La leggenda di Santa Lucia: il 13 Dicembre del folklore

 

 

Santa Lucia diffondeva la luce dei suoi occhi sulla lunga notte del solstizio.
(Martirologio Romano)

 

Arriva Santa Lucia, la Santa della luce: una delle ricorrenze più importanti del periodo dell’Avvento. VALIUM ha sempre trattato questa festa approfonditamente, evidenziandone vari aspetti a partire dalle celebrazioni organizzate in Svezia (rileggi qui l’articolo). Oggi, invece, rimarremo in Italia e ci concentreremo sulla Lucia del folklore. Perchè la Santa, in certe zone del nostro Paese, è una sorta di precorritrice di Babbo Natale. Ma come nasce questa usanza? Le sue origini si radicano in una leggenda. Santa Lucia, dopo la sua morte, viveva una vita tranquilla nei paesaggi idilliaci del Paradiso. Da San Pietro e gli altri Santi venne accolta con tutti gli onori, fece subito molte amicizie. Però, a poco a poco, la sua serenità iniziale si tramutò in tristezza. Quando San Pietro le chiese quale fosse il problema, Lucia rispose che il pensiero dei bambini che vivevano sulla Terra, in particolare i più bisognosi, le dava tanta malinconia. Allora San Pietro le donò una chiave dorata e le disse che, aprendo una porticina, avrebbe potuto vedere tutti i bambini del mondo. Ma dopo averli guardati per un po’, Lucia scoppiò a piangere: sulla Terra c’erano troppi bambini affamati, che pativano il freddo e non avevano giocattoli con cui giocare. San Pietro, quindi, le diede un’altra chiave e le indicò una nuova porta da aprire. Quando la Santa la spalancò, vide un vero e proprio cumulo di giocattoli, dolciumi, coperte e caldi cappotti. San Pietro le spiegò che appartenevano a dei bambini ricchi e capricciosi: dopo un po’, si erano stancati di quei regali e se ne erano sbarazzati. Aggiunse poi che Lucia avrebbe potuto portare tutto ai bambini poveri, ma aveva a disposizione solo quella notte. Lei accettò con gioia, tuttavia raccogliere la roba accumulata nella stanza non era un compito semplice; San Pietro chiamò dunque Castaldo, un giovanotto robusto che aiutò la Santa di buon grado. Ben presto, il carretto di legno che San Pietro si era procurato si riempì di doni. Lucia era pronta, rimaneva da cercare chi avrebbe trainato il carretto. Insieme a Castaldo e a San Pietro, così, sondò gli animali suoi amici. Ma quando chiese se qualcuno di loro era disposto ad aiutarla, ricevette solo risposte negative. Il gatto disse che l’avrebbe aiutata volentieri, ma era troppo piccolo e gli era impossibile trainare il carretto; il cane che era il miglior amico dell’uomo e doveva rimanere al suo fianco, il bue che era troppo lento, il cavallo che il carretto pesava troppo…Lucia, disperata, si mise a piangere. Il tempo a sua disposizione si sarebbe esaurito velocemente e i bambini poveri avrebbero continuato a patire il freddo carichi di tristezza. Improvvisamente, però, si udì un lungo raglio: era arrivato un asinello, che dichiarandosi forte e veloce si offrì di trainare il carretto ricolmo di doni. Lucia ne fu felicissima, lo abbracciò e prese a battere le mani. Da allora, nella notte tra il 12 e il 13 Dicembre, Santa Lucia, Castaldo e l’asinello tornano ogni anno a portare regali ai bimbi buoni.

 

 

La tradizione di Santa Lucia portatrice di doni è diffusa in molte regioni e province dell’ Italia settentrionale: la ritroviamo in Trentino, a Udine e nella sua provincia; in Lombardia Santa Lucia si festeggia nelle province di Brescia, Bergamo, Lodi, Cremona e Mantova, mentre in Veneto il carretto della Santa “arriva” a Verona e nell’area Sud-Ovest della regione. In Emilia Romagna, invece, sono coinvolte le province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia. Secondo il folklore popolare, la sera del 12 Dicembre Lucia scende dal cielo vestita interamente di bianco, un chiaro emblema di luminosità (non dimentichiamo che, in questo periodo dell’anno, gli antichi popoli celebravano il graduale ritorno della luce). Il carretto ricolmo di doni viene trainato dall’asinello e accanto alla Santa c’è Castaldo, che l’aiuta nella consegna dei regali. L’usanza vuole che sul portone di casa o sul davanzale si lascino biscotti e vin santo per Lucia e fieno e carote, oppure latte, per l’asinello, un animale generoso e umile che aiuta l’uomo nei lavori più pesanti. Quando il carretto percorre le vie dei paesi, Santa Lucia suona un campanellino d’argento: in quel momento i bambini devono essere tutti a letto, altrimenti non riceveranno alcun dono. E a chi non dorme, o rimane sveglio per vederla entrare nella propria casa, la Santa lancerà cenere negli occhi per impedirgli di scorgerla e dimenticarla nel caso l’abbia vista. La conditio sine qua non per ricevere i regali, insomma, è essere un “bravo bambino”. E i bravi bambini vanno a letto presto, ma soprattutto non cercano di spiare il passaggio di Santa Lucia.

 

 

Anche perchè ai bambini che si comportano male, la Santa consegna del carbone anzichè i regali: un dettaglio che rievoca la figura della Befana. C’è un altro particolare importante, legato alla tradizione. La stesura, cioè, di una lettera dove i bambini scrivono l’elenco dei doni che vorrebbero ricevere, con la promessa di tenere, in cambio, un comportamento impeccabile in qualsiasi circostanza. La lettera (che ricorda quelle scritte a Babbo Natale) viene affiancata agli omaggi per la Santa e l’asinello la sera del 12 Dicembre. La mattina dopo, i bambini potranno ammirare i propri doni in tutta la loro magnificenza.

 

 

Le tradizioni che variano di zona in zona mirano a tener viva la leggenda di Santa Lucia, e la onorano in diversi modi. In provincia di Cremona, ad esempio, i bimbi preparano personalmente i biscotti che offrono alla Santa: si mettono al lavoro nel pomeriggio per averli già pronti per la sera. La “strozega”, invece, è una parata che i bambini effettuano in Trentino e nell’area del Garda; mentre avanzano, trascinano una corda a cui sono legati svariati barattoli di latta: un modo per farsi udire da Santa Lucia, che non può vederli essendo priva degli occhi. Questa sfilata viene organizzata ogni 12 Dicembre. Non mancano, poi, le fiere e i mercatini intitolati alla Santa. A Verona, dal 10 al 13 Dicembre si tiene una fiera composta da oltre 300 bancarelle: i Banchetti di Santa Lucia. Tra prodotti dolciari, tipicità gastronomiche, decorazioni natalizie e artigianato locale non mancano le caratteristiche  “frolle” di Santa Lucia, dei biscotti a base di farina, burro e zucchero a forma di stella, albero di Natale, cuore e così via. La sera del 12, tutta la famiglia è coinvolta dall’arrivo della Santa: dopo cena, ognuno mette a tavola un piatto vuoto cosicchè, durante la notte, Lucia lo possa riempire di dolciumi. Anche a Bergamo è in programma un mercatino, dove i profumi e i sapori del Natale danno vita a un appuntamento irrinunciabile; secondo la tradizione, inoltre, i bambini consegnano le loro lettere a Santa Lucia nella chiesa che le è stata dedicata. In molti paesi della provincia di Bergamo, la Santa distribuisce i suoi doni in piazza: i bambini, per riceverli, si riuniscono proprio lì. Questo tipo di evento è generalmente organizzato dai vari Comuni. Com’è ovvio, è impossibile citare qui tutte le iniziative dedicate alla festa del 13 Dicembre; ciò che conta, è cogliere il significato atavico insito nelle celebrazioni di Santa Lucia: la luce che trionfa, seppure impercettibilmente, sul buio; il bene che trionfa sul male. Perchè il giorno che segue alla cosiddetta “notte più lunga dell’anno” assume una profonda valenza simbolica. Da qui l’importanza rivestita dalle candele, emblemi di luminosità per eccellenza insieme alle fiaccole e i falò che si accendono, non a caso, durante il Solstizio d’Inverno.

 

 

Illustrazione di copertina di Jenny Nyström, immagini via Pixabay

 

Il vin brulé, la bevanda del Natale e dell’Inverno

 

E’ il protagonista principale di ogni mercatino natalizio: il vin brulé, la famosissima bevanda calda a base di vino rosso, zucchero e spezie, riscalda e  promuove piacevoli pause all’insegna dell’euforia e della convivialità. Potremmo definirlo il drink più gettonato dell’Avvento, quando il freddo si fa intenso e nasce il desiderio di “sintonizzare” l’anima e il corpo con la magica atmosfera del periodo. Il nome “vin brulé”, in francese, significa letteralmente “vino bruciato”; per le sue caratteristiche, questa bevanda dapprima si diffuse nei più gelidi paesi europei. In seguito, l’usanza di bere il cosiddetto vino cotto si è estesa a livello mondiale. Le origini del vin brulé si perdono nella notte dei tempi. Pare che la sua ricetta sia stata elaborata nella Grecia antica; è ad essa che i romani si ispirarono per la preparazione di una bevanda a base di vino caldo, zafferano e miele che battezzarono conditum paradoxum. Alcune testimonianze su questo drink ci sono pervenute grazie a Marco Gavio Apicio, gastronomo e scrittore vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.: nel suo libro di ricette “De Re Coquinaria”, Apicio descrive la bevanda come un delizioso mix di vino caldo, spezie – tra cui risalta il pepe – e miele in abbondanza. Nell’antica Roma, la conditum paradoxum si soleva bere dopo i pasti per favorire la digestione.

 

 

 

L’ abitudine di consumare vini speziati coinvolse anche il Medioevo; all’epoca trionfava l’Ippocrasso, un vino fermentato aromatizzato con spezie e dolcificato con miele. Successivamente, il vino cotto divenne un must nelle zone flagellate dal clima rigido, come le Alpi, l’Italia Settentrionale e i paesi del Nord Europa. Con il passar del tempo, il vin brulé è andato affermandosi come bevanda invernale per eccellenza. Il suo consumo prosegue a tutt’oggi, e ogni stato o regione ha rigorosamente mantenuto la ricetta del vin brulé locale. Generalmente, infatti, per prepararlo si utilizza il vino rosso riscaldato dolcificato con zucchero e aromatizzato con spezie quali la cannella, i chiodi di garofano, l’anice stellato e la noce grattugiata. Per intensificare il sapore del composto si aggiungono fette o scorze di agrumi (arance, limoni o mandarini) e mele. A seconda delle zone, tuttavia, esistono molteplici varianti della ricetta.

 

 

Mentre in quasi tutta la Germania, ad esempio, il vin brulé è esclusivamente a base di vino rosso, in Austria e nel Nord Italia viene utilizzato anche il vino bianco. Nel Bel Paese si registrano differenze persino da regione a regione: in Veneto si chiama “vinbruè” e si prepara sostituendo il vino con lo Chardonnay o il Pinot bianco; per aromatizzarlo si opta per la mela, la cannella e i chiodi di garofano. Consumare “vinbruè” è una tradizione associata al “panevin”, le sere antecedenti all’Epifania, quando nel Nord-Est si usa accendere grandi falò propiziatori. In Romagna, e in particolare a Faenza, il vin brulé è il “bisò”: si realizza con del Sangiovese quasi bollente e si beve durante la “Nott de bisò”, all’imbrunire del 5 Gennaio. Il nome “bisò” pare derivare dall’ espressione “biì sò”, “bevete, su!” in dialetto romagnolo, ma altre teorie rimandano a “Bischoff”, in tedesco “cardinale”, alludendo alla specifica tonalità di rosso (rosso cardinale, appunto) del vino cotto.

 

 

Tra i paesi europei in cui il vin brulé viene consumato regolarmente troviamo la Germania (dove prende il nome di Glühwein), il Regno Unito (in cui è stato battezzato mulled wine), la Francia (patria del vin chaud) e la Scandinavia: in Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia si chiama glögg ed è, tra l’altro, la bevanda tradizionale del giorno di Santa Lucia. Per affrontare il grande freddo, agli ingredienti classici del vin brulé sono stati aggiunti vodka e rum, cannella in abbondanza, zenzero, cardamomo, uva passa e mandorle pelate.

 

 

Ma qual è, esattamente, la gradazione alcolica del vin brulé? Con ovvie differenze determinate dal vino di base, rientra tra gli 11 e i 14 gradi. C’è da considerare, però, che l’etanolo evapora se sottoposto a temperature maggiori di 80°C; l’alcolicità della bevanda, inoltre, presenta variazioni legate sia al tempo che al modo di cottura. Va valutato poi un altro aspetto, parlando di questa bevanda natalizia: il suo effetto benefico. Il vin brulé vanta buone proprietà disinfettanti, corroboranti e riscalda istantaneamente il corpo. I chiodi di garofano possiedono virtù antibatteriche, mentre i tannini del vino hanno il potere di contrastare i virus; la scorza d’arancia è antibatterica, ricca di vitamina C e come tutti gli agrumi contiene esperidina, un potente antiossidante, e pectina, che protegge l’apparato gastrointestinale e facilita la digestione. Il vino cotto, insomma, è un efficace concentrato di proprietà salutari. Non è un caso che venga utilizzato persino per combattere i malanni stagionali!

 

 

 

1 Luglio

 

Non sederti ad aspettare. Esci, senti la vita. Tocca il sole e immergiti nel mare.
(Gialal al-Din Rumi)

 

C’è un segmento di percorso, lungo la linea ferroviaria che collega Ancona con il Nord Italia, dove sembra che il treno sfrecci direttamente sopra il mare. Guardi attraverso il finestrino e vedi solo un’immensa massa d’acqua dello stesso colore del cielo. Potremmo immortalare quell’immagine, assurgendola ad emblema di Luglio: un mese che coniuga perfettamente il tema del viaggio con la sconfinata vastità del mare. Luglio per me è questo, insieme a molti altri fotogrammi ancora. Le stoppie che ardevano nei campi, per esempio, il cui odore di bruciato ci assaliva nottetempo mentre con i miei, quando ero piccola, ci accingevamo a raggiungere la località costiera dove andavamo in villeggiatura. Oppure le luci intermittenti delle lucciole che volavano nel nostro giardinetto. Oppure, ancora, il lungomare percorso instancabilmente alle nove di sera, quando la luna faceva capolino nel cielo del crepuscolo, insieme all’ amica del cuore: mai potrò dimenticare quel tragitto dell’adolescenza, le pazze risate, i primi approcci con il sesso opposto. A Luglio cominciano i mesi vacanzieri, quelli della spensieratezza, che per me sono sempre stati “fronte mare”. Il caos agostano è distante, le mete turistiche sono vivibilissime e permettono un relax ancora immune dalla baraonda estiva. Abbiamo tutto il tempo di formulare i nostri “buoni propositi” (perchè è così che funziona) e organizzarci affinchè a Settembre diventino reali…Luglio, il settimo mese dell’ anno per il calendario gregoriano, dura 31 giorni. Nell’antica Roma era dedicato a Giulio Cesare (nato il 12 o il 13 del mese), da cui prende il nome. Per il calendario romano di Romolo era “Quintilis”, “cinque” in latino, poichè rappresentava il quinto mese dell’anno. Quando Cesare morì, Marco Antonio volle omaggiarlo intitolandogli il suo mese di nascita: “Quintilis” divenne così “Iulius”, l’attuale Luglio. Ed è proprio da Iulius che derivano le varianti neolatine e germaniche “Julio” (in spagnolo), “Juillet” (in francese), “July” (in inglese) e “Juli” (in tedesco). Non esistono particolari ricorrenze italiche legate al mese di Luglio. A livello internazionale, invece, si ricordano l’Indipendence Day, festeggiato il 4 Luglio negli Stati Uniti d’America, la commemorazione della presa della Bastiglia che i francesi celebrano il 14 Luglio, e il primo sbarco sulla luna risalente al 20 Luglio del 1969. Il colore di Luglio è il bianco, un tripudio di luminosità, la pietra il rubino, simbolo di lunga vita. I segni zodiacali che dominano questo mese sono il Cancro (22 Giugno-22 Luglio) e il Leone (23 Luglio-23 Agosto).

 

 

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