Febbraio

 

“Che ti mormora il sangue negli orecchi e alle tempie
quando è là di febbraio che nel bosco
ancora risecchito corre voce
d’una vita che ricomincia.”
(Mario Luzi)

 

Caratteristiche

Comincia Febbraio, e quest’anno conterà 28 giorni. E’ noto per essere il mese di San Valentino, del Carnevale, ed è l’ultimo mese interamente invernale. La natura è immersa nel torpore, ma manca poco al suo risveglio: le temperature si mitigano e il tramonto arriva sempre più tardi. Tuttavia, chi ama la Primavera farebbe meglio a non cantare vittoria troppo presto; Febbraio,  in tema di maltempo, può ancora riservarci delle brutte sorprese.

Storia

Fu l’ultimo mese, con Gennaio, ad essere annesso al Calendario Romano: per gli antichi romani, infatti, l’Inverno non aveva mesi. Dato che l’anno iniziava a Marzo, si chiudeva proprio con Febbraio. Spetta a Numa Pompilio, il secondo re di Roma, l’aver inserito in calendario quelli che oggi rappresentano il primo e il secondo mese dell’anno. Febbraio proviene dal latino “februare”, “purificare”: in quel periodo avevano luogo i rituali di purificazione che onoravano il dio Februus e la dea Febris.

Segni zodiacali

Fino al 18 Febbraio il Sole si trova nel segno dell’Acquario, dal 19 in poi in quello dei Pesci.

Ricorrenze

Si comincia con la Candelora, il 2 Febbraio, commemorazione della presentazione di Gesù al Tempio, per proseguire con San Valentino, la festa degli innamorati celebrata il 14 Febbraio. Il Carnevale ha un inizio variabile interconnesso alla data della Pasqua; quest’anno, quello di Venezia comincerà il 14 Febbraio coincidendo con San Valentino. Il Mercoledì delle Ceneri, invece, precede la prima domenica di Quaresima.

Colore

Il viola, tonalità mistica e spirituale, viene considerato il colore di Febbraio: un omaggio al suo mistero, alla sua ambivalenza. Febbraio è un po’ sacro e un po’ profano: da un lato la Quaresima, il digiuno, la preghiera, la penitenza; dall’altro il Carnevale con i suoi bagordi, i balli sfrenati e le maschere irriverenti.

Pietra preziosa

La gemma del mese è una pregiatissima varietà di quarzo viola, l’ametista, molto amata sin dall’epoca di Alessandro Magno. Gli antichi Greci la associavano a Dioniso, il dio del vino, in virtù del suo colore; secoli orsono veniva reputata una pietra dai poteri magici, in grado di accrescere l’intuito e l’intelligenza di chiunque la indossasse.

 

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31 Dicembre: la notte di Capodanno e la tradizione dei botti

 

 

“Buon anno a tutte le cose: al mondo! al mare! alle foreste! Buon anno a tutte le rose che l’inverno prepara in segreto. Buon anno a tutti coloro che mi amano e stanno ad ascoltarmi… E buon anno, nonostante tutto, anche a tutti coloro che non mi amano.”
(Rosemonde Gérard)

 

Capodanno: botti e brindisi, oro e argento, balli sfrenati e fuochi d’artificio. Ma come nasce la tradizione dei botti, così dannosa per i nostri amici a quattro zampe? Per scoprirlo, dobbiamo ritornare indietro nel tempo. Precisamente al 191 a.C., quando, nell’antica Roma, il pontefice massimo spostò il Capodanno al 1 Gennaio; prima di allora, infatti, l’anno terminava a Marzo. Il “pontifex maximus”, attuando questo cambiamento, si ispirò a quanto aveva originariamente stabilito il secondo re di Roma Numa Pompilio. Non era un caso che i romani avessero dedicato il mese di Gennaio a Giano, il dio Bifronte, che guarda contemporaneamente al passato e al futuro. Tuttavia, quando l’anno volgeva al termine, i Saturnali celebravano Saturno con tutti gli onori: l’imperatore Domiziano decretò che si svolgessero dal 17 al 23 Dicembre. Questo periodo di festività era contraddistinto da banchetti, sacrifici e da un’immensa sfarzosità, ma soprattutto dall’inversione dei ruoli. Gli schiavi potevano assaporare il piacere della libertà e farsi servire dai padroni, ma non solo: l’elezione di un princeps, che indossava abiti di un rosso sgargiante (la tonalità caratteristica degli dei) e una maschera grottesca, mirava a mettere in ridicolo la nobiltà. Al princeps venivano conferiti pieni poteri, e poteva impersonare sia Saturno che altre divinità. I Saturnali erano stati istituiti con un duplice scopo. La trasgressione delle regole e il sovvertimento delle classi sociali venivano reputati fondamentali affinchè l’ordine fosse ripristinato dopo il caos più totale; inoltre, i romani identificavano l’Inverno con il periodo in cui gli dei, emersi dalle viscere del sottosuolo, girovagavano sulla terra: allo scopo di ingraziarseli, e di propiziare i raccolti futuri, la popolazione istituiva feste a loro dedicate e li omaggiava con dei doni.

 

 

Le celebrazioni erano, anzi, dovevano essere, eccessive, smodate, “rumorose”, tant’è vero che i Saturnalia sono stati paragonati alle odierne feste di Carnevale. Arrivando ai nostri giorni, possiamo facilmente constatare che quel tipo di caos (pur con le dovute variazioni) è parte integrante dei festeggiamenti dell’ultima notte dell’anno: oggi i petardi, i fuochi pirotecnici e d’artificio la fanno da padrone. Persino al ristorante, oppure a casa o al veglione, stappare lo spumante con il botto trionfa su ogni regola di bon ton. Viene spontaneo chiedersi perchè i botti di Capodanno ci piacciano così tanto. La risposta è semplice: in tempi molto antichi, il frastuono o rimbombo prodotto da determinati strumenti musicali veniva utilizzato per allontanare gli spiriti maligni. Un rumore secco il più possibile, come può esserlo uno scoppio, metteva in fuga i demoni, i vampiri, le entità malvagie provenienti dall’aldilà; ciò era valido in tutte le culture. Un botto, insomma, poteva scacciare qualsiasi ombra si facesse largo nel buio dell’Inverno. Persino in Cina, tanto per fare un esempio, l’esplosione dei petardi e dei fuochi d’artificio è un must imprescindibile del Capodanno.

 

 

E poi c’è il ballo, che la notte del 31 Dicembre è sfrenatissimo. Le danze rituali, fin dalla notte dei tempi, sono state un denominatore comune di qualsiasi civiltà: danzando si inneggia al prossimo ciclo stagionale, al risveglio della terra, alla fertilità della natura (ma anche degli esseri umani). A Capodanno, l’euforia e l’ebbrezza regnano sovrane, e in quest’atmosfera lo spumante gioca un ruolo essenziale. Lo stesso cenone, interminabile, ricco di cibi e di bevande, ci riporta ai banchetti che gli antichi popoli organizzavano per propiziare l’abbondanza dei frutti della nuova stagione. Tornando ai balli e alla Roma antica, potremmo menzionare i Salii, un collegio sacerdotale istituito dal re Numa Pompilio: i Salii si esibivano in una danza che includeva dei salti al ritmo della musica. Se i salti dei Salii fossero risultati molto alti, avrebbero favorito un’elevata crescita del grano.

 

 

Anno nuovo vita nuova

 

 

Chi mangia lenticchie il primo dell’anno, tocca i soldi tutto l’anno

 

 

Anno bisesto, anno funesto

 

 

L’anno vecchio se ne va e mai più tornerà

 

 

Anno di neve, anno bene

 

 

Chiara notte di Capodanno, dà slancio a un buon anno

 

 

Chi lavora a Capodanno, lavora tutto l’anno

 

 

Capodanno senza luna, sette nevi sopra una

 

 

Per l’anno nuovo, tutte le galline fanno l’uovo

 

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Febbraio

 

Che ti mormora il sangue negli orecchi e alle tempie
quando è là di febbraio che nel bosco
ancora risecchito corre voce
d’una vita che ricomincia.
(Mario Luzi)

 

Benvenuto al mese di Febbraio, dal latino “februare” ovvero “purificare”: nell’ antica Roma, infatti, a Febbraio si svolgevano i Lupercalia, dei riti di purificazione in onore di Febris, una dea alla quale venivano attribuite speciali virtù guaritrici. Le celebrazioni, che culminavano il 14 Febbraio, con l’avvento del Cristianesimo furono soppiantate dalla festa di San Valentino. E’ curioso sapere che Febbraio cominciò a esistere solo nel 713 a.C., con Numa Pompilio: il calendario romano iniziava a Marzo e i latini reputavano l’Inverno una stagione priva di mesi. Quando Numa Pompilio aggiunse Gennaio e Febbraio, assegnò a quest’ultimo solo 28 giorni – quanti ne bastavano per concludere l’anno. Origini del mese a parte, quel che è certo è che a Febbraio, pur essendo ancora pieno Inverno, iniziano a palesarsi indizi che preannunciano l’arrivo della Primavera. Le giornate si fanno più lunghe, i raggi del sole risplendono sul candore della neve. Sbocciano i primi fiori: il bucaneve, il crocus, i ciclamini. Gli uccelli acquatici popolano i laghi e gli stagni, la linfa risale a poco a poco dalle radici degli alberi e prende il via la cosiddetta “migrazione di ritorno”. Il canto dei volatili è ogni giorno più frequente, le cinciarelle vanno alla spasmodica ricerca del posto ideale in cui nidificare. Sono solo tracce, dettagli quasi impercettibili, che lasciano presagire la svolta imminente del cambio di stagione. Febbraio è un mese costellato di ricorrenze: il 2 Febbraio si celebra la Candelora (che commemora la presentazione di Gesù al Tempio), il Carnevale raggiunge il suo culmine (quest’anno Giovedì e Martedì Grasso cadranno, rispettivamente, l’8 e il 13 Febbraio), San Valentino scalda i cuori degli innamorati e nel 2024 coinciderà con il Mercoledì delle Ceneri.  I segni zodiacali del mese sono l’Acquario e i Pesci, il colore è il viola, la pietra preziosa è l’ametista: conosciuta anticamente come una delle cinque gemme cardinali (le altre sono il rubino, il diamante, lo zaffiro e lo smeraldo), sfoggia nuance che spaziano dal lavanda al prugna passando per magiche gradazioni di indaco.

 

 

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Gennaio

 

È profondo gennaio. Il cielo è duro. Gli steli sono saldamente radicati nel ghiaccio.
(Wallace Stevens)

 

Diamo il benvenuto a Gennaio, primo mese dell’anno e cuore dell’Inverno. Gennaio conta 31 giorni e il suo nome deriva dal latino Ianuarius, derivante a sua volta da Ianus ovvero Giano: il dio bifronte che regnava sulle porte e i ponti poichè simboleggiava i periodi di passaggio e di trasformazione (ianua in latino significa porta). Nel calendario romano, originariamente, Gennaio non esisteva. Per gli antichi romani, infatti, l’Inverno era una stagione non suddivisa in mesi. Ad introdurlo fu Numa Pompilio, che nel 713 a.C. lo inserì insieme a Febbraio decretandoli, rispettivamente, il primo e il secondo mese dell’anno. Fu solo nel II secolo a.C., tuttavia, che Gennaio divenne ufficialmente il primo tra i dodici mesi: il calendario romano continuò ad iniziare a Marzo fino al 153 a.C., dato che Marzo coincideva con importanti eventi militari ed istituzionali. Solo molti anni dopo, quando l’elezione dei consoli fu fissata a Gennaio, questo mese passò ad aprire le porte del nuovo anno. Nonostante ciò, nel Medioevo il Capodanno variava ancora da regione a regione; fu Papa Gregorio XIII, con la riforma del calendario gregoriano nel 1582, a far coincidere l’inizio dell’anno con il 1 Gennaio in tutto il mondo cristiano. Gennaio, in quanto mese di un nuovo inizio, è il periodo dei nuovi progetti e dei buoni propositi. Le temperature sono gelide, il ghiaccio e la neve imperano e la natura è nel pieno del suo assopimento. Tutto questo dota Gennaio di un fascino “nordico” il cui culmine coincide con gli ultimi tre giorni del mese, i cosiddetti “giorni della merla”. Tra le ricorrenze più importanti troviamo il Capodanno e l’Epifania, Giorno dei Re Magi per il cristianesimo e della Befana per il folklore. I segni zodiacali compresi in questo mese sono il Capricorno e l’Acquario, il colore associato al periodo è il grigio (come la cenere del camino, un elemento che si ricollega alla celebre leggenda della merla) mentre la pietra è il granato, così chiamata perchè ricorda i semi rossissimi della melagrana.

 

 

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La calza della Befana

 

” Ecco l’origine dell’uso di esporre le scarpe sulle finestre, la sera dell’Epifania, uso tradizionale nei bimbi. E’ certo che i signori Re magi, per venire da noi, hanno fatto un lunghissimo viaggio – e i viaggi sciupano le scarpe – quindi, è pur certo, che la migliore offerta che noi possiamo far loro, allorché passano da casa nostra, sia quella,… delle scarpe. Essi poi gentilmente contraccambiano l’offerta con qualche loro mercanzietta, dolci, giochi ecc…. e di ciò i bimbi li ringraziano cordialmente. “

Carlo Dossi, da “Note Azzurre”

 

Buona Epifania. Il termine, derivante dal greco antico, è composto da un incrocio tra il verbo “epifàino” e il sostantivo “epifàneia” (che significano rispettivamente “mi rendo manifesto” e “apparizione divina”), ed indica il momento in cui la divinità di Gesù Cristo si è palesata all’ umanità. La Cometa, con la sua luce suprema, l’ha annunciata al mondo: il suo splendore era tale che un trio di sapienti astrologi e sovrani, i Re Magi, decise di recarsi a Betlemme seguendo quella scia luminosa. I Magi provenivano da tre diversi continenti, l’Asia, l’Europa e l’Africa, e desideravano rendere omaggio a Gesù Bambino. Si chiamavano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Avevano tratti somatici e colore della pelle tipici delle loro terre, tre età differenti: dettagli che simbolizzavano la gioia per la nascita del bambinello da parte di tutti i popoli e di ogni generazione. I Re Magi portavano con sè dei doni destinati a Gesù Cristo. Gaspare gli offrì l’incenso per celebrare la sua divinità, Baldassarre la mirra (utilizzata per i riti di imbalsamazione) poichè era un essere mortale, Melchiorre l’ oro, che inneggiava alla regalità e alla luce del Re dei Re.

 

 

Fu durante il viaggio dei Magi a Betlemme che, secondo una leggenda, entrò in scena la Befana. I tre Re chiesero informazioni sul tragitto a una vecchietta che incontrarono strada facendo, dopodichè la invitarono a unirsi a loro per far visita a Gesù Bambino. La donna rifiutò, ma se ne pentì subito dopo. Prese dunque un gran cesto e lo riempì di dolci, poi si avviò verso Betlemme in cerca dei Magi. Non riuscì a raggiungerli, così vagò di casa in casa regalando i suoi dolciumi ai bimbi con la segreta speranza di imbattersi nel piccolo Gesù. Ecco come nacque la figura della Befana, una vecchina che ogni 6 Gennaio dispensa doni ai bambini buoni. La classica calza che quella notte si appende al cammino, possiede un significato simbolico ben preciso. Alcuni la riconducono a una leggenda che vede protagonisti Numa Pompilio, secondo re di Roma, e la ninfa Egeria: quando arrivava il Solstizio d’Inverno, Numa Pompilio era solito far penzolare una calza dal tetto della grotta abitata da Egeria. Il giorno dopo gioiva nel trovarla ricolma di cibi e dolci, insieme alle profezie che la ninfa gli annunciava. Tra le usanze del 6 Gennaio, la calza è senz’altro la più celebre. Di solito veniva realizzata a maglia dalle mamme o dalle nonne per unire l’ utile al dilettevole, una buona protezione contro il freddo e un contenitore duttile che potesse riempirsi del maggior numero di regali possibile. I bambini appendevano le calze della Befana sotto la cappa del camino, poichè si pensava che la bonaria vecchina si calasse nelle case attraverso il comignoli (per saperne di più sulle origini della Befana, rileggi qui l’ articolo che ho pubblicato su Frau Holle, Berchta e Frigg). All’ alba del 6 Gennaio, la calza era piena di primizie tipicamente stagionali: arance, mele, frutta secca e mandarini inneggiavano al nuovo ciclo naturale ed avevano una valenza propiziatoria. Persino il carbone era un importante componente della calza, dato che richiamava i tradizionali falò del Solstizio d’Inverno. Con il tempo, tuttavia, il carbone si tramutò nel regalo che ricevevano i bambini cattivi, una sorta di castigo per il loro comportamento. Qualche decina di anni orsono, era comune trovare nelle calze – oltre alla frutta – torroncini, dolciumi, cioccolato a forma di moneta rivestito di carta stagnola. Il carbone, diventando carbon dolce, ammoniva scherzosamente i fanciulli più “scavezzacollo”.

 

 

Non tutti i bambini, però, avevano l’abitudine di appendere la calza al camino. La Befana viene rappresentata da sempre come un’ anziana signora non esattamente attenta al proprio look: calza scarpe logore, indossa abiti stracciati e i suoi capelli bianchi vedono il pettine molto di rado. Da qui l’ usanza di mettere un paio di scarpe nuove nel caminetto; la Befana le avrebbe prese con sè prima di lasciare i suoi doni, oppure le avrebbe riempite di regali e dolci. Calze o scarpe che fossero, l’atmosfera che aleggiava nelle notti d’Epifania della nostra infanzia è indimenticabile. Si restava svegli fino all’ alba cercando di “cogliere in flagrante” la Befana, e alle prime ore del mattino ci si precipitava a controllare i pacchi e i pacchetti ammucchiati nel camino. Ricordo che ero solita far trovare alla Befana un bicchiere di vino e un sacchetto di biscotti, cosicchè potesse rifocillarsi durante il suo peregrinare sui tetti. Cerchiamo di vivere appieno questa giornata e di ripristinarne la magia, perchè, come dice un proverbio, “L’ Epifania tutte le feste porta via”: è una triste realtà.

 

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I “giorni della merla”: i giorni più freddi dell’ anno e le loro leggende

 

Siamo nel pieno dell’ Inverno, nel pieno dei giorni più freddi nell’ anno: i “giorni della merla”. E’ questo il nome con cui il 29, il 30 e il 31 Gennaio vengono identificati nella tradizione popolare. Ad ispirarlo sono state remote leggende che condividono la protagonista, una merla dal piumaggio bianco, e lo scenario, il freddo intenso del primo mese dell’ anno. La leggenda più accreditata risale a tempi antichissimi. Narra di una merla candida, ammirata da tutti, che Gennaio aveva preso di mira: ogni volta che andava a far provviste, lui scatenava tormente di neve e violente folate di vento. Un anno, stufa dei suoi dispetti, la merla si procurò cibo in abbondanza e rimase al tepore del suo nido per 28 giorni esatti – tanti, allora, ne contava Gennaio. Il ventinovesimo giorno uscì e iniziò a burlarsi di quel mese perfido che stavolta non era riuscito a infastidirla. Gennaio si infuriò terribilmente: chiese in prestito tre giorni al fratello Febbraio e ritornò subito per provocare tempeste a raffica. Gelo, temporali e neve costrinsero la merla a rifugiarsi di corsa nel primo comignolo che incontrò lungo il suo percorso. Qui rimase per 72 ore, finchè finalmente il maltempo svanì. Quando uscì dal nascondiglio tirò un sospiro di sollievo, perchè era scampata alla collera di Gennaio. Ma non appena si specchiò, rimase senza fiato: le sue splendide piume bianche, per colpa del fumo del comignolo, erano diventate color carbone. Da quel momento, il piumaggio dei merli rimase per sempre nero e il mese di Gennaio durò in eterno 31 giorni.

 

 

Questa leggenda, tuttavia, non è poi così lontana dalla realtà: nel 713 a.C., con la riforma di Numa Pompilio, il mese di Gennaio durava davvero 28 giorni. Quando il calendario romano fu sostituito da quello giuliano nel 46 a.C., Gennaio si “impadronì” di tre giorni appartenenti a Febbraio poichè quest’ ultimo calendario si basa sull’ anno solare, ossia sul ciclo delle stagioni. Tra le svariate versioni della leggenda ne compare una abbastanza simile: narra di una famiglia di merli che, a Milano, aveva fissato la sua dimora sotto una grondaia. La neve copiosa di quell’ Inverno rendeva sempre più difficile procurarsi il cibo, perciò il capofamiglia decise di volare lontano alla ricerca di un rifugio sicuro in cui trasferirsi con la sua merla e con i loro tre merlottini. Fu proprio in quel periodo che mamma merla, viste le temperature polari, fu costretta a spostarsi su un altro tetto insieme ai suoi piccoli. Lì, il fumo di un comignolo emanava un po’ di calore. Ma quando papà merlo ritornò dal viaggio, stentò a riconoscere la sua stessa famiglia: la fuliggine aveva annerito completamente le piume dei merlottini e di mamma merla. Si unì comunque a loro e il 1 Febbraio, una giornata tiepida, uscirono tutti per godere dei raggi del sole. L’ allegra famiglia, a causa del fumo, era ora composta da cinque merli neri. Fu proprio da allora – secondo la leggenda – che i merli bianchi scomparvero, sostituiti da esemplari con il piumaggio color fuliggine (è il caso di dirlo). I detti popolari hanno attribuito una variegata simbologia alla figura del merlo: se molti proverbi fanno coincidere il suo canto con la fine dell’ Inverno, altri intimano al merlo di non cantare neppure a Marzo per non istigare il ritorno del maltempo. Sul versante credenze, invece, la tradizione vuole che a dei giorni della merla molto freddi segua una Primavera assolatissima. Al contrario, se i giorni della merla sono tiepidi la Primavera faticherà ad arrivare.