Il mare, il turchese e la libertà

 

Uomo libero, amerai sempre il mare!
Il mare è il tuo specchio: tu contempli l’anima tua
nell’infinito muoversi dell’onda
E il tuo spirito non è abisso meno amaro.

(Charles Baudelaire, dalla poesia “L’uomo e il mare”)

 

Che mare e libertà vengano perennemente associati, non è una novità. Il senso d’infinito che ispira in noi la distesa marina, il suo insondabile orizzonte, le forme mutevoli delle sue onde, instaurano un legame indissolubile tra l’immensa massa d’acqua e il concetto di emancipazione. Il mare può essere anche crudele, imprevedibile, ma non importa: quegli spazi smisurati ci fanno sognare. Ci fanno pensare di poter prendere il largo e andare altrove, solcando il blu sconfinato per un numero imprecisato di giorni. Ritorneremo presto sull’argomento. Intanto, possiamo tramutare il colore del mare in un prezioso dettaglio di stile: tra le sue svariate nuance, la più ammaliante è sicuramente il turchese. Sceglietela per dipingervi le unghie, sarà un rimando simbolico al mare e alla sua valenza di libertà.

 

Foto: Karolina Kaboompics via Pexels

 

Torna la Luna Piena dei Fiori, che stasera splenderà accanto alla fulgida Antares

 

Con la speranza che il maltempo ci dia tregua, oggi potremo assistere a uno spettacolo astronomico che ogni anno ci lascia senza fiato: la Luna Piena dei Fiori si prepara a stupirci con tutto il suo splendore. Alle 15.53 raggiungerà la fase di piena, ma in quel momento la luce del giorno renderà pressochè impossibile distinguerla. Potremo però ammirarla stasera, sempre che le nuvole non ingombrino il cielo. Sarà facile notarla, in assenza di nubi: è visibile a occhio nudo. Si posizionerà nella costellazione dello Scorpione, perfettamente individuabile sull’orizzonte Sud Est. Non troppo lontano brilla Antares, la stella più fulgida del gruppo. Per osservare al meglio questo suggestivo evento, è consigliabile contemplare la Luna Piena dei Fiori sin dal momento in cui sorge; sarebbe opportuno trovarsi in un luogo che offra un’ampia visuale sull’orizzonte.

 

 

Ma perchè è chiamata “Luna Piena dei Fiori”? Ancora una volta, come nel caso di molti pleniluni, l’origine del nome viene attribuita alle antiche tribù dei nativi americani; pare che a denominarla così furono infatti gli Algonchini. I fiori fanno riferimento alla rinascita della natura, un concetto ricorrente in tutti gli appellativi che le sono stati affibbiati: gli Apache l’avevano ribattezzata Luna delle Foglie Verdi, i Mohawk Luna della Grande Foglia, gli Anishnaabe Luna in Fiore, mentre per altre tribù era la Luna delle Madri, della Lepre, dell’ Erba, del Latte e della semina del Mais. Questi ultimi due nomi rimandano alla stagione in cui il plenilunio appare; a Maggio la varietà delle erbe presenti nei pascoli permette ai bovini, i caprini e gli ovini di produrre un latte estremamente nutriente, mentre il mais viene seminato proprio a cavallo tra Maggio e Giugno.

Foto dei nativi americani: Boston Public Library via Unsplash

 

Arriva la Luna del Raccolto, ultima Superluna dell’anno e prima luna piena dell’Autunno

 

E’ la quarta Superluna dell’anno, ma è anche l’ultima: e concluderà la serie in bellezza, perchè lo spettacolo che si accinge ad offrirci sarà a dir poco mozzafiato. La Luna del Raccolto, questo il suo nome, appare nei giorni immediatamente successivi all’ Equinozio d’Autunno. Non è raro che arrivi ad Ottobre, come accadde nel 2020. Tuttavia, quest’eventualità non riguarda il presente. La prima luna piena dell’ Autunno si presenterà infatti alle 11.58 (ora italiana) del 29 Settembre. In quel momento disterà dal perigeo 361.552 km, ma lo splendore del sole ci impedirà di ammirarla. Gli astronomi consigliano di rimandare l’osservazione al crepuscolo, quando il buio che avanza svelerà appieno la luminosità e la grandezza dell’astro. Nonostante il perigeo (il punto in cui la luna si trova più vicina alla Terra nel corso della sua orbita) superi leggermente quello delle Superlune di Agosto, le dimensioni della Luna del Raccolto ci sorprenderanno. Ma perchè è stata battezzata così? Il nome ha un significato ben preciso: fu una tribù di nativi americani, gli Algonchini, ad affibbiarglielo, poichè grazie alla luce potente della luna piena gli indigeni potevano portare avanti il raccolto anche in notturna. Nel Nuovo Mondo era anche conosciuta come “Luna del Mais”, un prodotto tipicamente autunnale che i nativi americani coltivavano in vaste aree insieme ai fagioli e alle zucche.

 

 

La Luna del Raccolto, apparendo pochi giorni dopo l’Equinozio di Autunno, compie un’orbita attorno alla Terra a livello dell’ orizzonte. Essendo così posizionata, favorisce la dispersione delle onde blu nell’atmosfera; il risultato è una maggior propagazione di onde rosse che donano un magico color arancio alla Superluna. Vi state preparando già per ammirarla?

 

 

Foto: Shakhawat Shaon via Pexels

 

Il cancello del tempo

 

“Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c’è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l’orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo.  Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l’impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così si continua il cammino in una attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualche cosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa tempo a fissarlo che già precipita verso il confine dell’ orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l’una sull’altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire. Chiudono a un certo punto alle nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa tempo a tornare. Ma Giovanni Drogo in quel momento dormiva ignaro e sorrideva nel sonno come fanno i bambini. “

Dino Buzzati, da “Il deserto dei Tartari” (Rizzoli)

 

 

(Foto: Dmitriy Zub via Pexels)

 

Punti di luce

 

” Ho guardato in basso, e di colpo c’era la città, come un immenso lago nero pieno di plancton luminoso, esteso fino ai margini dell’ orizzonte. Ho guardato i punti di luce che vibravano nella distanza: quelli che formavano un’ armatura sottile di paesaggio, fragile, tremante; quelli in movimento lungo percorsi ondulati, lungo traiettorie semicircolari, lungo linee intersecate. C’erano punti che lasciavano tracce filanti, bave di luce liquida; punti che si aggregavano in concentrazioni intense, fino a disegnare i contorni di un frammento di città e poi scomporli di nuovo, per separarsi e allontanarsi e perdersi sempre più nel buio. Li guardavo solcare gli spazi del tutto neri che colmavano inerti il vuoto, in attesa di assorbire qualche riflesso nella notte umida. “

Andrea De Carlo, da “Treno di Panna”

 

 

 

Una passeggiata d’inverno

 

” Eppure, mentre la terra giù in basso sonnecchiava, da tutte le regioni dell’aria superna si riversava vivace un polverio di fiocchi piumosi, come se una nordica Cerere dominasse il cielo facendo piovere su ogni campo la sua argentea semenza. Dormiamo. E finalmente ci ridestiamo alla tacita realtà di una mattina d’inverno. La neve ricopre ogni cosa, calda come cotone, o frana giù dal davanzale. Fioca, dall’ ampia impannata, dalle lastre di vetro rabescate dal gelo trapela una luce arcana, in grado di esaltare l’accogliente tepore della nostra stanza. Profondo è il silenzio del mattino. Il piancito scricchiola sotto i nostri piedi mentre ci accostiamo alla finestra per guardare all’ esterno, volgendo per un lungo tratto fosforescente gli occhi sulla campagna. Vediamo i tetti ristare intirrizziti sotto il loro fardello di neve. Stalattiti di ghiaccio frangiano gronde e staccionate, mentre nel cortile irte stalagmiti rivestono qualche oggetto sepolto. Alberi e arbusti levano da ogni parte candide braccia al cielo; e dov’erano muri e recinti, vediamo fantastiche forme spiccare in archi bizzarri sullo sfondo di quel panorama cupo, quasi che nella notte la natura avesse sparso per i campi alla rinfusa i suoi freschi abbozzi per farli servire da modelli all’ arte dei mortali. Silenziosamente, mettiamo mano al chiavistello e apriamo la porta, lasciando che si richiuda alle nostre spalle facendo ricadere il paletto, e allunghiamo un passo all’ esterno affrontando l’aria tagliente. Le stelle hanno già perduto un po’ del loro scintillio; l’orizzonte è cinto da un orlo di bruma opaco, plumbeo. A oriente, uno sfrontato bagliore vivida proclama il prossimo avvento del giorno, mentre lo scenario a occidente ci appare ancora indistinto e spettrale, e come velato da una fosca luminescenza tartarea, che lo fa assomigliare al regno delle ombre. (…) Nel cortile, le orme fresche della volpe o della lontra ci fanno rammentare che ogni ora della notte è gremita di eventi, e la natura primitiva continua a operare e a lasciare tracce sulla neve. (…) In lontananza, frattanto, oltre i cumuli bianchi e attraverso le finestre impolverate di neve, scorgiamo il lume precoce del contadino emettere, pari a una smorta stellina, un brillio smarrito, come se proprio allora si stessero salutando laggiù i primi albori di qualche austera virtù. E, ad uno ad uno, ecco che tra alberi e nevi da ogni comignolo comincia a levarsi un fil di fumo. “

 

Henry David Thoreau, da “Una passeggiata d’inverno” (ed. Lindau, 2019. Primo racconto del libro omonimo)

Il luogo

 

Il mare. Ma al tramonto, quando diventa una tavola d’olio che riflette le cangianti sfumature del calar del sole. La spiaggia si svuota e al vocio, alla musica a palla diffusa dagli impianti stereo di alcuni lidi, si sostituisce il suono ipnotico della risacca. Le voci dei “bagnanti serali”, tutti coloro che preferiscono immergersi in acqua con nessuno intorno, vengono veicolate sulla riva dalla brezza. Sono momenti magici, da vivere con lo sguardo rivolto all’orizzonte e la mente sgombra, svuotata dal peso accumulato durante il giorno. Basta allertare i sensi per percepire le vibrazioni scaturite da quegli istanti di armonia cosmica, l’ atmosfera sospesa che aleggia mentre il sole, in un caleidoscopio di colori, sprofonda nella massa acquosa. Camminando sul bagnasciuga, ci si imbatte in chi  approfitta dell’ incanto del tramonto per praticare yoga o in qualche gabbiano che zampetta sulla sabbia prima di riprendere il volo. E’ ora di lasciar spazio al relax. Di sorseggiare un calice di vino frizzante e di ammirare l’ infinito perdendosi lungo la linea dell’ orizzonte. L’ immensità del mare si tramuta in un concetto, in un’ immagine emblematica; ci insegna a relativizzare e a meditare sul suo spazio senza limiti. Ma il mare è anche una porta aperta sul mondo, tangibile e intangibile. Al di là del mare esistono nuove terre, nuove culture, nuove lingue, nuove etnie. Ammirare il mare sconfinato è mettersi in contatto con l’universo sondando dimensioni altrettanto incommensurabili. Il mare, poi, ha un linguaggio proprio, che chi lo ama impara presto a decifrare: come disse Verga, ” Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole. “

 

 

 

Ultimo weekend di Agosto

 

Inizia l’ ultimo weekend d’ Agosto, l’ estate è ormai agli sgoccioli. Ma il mare è sempre lì, immancabile sfondo dei nostri momenti di riflessione. E al crepuscolo, subito dopo il tramonto, diventa una tavola solcata dai bagliori argentei che seguono il calar del sole. Davanti a quell’ infinita distesa d’acqua, sono tanti i pensieri che affiorano alla mente: in generale direi che no, non è stata una bella estate. Una minaccia invisibile, perennemente incombente, ci ha costretti a privarci di tutto ciò che di più bello l’ estate ha da offrirci. Aperitivi e cene in compagnia, abbracci, balli sfrenati, viaggi, concerti e festival attesissimi sono entrati nella “lista nera” delle probabili cause di diffusione del Covid. Non sappiamo quando tutto questo finirà e come, a regnare è l’incertezza. La nostra quotidianità, intanto, è cambiata a 360 gradi: l’ unica evidenza è che dobbiamo imparare a gestirla. Scendere a patti con il cambiamento, acquisire una nuova consapevolezza sembrano essere gli unici modi per (come dicono gli scienziati) convivere con il virus. Senza fondamentalismi, senza terrore, ma senza neppure sottovalutare il problema. Perchè sfidare il Covid per non dargliela vinta è solo dargliela vinta, in realtà. Il mare è ancora lì, calmo e fermo, il suono delle onde trascina nel suo ritmo ipnotico. Ci insegna a essere stoici, il mare. A non arrenderci, come i flutti che ininterrottamente lambiscono la riva. E a guardare lontano, oltre l’ orizzonte…Chissà, magari – in attesa di un vaccino o di una terapia – il mondo riscoprirà i valori dell’ armonia, dell’ equilibrio, dell’ attenzione per l’ ambiente. Se niente o quasi è come prima, cogliamo l’ occasione per volgere al meglio questo cambiamento. Neanche il mare, dopotutto, è quello “di un tempo”: bagni di mezzanotte, flirt sul bagnasciuga, barbecue in spiaggia, riunioni attorno ad un falò con tanto di schitarrate e danze non sono più all’ ordine del giorno. Ma come diceva Eraclito, “Panta rhei” (tutto scorre). Non vedremo mai nulla con gli stessi occhi, perchè ogni cosa, ogni situazione, è inesorabilmente soggetta alla legge del mutamento; un principio filosofico che, oggi più che mai, acquista tutto il suo significato.

 

 

 

Alba e rinascita

 

Nessun sole sopravvive al tramonto, ma risorgerà e porterà l’alba.
(Maya Angelou)

Avete cominciato la giornata (o magari siete andati a dormire) ammirando lo scenario mozzafiato della foto qui sopra? Siete fortunati. Oggi, 1 Agosto, inizia il mese più torrido dell’ anno, e nella mente riaffiora subito l’ immagine del mare. Perchè si associa alle vacanze, certo, e al tempo stesso ai viaggi che ci permettono di esplorare nuovi orizzonti. Ma anche perchè il relax, la vita di spiaggia, ci consentono di staccare completamente la spina e di calarci in una dimensione meno condizionata dai rituali quotidiani. Quando si ha il mare di fronte è come avere di fronte l’infinito, possibilità inesauribili di vivere il futuro. Che cosa c’è oltre il mare? Dove si approda, attraversandolo? Non servono nozioni di geografia per avere una risposta, soltanto un pizzico di fantasia e le sensazioni. Perchè il mare, così a pelle, sembra metterci in contatto con l’universo. E veder nascere il sole proprio lì, sulla linea dell’ orizzonte, è uno spettacolo indescrivibile a parole: i colori meravigliosi che a poco a poco rischiarano il cielo è come se sorgessero dal mare. L’ atmosfera si impregna di un silenzio magico, spirituale. Il giorno che nasce si tramuta nell’ emblema di un nuovo inizio, della vita che ricomincia dopo ogni notte. Le ore di buio, sebbene dirlo appaia scontato, si dissolvono sempre con la luce. E’ un dato di fatto, ma anche una metafora. Forse il bello della vita sta proprio qui: nella possibilità di rinascere, di avere infinite opportunità da perlustrare.  Ecco perchè l’ alba e il mare, soprattutto in estate quando li si vive appieno, instaurano puntualmente un connubio che ci imbeve di energia cosmica. Fateci caso: molti di noi fanno nuovi progetti o decidono di dare una svolta all’ esistenza durante le vacanze. Agosto è il mese in cui si formulano più “buoni propositi” che a Capodanno. Possiamo esser certi che a fare da sfondo a questo desiderio di cambiare ci sia stato, ebbene sì, tutto l’ incanto di un’alba sul mare.