di conifere.

 

 

Vediamo ora quali sono i centri abitati più interessanti da visitare a Ibiza. Eivissa, la capitale, concentra in sè i due volti principali dell’isola: la scatenata vita notturna e la storia, gli scorci panoramici, la suggestività. Marina Botafoch e Ibiza Nueva sono i due porti turistici dove stazionano gli yacht dei Vip. Le star che approdano a Ibiza provengono da tutto il mondo e la maestosità dei loro yacht (in certi casi simili a castelli galleggianti) lascia sbalorditi. In queste zone della città, ovviamente, si susseguono i ristoranti stellati, le boutique dei grandi marchi, caffè e bar di assoluto prestigio. E’ qui che trovate il Casinò, ma anche locali e club ultra-luxury come il Lìo, il Club Chinois, il Pacha e il Blue Marlin.

 

 

Dalt Vila (ossia “città più alta”) è invece il centro storico di Eivissa, una splendida testimonianza dei popoli e delle culture che nei secoli si sono avvicendati sull’ isola: dai fenici ai romani, dai cartaginesi agli arabi e  ai catalani. Dalt Vila è arroccata su un monte. Uno dei suoi segni distintivi è rappresentato dalle mura difensive che nel Rinascimento fecero costruire re Carlo I e Filippo II di Spagna per proteggerla dagli attachi dei francesi e degli ottomani. La città alta consta di un labirinto di viuzze tortuose e acciottolate che rivela vedute panoramiche di rara bellezza: il percorso in salita è ricco di bastioni e ampie terrazze da cui godersi la visuale. Al centro storico si accede tramite una porta cittadina posta alla fine di un ponte levatoio in pietra. Il Portal de Ses Taules permette di raggiungere Plaza de Vila,  la piazza principale di Eivissa; da lì è possibile inoltrarsi nell’ intreccio di stradine che progettò Giovan Battista Calvi. Dalt Vila non manca di ristoranti iper suggestivi: tra i suoi bastioni e nei luoghi panoramici si cena a lume di candela, godendo della splendida vista del Mediterraneo, seduti su enormi cuscini posizionati sui gradini acciottolati…Non perdetevi la Cattedrale di Nuestra Senora de las Nieves, la Chiesa del Hospitalet, il Castello Almudaina e il Museo d’Arte Contemporanea, famoso a livello mondiale.

 

 

Sant Antoni de Portmany è una città tipicamente turistica, meta delle orde di giovani che approdano a Ibiza in cerca di una scatenata vita notturna. La denominazione “Portmany” proviene dal latino “Portus Magnus”: un riferimento alla baia del luogo, che fungeva da grande porto naturale. Nata come villaggio di pescatori, negli anni ’50 la città ha iniziato a popolarsi di hotel e resort di ogni tipo. Chi cerca la movida la trova qui, ma a Sant Antoni si può ammirare anche il più bel tramonto dell’ isola. Basta raggiungere il Sunset Strip, percorrendo il lungomare a partire dal porto: in questa zona si trovano locali notissimi come il Cafè del Mar, il Mambo, il Savannah, detti appunto “sunset cafés”. Ci si siede a sorseggiare tranquillamente un cocktail contemplando il sole che cala con le note dei ritmi di tendenza in sottofondo. A Sant Antoni, straripante di beach bar e club, si tengono inoltre i “boat party” più belli di sempre: feste in barca  organizzate rigorosamente al tramonto (e quando, sennò?).

 

 

Santa Eularia des Riu evidenzia uno scenario agli antipodi da Sant Antoni: è una città tranquilla, immersa nella natura, contraddistinta dalle tipiche abitazioni bianche ibizenche. Il lungomare è punteggiato da palme da datteri, nel centro urbano proliferano gallerie d’arte, eleganti boutique e ristoranti di grido. A Santa Eularia, infatti, potete gustare tutte le prelibatezze enogastronomiche dell’ isola. Nei paraggi della città, dove scorre l’unico fiume di Ibiza (chiamato proprio Santa Eularia des Riu), non mancate di visitare l’area dei caratteristici mulini.

 

 

Sant Josep de Sa Talaia, a circa 15 km da Eivissa, si trova a sud dell’isola ed è collocato ai piedi della montagna più alta di Ibiza, Sa Talaia appunto. Dal punto di vista architettonico, Sant Josep è rimasto lo stesso d’un tempo: le case sono bianche, edificate nel tradizionale stile ibizenco, abbondano le chiese e le torri difensive del 1600 e 1700. Le spiagge che circondano la città sono numerosissime, tutte baie deliziose e molto frequentate; Sant Josep, inoltre, è situato di fronte a una serie di isolotti tra cui il celebre Es Vedrà. Il centro urbano prolifera di negozi, ristoranti, bar, pizzerie, boutique, ma lo stile di vita è a misura d’uomo. Impossibile non visitare gli importanti i siti archeologici nei dintorni, l’insediamento fenicio di Sa Caleta e quello punico-romano di Ses Paises; da visitare tassativamente sono anche la grotta naturale di Cova Santa e il Puig de Missa, una collina da dove si gode il panorama più spettacolare di Sant Josep. Sulla cima della collina, affacciata su una valle in cui scorre il fiume Santa Eularia, è situata un’imponente chiesa seicentesca dichiarata Bene di Interesse Culturale. Accanto alla chiesa sorge il Museo Etnografico di Ibiza.

 

 

Voglio concludere le segnalazioni relative ai luoghi con un posto magico, l’isolotto di Es Vedrà. Svettante sul mare con la sua altezza di 380 metri, quest’isola rocciosa è posizionata di fronte alla spiaggia di Cala d’Hort (sulla costa sud-ovest di Ibiza). Le leggende che circondano Es Vedrà sono innumerevoli: c’è chi dice che la abitino le Ninfe del Mare, altri affermano che sia popolata dalle Sirene. Secondo alcuni sarebbe addirittura un residuo di Atlantide, il leggendario impero sommerso. Ma una cosa è certa. Pare che, nei suoi paraggi, i radar e le bussole magnetiche impazziscano rendendo impossibile la navigazione. Durante il tramonto, Es Vedrà si ammanta di un alone di puro incanto. Per ammirarla alla perfezione, è consigliabile osservarla da una delle torri difensive di Sant Josep de Sa Talaia: la Torre de Savinar.

 

 

Un finale all’ insegna dell’ happy hour per celebrare la vagheggiatissima Isla Blanca. Ecco alcune bevande tipiche che vi consiglio assolutamente di provare!  Le hierbas ibicencas vantano una tradizione bicentenaria e si ottengono mixando l’alcol con delle erbe aromatiche all’anice. Di solito, nei ristoranti offrono un chupito di hierbas a conclusione del pasto. Il tinto de verano è una sorta di sangria priva di frutta: viene preparata combinando il vino rosso con la gassosa, e si serve con molto ghiaccio. La frigola è un liquore al timo dal colore aranciato. E’ tassativo rinfrescarlo con del ghiaccio abbondante. Se poi cercate qualcosa da accompagnare al vino, optate per un pintxo ibicenco: è un delizioso stuzzichino realizzato, ad esempio, con dei gamberi all’aglio infilzati in un bastoncino e serviti su una fetta di pane.

 

 

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Le Idriadi, Ninfe delle Acque

 

“Udite, selve, mie dolce parole, |poi che la ninfa mia udir non vuole. | Ben si cura l’armento del pastore: | la ninfa non si cura dell’amante, | la bella ninfa che di sasso ha ‘l core, | anzi di ferro, anzi l’ha di diamante. | Ella fugge da me sempre davante | com’agnella dal lupo fuggir suole.“ —

(Angelo Poliziano)

 

Gli antichi Greci le consideravano divinità della natura: le ninfe (da “nymphē”, “fanciulla”, in greco antico) regnavano su tutti gli elementi naturali e sugli elementi antropici, come le città o determinate aree geografiche. Della natura erano parte integrante; ne rappresentavano la straordinaria potenza, i cicli, la meraviglia da osservare con eterno stupore. Il termine “eterno” non è un caso, poichè le ninfe erano immortali. Venivano descritte come giovani donne di bell’ aspetto, perennemente insidiate dai satiri e corteggiate da eroi e personaggi leggendari. L’immagine che meglio spiega la loro essenza le vede intente in incantevoli danze e canti sulle note dell’ ammaliante flauto di Pan: una melodia che si insinuava nel silenzio della natura primigenia. Legate ad Artemide, la dea della foresta e della caccia, ma anche della luna, del pudore e della purezza femminile, le ninfe si suddividevano in gruppi a seconda degli elementi naturali a cui erano associate. Le Ninfe della Terra erano dette Epigee, ripartite a loro volta in numerosi sottogruppi. Tra esse spiccano le Oreadi (ninfe delle montagne e delle alture), le Napee (ninfe delle valli e dei prati rigogliosi), le Alseidi (ninfe dei boschi e appartenenti al corteo silvestre di Artemide), le Agrostine (ninfe dei campi, indispensabili per il sostentamento degli uomini), e poi ancora le Amadriadi (ninfe degli alberi che risiedevano nella loro corteccia), le Epimelidi (ninfe protettrici delle greggi), le Driadi (ninfe immortali che abitavano all’interno delle querce) e moltissime altre ancora.

 

 

Le Ninfe delle Acque, dette Idriadi, comprendevano i sottogruppi delle Oceanine (ninfe dei fiumi e degli abissi marini), delle Nereidi (ninfe del mare), delle Naiadi (ninfe delle sorgenti), delle Potamidi (ninfe dei fiumi) e delle Eleadi (ninfe delle paludi), solo per citarne alcune. Tra le Ninfe Celesti, le Ninfe dell’Aria, figuravano le Pleiadi (figlie di Atlante e Peione), le Iadi (ninfe associate alle stelle, ai boschi, alla pioggia e alle paludi), le Esperidi (ninfe custodi del Giardino delle Esperidi, collocato in un misterioso luogo all’ estremo ovest del pianeta), le Nefele (ninfe delle nubi). Le Ninfe del Fuoco, dette Eliadi, si presentavano sotto forma di pioppi pervasi da gocce di ambra dorata, un emblema delle lacrime che versarono per la morte del loro fratello Fetonte. Esistevano poi molte altre tipologie di ninfe, impossibile menzionarle tutte. In onore di queste divinità della natura si effettuavano sacrifici animali, ma più frequentemente si offrivano ad esse prodotti genuini e frutti del raccolto. La mitologia greca attribuisce alla figura della ninfa una connotazione altamente positiva: è bellissima, indossa vesti fluttuanti e impalpabili, ha la chioma tempestata di fiori. Protegge la natura e coloro che la amano, propizia la fecondità della terra. Il suo canto melodioso riecheggia ovunque, creando un’ atmosfera idillica. La ninfa mantiene un rapporto inscindibile con le acque a prescindere dal proprio gruppo di appartenenza. Anche per questo ho deciso di concentrarmi sulle Idriadi, di cui faceva parte la celebre ninfa Calipso che Omero cita nell’ Odissea.

 

 

Ninfe delle Acque, le Idriadi abitano i mari, i laghi, i fiumi, le fonti, gli stagni e le sorgenti. Le Oceanine (ninfe delle acque correnti) vantano l’origine più antica: sono nate da due Titani, Oceano e Teti, emblemi delle acque universali, e da esse ha avuto origine ogni fiume che solca il globo terrestre. Stige è la primogenita; presiede al rio infernale che garantisce l’ immortalità. Lì viene immerso Achille, anche se il tallone dal quale lo sorreggono non può bagnarsi e diverrà il suo punto debole. Stige è una ninfa autorevole e veneratissima, gli dei giurano in suo nome e chi non la rispetta va incontro a terribili sciagure. Calipso, che nell’ Odissea di Omero vive in una grotta sull’ isola di Ogigia, si innamora perdutamente di Ulisse e lo trattiene per sette anni a Ogigia contro la sua volontà. Perseide vanta una discendenza di figure mitologiche femminili come la maga Circe, Pasifae (madre del Minotauro) e Medea. Doride, un’altra figlia di Oceano e Teti, si accompagna a Nereo (il dio del mare calmo) e dà alla luce cinquanta Nereidi, le ninfe del mare, che hanno il compito – tra l’altro – di proteggere i marinai. Tra queste ricordiamo Galatea, della quale si innamora il gigante Polifemo, e Anfitrite, che si unisce in matrimonio con il dio del mare Poseidone.

 

 

Nell’ Andromaca, Euripide colloca le Nereidi nelle mitiche “Isole dei Beati”, un luogo fatato che i sapienti, nel corso dei secoli, hanno identificato con l’arcipelago delle Canarie. Le Naiadi, ninfe delle sorgenti di acqua dolce, sono state generate da Zeus e dimorano in svariati luoghi. Le Pegee, ad esempio, abitano le sorgenti sgorgate nei meandri del sottosuolo, mentre le Potamidi risiedono nei fiumi. Le Limniadi, invece, sono rintracciabili negli angusti e misteriosi stagni. Una leggenda molto suggestiva riguarda le Sirene: nate Ninfe di Terra, quando Persefone viene rapita dal re degli Inferi decidono di cercarla anche nelle acque. Assumono quindi un aspetto completamente diverso; sulle loro spalle spuntano le ali e si tramutano per sempre in creature marine. Il canto ammaliante delle Sirene incanta i marinai, ma non riesce a sedurre nè OrfeoUlisse. Ila, l’amante guerriero di Eracle, non ha la stessa fortuna dei due eroi mitologici: durante lo straordinario viaggio con gli Argonauti, mentre va a rifornirsi d’acqua su un’isola, individua una fonte dove si stanno bagnando tre ninfe (Eunica, Malide e Nicea). Le ninfe si innamorano immediatamente di lui, lo rapiscono e lo costringono a vivere con loro nelle profondità delle acque. Eracle va in cerca di Ila, ma inutilmente: non lo ritroverà mai più.

 

 

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Afa di luglio, il canto che non varia

 

Afa di luglio. Il canto che non varia

delle cicale; il ciel tutto turchino;

intorno a me, nel gran prato supino,

due fili d’erba immobili nell’aria.

Un sopor dolce, una straordinaria

calma m’allenta i muscoli. Persino

dimentico di vivere. Mi chino

coi labbri ad una bocca immaginaria…

E sento come divenute enormi

le membra. Nel torpore che lo lega,

mi pare che il mio corpo si trasformi.

Forse in macigno. Rido. Poi mi butto

bocconi. Nell’immensa afa s’annega

con me la mia miseria, il mondo, tutto.

Camillo Sbarbaro

(dalla raccolta “Resine”, Caimo, Genova 1911)

 

Luglio è anche uguale a caldo torrido, bollore, afa. L’aria si fa densa, sembra quasi galleggiare nell’atmosfera. Niente si muove, non tira un alito di vento. Cerchiamo refrigerio senza trovarlo, neppure nella natura. Anzi: il meteo di oggi prevede 40 gradi all’ombra, provate a immaginare quali temperature avremo sotto il sole. Il caldo smisurato è sempre annientante. Non è benefico per la salute, toglie le forze, impigrisce. E soprattutto ci toglie il piacere di godere dell’aria aperta, uno dei vantaggi più osannati dell’estate. Accantonando le escursioni ad alta quota o le ore trascorse a mollo in piscina o in riva al mare, l’unica ancora di salvezza che ci rimane è ricorrere al benessere artificiale: aria condizionata più o meno a palla per mantenerci tonici, pimpanti, immuni dagli effetti deleteri dell’afa. Ci ritroviamo così a rincorrere le oasi del fresco su misura proprio nella stagione in cui la natura trionfa e la sensorialità raggiunge il suo apice…Ma non abbiamo altra scelta. L’importante è continuare ad apprezzare le meraviglie che il nostro pianeta ci regala e l’autenticità della sua bellezza. Dando il nostro contributo, naturalmente, affinchè i cambiamenti climatici non continuino ad alterare il flusso e le peculiarità delle stagioni.

 

 

Un abito bianco, il cielo di Giugno, la natura

 

“Il bianco è un mondo così alto rispetto a noi che quasi non ne avvertiamo il suono, è un nulla prima dell’origine.”
(Vassili Kandinsky)

 

Un abito bianco, le sfumature incredibili del cielo di Giugno, i colori straordinari della natura nei giorni che precedono il Solstizio d’Estate. Il bianco sprigiona luminosità, risalta in qualsiasi scenario, fa tabula rasa del passato e simbolizza la rinascita associata alla bella stagione. E’ questo il tema della photostory che oggi vi propongo. Il bianco come un foglio tutto da riempire, per voltar pagina ed iniziare a scrivere un nuovo capitolo.

 

(Foto via Pexels e Unsplash)