“Elisir”, il nuovo reading show di musica e poesia della Contessa Pinina Garavaglia e Dj Panda trasmesso in FM da Radio Studio Più

 

Gennaio, come ho già scritto, è il mese dei buoni propositi e dei nuovi progetti. E la Contessa Pinina Garavaglia, insieme al fido DJ Panda, sono l’esempio vivente di questo assioma. Insieme hanno appena lanciato “Elisir”, un nuovo programma radiofonico trasmesso, ogni primo venerdì del mese (ma eccezionalmente il secondo, ovvero il 12 Gennaio, in occasione dell’inizio del 2024), da Radio Studio Più, una radio che è possibile ascoltare in FM oltre che via web. L’orario? Mezzanotte, naturalmente: l’ora fatata in cui si aprono i cancelli del magico universo della Contessa. “Elisir”, che ha come sottotitolo “Infusion Power” e di questo format rappresenta l’evoluzione, è un reading show performativo che unisce musica e poesia. Il programma è stato ideato dalla Contessa Pinina Garavaglia in persona, autrice anche dei versi che recita live con il soundtrack creato da Dj Panda, all’anagrafe Ermanno Mainardi, producer di grande esperienza musicale e creativa. E’ d’obbligo aggiungere che i versi della Contessa sono tratti, nessuno escluso, dal suo libro “Per sempre giovani. Poesie viventi. Sonetti attraenti”, pubblicato esattamente un anno orsono per i tipi di Zacinto Edizioni. “Elisir”, come recita il comunicato stampa, è “la ricerca di un’unione in consonanza creativa di musica e versi shakerati in una metaforica pozione tonico-energetica per ballare, pensare, ricrearsi ed evadere nel “multiverso” della musica dance elettronica di tendenza nelle sue varie modulazioni techno.” Il radio show di poesia e musica proposto dal consolidato duo Garavaglia-Dj Panda si rivolge a un target eclettico, ageless e trasversale. Per saperne di più, ho voluto porre qualche domanda ai diretti interessati. Prima di lasciare spazio alla doppia intervista, vi ricordo che la prossima puntata di “Elisir” verrà trasmessa su Radio Studio Più (95,5 MHz e, via web, www.studiopiu.net) venerdì 12 Gennaio a mezzanotte in punto. Stay tuned!

 

 

QUATTRO CHIACCHIERE CON LA CONTESSA PININA GARAVAGLIA

 

 

Come presenteresti “Elisir” ai lettori di VALIUM?        

“Elisir” potrebbe essere definito, metaforicamente, il nettare musicale e poetico necessario ad introdurre nella magia di una notte fatata. Un iter extrasensoriale concepito per pensare, ballare e sognare. Io lo immagino anche intriso di sensualità: nel suo divenire lo paragonerei ai preliminari, allo svolgersi e all’apice di un rapporto sessuale, un crescendo che subito dopo lascia spazio a un senso di appagamento romantico. Tutto questo viene raccontato in musica e versi che ci trascinano in una sorta di viaggio nei meandri della nostra sensibilità di ascolto. Questo programma è unico, una sfida. Non è un semplice radio show, bensì un’innovazione, una narrazione che assume sembianze diverse per ogni singolo ascoltatore. Può diventare un’immagine, un’azione, essere utilizzato come sottofondo di qualsiasi cosa desideriate fare: ballare, sognare, amare…volare. “Elisir” ha la durata di un’ora e richiede un ascolto impegnativo, le parole non devono sfuggire e la musica deve penetrare. Prima ho parlato di “sfida”, perché lo considero tale: è particolare, una novità, e piacerà a un tipo di pubblico in sintonia con la sua formula inedita, ricreativa e riferita alla club culture. L’importante è che l’impronta del programma sia dinamica, assolutamente non intellettualistica, impreziosita da una punta di glamour che strizza l’occhio alla nightlife.

Il programma viene trasmesso da Radio Studio Più, una radio che trasmette anche in FM. E’ un traguardo importante nell’era del web: cosa pensi al riguardo?

Radio Studio Più è una top radio ed in grande espansione, offre una reale panoramica della musica internazionale attuale, quella dei grandi dj e producer che contano…Quelli della musica elettronica, dei Festival, per intenderci, che nel mondo radunano milioni di persone e che sono il vero trend della Glob Culture musicale che fa da base al nostro esclusivo radio show performativo. Posso asserire che il suo effervescente editore Claudio Tozzo è un vero esperto di ogni settore musicale, quello Pop compreso…l’eclettismo di qualità della sua radio è sicuramente vincente!

Con quale spirito affronti questa nuova avventura?

Sicuramente con uno spirito di innovazione soprattutto nell’abbracciare quello che è il mood internazionale, pur parlando in italiano perché i miei versi sono in italiano. Ma nonostante questo la cifra del nostro radio show è cosmopolita, perché l’italiano – anche secondo un sondaggio – risulta una lingua che piace molto, essendo così dolce e musicale. Ultimamente sta avendo una grossa spinta anche a livello di fruizione, tant’è vero che, proprio il 6 Dicembre scorso, il canto lirico italiano è stato dichiarato Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’Unesco. Quindi, se all’inizio il fatto che recitassi i miei versi in italiano poteva sembrare un handicap, oggi direi che li dota di un valore aggiunto; anche perché la nostra lingua viene studiata in un numero sempre maggiore di paesi…Declamerò i miei versi sempre ed esclusivamente in italiano pur dedicandomi all’inglese in qualche occasione, ad esempio la citazione di Samuel Beckett che riporto nell’incipit del libro “Per sempre giovani”: “Dance first. Think later. It’s the natural order” (“Prima balla poi pensa, è l’ordine naturale delle cose”).

I progetti che porti avanti, di qualunque tipo essi siano, emanano sempre un profondo senso di magia. Da dove nasce questa tua dote?

Cerco sempre di individuare una via di fuga dalla mera realtà, che come esseri umani ci obbliga a sottostare a determinati concetti: la cognizione del tempo, ad esempio. La magia per me è un groove, un modo di evadere, ma sempre con una tendenza al bello e all’epica…a tutto ciò che può esaltare i nostri cinque sensi. E’ una bellezza che ricrea e trasmette un senso di fascino fiabesco, permette di distaccarsi dalla negatività inesorabile dell’esistenza e di cercare rifugio in qualcosa che vada al di là, anche nel soprannaturale volendo.

La tua collaborazione con Dj Panda prosegue ininterrotta, potreste ormai essere considerati un duo inscindibile. Su quali elementi si basa la vostra intesa?         

Prima di tutto, il fatto che lui sia imperturbabile ben si concilia con la mia tendenza allo “Sturm und Drang”, tant’è vero che definisco me stessa un forno e Panda un freezer. Alla fine, tutto sommato, facciamo parte della stessa cucina! La nostra è un’alchimia misteriosa, inspiegabile; sviscerarla sarebbe riduttivo. Direi che Panda ha colto appieno il mio senso poetico, in più riesce a trasmettermi un’emozione che è sempre rimasta quella degli esordi. Il rischio in agguato per tutti i performer, quando esibirsi diventa un lavoro, è che l’entusiasmo iniziale si tramuti in routine. Ma in una situazione simile io perdo l’ispirazione! Non potrei mai concepire di fare un programma senza emozione, e al riguardo io e Panda siamo in perfetta sintonia. A livello caratteriale sono abbastanza impulsiva, per cui se lui fa delle scelte che non condivido arrivo anche ad essere “tempesta e impeto”.  Poi magari mi pento, vengo a più miti consigli, ma lui non si scompone. I nostri gusti, invece, sia sotto l’aspetto estetico che musicale, sono identici. Le differenze tra noi sono temperamentali: io sono enfatica, mi infiammo, lui è sempre impassibile. Lo definirei una roccia! Però siamo riusciti a trovare un compromesso; quando gli dò dei suggerimenti li segue, mentre io cerco di tenere a freno la mia irruenza.

Quali sono i criteri con cui scegli di volta in volta i versi destinati ad “Elisir”?

Scelgo i versi che conducono più facilmente a un’emozione, a un desiderio di evasione e di riflessione poetica vera e propria. Molti poeti utilizzano i loro versi per mandare dei messaggi impegnativi, più che impegnati. Io, invece, cerco sempre di donare uno stimolo ricreativo che offra spunto per un’evasione sia in se stessi che al di là di se stessi, un’evasione che dia anche degli input. Un’evasione creativa ed evocativa al tempo stesso, che evochi emozioni, sensazioni…Che distacchi da tutto ciò che divide e possa essere fautrice di un piacere universale. Dj Panda si serve della sua sensibilità e creatività per “tradurre” in musica i miei versi. Non avrei mai fatto una trasmissione incentrata solo sulla poesia perché credo nella trasversalità delle arti, nella loro comunione. Tutto questo, oltre a donare un valore aggiunto, va in direzione del teatro, perché il teatro è quel luogo ricreativo dove puoi unire la musica, la poesia, la scenografia, la recitazione, il ballo…Il teatro è un luogo universale. Quindi potrei dire che in questo spazio radiofonico cerco di fondere e potenziare una comunicazione performativa d’arte con la mia creazione musicale e la creazione di regia, in quanto Panda interpreta musicalmente i miei versi. Lui durante il programma inserisce brani che ha firmato ma non solo, per cui fa il doppio lavoro di dj e producer; come un pittore utilizza una tavolozza e dà un’immagine ai miei versi, ideando una musica che connota momenti altamente emozionanti.

Il nuovo anno è appena iniziato. Che cosa auguri ai nostri lettori?

Tuffiamoci nell’onda del tempo e che propizia ci culli anche quando c’è vento. E’ un augurio che faccio a tutti ed è molto importante, lo ripeterò anche durante la puntata del 12 Gennaio. Per me l’arte dev’essere assolutamente trasversale e universale, portata a tutti. Anche quella più concettuale, perché non si può mai sapere da chi verrà recepita; per qualcuno potrebbe essere uno spunto per migliorare la propria esistenza. La musica, l’arte e la poesia vanno al di là del tempo, delle religioni e delle ideologie politiche di ogni epoca. La politica divide, l’arte unisce.

 

A TU PER TU CON DJ PANDA

 

 

Come presenteresti “Elisir” ai lettori di VALIUM?

“Elisir” è un connubio di musica e poesia, che con il loro intreccio creano grande pathos ed energia.

Il programma viene trasmesso da Radio Studio Più, una radio che trasmette anche in FM. E’ un traguardo importante nell’era del web: cosa pensi al riguardo?

Essere approdati nuovamente all’FM dà sicuramente grande credibilità e solidità al programma, grazie a un pubblico più trasversale e non per forza settoriale come quello della radio web.

La tua collaborazione con la Contessa Pinina Garavaglia prosegue ininterrotta, potreste ormai essere considerati un duo inscindibile. Su quali elementi si basa la vostra intesa?

Sicuramente la grande professionalità di entrambi e l’esperienza che abbiamo accumulato in questi anni trainano questo progetto che sta raccogliendo molti consensi in più ambienti, non solo nel mondo delle discoteche ma anche in teatro grazie soprattutto alla Contessa Poetessa.

Con quali criteri imposti, di volta in volta, la scaletta di “Elisir”?

Ogni volta viene fatta una selezione diversa, con la quale si crea un connubio legato ai versi che propone la Contessa. I brani spesso si sposano perfettamente con il significato della sua poesia.

Ai versi della Contessa fa da sottofondo una techno trance epica dal ritmo mozzafiato. Qual è il punto di forza di questo genere che regna incontrastato nei club da oltre trent’anni?

La longevità della techno/trance è perlopiù da attribuire alle basi cariche di energia e alla melodia. Le persone percepiscono da questa musica la carica emotiva dandone poi sfogo nei vari club, nei più blasonati festival oppure nelle proprie auto.

Il nuovo anno è appena iniziato. Che cosa auguri ai nostri lettori?

Gli auguri più sinceri a tutti voi che ci state leggendo per un 2024 all’insegna della semplicità ma non della banalità. Cit. Contessa Pinina Garavaglia!

 

 

“Per Sempre Giovani”: la Contessa Pinina Garavaglia lancia un live book crossmediale con la soundtrack di Dj Panda

 

Oggi ho il piacere, oltre che l’onore, di darvi una news del tutto speciale: è uscito ” Per Sempre Giovani – Poesie Viventi, Sonetti Attraenti”, il primo, travolgente live book della Contessa Pinina Garavaglia. Dove per “live book” si intende un volume multimediale, con tanto di soundtrack che ci accompagna lungo le sue 145 pagine. A firmare la suddetta soundtrack, una bomba in puro stile techno, è Ermanno Mainardi alias Dj Panda, un nome prestigioso nell’ ambito del clubbing: chi segue l’Infusion Power radiofonico della Contessa lo conosce bene, dato che i due collaborano al format ormai da tempo. Zacinto Edizioni, il marchio che il gruppo Biblion Edizioni dedica alla poesia, alla narrativa e ai testi teatrali votati alla crossmedialità, ha appena pubblicato questo eccezionale libro di “Poesie Viventi e Sonetti Attraenti”, un progetto innovativo (è il primo volume di poesie con sottofondo musicale mai stampato in Italia) presentato il 14 Gennaio scorso presso La Cavallerizza del Teatro Litta di Milano. Inutile dire che l’evento si sia avvalso di relatori di tutto rispetto: un gran cerimoniere del calibro di Mario Mattia Giorgetti, attore, regista e direttore di Sipario oltre che mentore della Contessa, e Roberto Vaio, curatore d’arte e speaker radiofonico. Ed è sempre Roberto Vaio a curare l’ introduzione del live book, addentrandoci sapientemente nel magico universo dei 104 componimenti in versi che racchiude.

 

La Contessa Pinina Garavaglia in un magnifico scatto del fotografo Donato Veneri

Per ascoltare la soundtrack è sufficiente inquadrare con lo smartphone il codice QR all’inizio di ogni capitolo; apparirà immediatamente il link al brano che verrà riprodotto in streaming. Si inizia con una ouverture-manifesto esaltata dal sottofondo impetuoso e ritmatissimo di Dj Panda, “In My Dimension”: “Non è mai troppo tardi per amare la burrasca del mare, per ballare con il tempo, per tuffarsi nel firmamento”, declama Pinina. “E’ una sorpresa travolgente, che può essere sconvolgente, ma che dà forza al cuore e libera la mente”…I versi sono ripetuti per ben tre volte, dando vita a un’atmosfera ipnotica e anticipando il mood trascinante, ad alto tasso di fascinazione e magnetismo, che fa da fil rouge all’ intero libro. Seguono le quattro sezioni che compongono il volume, “Nightlife”, “Wonderland”, “Celebrity Friends” e “Sonetti Attraenti”, ognuna contraddistinta da una colonna sonora con cui pulsa in perfetta armonia: “Overstate”, “Gold Dark”, “Sinless” e “Tensing” sono i titoli delle tracce musicali che le accompagnano. Conclude l’ opera una serie di foto della Contessa, con tanto di credits relativi ai designer che firmano le meravigliose creazioni di modisteria che indossa (Federico Caruso, che fu assistente di Franco Zeffirelli, Arrigo Sartoria Teatrale, Charmante Folie e Adriana Hot Couture hanno ideato per lei dei copricapo iconici, assolutamente straordinari); le immagini vengono magnificate a dovere dal sound di “Hartal”. “Per Sempre Giovani” non è soltanto un libro, è un piccolo capolavoro di arte sperimentale che combina musica e poesia. Per Pinina Garavaglia, spirito eclettico da sempre votato alla contaminazione, rappresenta una pietra miliare del suo percorso in bilico tra poesia e musica techno, teatro e body art. E’ un nuovo strumento di comunicazione artistica in cui i versi, immaginifici, adempiono a una precisa funzione: l’ evasione, la reazione e la ricreazione, una triade per Pinina quasi sacra. La soundtrack creata da Dj Panda convive mirabilmente con le poesie contenute nel volume; musica e versi si compenetrano, si sublimano a vicenda, raggiungono una simbiosi ideale. E se, come diceva Einstein, “Il tempo è un’illusione”, si evince che il concetto sintetizzato nel titolo racchiude una potente verità. Vogliamo essere così, “Per Sempre Giovani“: in questo live book la Contessa ci svela gli ingredienti del suo portentoso elisir di eterna giovinezza.

 

La ouverture mozzafiato di “Per Sempre Giovani”

 

Quali argomenti trattano, dunque, le poesie di “Per Sempre Giovani”? Complessivamente, potremmo definirle un’ escursione a tutto tondo nell’ essenza di Pinina Garavaglia. I titoli delle quattro sezioni del libro, in tal senso, sono significativi e rappresentano le più salienti sfaccettature dell’ anima poliedrica della Contessa. “Nightlife” corrisponde al primo capitolo. “Overstate”, la soundtrack delle poesie che include, esplode in un ritmo prorompente. Con queste incalzanti note in sottofondo ci addentriamo nel mondo fatato della notte, uno “scrigno prezioso” (come viene definito nel titolo di una lirica), uno “spazio di fuga/ di riposo di gioia/d’oblio e d’esaltazione/un luogo d’arte e genio/di vivida passione”(da “Lo Spettacolo è uno Scrigno Prezioso”). La Nightlife è un’altra dimensione, un regno parallelo dove la magia predomina e l’ impossibile si fa possibile. Laddove l’acqua balla con il fuoco e il sole si bacia con la luna, aleggia un alone potentemente onirico. La Dea Notte porta con sè colori cangianti, onde danzanti, scintillio di diamanti, e anima corpi altrimenti condannati a vegetare nella “pietraia umana”. La fiaba si insinua frequentemente, in questo universo alimentato da un’ “energia cosmica turbosensibile”: a una Fata Morgana che risplende di luce si affiancano “re d’oro e regine argentine/gialli scudieri e rossi cavalieri/candide fate e specchi incantati/verdi folletti e draghi infuocati” (da “I Ribelli”). Mezzanotte è l'”ora fatata” in cui si aprono i cancelli della “Notte liberata”, ma l’ oscurità, oltre all’aspetto sognante, mostra le sue molteplici sfaccettature. Nel buio si accendono sprazzi di pura realtà, come quando la Morte esplode in una risata sguaiata mentre la macchina sfreccia sull’asfalto (“Velocità”), l’alba sorge improvvisa e spezza l’incantesimo del chiar di luna (“Aurora in Fuori Orario”) o l’Autogrill, da mera area di ristoro, si tramuta in un’oasi “di delirio caramellato” dove le creature della notte approdano per rifocillarsi (“Autogrill”). Al Reame caleidoscopico della Nightlife, però, non può accedere chiunque. L’ingresso è precluso all’ “uomo-robot” di metallo e ruggine, a chi confonde il vivere con il sopravvivere, alle “formiche” stakanoviste incastrate nel meccanismo brutale della propria esistenza.

 

 

La sezione “Wonderland” abbandona le ambientazioni notturne per trasferirsi nella vita quotidiana. Ma non è esattamente un “Paese delle Meraviglie“, quello descritto da Pinina Garavaglia. Nelle sue liriche, la Contessa esplora il mondo circostante con sguardo disincantato e spesso critico, avvalendosi di metafore fantasmagoriche per esprimere il suo disgusto nei confronti di determinate tipologie di individui, fenomeni di costume e situazioni. Qualche esempio? La trash TV, le verità truccate, l’umana ipocrisia, le convenzioni, la banalità e l’invasione spudorata della privacy, un’attività oggi molto praticata. Il disprezzo di Pinina si esprime tramite versi che trasudano irriverenza e non di rado ironia. Basti pensare alla conclusione della “Favoletta delle donnine col sedere turchino o della privacy”, dove le api, morbosamente spiate dai personaggi citati nel titolo, “difendono con ardore la loro intimità/muoiono a frotte/preferiscono cadere/però a tutte le donnine han fatto viola il sedere.” Oppure alla poesia “Ladri”, che esordisce con “La bestia umana spia/l’occhio trapassa il bronzeo portone/che sbarra la segreta tua dimensione”. “Il tuo intimo castello”, scrive la Contessa, “non cede all’ invasione (…) ogni cosa si può violare/ma i tuoi pensieri liberi/nessuno può rubare.” Ai sentimenti di avversione, però, si alternano squarci di positività: in “Ibiza Therapy”, la isla blanca diviene un’ “isola fatata” che “cura e depura”, ne “La Festa Miracolosa” “l’arcano dono del Supremo Amore” sconfigge il Tempo, la Ragione e la Convenzione, ne “Il cammino” il Tempo è invece un’ ombra che nel suo eterno avanzare fa riaffiorare il ricordo “di un Natale remoto di stelle d’oro”…A fare da soundtrack alla sezione “Wonderland” è “Gold Dark” di Dj Panda, un brano che riflette anche nel titolo l’ ambivalenza dei temi esplorati.

 

La Contessa Pinina Garavaglia e DjPanda alla presentazione di “Per Sempre Giovani”

“Celebrity Friends” è un capitolo interamente dedicato ad alcune celebrità che, per un motivo o per l’altro, sono entrate nella vita di Pinina Garavaglia. La Contessa dedica liriche ai personaggi famosi che l’hanno colpita, affascinata, che in lei hanno lasciato un segno. I VIP in questione sono il grande violinista Uto Ughi, l’indimenticabile Gianni Versace, la Pantera del Pop Grace Jones, il fotografo Giovanni Gastel, l’attrice Piera Degli Esposti, la danzatrice Maria Cumani Quasimodo (moglie di Salvatore Quasimodo), il direttore d’orchestra Antonino Votto, il padre della Pop Art Andy Warhol, la scrittrice e traduttrice Fernanda Pivano e il principe Egon von Fürstenberg. I versi di “Celebrity Friends” si integrano alla perfezione con l’ esplosivo sottofondo di “Sinless” creato da Dj Panda.

 

Pinina Garavaglia declama i suoi versi alla Cavallerizza del Teatro Litta

“Sonetti Attraenti”, la quarta sezione del libro, si apre con le martellanti note di “Tensing”. In questo capitolo le poesie si tramutano in ciò che la Contessa chiama i suoi “Sonetti”, sebbene sia una definizione non dettata da criteri di tecnica compositiva. Un paragone a bruciapelo potrebbe avvicinarli agli Haiku giapponesi, ma anche in tal caso a prescindere dalla loro struttura metrica: la similitudine risiede solo nella brevità dei componimenti e nella concentrazione, in poche righe, di versi di forte impatto.  L’ aggettivo “attraenti” incluso nel titolo non poteva essere più pregnante. Sono sonetti magnetici, evocativi, immaginifici, che conquistano all’ istante. Utilizzando un altro termine per descriverli, li definirei “accattivanti”; certamente, non nel senso di confezionati ad uso e consumo del gradimento del lettore. I versi spaziano tra temi come i dubbi, il tempo, la tradizione, la seduttività, la passione, la vanità del cuore. Inneggiano a stagioni inebrianti quali l’estate e la primavera e a fasi chiave della giornata, ovvero il crepuscolo e l’aurora, inondandole di pathos. L’ amore, tuttavia, è l’argomento predominante. Il modo in cui si rapporta ad esso ci rivela molto della Contessa, focalizzando l’attenzione su un aspetto che in pochi conoscono e fornendo nuovi indizi nella complessa percezione della sua persona. “Bevi l’acqua dell’amore/alla fonte della Vita/ma il tuo cuore si disseta/solamente se è pulita…”, scrive Pinina Garavaglia in “Sete d’amore”. E poi, in “Amanti di fumo”: “Attenzione all’ ingannevole fiamma/all’ involucro attraente di niente/alla potenza della parola vana/impressa nella gioia presente/che in un attimo è passata/ e fuggente…” L’utilizzo dei puntini di sospensione a conclusione dei sonetti è onnipresente, quasi a suggerire una possibile molteplicità interpretativa. Oppure, allo scopo di esaltare il lato misterioso che ogni Sonetto concentra in sè. E’ una delle loro peculiarità, uno dei motivi per cui risultano potentemente “attraenti”: quei puntini di sospensione costituiscono una sorta di monito, hanno il potere di tramutare i versi in frasi sibilline. Come avviene in “Il Tempo Disperso”, dove la Contessa recita: “Chi guarda il paesaggio/e solo un deserto vede/ha fermato i suoi passi/senza miraggio più non procede./Se cerchi una vetta/non scalare colline…” Giuseppe Ungaretti, d’altronde, dichiarava che “la poesia è poesia quando porta con sé un segreto”. E in tutti i sonetti di Pinina Garavaglia questo segreto viene splendidamente celato: il mistero non è altro che il baluginante alone che esso sprigiona.

 

Nightlife: la Contessa e DjPanda si esibiscono in una discoteca di Milano

Approfondire la colonna sonora di “Per Sempre Giovani” è fondamentale. Ermanno Mainardi alias Dj Panda è entusiasta del live book, che definisce “pionieristico” perché mai prima d’ora poesia e musica si erano unite in un volume. Per Panda si tratta di un progetto “visionario e brillante”: “visionario” in quanto attinge al passato – le origini della poesia si perdono nella notte dei tempi – per proiettarsi nel futuro, “brillante” perché, a partire dalla ouverture, il libro ti coinvolge, ti trascina incessantemente lungo tutte le sue pagine. Le tracce sembrano composte ad hoc per fare da sottofondo ai versi della Contessa, ma in realtà sono nate diversi anni fa. “Quando Pinina mi ha chiesto di occuparmi della soundtrack del libro, le ho risposto che molti pezzi del mio archivio sarebbero stati ottimi in tal senso. Lei ha ascoltato quelli che a me sembravano più adatti e se ne è subito innamorata. Ne ha selezionati alcuni e devo dire che, incredibilmente, quei brani risultavano in perfetta sintonia con i suoi versi. Tra musica e poesia si è instaurata una sinergia immediata, e così è avvenuto anche per i titoli delle tracce. Abbiamo mantenuto quelli originari perché, per pura coincidenza, corrispondono ai temi delle quattro sezioni. L’unico titolo che ha subito un cambiamento è stato “My Dimension”, che è diventato “In My Dimension” alludendo all’ universo di Pinina.

 

 

Nel progetto, nato quasi casualmente, Dj Panda ha creduto sin dall’ inizio. Gli è bastato constatare le forti emozioni che suscitava in lui il “montare” versi su un sottofondo musicale: passo dopo passo, come per magia, la soundtrack e le liriche andavano fondendosi in un connubio eccezionale. “La musica dà movimento alla poesia di Pinina, la eleva”, spiega Ermanno, e prosegue: “C’è musicalità nel declamare della Contessa. Sembra rivolgersi al mondo della notte persino quando è il silenzio a fare da sfondo ai suoi versi: per questo le liriche che compone prendono vita in totale sintonia con le note.” Mainardi si augura che “Per Sempre Giovani” possa inaugurare un nuovo modo di fruire della musica, associandola a mondi completamente diversi come, in questo caso, quello della poesia. “Un primo riscontro l’ho avuto alla presentazione del libro, dove il pubblico era più che trasversale. La contaminazione ti porta ad ampliare la tua visuale, le arti si arricchiscono a vicenda: ognuna è una porta aperta su un nuovo universo che sei invogliato ad esplorare.”

 

Uno scatto della presentazione del libro a Milano

Bisogna aggiungere che il libro della Contessa è uno strumento polifunzionale. Musica e versi convivono alla perfezione, ma possono vivere anche separatamente.  La soundtrack, ad esempio, potrebbe essere il sottofondo ideale per una serata o un evento, mentre le poesie non stonerebbero fondendosi con altre realtà. Chiedo a Dj Panda quali iniziative ha in programma, di qui in avanti, insieme a Pinina Garavaglia. “Sicuramente proseguiremo con i progetti radiofonici legati all’ Infusion Power”, risponde, “e nel frattempo ci occuperemo della promozione del live book. Tra Milano, Torino e Bologna si stanno già concretizzando alcune situazioni. Dovremo presentarlo anche a Roma, ma al momento non abbiamo date ben precise: stiamo definendo il da farsi proprio in questi giorni.” Potete tenervi aggiornati sul calendario delle presentazioni consultando il profilo FB della Contessa Pinina Garavaglia (cliccate sul nome per collegarvi al link).

 

La Contessa e Dj Panda: la gioia negli occhi per un progetto pienamente riuscito

 

 

“Linee di confine”: Gasoldo esce con un singolo bomba contro la violenza sulle donne

 

“Un altro pestone non va via da sotto l’occhio/e le ferite dentro non le mascheri col trucco./La pioggia è di veleno sotto questo cielo muto/nessuno ha visto niente ed oggi è un altro giorno di lutto./Si raccontano favole nella realtà distorta/quel figlio di puttana non lo sa che giaci morta./Quattro colpi in canna dietro quella maledetta porta…” Inizia così il nuovo singolo di Gasoldo, “Linee di confine”, ed ascoltando questi versi, vi giuro, sono riuscita a trattenere a stento le lacrime. Il tema su cui è incentrato il brano è chiaro: la violenza nei confronti delle donne, un argomento di recente sviscerato anche in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne celebrata il 25 Novembre scorso. Le statistiche, in effetti, sono allarmanti. Nel nostro paese, una ricerca dell’ ISTAT ha evidenziato che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una violenza fisica o sessuale, e che ben il 62,7% degli stupri viene compiuto dal compagno di vita della vittima. In base a un report della Polizia Criminale, i  273 omicidi commessi tra il 1 Gennaio e il 20 Novembre 2022 includono 109 femminicidi. In ambito familiare o di coppia, nello stesso periodo, hanno trovato la morte 88 donne e 52 di esse sono state uccise dal proprio partner o da un uomo con cui avevano avuto una relazione. Le percentuali, purtroppo, sono in continua crescita: è un’ escalation di violenza che mette i brividi, a cui spesso si aggiunge l’abuso emotivo.

 

 

Gasoldo, che un anno fa ho incontrato in concomitanza dell’ uscita di “Io e te per sempre”, un singolo inneggiante all’amore in tutte le sue sfaccettature, esplora ora il lato oscuro della vita di coppia. E lo fa con la maestria che lo contraddistingue nel catturare le emozioni per tradurle in musica, nel creare atmosfere grondanti di pathos tramite un sapiente intreccio di note e versi in rima. A poco tempo di distanza dalla Giornata Internazionale per l’ eliminazione della violenza contro le donne, giorno in cui “Linee di confine” ha visto la luce, incontro il “poeta del rap” per approfondire le caratteristiche del suo nuovo brano e del video che lo accompagna.

Perchè la scelta del titolo “Linee di confine”?

Il titolo nasce a canzone finita ed è quello che rispecchiava di più tutto il testo nella sua essenza. Nella mia testa la linea di confine è quella che ci separa da qualcosa di “conosciuto”, ma ancora ignoto. Invece le linee di confine sono quelle che separano il rispetto, la gentilezza e i gesti d’amore dai soprusi, da un folle abuso, dall’arroganza, dalla cattiveria che sfocia rabbiosa e infligge dolore. Ci sono linee di confine che non si devono sorpassare perché si può finire in una terra di nessuno dove non esistono né leggi né regole, ma solo odio, tristezza e dolore.  Nel testo si capisce molto facilmente: “la realtà ti spara contro linee di confine” (che qualcuno in questo momento non può sorpassare)…”tutto quello che ho bisogno è toglierti quella corona di spine” (tutto quello che desidero ora è toglierti il dolore che stai provando ed alleviarlo). Però sai, io posso descrivere il mio intento ma è anche bello lasciare spazio ad un’ interpretazione personale. Perché è possibile che ognuno possa “sentire” il testo della canzone in maniera diversa ed è giusto che sia così.

Come nasce l’ispirazione al tema della violenza sulle donne?

C’era bisogno di farlo. C’è bisogno di parlare dell’argomento. Il brano è nel nostro grembo creativo da qualche tempo ed è sicuramente un mix di sensazioni, rabbia ed emozioni. È stato scritto velocemente e direttamente sulla magnifica base del mio socio producer Andrea Bonato (Bitinjuice). Il testo è venuto fuori quasi “naturalmente”, mentre scrivevo le rime sgorgavano con facilità straordinaria. È un testo molto musicale nonostante sia fortemente impegnato socialmente, perché in Italia (e non parliamo del resto del mondo, che è pure peggio) questo tema viene assolutamente snobbato. Si sta affrontando ma senza alcuna convinzione, quasi che non esistesse o sia esistito solo durante il lockdown. Ci si dimentica in fretta. Ma tutti sappiamo benissimo che non è così. Sappiamo benissimo, per esempio, che in Spagna delle violenze fra le mura domestiche se ne parla già da molto tempo ed è una vera piaga sociale. Sappiamo benissimo che la violenza in tutte le sue forme è vomitevole, aberrante, vigliacca. Figuriamoci la violenza sulle donne, le adolescenti o le bambine. Bisogna avere il coraggio di intervenire se si sentono delle grida disperate di aiuto. C’è bisogno di fare una telefonata e non di alzare il volume della TV per non sentirle. La TV e i suoi burattini che fanno finta di parlare del tema. Mi ha fatto molto piacere il commento in privato di Abby, che ti riporto perché rende molto bene l’idea del problema: “La canzone racchiude l’essenza e parla di più di tutti quelli che vanno in TV a dire stop alla violenza, grazie”. Cioè se ne parla qualche giorno prima, il giorno stesso, poi l’argomento si dimentica fino all’anno successivo, fino alla prossima vittima. Nella canzone ci sono molti messaggi, uno di questi è quello di non perdere la speranza. Non bisogna certo perdersi d’animo, e provare ogni giorno a realizzare i propri sogni finché ci siamo e finché c’è la forza per farlo. “Sognerò” fino all’ultimo respiro. Finché ci sarò sognerò e nessuno può né deve privarmi di questa libertà. Proviamoci nonostante le insidie, nonostante le difficoltà.

 

Gasoldo, al secolo Leopoldo Ulivieri

Dedichi questo brano a una donna in particolare, oltre che naturalmente a tutte le vittime di violenza e femminicidio? Esiste, tra i tanti, un caso che ti ha colpito in modo particolare?

Lo dedico a tutte le anime delle donne, delle adolescenti e delle bambine che hanno subito ingiustizie e violenze, a tutte quelle che hanno subito abusi e a tutte le loro famiglie, che devono convivere con questo dolore perpetuo. Io sono ancora sconvolto dal caso di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, figurati! Sparite nel nulla negli anni Ottanta…Troppi fatti di cronaca nera, è la violenza in generale che mi fa ribrezzo ed è quella che andrebbe sradicata dall’essere umano senza se e senza ma. Purtroppo la realtà è ben diversa e lo vediamo ogni giorno. La quotidianità è pregna d’odio, insulta, deride, ridicolizza, bullizza. Si cerca di non fare distinzione di sesso, ma alla fine credo che la maggioranza che subisce appartenga nettamente al sesso femminile. La mia dedica va a tutte queste anime.

Chi ha firmato la regia del video di “Linee di confine”?

La regia è curata da me in collaborazione con Charmante folie, che ha creato anche il bellissimo costume e la corona della Madonna che si vedono nel video. E’ stata sempre Charmante folie ad ideare la magnifica e significativa cover della traccia, di ispirazione vagamente lachapelliana. La Madonna che vediamo in copertina è stata realizzata da un artista spagnolo, Francisco Romero Zafra.

 

Il “Wall of Dolls” di Jo Squillo

Potresti dirci qualcosa sul “Wall of Dolls” immortalato nella clip?

Il muro delle bambole si trova a Milano, in via De Amicis. Wall of Dolls – il Muro delle Bambole è stato ideato da Jo Squillo quando nel 2013 ebbe l’idea di creare un’installazione da condividere con vari artisti e stilisti, ed è diventato nel tempo un simbolo contro il femminicidio e la violenza sulle donne. Grande idea! Oltre al muro delle bambole nel video si vede il ponte in Ortica, sempre a Milano, con il progetto Scarpette Rosse: scarpette rosse e targhe commemorative dedicate alle vittime di violenze durante il lockdown, un’ iniziativa curata dall’associazione Or.Me.

 

La cover di “Linee di confine”, che Charmante Folie ha realizzato avvalendosi dell’immagine di un’opera dell’artista spagnolo Francisco Romero Zafra

Cosa rappresenta la Madonna dal manto celeste che vediamo nelle ultime sequenze?

La Madonna della cover è una Madonna Addolorata, nel video invece il manto celeste rappresenta la spiritualità, la libertà, il cielo e l’aldilà, nonché l’annientamento del male ed il passaggio verso quella vita serena che non di è certo stata questa terrena. Simbologia. Misticismo. Paura dell’ignoto. Il passaggio dalle tribolazioni dell’esistenza verso il celeste cielo in cui tutte le anime sofferenti si spera possano finalmente trovare pace.

 

La Madonna dal manto celeste della clip

Il video si conclude mostrando un particolare gesto della mano: qual è il suo significato?

Il video inizia con il segnale di aiuto e finisce con lo stesso segno che tutti dovrebbero conoscere. È un messaggio semplice, che può salvare la vita e quindi magari evitare tutta la tribola del video e di questa canzone. È un segnale facile da ricordare, che ha salvato già molte donne dalla violenza domestica durante il lockdown. Grazie a questo gesto, in America una sedicenne è scampata a un rapimento. Si tratta di un SOS assolutamente utile ed è nostro dovere divulgarlo.

 

La richiesta gestuale di aiuto

“Linee di confine” su Spotify

 

 

La luna di settembre

 

” Una sera sorgeva la luna, sul ciglio della collina. Gli alberelli lontani erano neri; la luna, enorme, matura. Ci fermammo. Io dissi: – Tutti gli anni, a settembre, la luna è la stessa, eppure mai che me ne ricordi. Tu lo sapevi ch’era gialla? L’ amico guardò la luna, e ci pensava. Mi pareva davvero di non averla mai vista così, ma insieme di averne in bocca il sapore, di salutare in lei qualcosa di antico, d’ infantile, tanto che dissi: – E’ una luna da vigna. Da bambino credevo che i grappoli d’uva li faccia e li maturi la luna. – Non so, – disse l’amico. – Per me è sempre la stessa. Ora il brivido mi aveva lasciato e la luna col suo sapore di vendemmia ci guardava entrambi come una creatura che conoscevo e ritrovavo. E, come una creatura, il suo passato non contava per me ch’ero giovane e avrei potuto andarle incontro e parlarle, e salire fin lassù fra gli alberelli, nei dolci vapori estivi ch’erano sempre stati e non invecchiano mai. L’ amico taceva, e io pensavo già al piacere che avrei provato l’ indomani portando in me sotto il sole la certezza che anche la notte è viva. Così quei giorni mi passavano, monotoni e freschi, nella loro novità. Non sapevo che la loro tumultuosa baldanza l’avrei vista un giorno come un fermo ricordo. “

Cesare Pavese, da “Feria d’agosto”

Preludio di Primavera (A Cottagecore Tale)

 

” L’inverno è nella mia testa ma una eterna primavera è nel mio cuore. “
(Victor Hugo)

 

Una donna, alcune donne, immortalate durante l’affascinante transizione tra Inverno e Primavera. La location? Nel cuore della natura, che esalta con la dovuta meraviglia la metamorfosi stagionale: dal candore della neve al verde dell’erba tenera, dalle distese di ghiaccio ai colori sorprendenti dei primi fiori. Sullo sfondo, un tipico cottage inglese. E’ l’ emblema dello stile “Cottagecore” (leggi questo post per saperne di più), che fa da fil rouge all’ intero racconto. Perchè di racconto si tratta, sebbene sia un racconto per immagini: una photostory suggestiva e coinvolgente. Ammirate ogni singolo scatto, godetevela dal primo fino all’ ultimo, e sappiate che ritroverete questa formula sempre più spesso su VALIUM: rappresenta una novità, una rubrica che ho deciso di inaugurare con il nuovo anno. Un anno che conferisce alle immagini un’ importanza cruciale e che concepisce il lifestyle come un perno attorno al quale ruota la quasi totalità dei settori. Buona visione!

 

Photo credits: Svetlana, Jasmin Chew, Yaroslav Shuraev, Anastasia Shuraeva, Nida, Gary Barnes, Saliha, via Pexels

Ella de Kross via Unsplash

Raffaello Bellavista: un 2020 di importanti svolte

 

Per Raffaello Bellavista, ospite fisso di VALIUM, la quarantena non è certo coincisa con uno stop. Mai come in questo periodo la sua vita è stata ricca di novità, progetti, svolte decisive, sia sul versante privato che professionale: lasciatosi alle spalle il Duo Bellavista-Soglia, Raffaello sta consolidando la propria carriera da solista e, al tempo stesso, ha intrecciato ben due nuove collaborazioni. Nonostante il sodalizio con Michele Soglia si sia concluso, porterà avanti il progetto pianoforte-marimba con un nuovo partner musicale, il giovane marimbista Matteo Marabini, ma il vero e proprio scoop riguarda il suo rapporto con Serena Gentilini. Che da rapporto sentimentale, sancito da una convivenza avviata proprio in occasione della quarantena, è diventato un rapporto artistico con tutti i crismi. E se – come disse Antoine de Saint-Exupéry –  “Amore non è guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”, Raffaello e Serena guardano entrambi verso un unico orizzonte: la passione per la musica. Alternandola, da personalità poliedriche quali sono, ad interessi altrettanto creativi che ruotano attorno alla moda (soprattutto per quanto riguarda Serena) e all’arte. Sono molteplici e sorprendenti le news che Raffaello Bellavista ha in serbo per voi, non ultima quella del suo debutto da solista; si rende quindi necessario un perno, un punto di riferimento ben preciso per iniziare questa conversazione. Al momento di sceglierlo, non ho avuto dubbi. Da dove partire se non da “Eros e Thanatos”, lo straordinario evento veneziano che ha visto affiancare Raffaello, Serena e Matteo Marabini al fantasmagorico Principe Maurice? Ma prima di dare il via alle domande, vi lascio con una ghiotta anticipazione: per farci sapere qualcosa di più sulla sua carriera in bilico tra moda e musica, anche Serena Gentilini sarà presto ospite di VALIUM. Non posso che concludere invitandovi a “rimanere sintonizzati”!

Vorrei iniziare parlando del prestigioso evento a cui hai preso parte al Carnevale di Venezia, “Eros e Thanatos”, diretto e interpretato dal Principe Maurice. Come è andata forgiandosi l’idea di questa collaborazione?

Premetto che l’evento “Eros e Thanatos” ha significato davvero molto per la mia crescita professionale ed é indubbiamente stata una delle esperienze più interessanti e complete. L’idea era nell’aria, avevo già avuto diverse collaborazioni con Maurice nei festival che organizzo in Romagna e c’era sempre stata la massima intesa e voglia di unire più forme d’arte in un’ esperienza sinestetica. Partendo da questi saldi presupposti, il destino ha fatto il resto. Infatti, proprio durante il periodo del celebre Carnevale Veneziano avevo in repertorio il concerto “Magellano” per pianoforte e marimba legato al tema del viaggio, “Lascia ch’io pianga” per pianoforte e voce ed una rielaborazione in chiave crossover di “Enjoy the Silence” dei Depeche Mode per pianoforte e voce. Proprio queste composizioni si legavano in maniera diretta e simbolica con i monologhi e le interpretazioni del poliedrico Principe Maurice. Dopo alcuni incontri si é capito subito che era nata una perfetta intesa e comunione d’intenti. E proprio da questo é sorto uno spettacolo che sicuramente farà molto parlare di sé.

 

 

Due scatti tratti da “Eros e Thanatos”. L’ evento ha avuto come cornice lo splendido Palazzo Labia, sede di RAI Veneto.

Inizialmente avrebbe dovuto affiancarti Michele Soglia, poi c’è stato un cambio di programma e sono subentrati il marimbista Matteo Marabini e la cantante Serena Gentilini. Su quali elementi ha fatto perno la sintonia immediata che è sorta tra di voi?

L’evento veneziano ha avuto un’importante carica simbolica per me. Infatti ha sancito due nuove collaborazioni: da un lato ha dato il via al mio sodalizio artistico con il marimbista Matteo Marabini, giovanissimo talento che é divenuto l’artista con il quale porto avanti il progetto pianoforte e marimba. E’ stato incredibile come si sono sviluppate le cose, avevamo solo dieci giorni per preparare un programma davvero complesso e variegato che andava dal trascendentale concerto “Magellano” a brani conosciuti al grande pubblico di Sakamoto, Piazzolla…che avevo arrangiato proprio per l’occasione per pianoforte e marimba. Questa situazione di estrema difficoltà ha fatto sì che durante le poche prove intercorse sia nata una grandissima complicità e una determinazione che mai avevo visto prima. Ed il successo riscosso é stato un ottimo battesimo di questa collaborazione artistica. L’altra grande soddisfazione é stato inaugurare il mio rapporto artistico con la mia fidanzata: la cantante Serena Gentilini. Una giovanissima promessa del canto che il Principe Maurice ha deciso di inserire in maniera geniale nello spettacolo con una duplice connotazione artistica. Infatti, nella prima parte dello spettacolo il dialogo avveniva tra monologhi e citazioni di grandi figure femminili del passato in alternanza a brani ad essi correlati per pianoforte e marimba.Parallelamente Serena era seduta su questo trono al centro del palco, con un velo che le copriva il volto ponendola in una dimensione di sospensione metafisica, tanto che molti pensavano, all’inizio, che si trattasse di una statua. Nella parte finale invece, in un momento di grande phatos, con un gesto pregno di carica evocativa il Principe Maurice ha sollevato quel velo nello stupore generale, facendo risorgere una ninfa che ha concluso lo spettacolo cantando la celebre e difficile aria di Haendel “Lascia ch’io pianga”.

 

Raffaello Bellavista e Matteo Marabini. Sullo sfondo, la “donna velata” Serena Gentilini

Serena Gentilini insieme al Principe Maurice durante la performance

In “Eros e Thatanos” il Principe ha totalmente improvvisato il suo monologo, mentre l’accompagnamento musicale aveva una scaletta predefinita. E’ stato facile “scandire” la vostra colonna sonora sui ritmi recitativi imprevedibili di Maurice?

E’ stato molto semplice per quanto fino al momento dello spettacolo c’era molta emozione. Infatti “Eros e Thanatos” aveva una scaletta di massima divisa per brani e significato di quest’ultimi, sui quali il Principe si inseriva. Proprio la maestria di Maurice ha saputo tradurre in beneficio il fatto di non aver provato in maniera forzata ogni parte dello spettacolo, determinandone la naturalezza e la freschezza. Quando finivamo i brani danzava, e con le sue movenze e la sua dialettica sembrava quasi proseguire le melodie terminate da poco traducendole in parola. Il Principe Maurice é una figura geniale, sono in pochi a saper condurre con efficacia uno spettacolo così equilibrato. Molto spesso ci sono concerti con qualche intervento letterario, oppure spettacoli teatrali con qualche intervento musicale. Ma qui é tutto diverso, é una cosa a sé stante dove suoni, profumi, parole, sensazioni si uniscono dando vita al primo spettacolo multisinestetico al mondo.

 

Serena Gentilini

Come si sono incrociati il tuo percorso e quello di Matteo Marabini?

Oggi il Conservatorio é proprio come un’ Università, quindi abbiamo una laurea triennale, un biennio ed eventualmente un dottorato. Il mio biennio di Pianoforte l’ho conseguito presso il Conservatorio di Cesena, proprio dove ora sta per diplomarsi Matteo Marabini. Avevamo sentito parlare l’uno dell’altro ed avevo visto il suo nome molte volte, inserito in varie rassegne concertistiche. E così, attraverso il suo professore, ho avuto un primo incontro dove abbiamo eseguito una prima parte del concerto “Magellano” con grande trasporto e senza alcuna indecisione. Infatti una decina di giorni prima del concerto c’è stato il cambio di programma del mio ex collega, e Matteo Marabini é subentrato con sicurezza e grande preparazione. Tutto ciò é stato davvero incredibile. La musica mi ha dato degli insegnamenti importanti, ha fortificato la mia caparbietà. In un momento di drammatici cambiamenti, il fatto di resistere nella tempesta ha fatto nascere un grande collaborazione.

La presenza di Serena Gentilini è stata una sorpresa del tutto inaspettata. Raccontaci la genesi della sua partecipazione e il motivo della scelta del brano “Lascia ch’io pianga”, tratto dal “Rinaldo” di Händel.

Come anticipato prima, la partecipazione di Serena Gentilini si deve ad una acuta scelta del Principe Maurice, che ha deciso di valorizzare le sue qualità sia di cantante che di modella inserendola nella prima parte al centro del palco con un magnifico costume veneziano coperta da un velo, e nella seconda parte di resuscitarla per farle cantare questa magnifica aria di Haendel. Scelta ancor più geniale, se si pensa al brano selezionato. Infatti in uno spettacolo dove convivono pulsioni di morte e amore nulla si sarebbe potuto associare meglio a quest’aria che é un emblema sia della sofferenza che della morte, ma anche della rinascita e della potenza dell’amore. Ed è proprio qui che mi viene da fare una riflessione molto profonda. Pochissimi giorni dopo questa prima rappresentazione é scoppiato il dramma del Coronavirus, che ha sprofondato il paese e il mondo intero in una dimensione oscura e di grande oppressione. Nei mesi bui della quarantena sono tornato più volte con la mente a questa esperienza veneziana, ed ora che il cielo sembra rischiararsi sento schiudersi in me la potenza dell’amore. Faccio proprio ai lettori di VALIUM questa confidenza perché é forse la prima volta che mi sento di vivere in un’opera d’arte.

 

Serena Gentilini e Raffaello Bellavista

Serena, Raffaello e il Principe, intervistato da RAI Veneto

Il successo di “Eros e Thanatos” è stato incredibile: Palazzo Labia era gremito e l’evento è stato addirittura ripreso da RAI Veneto. Pensate di replicare la performance o comunque di tornare ad esibirvi, come duo (tu e Serena Gentilini) o come trio, insieme al Principe Maurizio Agosti?

Sicuramente lo spettacolo “Eros e Thanatos” ha significato qualcosa di grande per tutti noi. Perché sia la situazione che si era creata prima del concerto che il successo riscosso ci hanno fatto capire molte cose. Inoltre, tutto ciò ha rafforzato il mio sodalizio artistico con il Principe Maurice. La scelta é quella di portare nei principali teatri italiani e stranieri questo spettacolo, integrando ulteriori aspetti e continuando il lavoro di ricerca costante. Ovviamente sto proseguendo i miei progetti sia in solo che in duo, ma sicuramente lo spettacolo “Eros e Thanatos” é inscindibilmente legato alla figura di Maurice che funge da maestro delle cerimonie per questo rituale musicale e letterario. Penso che il mondo culturale e non solo abbia bisogno di questo spettacolo, per dare nuova linfa ad un sistema che già da diversi anni non sta funzionando più come dovrebbe. Non voglio aprire polemiche, ma sicuramente questo progetto artistico lascerà un segno anche per la capacità di integrare l’arte su più livelli, con argomenti a noi vicini ed attuali. Coniugando un linguaggio fruibile con aspetti simbolici.

 

Il Principe Maurice in “Eros e Thanatos”

Un flashback: il 7 Dicembre scorso, ti sei esibito da solista nel concerto “Tra apollineo e dionisiaco” (con musiche di Chopin e di Liszt) al Goethe-Zentrum di Bologna. Quell’ evento, oltre a ribadire il tuo talento musicale, ha sancito un importante punto di svolta nella tua carriera. Potresti dirci qualcosa di più?

Sì, esattamente, la fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno rappresentato un grande periodo di svolta, probabilmente quello di maggiore portata nei miei 28 anni. E’ stato infatti il mio primo recital nel prestigioso Istituto di Cultura Tedesca di Bologna, sede di numerosi concorsi musicali e stagioni concertistiche nel quale ho scelto di valorizzare le mie due dimensioni artistiche: quella del pianista e del cantante lirico. Nella prima parte ho eseguito celebri e difficili brani per pianoforte solista come la “Dante Sonata” di Liszt, la “Prima ballata” di Chopin e le “Variazioni KV 265” di Mozart. Nella seconda parte, invece, accompagnato dalla docente e pianista Nicoletta Riccibitti ho interpretato celebri arie d’opera tratte dalle “Nozze di Figaro”, ”Don Giovanni”, “Carmen”. E’ stata una scelta coraggiosa, perché mi ha dato finalmente la possibilità di imporre il mio punto di vista dopo anni di studio ed attività concertistica. In un ambiente musicale in cui si predilige di perseguire una sola strada volevo dire la mia e proprio a partire da questo concerto. Forte anche del sostegno di vari esponenti della cultura italiana, porterò in tour questo mio progetto artistico che sarà focalizzato attorno alla figura di Dante Alighieri, del quale nel 2021 ricorre il VII centenario della morte.

Il Carnevale di Venezia era ancora in corso quando è esplosa l’emergenza Coronavirus. Il periodo della quarantena è iniziato poco dopo e segnerà, penso, una tappa indelebile nell’esistenza di ognuno. Come hai vissuto quell’ esperienza?

Come accennato in precedenza, é stato un periodo denso di significato per me. Infatti poco prima dello scoppio del Coronavirus avevo concluso diversi accordi per i miei debutti sia da solista, sia in duo con Serena Gentilini, in diversi teatri italiani ed esteri. Tutto ciò é stato spazzato via e il danno personale si é sommato alle immagini drammatiche che ognuno di noi ha visto sui mass media, unitamente al fatto che molti dicevano che le attività culturali sarebbero state sospese addirittura per anni e che l’artista si sarebbe estinto. Dopo un primo periodo di grande meditazione interiore ho capito che le cose dovevano andare avanti, e grazie anche al grandissimo e prezioso aiuto della mia fidanzata ho scelto di incidere un disco intitolato “Trinus” (che significa viaggio in latino), dove ho inserito brani per pianoforte solista ed arie d’opera tutte legate al tema del viaggio ed alla figura di Dante Alighieri, che viaggerà dagli Inferi all’ascesa in Paradiso. Un disco che è il risultato di un concerto live tenuto in una notte oscura durante il periodo di quarantena. Parallelamente a questo primo disco ho registrato assieme a Serena Gentilini un video per la Regione Emilia-Romagna che é stato trasmesso su Lepida TV, dove ho reinterpretato assieme a lei celebri brani conosciuti al grande pubblico come “Billie Jean”, “Heroes”, “Enjoy the Silence” e “Arrivederci” in chiave colta. Abbiamo anche registrato diversi brani per progetti di raccolta fondi nella lotta al Coronavirus che hanno fatto sì che decine di migliaia di euro potessero andare in beneficenza in svariate iniziative, molte delle quali organizzate dal MEI. Infine, grazie alla mentalità illuminata e poliedrica della mia compagna, ho deciso di allargare i miei orizzonti artistici ponendo la mia attenzione sull’arte figurativa: realizzando, cioè, una scultura in ceramica con precisi riferimenti simbolici legati al complesso momento che sta vivendo la nostra umanità ma anche alla grande energia creativa che dà la vita.

 

Le sculture in ceramica, un’ ennesima sfaccettatura dell’ eclettismo di Raffaello Bellavista e Serena Gentilini

Se per molti la quarantena ha rappresentato un “periodo di fermo”, per te è coincisa con l’ apice della fertilità creativa: il video e il disco live che omaggiano Dante Alighieri (del quale nel 2021 ricorreranno i 700 anni dalla morte) sono nati allora. Cosa ci racconti, al riguardo?

Il periodo della quarantena é stato molto complesso. In un primo momento è prevalso uno sconforto sia su un piano globale, perché le immagini alle quali eravamo sottoposti erano drammatiche, sia su un piano soggettivo, perché la mia attività concertistica era stata totalmente bloccata per via delle disposizioni relative alla chiusura dei teatri. Dopo questo  periodo di demoralizzazione, la voglia di rinascere ha fatto sì che la mia attenzione si ponesse sul sommo poeta fiorentino Dante Alighieri, sepolto a Ravenna e del quale nel 2021 ricorre il VII centenario della morte. E’ stato quindi un omaggio simbolico, dove nei brani registrati nell’Auditorium Pagliaccine all’interno di casa mia, immerso nella natura, ha preso vita questo viaggio musicale tra brani della grande tradizione pianistica ed arie d’opera che si snodano attraverso un percorso che parte dagli Inferi e giunge all’ascesa in Paradiso. Senza scendere troppo in particolari complessi il primo brano é la trascendentale “Dante Sonata” di Liszt, che rappresenta l’ingresso nell’inferno dantesco, si passa poi per l’aria tratta dal “Don Giovanni” “Deh vieni alla finestra”. C’è un momento di Purgatorio con la “Prima ballata” di Chopin scritta in un periodo di chiaroscuri sentimenti ed avverse difficoltà, il passaggio poi dal Purgatorio al Paradiso é sancito dalla “Sonata al chiaro di Luna” di Beethoven, dove nel primo tempo c’è un riferimento al “Don Giovanni” di Mozart che si tramuta nell’ultimo tempo in una ascesa. La vetta del Paradiso é rappresentata dalle variazioni su “Ah, vous dirai je maman” di Mozart in DO maggiore che simbolizzano l’apollineo tradotto in musica. Quasi una sorta di rituale musicale per auspicare l’arrivo di una nuova era lontana dai dolori del periodo della quarantena. L’artista, secondo il mio pensiero, deve essere questo: un mago dei suoni che attraverso lo specchio della coscienza si rapporta con l’esterno analizzando ciò che sta accadendo e proponendo un via di ascesa e di estasi per l’essere umano, ormai gettato in una prigione senza mura e senza odore.

Sempre durante il lockdown, aderendo all’ iniziativa #laculturanonsiferma dell’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, tu e Serena Gentilini avete girato un video dove vi esibite insieme in alcune cover rivisitate in versione crossover. Introducendole, hai annunciato la creazione di un vostro duo: che tipo di sonorità lo caratterizzano e come avete intenzione di battezzarlo?

Il progetto era già nell’aria da alcuni mesi, in quanto a mio avviso manca un artista che porti sonorità e stilemi classici nella musica conosciuta al grande pubblico e che in qualche modo svolga un’azione di nobilitazione dei brani pop. Proprio da questa mia idea é scoccata la scintilla quando ho sentito la cantante Serena Gentilini. Infatti da una parte ci sono le mie conoscenze in ambito classico e crossover, e dall’altro c’è l’esperienza di questo giovanissimo talento in ambito jazz, pop che come detto in precedenza ha avuto modo di esibirsi già su palchi prestigiosi a New York oltre che in Italia. E’ una geometria che si completa e che risulta estremamente vincente. Infatti, il video che abbiamo realizzato per la Regione Emilia-Romagna e che é stato trasmesso su Lepida TV é in poco tempo divenuto il video più visto su tutta la piattaforma con oltre 11. 000 visualizzazioni. Questo ovviamente é solo l’inizio, stanno bollendo in pentola numerosi progetti che avranno molta risonanza.

 

Serena e Raffaello circondati dal verde della loro Romagna

Una domanda che scava un po’ nel personale. Come vivi il fatto di condividere una carriera nella musica con la donna che ami? E’ più probabile che, con il tempo, possa incrementarsi la complicità oppure sorgere una sottile (ed eventuale, ovvio) vena competitiva? Penso a film come “A Star is Born” con Lady Gaga…

In realtà il mio rapporto con Serena si é ulteriormente rafforzato grazie ad una reciproca stima e ad un sodalizio artistico che non conosce rottura. Personalmente siamo dell’ idea che non c’è nulla di più bello del condividere con la persona che si ama la passione ed il lavoro, senza prevaricare in alcun modo le scelte che ognuno vuole intraprendere. Certamente non é un ambiente semplice, a volte i ritmi di lavoro possono essere molto duri, però la voglia di comunicare sia in solo che con lei il mio messaggio artistico mi dà la forza di non arrendermi mai. Inoltre, Serena ha una grandissima disciplina e una conoscenza delle lingue straniere che le permettono di essere molto reattiva nell’affrontare ogni tipo di difficoltà.

 

Un’ altra immagine di Serena mentre si esibisce a Palazzo Labia

A proposito di competitività, in una tua intervista sul blog on line “Brisighella by Night” hai dichiarato che hai trovato certi aspetti dell’ambiente musicale molto ostici da affrontare. A che ti riferivi esattamente, e qual è l’antidoto per non lasciarsi sopraffare?

L’intervista a “Brisighella by Night” é stata una piacevole sorpresa, in quanto era un’iniziativa che partiva da giovani del territorio volta a far conoscere i talenti di maggiore spicco con base a Brisighella. Infatti, a differenze delle interviste che solitamente rilascio per varie testate giornalistiche, c’è stata la voglia di portare il colloquio su un piano più profondo tramite un dialogo che si é snodato per oltre un’ora e che ha visto centinaia di spettatori, anche di giovane età, interessarsi ad argomenti legati all’ambito classico. Tornando alla domanda in questione, l’ambito musicale e quello classico in particolare hanno sviluppato nel corso dei decenni delle dinamiche sociali a mio avviso molto brutte e dannose. Infatti, a differenza dei valori alti che l’artista é tenuto a trasmettere quando si fregia di tale titolo, nel comportamento sociale spesso ci sono grandi scorrettezze da parte dei colleghi e la voglia di indottrinare creando dei manichini da parte dei docenti. Io dopo aver terminato il mio percorso con il massimo dei voti ho scelto nell’ultimo periodo di fortificare la mia visione e di non scendere più a nessun tipo di compromesso per cercare di compiacere qualche docente o collega. Bisogna rendersi conto che la vita é una sola, e che se si sceglie di seguire una vocazione artistica affrontando mille difficoltà bisogna e si deve andare fino in fondo. Perché il rischio é quello di fare una musica che non é veramente propria e rendersi conto di aver magari per anni vissuto una vita che non é la propria. Quindi, in conclusione, il mio antidoto che posso dire anche essere la mia arma più letale é la caparbietà totale e la fiducia totale, anche a costo di sembrare arroganti in quello che si fa.

In quarantena, oltre che a dedicarvi alla musica, tu e Serena avete dato il via alla creazione di bellissime opere in ceramica. Pensate che l’arte possa diventare una vostra ulteriore modalità di espressione?

Serena Gentilini ha davvero molte abilità artistiche, infatti oltre al canto nel quale eccelle ha coltivato nel tempo il talento per la pittura, l’abilità nel creare vestiti d’alta moda e la capacità di realizzare opere in ceramica. Diciamo che rappresenta la figura di donna per me ideale e di artista a tutto tondo. L’idea della ceramica era quella di imprimere in materia sensazioni, tensioni e idee a quattro mani cercando equilibrio, ideali e rilassatezza. Così sono nate diverse opere, l’ultima delle quali di grande impatto emotivo. In questo caso ci siamo dedicati alla realizzazione di un’opera astratta legata al simbolo della spirale che abbiamo applicato su tre strutture, ognuna delle quali con una diversa connotazione simbolica. Il concetto di spirale é legato al concetto di vita e morte, di creazione e distruzione ed al concetto di rigenerazione. A completamento del tutto, abbiamo inserito due figure geometriche per collocare questo passaggio surreale in una dimensione metafisica.

 

 

 

 

Alcune opere in ceramica firmate Bellavista-Gentilini

Per concludere, Raffaello, vorrei chiederti cosa puoi anticiparci rispetto ai tuoi progetti più imminenti.

Ho deciso di riprendere la mia attività concertistica ad agosto e per farlo ho scelto uno dei luoghi più suggestivi ed esclusivi della Romagna. La Tenuta Mara, costruita e concepita dall’imprenditore Giordano Emendatori e seguita dalla figlia Elena: una tenuta di vino biodinamica sui colli del riminese dove la vite viene fatta crescere cullata dal suono della musica classica. Infatti, la tenuta é completamente amplificata con un impianto di diffusione di ultima generazione. Il rapporto con la musica continua anche durante il riposo in botte del vino. All’interno di questa tenuta tutto é in armonia e ci sono opere d’arte sia all’aperto che all’interno della cantina. Un aspetto incredibile é riservato all’auditorium realizzato sulla sommità di quest’ultima e che ha un’acustica davvero incredibile. Qui a fine agosto terrò un mio concerto unico nel suo genere, in quanto presenterò i miei tre progetti al pubblico in un concerto diviso nel seguente modo: nella prima parte suonerò la “Dante sonata” di Liszt per pianoforte solo presentando il mio progetto solista, poi sarà il momento del “concerto Magellano” di Sejourneè che farò assieme al marimbista Matteo Marabini,  infine ci sarà la magnifica voce di Serena con la quale presenterò 5 brani celebri rielaborati in chiave colta. Il tutto, durante una serata esclusiva con una degustazione di vini finale. A fine settembre sarò tra gli ospiti di un evento molto esclusivo a Merano, del quale in futuro renderò noti i dettagli ed al quale parteciperanno diverse personalità dello spettacolo. In autunno porterò a Ravenna il mio progetto su Dante ed a dicembre debutterò in uno dei templi della musica a Milano. Prossimamente debutterò anche a Bolzano e non é escluso un ritorno in un grande evento a Venezia. Ovviamente, tutti i progetti citati in questo nostro dialogo saranno sviluppati a lungo termine attraverso concerti in luoghi prestigiosi e rientreranno in una produzione discografica.

 

 

 

 

 

 

Diversi scorci della Tenuta Mara, splendido Relais panoramico sui colli nei dintorni di Rimini

Raffaello e Serena, la coppia d’oro emergente della musica italiana

 

 

Photo courtesy of Raffaello Bellavista

 

 

Schield presenta Memberschield

Schield, il brand di luxury jewels con base a Firenze, non finisce mai di stupirci. La grande novità del 2017 ha un nome, Memberschield, ed è associata all’ online shop che il duo creativo composto da Roberto Ferlito e Diego Diaz Marin ha appena inaugurato: oltre ad essere un club privato virtuale per i più affezionati clienti, Memberschield è un concetto, una vera e propria rivoluzione nel modo di fare e-shopping.  Chi avrà accesso al Memberschield Club, infatti, riceverà un bracciale con un codice personale che gli garantirà l’ ingresso in un’ area esclusiva dello store. In questa sezione sarà possibile acquistare dei preziosi pezzi unici, capolavori del gioiello creati dall’ estro di Roberto Ferlito. L’ iniziativa si preannuncia sorprendente e davvero ghiotta. Senza contare che tutti gli aficionados del brand potranno già ammirare, nel nuovissimo shop online, la collezione SS 2017 che Diego Diaz Marin ha immortalato in una campagna di forte impatto. Interessate? Cliccate qui: www.schield.it

Nelle foto, alcune immagini tratte dalla ad campaign Schield SS 2017 scattata da Diego Diaz Marin

Photo courtesy of Schield

 

“MemoryCard” di Rita Vitali Rosati: quando il vissuto visivo si fa racconto

 

Rita Vitali Rosati

Dissacrante, visionaria, ironica, eclettica, acuta e sensibile osservatrice del suo tempo: una manciata di aggettivi che non basta a definire Rita Vitali Rosati, ma che tenta di condensarne la quintessenza. Nata a Milano, fabrianese di adozione, Rita è un’ artista che traduce in opere giocosamente trasgressive il suo personale “inventario” del reale. Pittura, fotografia e performance sono solo alcune delle modalità espressive di cui si avvale. A fare da leitmotiv, immagini che con attitude destabilizzante, ma pervasa di poesia intrinseca, riflettono lo sguardo dell’ artista sul mondo e sui suoi tic:  Rita si fa interprete in prima persona dei concetti che esplora, amplifica e ribalta continuamente le coordinate della propria visionarietà. “Mette una lente di ingrandimento sul formicolio sociale” – come recita la sua biografia ufficiale – scrutandolo con occhio ironico, a tratti con crudezza. Ma soprattutto, è sempre in grado di sorprenderci con la sua travolgente inventiva: stavolta lo fa con MemoryCard, progetto che racchiude in un inedito packaging in latta 50 cartoline associate ad altrettante immagini, 25 delle quali ospitano un breve racconto d’autore. Estrapolate dal vasto repertorio che l’ artista ha realizzato nel tempo, le foto condensano un vero e proprio vissuto visivo. Ho incontrato Rita per saperne di più su questo innovativo, singolarissimo photo-book.

MemoryCard è un mix eclettico di fotografia, design e scrittura dal forte impatto visivo. Come “racconteresti” quest’ opera?

Il raccontare dell’opera si evince scoprendo il fil rouge  che lega i testi alle immagini. Seguendo il proprio istinto che indica una corsia privilegiata unendo in una sintesi l’input dato dalle immagini, (che sono le domande) a quello dei testi, (che sono le risposte). O rovesciando il tutto, sorpresi dalla natura vicendevole dei soggetti.

Perché la scelta di un titolo ispirato alla scheda informatica che mantiene i dati in memoria?

E’ un titolo che parla dell’attualità, per vivere la contemporaneità.

Le “contaminazioni artistiche” sono oggi molto in voga. Su quali criteri ti sei basata per la scelta degli autori?

Non mi piace il termine “contaminazione”, nasconde una qualche patologia in atto. Prediligo l’espressione “duettare”, si anima di passione, di complicità, di armonie in divenire.

Qual è il link che fa da leitmotiv ai 50 scatti?

Il tema dell’assenza è l’idea trainante dell’intero progetto adottato per dare l’agio allo scrittore di colmare, senza eccessiva premeditazione, il vuoto indicato dalle immagini che, nelle sue declinazioni, sono lo scenario per le diverse interpretazioni degli autori che ne hanno fatto, così, un racconto.

Se dovessi descrivere il connubio tra immagine e racconto con un aggettivo, quale utilizzeresti?

Ho una particolare predilezione per gli ossimori, perciò le definirei “silenziosamente eloquenti”.

Come nasce l’ intuizione del pack in latta?

L’input creativo nasce da una sinergia: una corrente carica positivamente di indizi, di impulsi che hanno sede in un’area astratta, altra, quindi metafisica, si incontra con un ricevente che è già sintonizzato, perché istruito a plasmarlo  secondo il proprio istinto e la propria sensibilità. E la propria cultura.  Per deformarlo. Ecco, la mia scatola è una deformazione di un vuoto che è stato riempito.

“Che cos’è, detto sottovoce, la memoria?” si chiede Gordon Splash in un passaggio del suo racconto. Cosa gli risponderesti?

Ci deve essere un fantasma che riscrive i ricordi a volte al contrario percorrendo il vissuto con una luce particolare per darsi come testimonianza.

Calvino scrisse: “La fantasia è il burro, ma perchè sia produttiva bisogna spalmarla su una fetta di pane.” Qual è la tua “fetta di pane”?

Preferisco il Panettone (!).

 

 

 

Gli scrittori presenti nell’ opera sono: Laura Bosio, Enrico Capodaglio, Alessandro Catà, Filippo Davoli, Paolo Di Paolo, Angelo Ferracuti, Chicca Gagliardo, Bianca Garavelli, Roberta Lepri, Giuseppe Lupo, Gian Ruggero Manzoni, Angelo Mastrandrea, Marco Missiroli, Alessandro Moscè, Feliciano Paoli, Laura Pariani, Aurelio Picca, Silvio Ramat, Francesca Scotti, Fabio Scotto, Gordon Splash, Paolo Valesio, Gian Mario Villalta, Piergiorgio Viti, Alessandro Zaccuri.

MemoryCard, prodotto in esemplari di 500 pezzi editi da Hacca Edizioni, contiene inoltre alcuni gadget più un piccolo catalogo e gli interventi critici di Maria Letizia Paiato, Paola Paleari e Marcello Sparaventi.

Photo courtesy of Rita Vitali Rosati

Michael Putland, il fotografo delle leggende del Rock

Il libro-catalogo THE ROLLING STONES BY PUTLAND (ed. LullaBit)

 

Dalla A degli Abba alla Z di (Frank) Zappa: difficile individuare chi non sia stato immortalato da Michael Putland, in un ipotetico “alfabeto del Rock”. Classe 1947, inglese, Putland debutta come assistente fotografo quando è appena un teen. Apre il suo primo studio fotografico nel 1969, anno di transizione che vede sfumare gli Swingin’ Sixties nell’ era hippy e delle più graffianti Rock band. E’ allora che il link tra Michael Putland e la music scene si salda, indistruttibile, per tutti gli anni a venire. Il ruolo di fotografo ufficiale che ricopre per Disc & Music Echo, un magazine di musica britannico, è in questo senso fondamentale: proprio grazie alla rivista ha un primo approccio con Mick Jagger, che nel 1973 segue in tour inaugurando un pluriennale sodalizio con i Rolling Stones. Nel frattempo, prosegue indefessa la sua collaborazione con la stampa musicale e con major discografiche come CBS, Columbia Records, Warner, Polydor e EMI, per le quali ritrae le star di un’epoca straordinaria in quanto a innovazione e a fermento creativo. Nel 1977 si trasferisce a New York dove fonda Retna, agenzia fotografica rimasta attiva per quasi trent’anni. I soggetti principali del suo portfolio sono gli eroi della music scene: dagli Stones a Bowie passando per Prince, Eric Clapton, Tina Turner, Joni Mitchell e Marc Bolan – solo per citarne alcuni – Putland immortala personaggi annoverati nella music history per carisma e genialità. Ai suoi scatti vengono dedicate mostre, come l’ importante retrospettiva che la Getty Gallery di Londra ha organizzato per il suo 50mo di carriera o quelle, tutte italiane, con cui ONO Arte ha reso omaggio al suo archivio su David Bowie e sui Rolling Stones. Ed è proprio in occasione di It’s only rock’n roll (but I like it), la mostra che fino al 23 Luglio sarà visitabile nella galleria d’arte bolognese, che ho avuto il privilegio e l’ onore di scambiare quattro chiacchiere con Putland. Il libro-catalogo THE ROLLING STONES BY PUTLAND rappresenta una chicca aggiuntiva dell’ esposizione: edito da LullaBit, raccoglie oltre 200 scatti in cui il grande fotografo ha immortalato i Rolling on e off stage. Una splendida opportunità per approfondire l’ opera di Putland e per immergersi nel mood che animava (e che anima) una vera e propria leggenda del Rock.

Ha scattato la prima foto a soli 9 anni. Quale ‘molla’ ha innescato il colpo di fulmine con la fotografia?

Sì, è stato davvero un colpo di fulmine tra me e la fotografia. Ma la mia influenza principale è stato mio zio, che vedeva che questa passione stava nascendo in me e mi aiutò molto a coltivarla. Lui aveva un macchina fotografica tedesca, una Voigtländer 35 mm, e da lì partì tutto. Ho ancora una collezione di macchine fotografiche appartenute alla mia famiglia, quella di mia nonna ad esempio, con cui di fatto scattai la mia prima fotografia! Mia nonna, in seguito, mi regalò una delle prime macchine con rullino: una Kodak Crystal.

Si dice che lei abbia fotografato tutte le rockstar al top dagli anni ’70 in poi. Ha mai coltivato velleità musicali?

In realtà mi sarebbe piaciuto ma non ero per nulla portato, nonostante mia nonna – quella della macchina fotografica – fosse una pianista abbastanza famosa ai suoi tempi.

Michael Putland

Tra gli innumerevoli artisti che ha immortalato spicca David Bowie. Che ricordo ha di lui e quali atout, a suo parere, lo hanno tramutato in un’icona?

La prima volta che vidi Ziggy pensai che fosse eccezionale e diverso. Tutto quel periodo era straordinario, e l’aspetto androgino di Bowie era qualcosa che non si era mai visto. Credo che quello che lo abbia davvero reso un’icona – a parte la sua musica incredibile, perché non scordiamoci che la musica era incredibile – sia stata la sua capacità di reinventarsi costantemente. Anche il suo ultimo lavoro prima di morire, Lazarus, è stato davvero un capolavoro di citazioni e innovazioni al tempo stesso.

Il bianco e nero è un leit-motiv di tutta la sua opera. Perché?

Ovviamente sono cresciuto con il bianco e nero, e anche quando le pellicole a colori divennero disponibili, nessuno se le poteva davvero permettere – e a pensarci bene non ho mai conosciuto nessuno che ai tempi le usasse! Il mio occhio è abituato a leggere il mondo a due colori, anche quando scatto ora.

┬®Michael Putland, Mick & Keith live, Wembley 1973

La sua collaborazione con i Rolling Stones ha avuto inizio nei primissimi anni ’70. Che tipo di feeling si è instaurato tra lei e la band?

Quello che posso dire è che ci trattavamo con estremo rispetto reciproco e fiducia, ognuno del lavoro dell’altro. Il nostro rapporto era più che altro professionale, fatto di gesti e pose più che di parole, soprattutto in confronto al rapporto che avevo con altri artisti. E forse questa è sempre stata una delle cose che ho amato di più.

Nei suoi scatti, la quintessenza degli Stones si esprime al meglio nella dimensione del tour. Come se lo spiega?

Uno dei talenti che ho in assoluto come fotografo, se posso dirlo, è quello di stabilire un rapporto con il soggetto che ritraggo. La band si sentiva a proprio agio  con me e quindi ero in grado di cogliere la loro vera essenza – non un’immagine posata – che sul palco, ovviamente, era all’ennesima potenza. Oggi quando scatto in digitale ho ancora questa capacità, infatti edito pochissimo le mie foto. In realtà, se devo essere onesto, preferisco fotografare chiunque non sul palco: le restrizioni e le difficoltà tecniche sono folli. Ma con gli Stones era una simbiosi di musica e performance che sapeva trascinarti via. Per quello, essere con loro on stage era incredibile.

Bowie, 1976. The Thin White Duke

Esistono foto, tra quelle in mostra, che associa a ricordi o ad aneddoti particolari?

Senza ombra di dubbio la foto che scattai a Bob Marley, Peter Tosh e Mick Jagger al Palladium Theatre di New York. Il contrasto tra il viso di Mick esausto dalla performance sul palco è così bianco e quello di Peter Tosh così sorridente e scuro, al contempo: mi  hanno regalato uno dei miei scatti di maggior successo.

Il libro fotografico ROLLING STONES by PUTLAND è presentato in una doppia copertina raffigurante Mick Jagger e Keith Richards. Chi dei due subisce maggiormente il fascino dell’obiettivo?

Mick è sicuramente più naturale davanti all’obiettivo, ma al tempo stesso se Keith sorridesse e fosse a suo agio non sarebbe più lui. In realtà in questi ultimi anni è sempre più sorridente, lui stesso non si riconosce più – dice. In fondo, è un nonno anche lui!

Photo courtesy ONO Arte

Bet She Can: un nuovo concetto di empowerment pre-teen

I Barbie Awards hanno prepotentemente portato alla ribalta la sua progettualità innovativa: Bet She Can, fondazione che mira a sostenere tramite percorsi motivazionali e di empowerment le pre-adolescenti provenienti da qualsiasi contesto economico, religioso e sociale, si è subito imposta tra le più interessanti realtà legate al non profit. La fondatrice Marie-Madeleine Gianni approfondisce con noi gli input, i punti cardine e gli obiettivi di un’ iniziativa che si propone, come fine ultimo, che “le bambine sboccino in donne serene, coraggiose e soprattutto libere.”

Come e quando nasce Bet She Can?

Nel gennaio 2015. E’ una start up non profit fondata da me e dalle due consigliere che mi supportano in questa avventura, Giovanna Leto di Priolo e Laura Arena: ho sempre voluto fare qualcosa per provare a cambiare questa nostra società e ho pensato che le giuste referenti fossero le bambine tra gli 8 e i 12 anni. La fondazione è unica nel suo genere perché il fatto di approcciare con una logica di puro investimento, non di prevenzione né di risoluzione di problemi, un pubblico così giovane, è una cosa nuova per il nostro Paese.  12 anni è un età massima perché poi si entra nelle turbe dell’adolescenza e il rapporto con l’ esterno, in particolare con il mondo adulto, si fa meno diretto e trasparente.

Quanto incidono, sulle giovanissime, gli stereotipi che ruotano attorno alla figura femminile?

Viviamo in una società che, anche se si rende conto che siamo immersi negli stereotipi, li subisce ogni giorno. Facciamo fatica a decodificarli e a far filtro, soprattutto i bambini e le bambine che non hanno gli strumenti per cogliere le distorsioni veicolate da certi messaggi dei media, delle famiglie, delle scuole, della società in generale. Il nostro intento è cercare di far sì che le bambine siano fondamentalmente libere di fare le proprie scelte e di mettere in discussione queste imposizioni stereotipate.

Su quali basi poggia l’ empowerment delle nuove generazioni?

Sicuramente sulla consapevolezza di chi sono e chi posso diventare. Abbiamo suddiviso i nostri percorsi in 5 filoni- corpo, mente, contesto,  avvicinare le bambine alle tecnologie e ai mestieri etichettati come maschili –  che veicolano due concetti base: la conoscenza delle proprie potenzialità e il coraggio di tirarle fuori. E’ importante far capire a queste bambine che hanno una personalità e caratteristiche che permettono di fare tante cose, che il mondo è pieno di opportunità. Però bisogna tirar fuori la grinta, il coraggio e la determinazione. Gli errori fanno parte del percorso, mettersi in gioco è assolutamente essenziale.

Nell’ era dei social, le competenze tecnologiche delle native digitali possono contribuire ad azzerare gli standard legati al genere?

I mezzi sono sicuramente innovativi, ma comunicando sempre gli stessi modelli perdono il loro potenziale. Una frase di Michelangelo rende l’ idea: “Ho visto un angelo nel marmo ed ho scolpito fino a liberarlo”: devo avere un’ immagine di dove devo arrivare. Il fatto di avere di fronte una Samantha Cristoforetti, una Margherita Hack, una Rita Levi Montalcini fa sì che le bambine abbiano dei riferimenti in carne ed ossa in cui immedesimarsi. Ecco, mi piacerebbe che gli strumenti a loro disposizione comunicassero anche questi esempi.

Esiste una professione a cui oggi le bambine maggiormente ambiscono anche in virtù dei modelli proposti da media e web?

In questa fascia di età le risposte sono molto personali, legate a passioni e a interessi individuali che poi si perdono perché la pressione mediatica della società e dell’ entourage si fanno più forti. Non me la sento, quindi, di segnalare trend o macrocategorie: posso solo dire che le bambine non dovrebbero mai perdere la passione che le guida.

Attraverso i Barbie Awards, Bet She Can ha diffuso una nuova percezione della bambola Mattel: una donna volitiva che realizza i propri sogni di bambina.  Cosa pensi delle ultimissime Barbie “realistiche”?

Una Barbie, per ogni bambina, è sempre la possibilità di immedesimarsi in un personaggio e vivere straordinarie avventure con l’ immaginazione. Il fatto che fosse alta e bionda non l’ ho mai percepito come un limite: per la mia Barbie inventavo storie che duravano ore, era una specie di avatar. Se oggi è disponibile in varie forme, bene: ma non mi sembra essenziale.

Quali sono i progetti più immediati della vostra fondazione?

Abbiamo appena lanciato un bellissimo progetto a Roma, “Cambiamo gioco”, finanziato da Mattel Italy e in collaborazione con la cooperativa sociale Be Free. E’ partito oggi, il 16 aprile, e promuove l’ importanza della solidarietà e del confronto positivo con gli altri: un tema che riteniamo importantissimo in particolare per le bambine. Fino a novembre effettueremo 10 incontri su base quindicinale. Proprio perché il fil rouge è la solidarietà, prevediamo la possibilità di innestare piccoli percorsi in ciascun municipio con una bambina-ambasciatrice. È un progetto al quale tengo moltissimo, realizzato grazie alla concessione dal prefetto Tronca e con il patrocinio del Comune di Roma.

Nelle foto, Marie-Madeleine Gianni all’ evento dei Barbie Awards

Photo credits Magia2000

Photo courtesy of Marie-Madeleine Gianni/Bet She Can