Frutta e verdura di stagione: le new entry settembrine

 

Nuova stagione, nuova frutta e verdura da portare a tavola. Ma quali sono le new entry del mese di Settembre? Scopriamolo con una panoramica generale. In primo piano, naturalmente, c’è l’uva, e non poteva essere altrimenti nel periodo della vendemmia. Dolcissima e succosa, l’uva è ricca di zuccheri ma senza eccedere, tant’è che possono consumarla (con moderazione) anche i diabetici non incorrendo in particolari problemi. Gli acini di questo frutto contengono un mix di vitamine e minerali: la vitamina A, B1, C e PP unite a buone dosi di calcio, manganese, potassio, ferro, sodio e magnesio danno vita a un connubio altamente salutare. L’uva ha il potere di depurare l’organismo, sopperire alla carenza di minerali e scongiurare l’anemia. Accanto all’uva troviamo i fichi, prelibatezze di fine estate per antonomasia, che vengono raccolti tra Agosto e Settembre. Le prugne e le pesche resistono, pesche noci o nettarine comprese, mentre per i frutti di bosco è un vero e proprio trionfo: le more, i mirtilli, il ribes e i lamponi tingono le nostre tavole di intensi colori.

 

 

Seguono a ruota i fichi d’India, le pere e le mele, la cui raccolta è iniziata da quasi un mese a causa dell’eccezionale calura estiva.

 

 

Per quanto riguarda la verdura, iniziare con i funghi è d’obbligo. Chi si dedica alla loro raccolta, non ha che l’imbarazzo della scelta: porcini, russole, cantarelli e steccherini sono le specie must di Settembre, e ad esse si aggiunge quella dei sanguinelli a fine mese.

 

 

A Settembre, in determinate regioni d’Italia, inizia anche la raccolta di varietà di tartufi come il tartufo bianco pregiato e il tartufo nero. Nell’orto potremo invece trovare svariate delizie: su tutte la zucca, emblema autunnale per eccellenza, e poi il porro, ultra saporito. Non si può dire che non siano in buona compagnia; finocchi, patate, pomodori, fagioli, carote, sedani rapa, cavolfiori, zucchine e peperoni compongono il resto del variegato gruppo di ortaggi settembrini. Sono tutte verdure che abbondano di acqua e vitamine, estremamente benefiche per l’organismo e – ça va sans dire – squisite in cucina grazie al loro gusto.

 

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Trasferirsi a vivere in campagna, uno dei buoni propositi tra estate e autunno

 

Ricordate quando abbiamo parlato di svolte, di buoni propositi di fine estate? Bene: tra i desideri sempre più espressi da molti di noi, c’è quello di andare a vivere in campagna. E’ un desiderio che ha preso piede durante l’epoca del Covid, ma da allora non ha fatto che diffondersi a macchia d’olio. Abbandonare la città significa allontanarsi dallo smog, dal sovraffollamento, dal caos urbano. Le metropoli, anche a causa dei cambiamenti climatici, sono sempre più invivibili; le aree di degrado, il rumore proliferano. Si è generata, quindi, un’inversione di tendenza: mentre negli anni del boom economico si abbandonavano le campagne per trasferirsi in massa in città, oggi alla vita rurale si guarda con interesse, viene considerata la dimensione ideale. In campagna l’aria è più salubre, si vive a contatto con la natura. La campagna è rilassante, rigenerante, tranquilla. L’atmosfera è idilliaca. Decidere di dire basta al traffico, ai ritmi frenetici e al pericolo sempre dietro l’angolo (basti pensare che in molte città d’Italia prendere la metro è a rischio borseggio) vuol dire abbracciare un nuovo stile di vita.

 

 

Innanzitutto equivale a prendere le distanze dallo stress, poi a rimettersi in sintonia con il creato. Il sonno torna ad essere sereno, i ritmi rallentano a favore della qualità dell’esistenza. La campagna, inoltre, offre la possibilità di immergersi in uno straordinario scenario naturale: campi, prati, fiumi, laghi, boschi, radure, animali selvatici che molti hanno visto solo nei libri… Avere la natura “a portata di mano” stimola a godere appieno dei suoi benefici. Ad esempio, trascorrendo diverse ore del giorno all’aria aperta o praticando attività sportive come il jogging, le camminate e la pesca. Oppure ancora, dedicandosi alla coltivazione dell’orto (o del terreno) e all’allevamento di svariati animali.

 

 

In campagna si è soli? Niente affatto: i rapporti con i vicini o i proprietari dei poderi confinanti sono sempre molto stretti, perchè si vive in grandi spazi aperti dove scarseggiano le abitazioni. Il senso di appartenenza è più sviluppato, i legami più solidi. Ci si supporta reciprocamente, ci si chiama per nome. Risiedendo in un paese, poi, questo è ancora più evidente. Le dimensioni esigue del villaggio favoriscono la vicinanza fisica, e i rapporti interpersonali ne risentono positivamente. Nei paesini ci si conosce tutti, la nozione di comunità è ben radicata. Instaurare legami stretti influisce beneficamente sulla psiche e incentiva il benessere fisico e mentale.

 

 

Vivere in campagna permette di cibarsi di alimenti sani e salutari. Gli ingredienti, freschi e genuini, sono rigorosamente a chilometro zero o addirittura provengono dai nostri possedimenti. In più, le spese per l’affitto o l‘acquisto della casa risultano molto più accessibili che in città.

 

 

Esistono, però, delle conditio sine qua non ben precise prima di dire addio alla metropoli. In primo luogo, bisogna essere in possesso di un’auto per spostarsi con facilità. Negli ultimi anni, il lavoro da remoto ha offerto a molti di noi la possibilità di lavorare a distanza; chi svolge professioni esclusivamente “in presenza” dovrebbe poter raggiungere il luogo di lavoro con celerità.

 

 

La vita in campagna, a volte, fa sentire alienati dalla “movida” cittadina. Chi ama stare nella mischia, probabilmente non è la persona più adatta per questo tipo di vita. In campagna non ci sono club, concerti, iniziative culturali, mancano i cinema, i pub, le discoteche. Nessuno ci vieta di raggiungerli, però, con la nostra quattroruote: abbineremmo il divertimento e gli eventi mondani a una quotidianità delle più salutari.

 

 

Un altro must per chi vive in campagna è ovviamente una connessione a Internet, essenziale per continuare a sentirsi parte del mondo e usufruirne di tutti i benefici. La tecnologia ha fatto passi da gigante in questo senso, e ha senz’altro contribuito a rafforzare, in molti, il proposito di lasciare la metropoli per dedicarsi alla vita rurale. E voi cosa ne pensate? Potreste mai abbandonare la movimentata quotidianità cittadina per trasferirvi in mezzo al verde?

 

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Giugno

 

Com’è gradevole il tiglio nelle sere di Giugno!
L’aria è si dolce che a palpebre chiuse
annusi il vento che risuona – la città è vicina –
e porta aromi di birra e di vino…
(Arthur Rimbaud)

 

Ecco che arriva Giugno, il primo mese dell’Estate, anche detto Mese del Sole. Al Solstizio manca una ventina di giorni, ma l’aria è già calda e le giornate sono sempre più lunghe. Il 20 Giugno (il Solstizio d’Estate cadrà in questa data) le ore di luce trionferanno e inizierà l’incantato periodo che con la notte di San Giovanni raggiunge il suo culmine. Nell’ antica Roma, Giugno era il mese dedicato a Giunone: la divinità latina, moglie di Giove e dea del parto e del matrimonio, era anche il simbolo della fecondità della terra e ispirò il nome, Iunius, che i romani diedero a questo mese. A Giugno la natura esplode in tutto il suo splendore, maturano i frutti più succosi e l’orto ci regala prelibate primizie. Ma Giugno è anche e soprattutto il mese della raccolta del grano, da sempre elemento base del nostro nutrimento. La mietitura è un’autentica festa: mesi e mesi di lavoro ininterrotto vengono coronati dall’abbondanza e ci si prepara a inaugurare la nuova annata agricola.

 

 

Giugno ha trenta giorni ed è il sesto mese del Calendario Gregoriano. Astrologicamente predominano i segni zodiacali dei Gemelli e del Cancro, mentre dal punto di vista cromatico il Mese del Sole si associa sia al giallo che al verde. Anche le pietre preziose che lo contraddistinguono sono più d’una: l’ Alessandrite, la Perla e la Pietra di Luna. Questa molteplicità, forse, deriva dal fatto che Giugno è un’esplosione di vita, ed è difficile puntare su un unico emblema che lo caratterizzi. Tornando alle pietre, osserviamone per un momento le particolarità. L’ Alessandrite è una gemma rara declinata in sfumature che vanno dal verde al rosso lampone; la Perla, che tutti conosciamo, era il gioiello preferito da Elisabetta I d’Inghilterra (non a caso ribattezzata la “regina perla”); la Pietra di Luna è una pietra straordinaria, color bianco ghiaccio e attraversata da bagliori iridescenti. Le ricorrenze celebrate in Italia questo mese sono la Festa della Repubblica (il 2 Giugno) e San Giovanni Battista (il 24 Giugno), una solennità che segue al Solstizio d’Estate ed è associata a un tripudio di suggestive tradizioni. E’ importante sapere, peraltro, che a livello astronomico San Giovanni si colloca in esatta contrapposizione al Natale.

 

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Quando il giardino è da sogno: il Cottage Garden

 

Il bello del giardinaggio: le mani nello sporco, la testa baciata dal sole, il cuore vicino alla natura. Coltivare un giardino non significa nutrire solo il corpo, ma anche l’anima.
(Alfred Austin)

 

Maggio è il mese ideale per immergersi negli scenari da sogno che offre la natura. Uno di questi è senz’altro il giardino, ma un giardino molto particolare: il Cottage Garden tipicamente inglese. Ricordate l’articolo sulle Cotswolds che ho pubblicato due anni fa per la serie “Il luogo”? (potete rintracciarlo qui) Bene. In quelle zone, situate nel cuore dell’Inghilterra, potete ammirare molteplici esempi di Cottage Garden, il giardino che circonda i tradizionali cottage locali. Ma quali sono le sue caratteristiche? Innanzitutto, quella di affiancare gli ortaggi e gli alberi da frutto alle più disparate specie floreali. Non dimentichiamo che il Cottage Garden è un giardino di campagna, tenuto cioè a soddisfare requisiti in linea con le esigenze agresti. Potremmo quindi definirlo felicemente un “ibrido”, un po’ orto e un po’ giardino: nemmeno un briciolo del suo fascino ne verrà intaccato. Le sue radici affondano nell’800, quando il giardinaggio si tramutò in un’autentica passione per i cittadini d’Oltremanica. Anteriormente a quel periodo le case coloniche erano dotate di un “kitchen garden”, un orto sul retro circondato da alte mura; quel piccolo spazio si tramutò in un giardino in seguito all’ internazionalizzazione del commercio di frutta e verdura. Le piante e i fiori venivano scrupolosamente selezionati dalla padrona di casa, che valutava il loro potenziale ornamentale: la cura del giardino cominciò ad incarnare uno stile di vita che si impose definitivamente durante l’età vittoriana.

 

 

La seconda particolarità di un Cottage Garden è che è un giardino “in stile libero”: fiori, arbusti, bulbi, piante rampicanti, perenni e annuali compongono un variopinto mix. Questa varietà è uno dei suoi punti di forza, perchè risulta di straordinario impatto visivo. Ne mette in risalto, inoltre, la meraviglia e l’estro, che combina il verde con i più vivaci colori.

 

 

Per creare un Cottage Garden da sogno, andrebbero tenuti presenti questi aggettivi: idilliaco, romantico, campestre. La mescolanza di specie vegetali è il suo tratto distintivo, ma va realizzata in modo armonico. E soprattutto ragionato, tenendo conto dei bisogni delle piante; la corretta esposizione solare per esempio, o l’ideale tipologia di terreno. Il Cottage Garden è delimitato da uno steccato che, volendo, può essere tinteggiato con dei bei colori. La combinazione di piante e fiori dovrebbe essere attentamente ponderata anche dal punto di vista cromatico: alcune tonalità danno il meglio di sè, se abbinate tra loro. Per quanto riguarda i fiori, un valore aggiunto è costituito dal profumo. Tutto ciò che è insolito, stravagante e originale dona una marcia in più al giardino; gli archi di fiori, i pergolati, una fontana laddove non ce l’aspetteremmo catturano e deliziano l’occhio. Non è raro che, nei Cottage Garden più ampi, siano presenti dei corsi d’acqua o degli stagni che esaltano la meraviglia del luogo. Molto importanti sono anche i percorsi, i sentieri che attraversano lo spazio verde: solitamente si presentano sinuosi e si inoltrano con suggestività nella vegetazione. Un must assoluto è la presenza di rose rampicanti che decorano la facciata del cottage. Naturalmente, la cura riposta nella creazione di questa magnifica area deve risultare invisibile. Il Cottage Garden, oltre che alla natura, è un’ode alla naturalezza e alla spontaneità.

 

 

Quali piante e fiori scegliere, concretamente, per ornare il giardino di un cottage? Il mood rurale che lo pervade ci impone innanzitutto di includere dei fiori di campo: via libera all’aster, all’echinacea e all’helenium, poichè rievocano la margherita, così come ai papaveri, le campanule, i fiordalisi. Estremamente scenografici risultano il geranio, il garofano, l’achillea, l’alcea rosea; l’apice del fascino viene raggiunto però dalle rose, sia arbustive che rampicanti, insieme alle ortensie e alle peonie. I bulbi non mancano mai, nel Cottage Garden: predominano i muscari, i crocus, i narcisi, i tulipani, e abbondano le dalie e i gladioli.

 

 

Oltre che alle rose, nel Cottage Garden troviamo rampicanti splendidi come il glicine, il gelsomino, l’edera, la bignonia. Il girasole, la bocca di leone e l’anemone, il “fiore del vento”, donano un tocco di colore in più. La lavanda rapisce l’olfatto con il suo straordinario profumo. Tra le piante arbustive figurano invece il lillà, l’abelia e il rododendro.

 

 

Gli alberi presenti con maggior frequenza sono la magnolia, il pero e il melo, particolarmente sfarzosi quando sono in fiore.

 

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Cottagecore: il ritorno dello stile bucolico

 

La Primavera è la stagione che più gli si addice: non è un caso che il Cottagecore, in questi giorni, sia tornato in grande stile. Il suo ideale estetico esalta la vita rurale, i cari vecchi tempi del fatto a mano contrapposti a quelli della modernità tecnologica. La campagna, in special modo quella inglese, costellata dai suggestivi cottage con tetto di paglia, è lo scenario Cottagecore (e ce lo dice persino il nome) per antonomasia. In campagna si vive a stretto contatto con la natura, assaporando atmosfere idilliache. Si allevano animali, la frutta e la verdura si raccolgono nel proprio orto, si prepara il pane in casa. Il verde si alterna a un tripudio di fiori dai colori incredibili, valorizzando luoghi che sembrano pensati apposta per un picnic. E poi c’è la moda: lo stile Cottagecore è fatto di grandi cappelli di paglia, abiti impalpabili, stampe con pattern floreali, balze, volant e maniche a palloncino. Tutto, dall’ abbigliamento al giardinaggio, è all’insegna della sostenibilità. La lettura è un hobby ampiamente praticato negli ampi spazi aperti; vengono privilegiati libri antichi, preferibilmente volumi di fiabe o trattati di botanica. Culturalmente, le radici del Cottagecore affondano nella poesia pastorale di Teocrito e nelle Bucoliche di Virgilio: opere che inneggiano a una ruralità sognante e fortemente idealizzata. In campagna è possibile evadere dal caos cittadino, apprezzare i vantaggi di una vita all’insegna della semplicità, riscoprire la natura e le sue meraviglie. Durante il Rinascimento, anche autori come il Petrarca, Boccaccio e William Shakespeare si dedicarono al tema bucolico. Alla base c’era l’Arcadia della Grecia antica, il “locus amoenus” per eccellenza della letteratura classica e moderna. Tornando al 2024, ho voluto dedicare una photostory al Cottagecore e alle sue atmosfere: scopritele attraverso le immagini di questo post.

 

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Ottobre

 

È il caro mese dell’anno quando
più dolci nubi il cielo del mattino
attraversano, e il passo di chi parte
trova foglie più fitte nel sentiero
che s’allontana.
(Attilio Bertolucci)

 

Il tempo vola, e siamo già arrivati al secondo mese dell’Autunno: dici “Ottobre” e pensi alla castagne, alle zucche, al tripudio di colori delle foglie, ad Halloween, ai funghi, ai campi di mais…Lo scrittore Ray Bradbury ha eletto questo mese ad uno dei leitmotiv dei suoi romanzi (pensiamo solo a “Paese d’ottobre” e “Il popolo dell’autunno”). Se Settembre ancora conserva un’impronta estiva, Ottobre ci accompagna, poetico e suggestivo, verso le brume di Novembre. Per il calendario romano era l’ottavo mese dell’ anno, da qui il nome di October, anche se l’imperatore Commodo lo ribattezzò Invictus. Tuttavia, la riforma ebbe vita breve: quando Commodo morì, tornò a chiamarsi October immediatamente. Il 13 del mese nell’antica Roma si onorava il dio Fontus, la divinità dei pozzi e delle fonti; i romani lo omaggiavano con offerte a base di vino, olio e ghirlande fiorite, che deponevano sul suo altare nei pressi del Gianicolo. A Ottobre la vendemmia si avvia a concludersi ed ha inizio il processo di vinificazione. In campagna ci si appresta ad arare i campi prima della semina del grano, e si va per funghi in cerca di varietà prelibate come i porcini, i finferli, i pioppini, i prataioli, gli ovoli, le mazze di tamburo e così via. Abbiamo parlato molte volte dei tipici frutti autunnali. Nell’ orto invece è tempo di broccoli, carote, cetrioli, cavolfiori, cachi, melanzane, tartufi, sedano, zucche, zucchine, menta, porri e cime di rapa, per citare solo alcune delle verdure di stagione. In Italia, tra le ricorrenze di Ottobre rientrano la festa dei Nonni e la festa degli Angeli Custodi: entrambe ricorrono il 2 del mese. Il 7 Ottobre si celebra la Madonna del Rosario e il 31, vigilia di Ognissanti, è dedicato ad Halloween, una festività di origine celtica ormai divenuta globale. Sul colore che contraddistingue Ottobre, le scelte sono discordi: qualcuno indica l’arancio (che rimanda alla zucca halloweeniana), altri optano per una palette nelle tonalità del foliage: rosso, giallo, arancio, vinaccia, beige, marrone e borgogna. A questo mese si associano due pietre, l’opale (che gli antichi Greci ritenevano possedesse virtù divinatorie) e la tormalina, considerata mistica e declinata in tutte le cromie dell’arcobaleno. Per quanto riguarda lo zodiaco, invece, Ottobre comprende i segni della Bilancia e dello Scorpione.

 

 

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Nient’altro che l’estate

 

” Nella stanchezza mi riusciva facile non pensare alla notte, ai disordini, ai singhiozzi di Rosalba, e sprofondavo in quel cielo che avevo sognato nel dormiveglia sotto la luce fresca, indugiavo nelle viuzze del paese, guardavo all’insú. Li conoscevo questi borghi ammucchiati nelle campagne. Conoscevo l’orto estivo della casa dei vecchi dove i miei mi mandavano a far campagna da ragazzo, un paese in pianura, tra rogge e siepi d’alberi, dai vicoli coi portici bassi e le fette di cielo altissime. Della mia infanzia non mi restava altro che l’estate. Le vie strette che sbucavano nei campi da ogni parte, di giorno e di sera, erano i cancelli della vita e del mondo. Gran meraviglia se un’automobile strombettante, giunta da chi sa dove, traversasse il paese sulla strada maestra e dileguasse chi sa dove verso nuove città, verso il mare, sconvolgendo ragazzi e polvere. Mi tornò in mente nel buio quel progetto di traversare le colline, sacco in spalla, con Pieretto. Non invidiavo le automobili. Sapevo che in automobile si traversa, non si conosce una terra. «A piedi, — avrei detto a Pieretto, — vai veramente, in campagna, prendi i sentieri, costeggi le vigne, vedi tutto. C’è la stessa differenza che guardare un’acqua o saltarci dentro. Meglio essere pezzente, vagabondo». Pieretto rideva nel buio e mi diceva che dappertutto nel mondo è benzina. “

Cesare Pavese, da “Il diavolo sulle colline”

 

 

Violeta

 

” La nostra casa era piccola e la convivenza un po’ forzata; ero sempre insieme a qualcuno, ma quando compii sedici anni ricevetti in regalo una capanna a pochi metri dalla casa principale che Torito, zia Pilar e zio Bruno costruirono in un batter d’occhio e che io battezzai La Voliera, perchè quello sembrava, con la sua forma esagonale e il lucernario sul tetto. Lì avevo lo spazio necessario per la solitudine e l’ intimità per studiare, leggere, preparare le lezioni e sognare lontana dall’ incessante cicaleccio della famiglia. Continuai però a dormire in casa con mia madre e le zie, (…) l’ ultima cosa che avrei voluto era affrontare da sola i terrori dell’ oscurità nella Voliera. Con zio Bruno celebravo il miracolo della vita a ogni pulcino che usciva dal guscio e a ogni pomodoro che dall’ orto arrivava sulla tavola; con lui imparai a osservare e ad ascoltare con attenzione, a orientarmi nel bosco, a nuotare in fiumi e laghi gelati, ad accendere il fuoco senza i fiammiferi, ad abbandonarmi al piacere di affondare la faccia in un’ anguria succosa e ad accettare l’ inevitabile dolore di separarmi dalle persone e dagli animali, perchè non c’è vita senza morte, come sosteneva lui. “

 

Isabel Allende, da “Violeta”