Le 10 città più vivibili d’Europa secondo l’Europe’s Best Cities Report 2024

 

Quali sono le città europee dove si vive meglio? Come ogni anno, la società canadese Resonance Consultancy ha stilato un report per rispondere a questa domanda. Leader nel settore turistico e con molteplici progetti di riqualificazione urbana al suo attivo, Resonance Consultancy ha preso in esame 180 metropoli popolate da oltre 500.000 abitanti. I criteri in base ai quali ha redatto la sua classifica sono stati essenzialmente tre, “livability”, “loveability” e “prosperity”. Ovvero: la qualità della vita (presenza o meno di aree verdi, piste ciclabili, luoghi in cui poter respirare aria pura), le opportunità di svago (movida, ristoranti, attività culturali e commerciali, locali adibiti all’intrattenimento) e la prosperità economica (grado di istruzione della popolazione, possibilità di impiego, reddito pro capite, collegamenti stradali, ferroviari e aeroportuali). La ricerca si è avvalsa di recensioni, testimonianze, statistiche e informazioni pubblicate sui social o comunque via web. ll risultato? Un elenco dettagliato delle 100 città europee più vivibili. Ho deciso di riportare le prime dieci, e vi svelo sin d’ora che la classifica include due metropoli italiane. Ma qual è la capitale che svetta al primo posto dell’Europe’s Best Cities Report 2024? Lo scoprirete solo leggendo…

 

10. MILANO

E’ la sua prima volta nella top ten, ma debutta in grande stile: la capitale della moda e del design a livello mondiale è anche il più importante polo economico e finanziario del Paese e abbonda di località esclusive che attirano visitatori o residenti più che benestanti. Milano, inoltre, viene considerata una città mitteleuropea e si accinge ad ospitare i XXV Giochi Olimpici Invernali del 2026 insieme a Cortina. Last but not least, pare che nel capoluogo lombardo ci si sposti sempre di più in bicicletta: un punto di forza che soddisfa i parametri associati all’ecosostenibilità.

 

9. ISTANBUL

Metropoli intrisa di fascino, crocevia tra Occidente e Oriente, Istanbul è stata recentemente valorizzata da opere di ristrutturazione realizzate nel 2023, in occasione dei 100 anni dalla nascita della Repubblica di Turchia. Il terminal sotterraneo per navi da crociera, il primo al mondo, è il fiore all’occhiello del suo lussuoso porto, Galataport, rimesso a nuovo grazie a un progetto miliardario.

 

8. AMSTERDAM

Una movida “depurata” dagli eccessi decantati da molti estimatori della capitale dei Paesi Bassi e le misure adottate dal sindaco per gestire l’emergenza dei profughi ucraini rientrano tra i punti di forza che sono valsi ad Amsterdam l’ottavo posto nella classifica delle Europe’s Best Cities.

 

7. BARCELLONA

Le splendide opere architettoniche di Antoni Gaudì, il massimo esponente del Modernismo catalano, il clima mite e la mentalità eco-friendly mantengono Barcellona saldamente ancorata alla Top Ten. Uno dei suoi atout è senz’altro rappresentato dal Consell de Cent, 20 isolati convertiti in una strada pedonale a cui i veicoli hanno accesso soltanto mantenendo una bassa velocità.

 

6. PRAGA

Vanta quattro Università che sono vere e proprie eccellenze accademiche, una movida frizzante e prezzi abbordabilissimi, ma la capitale della Repubblica Ceca brilla anche per l’ originalità delle sue Terme di Birra, una sfarzosa Spa che ruota completamente attorno alla bevanda alcolica fermentata: lì è possibile, tra l’altro, effettuare bagni alla birra, fare saune di cedro con essenze di luppolo e degustare un delizioso pane alla birra fatto in casa. Questa attrazione è stata considerata un ottimo esempio di come Praga abbia saputo rivitalizzare la propria economia.

 

5. MADRID

Di Madrid è stata celebrata, in particolare, la coscienza eco. Basti pensare al Parco di Santander: inaugurato nel 2007, si snoda per 116.000 metri quadrati che includono vasti spazi verdi dedicati anche allo sport e al benessere fisico. Con una vegetazione che riduce il consumo di acqua al minimo, un circuito di bio-salute e un numero incalcolabile di nuovi alberi adibiti ad assorbire anidride carbonica in quantità, il Parco si è guadagnato l’elogio di Resonance Consultancy.

 

4.ROMA

L’ anno scorso era all’ ottavo posto dell’ Europe’s Best Cities Report, quest’anno è balzata al quarto: un avanzamento notevole, per la Città Eterna. Roma è un museo a cielo aperto, la sua storia e i suoi monumenti la rendono unica al mondo. Possiede, inoltre, molteplici aree verdi, una vita notturna frizzante e le case hanno prezzi accessibili. Recentemente, lo spirito imprenditoriale della città si è manifestato anche nell’edificazione di svariati luxury hotel.

 

3. BERLINO

Un altro avanzamento: Berlino sale dal settimo posto del 2023 al terzo posto attuale. La capitale della Germania viene premiata per la cultura, in particolare per la Berlinale; il Festival Internazionale del Cinema di Berlino si tiene ogni anno a Febbraio e ha una durata di 11 giorni. Gli Special Olympics World Games ospitati l’estate scorsa sono stati un’importante dimostrazione dello spirito inclusivo della città, che non a caso è considerata la culla della cultura LGBT.

 

2. PARIGI

Parigi rimane stabile al secondo posto, favorita dalle Olimpiadi che avranno luogo proprio nella capitale francese tra Luglio e Agosto. In previsione dell’evento, sono state apportate numerose modifiche in chiave esosostenibile per migliorare la vivibilità della città: un maggior numero di piste ciclabili, aree pedonali e spazi dove potersi rilassare all’aria aperta. Il potenziamento della rete ciclabile dovrebbe proseguire fino al 2026.

 

1. LONDRA

In testa alla classifica per il secondo anno consecutivo, Londra svetta al primo posto grazie all’incredibile numero di turisti che sceglie di visitarla, apportando notevoli introiti per l’economia cittadina (si è stimato che nel 2022 ammontassero a 14,88 miliardi di euro). Il trasporto pubblico, considerato eccellente, è un altro dei suoi punti di forza; la linea Elizabeth, ultimamente, si è arricchita di nuove fermate e percorsi. In più, la capitale del Regno Unito attira un gran numero di studenti da ogni parte del globo, le start up nascono come funghi e ospita i ristoranti, gli hotel e i luoghi più spettacolari, come si prepara ad esserlo il giardino sospeso Camden Highline che dovrebbe essere inaugurato nel 2025: ispirandosi alla High Line di New York, si svilupperà lungo una vecchia linea ferroviaria e si estenderà per circa un chilometro e mezzo di lunghezza.

 

Libertà

 

“Quando rientrai a Parigi nel settembre 1929 la cosa che subito m’inebriò fu la mia libertà. L’avevo sognata fin dall’infanzia, quando con mia sorella giocavo a fare “la ragazza grande”. Ho già descritto con quale passione l’avessi invocata da studentessa. E d’un tratto, ecco che la possedevo; ad ogni gesto che compivo mi meravigliavo della mia leggerezza. La mattina, appena aprivo gli occhi, mi sentivo stordita di felicità. (…) Pagavo una pigione alla nonna, e lei mi trattava con la stessa discrezione delle altre pensionanti; nessuno controllava le mie entrate e le mie uscite. Potevo rientrare all’alba o leggere a letto per tutta la notte, dormire in pieno mezzogiorno, restarmene murata per ventiquattr’ore di seguito, scendere improvvisamente in strada. Facevo colazione con un bortsch da Dominique, pranzavo alla Coupole con una tazza di cioccolata. Mi piacevano il cioccolato, il bortsch, le lunghe sieste e le notti di veglia, ma soprattutto mi piaceva vivere a mio capriccio. Non c’era quasi nulla che me lo impedisse. Constatavo con gioia che il “serio dell’esistenza” di cui gli adulti mi avevano intronato le orecchie, in realtà non era un peso troppo greve. Dare i miei esami, certo non era stato uno scherzo; avevo duramente penato, avevo avuto paura di non farcela, avevo cozzato contro ostacoli, stancandomi. Adesso non incontravo resistenze da nessuna parte, mi sentivo in vacanza, e per sempre. Qualche lezione privata, e un incarico al Liceo Victor Duruy, mi assicuravano il pane quotidiano; questi lavori non mi davano alcuna noia, poichè, eseguendoli, mi sembrava di dedicarmi a un gioco nuovo: giocavo alla persona adulta. Darmi d’attorno per trovare delle lezioni private, discutere con le direttrici e coi genitori degli allievi, combinare il mio bilancio, contrarre prestiti, rimborsarli, calcolare, tutte queste attività mi divertivano poichè le compivo per la prima volta. Ricordo l’allegria che mi diede ricevere il mio primo stipendio. Avevo l’impressione d’imbrogliare qualcuno.”

Simone De Beauvoir, da “L’età forte” (Einaudi)

 

Beauty look della Paris Couture Week Primavera Estate 2024: il trionfo dell’eyeliner

Georges Hobeika

Quali tendenze make up ha evidenziato la Paris Couture Week? Le sfilate di Alta Moda Primavera Estate 2024 hanno coniugato un ricercato savoir faire sartoriale con beauty look altrettanto impeccabili. Per l’eyeliner è stato un vero e proprio trionfo: lo hanno proposto svariate Maison, tra cui Georges Hobeika, RVDK Ronald van der Kemp, Rami Al Ali e Alexis Mabille, donando potenti suggestioni rétro allo sguardo. Georges Hobeika, in particolare, ha portato in scena un cat eye perfettamente in linea con il glamour anni ’60 e arabeggiante della sua collezione. Lo sguardo è rimasto il focus del make up nella quasi totalità dei beauty look: sottolineato da colori pastello o da nuance più decise (Giorgio Armani Privé, ad esempio, ha scelto il blu cobalto per il mascara e per l’ombretto), è stato invariabilmente accompagnato a un rossetto nei toni del nude. Ma c’è anche chi, come Homolog, ha presentato un trucco occhi a dir poco sui generis, circondandoli con un tripudio di glitter aurei a mò di mascherina scintillante; in tempo di Carnevale, un make up ricco di rimandi e reminiscenze.

 

Georges Chakra

Elie Saab

Juana Martin

RVDK Ronald Van Der Kemp

Rami Al Ali

Homolog

Alexis Mabille

Zuhair Murad

 

Paris Haute Couture Week SS 2024: una selezione di look

 

A Parigi, dal 22 al 25 Gennaio, è andato in scena il sogno dell’ Haute Couture. Le collezioni Primavera Estate 2024 hanno sedotto il parterre con un tripudio di creazioni fiabesche, impalpabili e iper raffinate: in passerella hanno sfilato complessivamente 30 Maison, un numero che ha incluso nomi già affermati e affermatisi di recente. Qualche esempio? Schiaparelli, Giambattista Valli, Dior, Chanel, Elie Saab, Valentino, Yuima Nakazato, Fendi, Giorgio Armani Privé, Jean-Paul Gaultier (che ha scelto Simone Rocha come guest designer del progetto di rilettura dei suoi codici estetici), Juana Martìn, Maison Sara Chraibi e Imane Ayissi. Tra i grandi ritorni risaltano quelli di Maison Margiela Artisanal e Robert Wun, nato a Hong Kong ma londinese d’adozione; assenti, invece, Iris Van Herpen (omaggiata con una retrospettiva al Musée des Arts Décoratifs visitabile fino al 28 Aprile), Mugler, Balenciaga, Thom Browne e Charles de Vilmorin. Non è passato inosservato il debutto di Peet Dullaert, la cui cifra stilistica si basa interamente sul concetto di “fatto a mano”, e parlando di debutti è d’obbligo citare anche quello dei 20 studenti delle scuole di moda parigine che Stéphane Rolland ha invitato a sfilare, attraverso le rispettive creazioni, insieme alla sua collezione. In questa gallery vi propongo una selezione di look della Haute Couture Week PE 2024 che ho amato particolarmente: fatemi sapere nei commenti che cosa ne pensate.

 

Georges Hobeika

Giambattista Valli

Chanel

Alexis Mabille

Julien Fournié

Giorgio Armani Privé

Elie Saab

Ashi Studio

Gaurav Gupta

Fendi

Robert Wun

Georges Chakra

Maison Margiela Artisanal

Dior

 

New York Fashion Week Primavera Estate 2024: mi è piaciuto…15 flash dalle sfilate

 

Comincia il recap di VALIUM sulle Fashion Week: voleremo a New York, Londra, Milano e Parigi per un resoconto delle sfilate Primavera Estate 2024. Assocerò ad ogni capitale della moda 15 flash riferiti ad altrettante collezioni; la selezione è dettata dal mio gusto personale o riguarda i brand di cui – per svariati motivi – più si è parlato. Iniziamo con New York, dove la Fashion Week si è tenuta dall’ 8 al 13 Settembre. Nella Grande Mela sono state 71 le collezioni svelate, un totale che include le sfilate e le presentazioni. Helmut Lang, alla cui direzione creativa ha debuttato lo stilista Peter Do, ha aperto la kermesse, conclusasi poi con lo show di Luar. Gli esordi, le assenze clamorose e i ritorni sensazionali hanno punteggiato una Fashion Week che ha segnato una decisa svolta nello stile Made in USA: minimalismo, monocromia, sostenibilità e inventiva potrebbero essere le sue parole d’ordine, rappresentate da brand di punta quali Proenza Schouler, Khaite, Gabriela Hearst, Collina Strada e Bevza (per menzionarne solo alcuni). Tra i grandi assenti Thom Browne, nominato nel Gennaio scorso nuovo Presidente del CFDA (e succeduto a Tom Ford dopo il mandato di tre anni di quest’ultimo), ma sono probabili future apparizioni “a sorpresa” considerato il 20esimo anniversario del suo marchio. Tempo di festeggiamenti anche per Coach, che ha celebrato con uno show non in calendario il primo decennio di Stuart Vevers alla direzione creativa. A “disertare” la Fashion Week sono stati, inoltre, Rodarte, Simkhai e Veronica Beard; da segnalare invece i ritorni di Ralph Lauren, Sally LaPointe, 3.1 Phillip Lim e Jonathan Cohen. La Fashion Week newyorchese ha contato, in conclusione, sulla presenza di label che incarnano una nuova accezione di stile: oltre a quelle già citate ricordiamo Area, Eckhaus Latta, Dion Lee, Puppets & Puppets e Ulla Johnson. Qui di seguito, i miei 15 flash.

 

Il minimalismo e i cromatismi geometrici di HELMUT LANG

Il mix and match e le suggestioni gipsy di COLLINA STRADA

I tessuti inediti e i colori cangianti di PRIVATE POLICY

L’eleganza essenziale e la candida sensualità di BEVZA

La femminilità fluttuante e i colori arcobaleno di PRISCAVera

Il trionfo di ruches e il monocromo fluo di ULLA JOHNSON

L’estro variopinto e il trompe-l’oeil sartoriale di COLIN LOCASCIO

I contrasti e i bagliori lunari di JASON WU

Il savoir faire e lo chic avant-garde di ADEAM

La sperimentazione e il denim “modulare” di AREA

Il lusso sostenibile e le linee che valorizzano la silhouette di GABRIELA HEARST

Il knitwear minimale e la palette pastello di PH5

Lo scintillio all over e i look eye-catching in stile Studio 54 di THE BLONDS

I grafismi e il denim degradè di MMAM

La sostenibilità e la giocosità gender neutral di Melke NYC

 

Foto di copertina via Unsplash

Calypso Fountain e Citrus Affair di NOVELLISTA: due nuove fragranze, due nuove storie per l’estate

 

Immaginate un profumo che è anche una storia. Un racconto, un luogo, un’atmosfera, tutti estrapolati da libri iconici e rimasti fortemente impressi nell’immaginario collettivo. Ad essi si ispira NOVELLISTA per la sua collezione di fragranze, una collezione paragonabile a un’ intrigante libreria olfattiva. Ogni profumo corrisponde ad un volume: ne cattura lo spirito per poi tradurlo in un aroma caratteristico ed evocativo. Questo spunto ha dato origine a una collezione di sedici Eau de Parfum elaborate da celebri maestri profumieri di Parigi e Grasse. Gli ingredienti, una serie di resine, assolute, oli essenziali ed estratti rari e pregiatissimi, derivano da tutti gli angoli del globo e vengono assemblati sapientemente. Il processo artigianale che dà vita ad un profumo somiglia quasi a un’operazione artistica, al making of creativo della scrittura di un libro. Non è un caso che dietro il marchio NOVELLISTA si celi un team indipendente del quale fanno parte artisti, esperti del profumo e di letteratura, appassionati del bello. Ognuno di noi può scegliere la sua fragranza negli scaffali della “collezione/libreria”: per vivere un’esperienza sensoriale del tutto unica e salpare verso un viaggio olfattivo che arricchirà l’avventura della propria esistenza. In occasione dell’estate, NOVELLISTA ha lanciato due nuovi profumi: Calypso Fountain e Citrus Affair.

 

novellista@jirihlousek

 

CALYPSO FOUNTAIN

Questa Eau de Parfum da donna (creata dalla profumiera Caroline Sabas) fa riferimento all’ Odissea di Omero e al ritorno di Ulisse ad Itaca dopo la guerra di Troia. Il suo viaggio durerà dieci anni, e non sarà certo privo di peripezie. Prima di tornare dall’ amata moglie Penelope, infatti, Ulisse naufraga sull’ isola di Ogigia: è qui che ha inizio la storia a cui si ispira Calypso Fountain. Il nome della fragranza è indicativo. Calipso è la splendida ninfa che, non appena vede Ulisse, si innamora di lui all’istante. Riesce a trattenerlo a Ogigia per ben sette anni, promettendogli l’immortalità se rimarrà per sempre. Ma Ulisse rifiuta senza se nè ma: vuole a tutti i costi ritornare a Itaca e riabbracciare Penelope. Calypso Fountain racchiude gli aromi di quell’ isola sperduta nel Mediterraneo. Rievoca i sentori del suo mare, della sua brezza. E’ una fragranza che parla di amore: l’amore tormentato di Calipso per Ulisse, l’amore eterno di Ulisse per Penelope; due sfaccettature della passione molto diverse, ma intrise di fascino in parti uguali. L’aria inebriante di Ogigia si respira sin dalle note di testa del profumo: accenti agrumati di bergamotto si uniscono al chinotto in un connubio frizzante, all’ insegna della freschezza, dove l’ananas si insinua con la sua invitante dolcezza. Il cuore è un bouquet floreale che sfoggia accordi di fiori di loto, rosa e petali di gelsomino, originando un mix di luminosità, suggestioni esotiche e raffinatezza. Il fondo, caldo e sensuale, combina il sandalo con il legno di palma, l’ambra dorata e il muschio, creando un imprinting sfolgorante ed impalpabile al tempo stesso.

 

 

CITRUS AFFAIR

 

novellista@jirihlousek

Unisex come la maggior parte delle fragranze di NOVELLISTA, Citrus Affair (creato dalla profumiera Marie Huguenot) si ispira alla poesia “Mignon” contenuta nel romanzo “L’apprendistato di Wilhelm Meister” di Johann Wolfgang von Goethe. In quei versi Mignon, giovane donna italiana che vive con una troupe di giocolieri, esprime la sua nostalgia per la patria natia, i suoi luoghi e i suoi profumi. A fare da sfondo a Citrus Affair è lo scenario della Costiera Amalfitana. La fragranza esordisce con note di testa travolgenti a base di zenzero, limone e pompelmo: un inno scintillante alla gioia e alla giocosità. Il cuore, floreale/agrumato, combina i fiori degli agrumi con il mandarino, il gelsomino e la rosa. Il fondo decanta lo splendore della Costiera Amalfitana tramite accordi sensuali e armonici di muschio, legno di sandalo biondo e infusione di ambra. Il risultato? L’eleganza e l’intensità del jus si amalgamano in un connubio ad alto tasso di seduttività.

 

 

Calypso Fountain e Citrus Affair, custoditi negli inconfondibili flaconi minimali delle fragranze NOVELLISTA, sono disponibili in versione Eau de Parfum nel formato da 75 ml.

Photo courtesy of Press Office

 

Sulle tracce del Principe Maurice – Halloween sotto la Piramide e i racconti di un’estate mozzafiato

Maurice nei panni del clown che lui stesso ha ideato

In un pomeriggio di questo assolato Ottobre, raggiungo il Principe telefonicamente in quel di Maiorca. Si gode il mare cristallino dell’ isola, ma non sta con le mani in mano: all’ indomani di questa intervista debutterà con un progetto a cui tiene moltissimo, il disco-show “Gloss’n’Glitter” che lo vedrà esibirsi insieme a Francesca Faggella. Maurice mi risponde dalla spiaggia; è euforico, appagato da un’ estate in cui ha alternato il relax a performance inedite e di assoluto prestigio. Adesso si appresta a trascorrere una notte di Halloween da mozzare il fiato. Il 31 Ottobre, infatti, sarà uno dei protagonisti (gli altri rispondono ai nomi di Cirillo, Saccoman e Ricci Jr.) del Memorabilia in programma al mitico Cocoricò di Riccione. In attesa di quel che si preannuncia un Memorabilia memorabile (il gioco di parole è intenzionale), ci racconta le tappe salienti della sua straordinaria stagione calda. Senza spoilerare, vi anticipo che partiremo dalla spiaggia di Rimini per poi raggiungere Venezia, dove Maurice ci ospiterà  in un “vanitosissimo” club color fucsia, e approderemo infine a Legnago, in provincia di Verona, per immergerci nelle magiche atmosfere circensi. Naturalmente, non finisce qui. Maurice è imprevedibile, irresistibile e soprattutto inesauribile: insieme a lui viaggeremo in molti altri luoghi ancora. Che siano ad alto tasso di splendore, e risultino ulteriormente suggestivi grazie al suo eloquio…beh, ça va sans dire! Ma rimarremo anche in Italia, dove il Principe dirà la sua sui giovani, sui valori e, dulcis in fundo, sul governo capitanato da Giorgia Meloni

 

 

Tra questo nostro appuntamento e l’ultimo, praticamente c’è di mezzo un’estate…La tua come è stata, come la definiresti in una manciata di aggettivi?

Una manciata non basterebbe, ce ne vorrebbe un grande cesto pieno! In buona sostanza la definirei soddisfacente, appagante sotto tutti i punti di vista, non ultimo quello dell’espressione professionale e artistica. Ho cercato anche di stare il più possibile in mezzo alla natura: amo impegnarmi in ambito lavorativo così come immergermi negli ambienti naturali più svariati, sono sfaccettature che fanno entrambe parte della mia essenza. In me c’è il lato glamour e mondano ma anche quello, diciamo così, un po’ “selvaggio”.

Dopo le chiusure e le restrizioni degli ultimi due anni, sembriamo aver recuperato una buona percentuale di normalità. Nei mesi scorsi sei riuscito a trovare il perfetto equilibrio tra la vacanza, il relax, e progetti di lavoro forse più sporadici, ma decisamente prestigiosi…

E’ proprio così. Anche se a volte gli impegni di lavoro mi portano in luoghi un po’ più impegnativi dal punto di vista sociale, e la mia ricerca si svolge in località più solitarie e meno frequentate. Non mi è capitato ancora, purtroppo, di fare uno spettacolo in una location improbabile tipo, che so, una spiaggia, un bosco, oppure di esibirmi durante un concerto all’alba…Mi piacerebbe molto, ma finora non ne ho avuto l’occasione. Solo in quel caso riuscirei a far combaciare i due aspetti di me stesso. Gli eventi di massa mi gratificano, però desidererei mettermi in gioco in qualcosa di più intimo. Vorrei esprimere la mia personalità in tutte le sue sfaccettature, e adorerei farlo in scenari liberi da qualsiasi vincolo. Anche quello tecnologico…

 

Uno scorcio di Maiorca, buen retiro del Principe

Cominciamo dal relax: dove ti sei spostato, e con che spirito hai vissuto le torride giornate vacanziere?

In città, i 40 gradi all’ ombra erano veramente fastidiosi. Ma in location più gradevoli e meno impregnate dallo smog ho sopportato l’afa molto bene. Quello ho notato ovunque, a ogni modo, è che quel caldo insostenibile ha fatto proliferare un’incredibile quantità di insetti! Io che non venivo mai punto da zanzare e pappataci (un vantaggio dell’avere il poco appetibile sangue blu! ahahah!), sono stato invece perseguitato da loro. Per quanto  riguarda  i  momenti  di  relax,  di  solito  li  passo  in  Brianza  da  mia  sorella: l’ambiente è quieto, l’aria pulita e la casa è bellissima. Per il resto, ho spalmato le vacanze in luoghi molto interessanti: città d’arte, isole varie (dalle Canarie a quelle greche), in giro per il Mediterraneo e l’Adriatico. Il mio Grand Tour si è temporaneamente interrotto, perché richiede  tempo  e  concentrazione.  Ho  lavorato molto e le cose belle voglio gustarle appieno, non con il pensiero che il giorno dopo avrò uno  spettacolo!  Proseguirò  il  Tour  questo  inverno,  ho  già  in  mente  delle  tappe importanti. Le frontiere si sono riaperte e mi piacerebbe, per esempio, partire dalla Turchia per poi arrivare in India passando per l’Azerbaigian, è un desiderio forte… Prevedo di ritornare a Parigi, a Londra, perché comunque l’Europa ha un suo passato da esplorare, ma attualmente privilegerei l’Oriente: se Grand Tour significa andare alla ricerca di valori, storia e cultura, anche gli orientali hanno molto da insegnarci. Una delle mie prossime mete sarà  New York. Vorrei sondare cosa ha ispirato nell’ underground artistico lo strano periodo che stiamo vivendo. Se pensi che l’arte moderna ha più di 100 anni, diventerebbe una ricerca dei fermenti che hanno dato origine all’ arte contemporanea e alle avanguardie. Perciò sarebbe molto interessante anche sotto questo punto di vista. Quel che è certo, è che ho tanta voglia di girare! Dopo tutte le chiusure e le restrizioni anti-Covid voglio girare, girare e ancora girare…Il mio Grand Tour diventerà un “worldwide tour”!

 

 

Cosa ci racconti, invece, relativamente al lavoro e agli eventi più salienti a cui hai preso parte?

Tra gli eventi più interessanti e gratificanti c’è stato senz’altro il Memorabilia al Rimini Beach Arena. C’erano parecchi dubbi su come organizzare il format: il timore era che l’animazione si perdesse un po’ nell’ enormità di quel palco, perché era un palco da festival. Io ho accettato la sfida e non mi sono limitato a presentare, mi sono esibito nelle mie performances. Ho messo insieme una gran quantità di costumi, ho invitato artisti e acrobati…Il risultato è stato uno spettacolo dal forte impatto teatrale, ma soprattutto dalla carica emozionale travolgente. Con le 10.000 persone che hanno partecipato si è subito instaurato un contatto bellissimo, sublime, commovente. Alla fine dell’evento, quando ero già struccato e indossavo gli abiti della quotidianità, ho voluto ringraziare il pubblico non nei panni del Principe Maurice, bensì in quelli di Maurizio Agosti, per  l’energia  che  avevo ricevuto.  Aver  riunito  10.000 persone  è  stato incredibile, non è scontato che uno spazio si riempia…Anche i giovanissimi, che magari non mi hanno mai sentito nominare, sono accorsi in massa. Il fatto che siano affascinati da me mi entusiasma, perché mi considero un portatore di valori oltre che di immagine. Vedere che ascoltano le mie esortazioni a credere in qualcosa che va al di là del futile, del passeggero, e ti accompagna per tutta la vita, dà speranza…I giovani capiscono la sincerità del mio messaggio e la apprezzano, si commuovono. Io non li incito a essere belli, ricchi e famosi senza far niente. Parlo loro di passione, libertà, dignità e amore…Non è facile, eppure funziona e sono molto gratificato da tutto questo.

 

Qualche scatto dell’affollatissimo Memorabilia al Rimini Beach Arena

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ti ha visto come sempre protagonista. Quest’anno ti sei esibito quotidianamente negli spazi color fucsia del VF Club (il disco club di Vanity Fair) all’ Hotel Bauer. Immagino che ne avrai di cose da raccontarci, su quell’ esperienza!

Ho ricevuto una chiamata da Sergio Tavelli, un straordinario dj milanese residente al Plastic, che è stato incaricato di creare la colonna sonora del Vanity Club.   Il club fa parte di un preciso progetto di Vanity Fair: essere presenti non solo su carta, non solo sul web, ma anche fisicamente con un concept di clubbling puro, dove c’è musica, ci si diverte e si incontra gente in tutta libertà. Sergio Tavelli mi ha chiesto se ero interessato a occuparmi dell’intrattenimento e ho risposto subito di sì. Con Simone Marchetti, il direttore di Vanity Fair, c’è stata un’intesa immediata. Tra l’altro, ho scoperto che era un mio fan da tempo! La cosa è reciproca, dato che trovo il nuovo Vanity Fair molto accattivante. Marchetti mi ha lasciato carta bianca riguardo l’organizzazione dell’entertainment,  però  bisognava  declinare  il  tutto  anche  secondo  il  gusto  dello sponsor delle prime tre serate, ossia Valentino; ma quando ho parlato di Ba-Rock, vale a dire rock con un tocco veneziano settecentesco, ho ricevuto un consenso unanime! Ho avuto piena libertà anche dal punto di vista dei costumi: Flavia Cavalcanti e l’Atelier La Bauta di Venezia hanno interpretato sublimemente l’immagine che intendevo dare di me. E’ stata un’esperienza straordinaria! Ho visto entrare nel V Bar del Bauer, uno degli hotel più sontuosi di Venezia, gente stupenda di ogni genere ed età, gente che ha colto alla perfezione lo spirito del Club così come era stato concepito da Simone Marchetti. L’ esperimento ha ottenuto un successo enorme grazie anche all’ organizzazione stratosferica del Gruppo Condè Nast e all’ efficienza dell’Hotel Bauer, che ha offerto un servizio super top sia riguardo al beverage che all’accoglienza. Durante la Mostra del Cinema ci sono state altre feste prestigiose, a Venezia, ma il Lido era piuttosto morto: vive ormai solo della proiezione dei film, non esiste più quel lato mondano che a me piaceva molto. Io sono riuscito a organizzare alcune cene deliziose alla Terrazza della Biennale avvalendomi della maestria di Tino Vettorello, lo chef ufficiale della kermesse. Ho avuto ospiti importanti come Fakhriya Khalafova, un’intellettuale ed attivista imparentata con il presidente dell’Azerbaigian che è anche stata ricevuta in Comune. Ma la cosa più bella della Mostra del Cinema 2022, secondo me, è stata la serie di feste del Vanity Club.

 

Maurice con un ospite all’ inaugurazione del VF Club di Vanity Fair

Il Ba-Rock del Principe al Vanity Club (tutti i look che ha sfoggiato sono firmati Atelier la Bauta e Flavia Cavalcanti Costumes Milano)

Foto di gruppo davanti alla chiesa di San Moisè: qui il mattatore del Vanity Club è con (da sinistra a destra) Valentina Corio, Organizzazione Eventi del Gruppo Condé Nast, la sua collaboratrice Serena Marchetti e il dj e direttore artistico milanese Sergio Tavelli. Sullo sfondo c’è il performer Luca Zanni

Parlaci dei Vip che hai incrociato al VF Club: impressioni, resoconti, aneddoti e quant’altro…Trovo che sia stato davvero molto divertente intrattenere le star del cinema in un’iniziativa patrocinata (per i primi tre giorni) anche dalla Maison Valentino.

Ogni  star  che  ha  sfilato  sul  red  carpet  è  passata  anche  al  Vanity  Club,  sarebbe impossibile fare un elenco!   Sono stati tutti molto carini e simpatici, abbiamo bevuto champagne a fiumi, ma la celebrity che mi ha fatto più piacere rincontrare dopo tanti anni è stata Amanda Lear. Abbiamo ricordato i tempi in cui veniva a trovarci al Cocoricò, in seguito ci siamo ritrovati a Parigi varie volte. Non la vedevo da diversi anni e l’ho trovata in splendida forma, più brillante e ironica che mai! Ci siamo divertiti un sacco. Ecco, con Amanda mi sono intrattenuto un po’ di più. Poi c’era un folto gruppo di attrici e attori giovanissimi che, grazie alla mia presenza, riusciva a immergersi in quella dimensione di club internazionale che normalmente a Venezia non esiste. L’ esperimento di Vanity Fair ha funzionato e questi ragazzi, cosmopoliti e abituati alla nightlife di Parigi e di New York, sono diventati la mia corte meravigliosa – peraltro, una corte bellissima da vedere. Uno degli ospiti più simpatici e interattivi è stato senz’altro Simone Marchetti, il direttore di Vanity Fair. Non è mai mancato, ha ballato con noi, ci presentavamo amici a vicenda…Tutto il gotha della Condè Nast ha gradito tantissimo il progetto del VF Club, che avrà sicuramente un seguito. Non solo a Venezia, ma in giro per il mondo.

 

Con Luca Zanni

Sul red carpet della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella foto sotto insieme alla moglie Flavia Cavalcanti

Con Alberto Barbera, il direttore della Mostra del Cinema di Venezia

Il red carpet di Flavia Cavalcanti

Passando a giorni più recenti, dal 21 al 25 Settembre sei tornato ad animare il Salieri Circus Award. Immagino che questa seconda edizione abbia ottenuto un successo altrettanto esplosivo della precedente…

Ti dirò che ha avuto ancora più successo della precedente! La prima edizione era già diventata d’amblé un must internazionale nell’ ambito dei festival internazionali di arte circense. Quest’ anno, inoltre, abbiamo avuto un’orchestra di musica classica (l’anno scorso non era stato possibile a causa delle restrizioni anti-Covid), 36 elementi diretti dal maestro Diego Bosso, e poter godere della musica ritmo-sinfonica in sottofondo ha donato un tocco magico alle strabilianti esibizioni degli artisti. La giuria, prestigiosissima e tutta al femminile, si è trovata “costretta” a conferire due ori pari merito, due argenti pari merito e quattro bronzi pari merito grazie all’incredibile bravura dei performer circensi. Avrebbero tutti meritato il podio. Questa edizione ha potuto avvalersi anche della presenza di Silke Pan, un’ex trapezista che dopo un incidente occorsole durante le prove di uno spettacolo è diventata paraplegica: nonostante tutto, è riuscita a creare uno straordinario numero di equilibrismo dando un importante segnale di rinascita. Io che normalmente mi dedicavo alle mie performance, ho deciso di lasciar perdere. Quello che stava facendo lei era talmente toccante e significativo che affiancarlo a qualsiasi altra esibizione sarebbe risultato superfluo.

 

Foto di gruppo con gli artisti del Salieri Circus Award

Il Principe con David Larible, uno dei clown più celebri al mondo

 

Tenendo d’occhio i tuoi social, noto che stai volando a Maiorca con una certa regolarità. Buen retiro a parte, i tuoi viaggi hanno per caso qualcosa a che fare con il progetto Gloss’n’ Glitter insieme a Francesca Faggella?

Proprio così. Il 6 Ottobre, infatti, ci siamo esibiti in un evento Gloss’ n’ Glitter che diventerà un appuntamento fisso settimanale: si è tenuto al MOMOS, un club nuovo, coccolo ed esclusivo nella Cala Major di Maiorca. Ma ti dò una fantastica anteprima: presto Gloss’ n’ Glitter arriverà in Italia e debutterà il 19 novembre in uno dei più prestigiosi club della penisola: il leggendario TENAX di Firenze. Per quanto riguarda Maiorca, cominceremo in controtendenza: invece di proporre lo spettacolo in estate, quando è pieno di gente, lo porteremo avanti in inverno per gli aficionados dell’isola come me e per chi ama Maiorca al punto tale da raggiungerla anche al di fuori dei mesi caldi.

 

Maurice interpreta Andy Warhol in “Gloss’n’Glitter”, lo show che porta avanti insieme a Francesca Faggella

Maiorca by night

Cambiamo per un attimo argomento e passiamo all’ attualità. Il 25 Settembre ha sancito un netto cambio della guardia nella coalizione che guida il nostro Paese. Era un risultato che ti aspettavi? E cosa pensi al riguardo?

Era un risultato secondo me abbastanza scontato. Spero soltanto che chi ha l’enorme responsabilità di traghettare la nazione in un periodo duro come questo possa farlo nel migliore dei modi, ma nel rispetto di tutti. Mi auguro che Giorgia Meloni capisca che va a governare una nazione che l’ha votata, ma che è anche composta da tante altre persone che hanno i loro diritti e i loro doveri. Sarebbe bello che la prima donna premier, stravotata e quindi con tutto il diritto di governare, sentisse il dovere di farlo per tutti rispettando le conquiste sociali di chi la pensa diversamente da lei.

I drammi del caro bollette e la crisi economica che l’Italia sta attraversando, a tuo parere, riusciranno a mantenere intatta la voglia di evasione e di divertimento?

Intanto di crisi ne abbiamo avute anche di più gravi, ma è proprio nei momenti di crisi che c’è la voglia di evadere. E la filosofia del carpe diem, ormai insediatasi nella mia mente come nella mente di molti, ci dice “godiamoci l’attimo, divertiamoci, del doman non v’è certezza”. Anche la Repubblica di Weimar nacque in un momento drammatico. Poi è sfociata nel Nazismo e pensarci fa un po’ paura, ma ha dato vita al movimento del cabaret berlinese che ha fatto scuola sia a livello di entertainment che di denuncia sociopolitica virata sulla satira e sull’ ironia. Per cui no, non credo che in questo periodo la gente girerà senza un soldo in tasca. Non sono così pessimista! Il divertimento rimarrà sempre una via di fuga.

 

La facciata del Teatro Salieri di Legnago, dove ogni anno si tiene il Salieri Circus Award…

…e il Principe sul palco del Teatro

Con quale mood stai affrontando il giro di boa stagionale?

Non è facile fare progetti in questo momento storico, io però adoro l’autunno: lo trovo sontuoso con tutti i suoi ori, con tutti i suoi rossi. Mi piace, mi appartiene, è molto nelle mie corde. E’ il mio concerto preferito ne “Le quattro stagioni” di Vivaldi, quindi lo aspetto a braccia aperte anche se oggi mi sto godendo il sole sulla spiaggia di Maiorca. Qui è estate! Professionalmente sto sviluppando alcune idee, ma dopo la pandemia tutto è diventato last minute. Uno dei miei progetti, come ti dicevo, è girare, viaggiare molto, sia per volontà personale che per motivi di lavoro.

 

 

Potresti anticiparci qualche evento tra quelli a cui ti appresti a partecipare? Anche solo stuzzicando la nostra immaginazione, se non ti va di svelarne i particolari per filo e per segno…

C’è nell’aria di poter realizzare un dinner show molto prestigioso e molto bello in Italia per poi portarlo anche a Parigi. Andrò a Parigi la prima metà di Novembre: è una città che mi ha dato tantissimo nel periodo in cui ero legato a Grace Jones. Con Grace abbiamo abitato per un periodo sull’ Ile Saint-Louis (una bellissima isola in mezzo alla Senna), per cui anche solo l’idea di tornare nella Ville Lumière mi galvanizza. Prima però voglio sperimentare qui il nuovo spettacolo, perché questo é il mio “terreno”. Soltanto dopo lo proporrò alla grande in Francia (e altrove.)… Il dinner show è una dimensione che continuo a sviluppare con la famiglia Venerandi, proprietaria tra l’altro de l’Odissea di Treviso. E’ lì che realizzo e attualizzo le mie performance. A proposito dei Venerandi, verrà festeggiato a breve il 50esimo di attività di Renzo, il patriarca della famiglia. Il mio  progetto  più  importante  è  senz’altro  quello  di  realizzare  un  dinner  show  di prestigio,  indipendente,  che  possa  avvalersi  anche  di  alcuni  degli  artisti  che  ho incontrato  al  Salieri  Circus Award,  e  possibilmente  della  collaborazione  del  regista Antonio Giarola (il direttore artistico del festival). Vorrei cercare di chiudere il cerchio, poi, con il progetto teatrale incentrato sul rapporto con il mio fratello gemello. Ci tengo molto, ma oltre ai contenuti sarà importante il modo in cui mio fratello verrà materializzato. Ho optato per un ologramma tridimensionale: non vorrei che il mio gemello risultasse troppo etereo e fantasmatico, deve apparire come una persona in carne e ossa. Nel frattempo, i testi e la colonna sonora stanno delineandosi. Non appena l’aspetto tecnologico si sarà risolto, penso di poter mandare in scena la pièce. Forse la primavera prossima, magari in un importante festival teatrale. Ho tante ambizioni su questo progetto, perché è un lavoro che mi rappresenterà al 100 per cento.

 

Ancora un’ immagine del Salieri Circus Award

Concludo l’intervista chiedendoti di raccontarci cosa farai a Halloween, una festa che sia io che te sentiamo molto.

Il 31 Ottobre sarò al Cocoricò. A Halloween unirò le mie due grandi passioni: la festa in sé  e  il  fatto  di  poterla  festeggiare  alla  Piramide  con  una  magica  versione  del Memorabilia. Sarà un Memorabilia in salsa halloweeniana! Vi dò qualche anticipazione. Indosseremo outfit di Flavia Cavalcanti in total white, ma macchiati di sangue. Non dimentichiamo che il bianco in Oriente è il colore del lutto. Il sangue? Ne sputiamo tanto, quindi perché non rappresentarlo in questa notte di sofferenze e spiriti? Il mio look avrà un’impronta che fonde il Kabuki con il Buto e con i paramenti sacri della tradizione cattolica. Un funerale surreale…  La  vera  chicca  sarà  che  per  la  prima  volta  canterò  dal  vivo  la  famosa “Passacalli della Vita”, capolavoro rinascimentale dei Stefano Landi, nel remix techno realizzato con i Datura.

 

Al Vanity Club con uno dei costumi Ba-Rock creati da Flavia Cavalcanti

 

Photos courtesy of Maurizio Agosti

 

Raffaello Bellavista e l'”intervista della svolta”: storia di un sogno diventato realtà

 

Nel ricco calendario di eventi dedicati ai 1600 anni di Venezia, una performance del pianista, baritono e compositore Raffaello Bellavista non poteva mancare. Innanzitutto per l’ amore viscerale che l’ artista nutre nei confronti della Serenissima, e poi perchè il suo genere musicale, che spazia dalle sonorità classiche al crossover, si incastra a meraviglia con le atmosfere veneziane e con le loro innumerevoli sfumature. Incontro Raffaello in un momento clou della sua carriera; l’ ultima intervista che ha rilasciato a VALIUM risale al Maggio scorso (rileggila qui), ma sembrano passati anni per il fitto susseguirsi di concerti, progetti e riconoscimenti che, da allora, hanno costellato il suo percorso artistico. Di novità da raccontarci ne ha a bizzeffe, a cominciare dalla decisione di iniziare ad esibirsi come solista dopo le esperienze in duo: un ruolo che gli calza a pennello, il blocco di partenza per un successo in continua ascesa. Tra i prestigiosi traguardi raggiunti dal Maestro Bellavista spiccano la candidatura al Premio Eccellenza Italiana Washington D.C. 2022, l’apertura del Premio Guidarello per il Giornalismo d’Autore, l’ elezione a Value Ambassador del World Protection Forum (un forum permanente a tutela della vita umana e degli ecosistemi). Acclamato e richiestissimo, Raffaello è in procinto di abbracciare una carriera internazionale che lo porterà in vari angoli del mondo. Per un ragazzo partito da Brisighella con un sogno e la fortissima volontà di realizzarlo, non si può certo dire che sia una meta da poco! Ancor più perchè ogni tappa del suo iter trionfale è frutto del merito: il talento, la passione, la disciplina, l’eclettismo del Maestro Bellavista si abbinano a una dialettica innata, a una straordinaria presenza scenica e, last but not least, a un savoir faire squisito. La sua padronanza del repertorio classico non l’ha mai indotto a rivolgersi esclusivamente a un pubblico d’élite. Raffaello punta ad introdurre una sferzata d’aria nuova nella musica da camera: combina differenti generi, sul palco instaura un dialogo (verbale ed emozionale a un tempo) con il parterre. In attesa di volare a Parigi per il prossimo appuntamento – fissato al 10 Marzo – del World Protection Forum, l’artista è concentratissimo sull’imminente performance veneziana.

 

La composizione scritta dal Maestro Bellavista in onore del 1600simo anniversario di Venezia, che ha già avuto modo di presentare nel corso di altri concerti

Si tratterà di un evento esclusivo, un concerto per il 1600simo anniversario della Serenissima negli spazi dello splendido Salone di Ca’ Sagredo, sul Canal Grande. La data? Il 26 Febbraio. Organizzata dall’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia  e patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero degli Affari Esteri e dal Comune di Venezia, l’ esibizione sarà incentrata su un mix di musica classica e composizioni note al grande pubblico all’ insegna della contaminazione. Per l’ occasione, il Maestro Bellavista verrà affiancato dal marimbista Gianmaria Tombari. Ma non vi anticipo di più. E’ il momento di lasciar spazio all’ intervista, un’ intervista che Raffaello ha definito “l’ intervista della svolta”: mai parole furono più vere!

L’ ultima intervista in cui sei apparso su VALIUM risale al docu-concerto “Viaggio musicale verso i luoghi di Dante”, che hai realizzato in coppia con Serena Gentilini. Da allora, la tua carriera è in continua ascesa e stai tagliando traguardi sempre più importanti…Una domanda a bruciapelo: fin dove ti proponi di arrivare?

Una bella domanda che ha una risposta che è divenuta nel corso di questi anni un mantra per me. Andare sempre più in alto senza fermarsi mai in un continuo processo di labor limae su se stessi e di ferrea disciplina associata però ad una visione “spensierata” della propria arte, che sennò rischia di divenire troppo ingessata. La voglia di innovarsi e di mettersi in continua discussione è fondamentale per progredire nella propria disciplina. Parallelamente a quest’aspetto vi è anche la voglia di andare su palcoscenici sempre più importanti e al cospetto di platee sempre più grandi, uscendo dall’etichetta totalizzante della musica colta, per creare un proprio spettacolo ideale che congiunga più generi musicali in un’ottica di musica universale che possa parlare a tutti.

 

Raffaello al Premio Guidarello di Ravenna con (da sinistra) Giuseppe Rossi, il Presidente di Confindustria Romagna Roberto Bozzi e Genseric Cantournet

Come hai maturato la decisione di intraprendere un percorso da solista?

Fin da quando iniziai lo studio della musica il mio sogno era quello di essere un solista. Poi nel mio percorso artistico ci sono state alcune parentesi e collaborazioni con altri artisti. Oggi invece ho scelto di rendere il percorso solistico quello principale e preponderante al quale poi saranno affiancate alcune collaborazioni con artisti celebri e talenti emergenti. L’emozione del solismo è difficile da descrivere, ma una similitudine che mi piace sempre citare, visto che amo la montagna, è quella della progressione su una parete rocciosa verticale in solitaria: occorre trovare all’interno di se stessi la forza spirituale e materiale per progredire, per l’ascesi. Allo stesso modo devi affrontare l’abisso di un teatro pieno di pubblico che vuole emozionarsi e vivere un’esperienza unica. Sembra quasi un percorso iniziatico e lo vedo come una grande palestra per il corpo e la mente.

Il Festival “Suoni e Parole” di Brisighella, di cui sei Direttore Artistico, ha raggiunto livelli di eccellenza straordinari: nomi del calibro di Alessandro Cecchi Paone, Enrico Zucca, Ivano Marescotti, Franco Costantini ed Eraldo Baldini hanno apportato ulteriore prestigio all’evento. Cosa ci racconti della terza edizione della rassegna “tra le pietre di luna”? Come vedremo tra poco, si è arricchita sia riguardo ai suoi ospiti che alle sue location…

Il Festival, partito dalla voglia di stimolare il panorama artistico nel mio territorio ricco di paesaggi bucolici, ma a volte troppo ingessato (ti ricordo che vivo all’interno del Parco della Vena del Gesso Romagnola), nel corso degli anni si è fortemente evoluto coinvolgendo importanti sponsor e sempre più persone. Dopo i rallentamenti causati dalla prima ondata della pandemia, nel 2021 abbiamo voluto fare le cose in grande per dare un messaggio molto forte: La cultura non si deve fermare. E così abbiamo portato il Festival nell’anfiteatro di Brisighella e nel Parco del Convento dell’Osservanza, animando spazi ameni e molto grandi, in modo che il pubblico sempre più numeroso, nel rispetto di tutte le normative di sicurezza, potesse vivere un’esperienza di alto valore estetico a tutti i livelli: paesaggistico, musicale, sensoriale… Visto il successo della manifestazione, a fine estate 2021, abbiamo “esportato” un’ edizione del Festival nel magnifico e dinamico territorio di Rimini in un auditorium di grande prestigio: l’ Arena Francesca da Rimini e l’Anfiteatro di Rimini Terme. E’ stata un’esperienza molto interessante, perché Rimini è una location di richiamo internazionale: la “capitale” cosmopolita della Romagna. Tutti gli eventi sono stati sold out con spettatori provenienti da varie parti del mondo. Una sfida che ci ha molto stimolato, in quanto portare l’alta cultura in una dimensione così vasta e riscuotere un grande successo non è cosa semplice. Questo risultato ci ha resi consapevoli della grande voglia che c’è nel pubblico di tornare a sognare con la cultura. In entrambi i Festival gli ospiti sono stati di primo piano con Diego Fusaro, Alessandro Cecchi Paone, Giordano Sangiorgi, Federico Moccia, Eraldo Baldini, Enrico Zucca, Ivano Marescotti… Per l’anno 2022 stiamo lavorando a qualcosa che possa davvero lasciare il segno e stiamo coinvolgendo anche altre realtà dell’Emilia-Romagna.

 

Il Maestro Bellavista e il filosofo Diego Fusaro. Ringrazio entrambi per la gentilezza e la simpatia dimostrate nel girare questo video! Sono onorata, inoltre, di ricevere i saluti di Fusaro che contraccambio vivamente.

Lo scorso Agosto hai preso parte alle celebrazioni per il 700simo della morte di Dante con un concerto ravennate, peraltro inserito nella programmazione del Festival, tenutosi nella Basilica di San Francesco. In quell’ occasione, dopo esserti esibito in opere quali la “Dante Sonata” di Liszt, hai presentato brani da te scritti in omaggio all’ autore della “Divina Commedia”. Sei intenzionato a incrementare la tua attività compositiva?

In occasione dei 700 anni della morte di Dante ho avuto modo di essere protagonista di eventi di grande spessore come il concerto nella suggestiva Basilica di San Francesco a Ravenna, dove peraltro si svolsero i funerali proprio del Sommo Poeta, o l’apertura della Cinquantesima edizione del Premio Guidarello condotto da Bruno Vespa nel magnifico Teatro Alighieri di Ravenna. Proprio in questi contesti è maturata la voglia di presentare, oltre al repertorio classico, anche delle mie composizioni. Una scelta ponderata e maturata dopo un lungo percorso che mi ha portato a definire un mio stile personale nel comporre. A partire da questi concerti ho avviato il mio filone compositivo che affianco al pianoforte ed al canto lirico. In futuro poi intendo presentare anche diversi brani arrangiati nel mio stile che possono essere definiti come canzoni leggere colte, ricollegandomi così ad una tradizione italiana non troppo lontana che a mio avviso deve essere assolutamente ripresa. Pensiamo per esempio alla cosiddetta canzone napoletana colta oppure ad alcuni grandi esponenti della scuola genovese come Umberto Bindi, che ci ha lasciato delle canzoni che sono un perfetto anello di congiunzione tra la musica leggera e quella colta. Ecco, il mio obiettivo è presentare composizioni classiche, ma in uno stile fruibile che possa essere colto da tutti ed essere universale, accostate a composizioni “leggere” contenenti anche diversi stilemi e caratteristiche della musica seria.

 

Raffaello Bellavista insieme a Federico Moccia nel Convento dell’ Osservanza a Brisighella

Il Festival, inoltre, a Rimini ha incluso tre tappe d’eccezione. Dopo l’inaugurazione con Filippo Giacomoni, insieme al quale hai riproposto il duo “pianoforte e marimba”, la kermesse ti ha visto protagonista accanto al filosofo Diego Fusaro per un nuovo tributo a Dante, e al giornalista (nonché melomane) Pietro Caruso, tuo autorevole interlocutore in un dialogo sulla musica d’autore. Che bilancio fai di questa edizione costiera di “Suoni e Parole”?

Come anticipato precedentemente il bilancio sicuramente è stato positivo e soprattutto ci permette di dare al Festival una dimensione più internazionale, forti anche della città di Rimini che, grazie alla nuove infrastrutture, può davvero scommettere molto sulla cultura. Nelle tre serate abbiamo avuto moltissime presenze ed abbiamo presentato tre diversi spettacoli. Il primo è stato caratterizzato dal duo pianoforte e marimba in uno scenografico concerto all’alba nel magnifico anfiteatro delle Terme di Rimini a pochi metri dal mare: una musica altamente evocativa ha sottolineato il passaggio dalle tenebre all’aurora ed ha salutato un’alba di sole e good vibrations. Il secondo è stato un dialogo tra musica e parole tra me e Diego Fusaro. Un simposio totalmente incentrato su Dante Alighieri. Anche in questo caso è stato incredibile vedere come molte persone siano accorse da varie parti d’Italia, grazie a una massiccia campagna di comunicazione dell’evento, coniugando un fine settimana tra cultura e mare con importanti ricadute sull’economia cittadina. La terza ed ultima serata mi ha visto dialogare tra musica e parole con il Patron del MEI (manifestazione musicale tra le più importanti in Italia), in un incontro che è partito da alcune arie d’opera fino alla canzone d’autore colta e a brani di David Bowie e dei Depeche Mode arrangiati dal sottoscritto.

A conclusione del Festival sei approdato a Milano dove, insieme al Maestro Enrico Zucca, il 16 Settembre hai inaugurato con un vernissage musicale il 64simo Congresso Nazionale della Federpol. In chiusura del simposio hai intonato “Heroes” di David Bowie; ispirata da questa performance, ti chiedo: chi sono i tuoi eroi? Hai dei modelli di riferimento, dei mentori di cui ti piacerebbe ricalcare le orme?

L’evento per il convegno nazionale della Federpol a Milano è stato davvero qualcosa di sublime. E’ stata una grande occasione per presentarsi di fronte ad un pubblico internazionale, composto anche da diverse autorità dello Stato Italiano. E proprio per coronare il finale di questo evento ho scelto Heroes di David Bowie. A mio avviso la figura dell’eroe è da sempre un riferimento per gli uomini, perché ci presenta davanti agli occhi le potenzialità della nostra natura e in un mondo sempre più complesso e pieno di difficoltà tutti hanno bisogno di un Virgilio al proprio fianco. Anch’io mi identifico in questa realtà, in quanto per emergere è richiesto uno sforzo davvero titanico, paragonabile a quello di un eroe. Su chi sono i miei eroi preferiti e a chi mi ispiro, devo dire che nel corso degli anni ho cambiato la risposta. Se infatti fino al periodo pre pandemia avevo in testa grandi artisti come Pavarotti, che ha saputo coniugare l’ alta cultura con un pubblico immenso ed eterogeneo, oppure pianisti come Lang Lang che spaziano dalle sale da concerto più importanti del mondo agli stadi assieme alle pop star…oggi mi ritrovo ad analizzare le composizioni, non solo musicali, dei grandi artisti che hanno saputo contaminare l’arte: da Salvador Dalì a Miles Davis, da Friedrich Goulda a Banksy. Pochi giorni fa ho visto che hai condiviso sui social una frase che spesso mi piace citare: “I sogni cominciano di notte e si completano di giorno” di Svevo. Ecco, penso che questa frase possa davvero sintetizzare il mio pensiero.

 

Raffaello in concerto presso la Società Umanitaria di Milano

 

“Parlami d’amore Mariù”: un classico della canzone napoletana colta che Raffaello ha interpretato al Congresso Federpol accompagnato dal celebre pianista delle star della lirica Enrico Zucca

Uno scatto della performance al Congresso Federpol. Raffaello è con Enrico Zucca

Il 15 Ottobre per te è stata una data cruciale, la data della svolta: hai avuto l’onore di esibirti nel corso di un prestigioso evento, il “Premio Eccellenza Italiana” 2021, dove sei stato anche candidato, grazie al tuo talento artistico, al Premio Eccellenza Italiana Washington D.C. 2022. La tua carriera diventerà internazionale. Quali emozioni hai provato nel ricevere un simile riconoscimento?

E’ stata un’ emozione immensa. Per un duplice motivo: Il primo è la possibilità di toccare con mano il raggiungimento di obiettivi perseguiti da anni, ai quali ho dedicato gli sforzi di una vita intera. Il secondo motivo è stata la possibilità di esibirmi nella Santa Sede , un luogo prestigioso nel tempo e nello spazio. La coesistenza di grandi sacrifici affiancati però da questi lampi di luce, danno slancio e motivazione per proseguire un percorso davvero titanico…in un sottile equilibrio fatto di sacrifici, ma anche di gioie e soddisfazioni.

 

Premio Eccellenza Italiana 2021: il Maestro Bellavista in Vaticano insieme al giornalista Massimo Lucidi

La location è sempre il Vaticano. Con Raffaello e il Prof. Lucidi c’è Padre Franco Ciccimarra

Raffaello mentre si esibisce in “Mattinata”, un altro esempio di canzone napoletana colta. L’ ha interpretata durante il concerto tenuto in Vaticano alla presenza del direttore di RAI 1 Stefano Coletta oltre che delle principali figure istituzionali italiane e della Santa Sede

E’ pressoché impossibile citare tutti gli appuntamenti che ti hanno visto protagonista durante l’Autunno. Proverò ad elencare (non in ordine cronologico) alcuni tra i più salienti: il ritorno alla Tenuta Mara di San Clemente con un concerto introdotto dal noto giornalista Massimo Lucidi (ideatore del “Premio Eccellenza Italiana” e direttore editoriale di “The Map Report”), l’esibizione alla Camera dei Deputati in occasione dell’ Innovation Day e quella alla Casa del Cinema di Villa Borghese, sempre a Roma, durante la presentazione di un corto interpretato da attori quali Roul Bova, Gianmarco Tognazzi e Vittoria Belvedere. A proposito di cinema, ti piacerebbe diversificare la tua carriera nella settima arte? 

Sicuramente un aspetto molto interessante per quanto riguarda i concerti del 2021 è stato quello di essere protagonista di recital in forma canonica in teatro, ma anche di eventi trasversali con grandi personaggi del cinema come per esempio la presentazione del cortometraggio con Arisa, Raoul Bova… nella magnifica Casa del Cinema a Villa Borghese a Roma o l’evento con il giornalista Massimo Lucidi nella prestigiosa Sala della Musica della Tenuta Biodinamica Mara . Tornando alla tua domanda mi sono state fatte alcune proposte a riguardo e le sto valutando attentamente, perché mi piace molto essere eclettico e sono convinto che ciò che conta per l’artista è comunicare con forza e con qualsiasi forma un messaggio personale. Poi ovviamente la musica sarà sempre la colonna portante della mia esistenza, ma di certo non mi precludo esperienze che possono arricchirmi.

 

“Heroes” di David Bowie in un’ inedita versione per pianoforte. Raffaello l’ ha eseguita alla Casa del Cinema di Villa Borghese in occasione della presentazione di un corto con alcuni tra i più importanti attori italiani

Sui social hai scritto: “Mai smettere di credere nei propri sogni.”. E uno dei tuoi più grandi sogni, aprire musicalmente il Premio Guidarello per il Giornalismo d’autore, si è realizzato il 13 Novembre scorso al Teatro Alighieri di Ravenna. A presentare la serata  è stato un professionista di alta caratura come Bruno Vespa. Potresti dirci qualcosa di più su questo evento e sui sogni che diventano realtà? Qual è, a tal scopo, la ricetta vincente?

L’apertura della Cinquantesima Edizione del Premio Guidarello è stato qualcosa che davvero ha lasciato il segno. Si tratta infatti di un premio giornalistico di grande prestigio organizzato da Confindustria  Romagna che vede ogni anno i principali esponenti della cultura e del mondo giornalistico arrivare da tutta Italia al Teatro Alighieri di Ravenna sede della manifestazione. Quest’anno il Premio coincideva con i 700 anni della morte di Dante, che è sepolto a Ravenna, ed è stato deciso di omaggiarlo con la mia esibizione della Dante Sonata di Liszt: una delle composizioni più impegnative per pianoforte. L’emozione è stata davvero grande e mi ha richiesto un impegno e uno studio davvero intenso per preparare al meglio questa composizione; come ho detto precedentemente, certe pareti ci mettono alla prova, ma nello stesso tempo ci forgiano. L’esibizione è stata molto apprezzata. Quando sono rientrato dietro le quinte mi sono trattenuto a parlare con Bruno Vespa, che da grande cultore della musica ha elogiato l’originalità della mia esecuzione e le mie doti artistiche. Questa esperienza, sommata a tutte le altre, mi fa credere più che mai che l’importante è non smettere di credere nei propri sogni. Sembra una frase banale, ma non è assolutamente così. La ricetta è credere in maniera totale e con abnegazione in quello che si fa e nella propria arte.

 

Raffaello esegue la “Dante Sonata” di Liszt in apertura del Premio Guidarello condotto da Bruno Vespa. Nella foto sopra, un’ altra immagine dell’ evento

Un’ altra importante tappa del tuo percorso si è svolta il 26 Novembre a Sanremo, in occasione dell’Annual Summit del World Protection Forum. Al Forum, un catalizzatore di iniziative a tutela dell’uomo e degli ecosistemi, sei stato eletto Value Ambassador: la tua performance musicale è stata seguita da un breve discorso sul valore della musica e sull’ Italia in quanto patria dell’arte dei suoni. Ti va di farci un sunto di questa relazione?

L’elezione a Value Ambassador del World Protection Forum è stato un altro importante tassello per la mia carriera. A fine Febbraio, infatti, all’interno della stessa giornata ho tenuto un discorso ed un breve concerto nel magnifico Teatro Ariston di Sanremo e un secondo intervento musicale nel rooftop del Casinò di Sanremo. Il discorso era incentrato sull’importanza della cultura come valore cardine di uno stato come il nostro, quanto sia necessaria una sua valorizzazione e come andrebbero preservati certi valori oggi troppo spesso dimenticati. Basti pensare che l’Italia ha dato i natali al pianoforte con Bartolomeo Cristofori nel 1698, all’opera lirica verso la fine del ‘500 ed anche alla notazione musicale con Guido d’Arezzo, vissuto tra il X ed XI secolo.

 

L’ intervento del Maestro Bellavista al prestigioso World Protection Forum che si tiene annualmente nel Teatro Ariston di Sanremo

Il World Protection Forum si è tenuto al Teatro Ariston di Sanremo, la location del famosissimo Festival. A quando una tua apparizione in quel frangente?

Il palco del Teatro Ariston è qualcosa di unico ed ha un’acustica davvero incredibile. Si sente nell’aria che in quel luogo è passata la storia della canzone italiana. Il 2021 è stato un anno di svolta rispetto al passato e sono pronto a concludere un accordo con due importanti manager nel settore musicale. Non è assolutamente esclusa una partecipazione al Festival, perché come detto anche in precedenza vorrei portare la musica colta nella canzone italiana come era stato fatto in passato.

 

 

Al Circolo Ravennate e dei Forestieri, invece, il 3 Dicembre hai ritrovato Diego Fusaro durante un evento dedicato a Dante e al suo pensiero…

Diego Fusaro è un caro amico ed un grande filosofo con il quale abbiamo dato vita a dei magnifici simposi tra parole e musica. Ha moltissimo seguito anche tra i giovani ed assieme abbiamo creato delle serate di alta cultura legate alla figura del Sommo Poeta. All’ evento di Rimini hanno partecipato diverse centinaia di persone nel massimo rispetto delle norme sanitarie grazie anche ad un magnifico e capiente auditorium all’aperto. Mentre a Ravenna, nello splendido Circolo Ravennate e dei Forestieri, l’ evento era solamente su invito e sembrava di rivivere l’atmosfera dei salotti culturali del ‘700.

 

Raffaello con Diego Fusaro e Giuseppe Rossi, Presidente del Circolo Ravennate e dei Forestieri

Un’ ultima domanda per concludere la nostra conversazione: come definiresti il successo e quale valore aggiunto pensi che apporterà al sogno che hai concretizzato?

Il successo è nella mia concezione la capacità di plasmare un sogno in realtà. E questo non avviene mai per caso, ma è il risultato ogni volta di una sorta di viaggio iniziatico che deve essere portato a termine a qualsiasi costo. Infatti, in un processo eterno dove non ci si può mai sentire arrivati e in un continuo processo di labor limae conosciamo sempre di più noi stessi e progrediamo nel nostro sviluppo sia su un piano spirituale che materiale. Un elemento fondamentale deve essere quello dello slancio titanico che ci permette di superare le difficoltà con spirito di avventura e con successo, e di poterci affermare come piccoli e grandi eroi su questa terra.

 

Il Maestro Bellavista esegue “Heroes” nella Sala Verdi di Milano, uno dei templi internazionali della musica classica

 

Photos courtesy of Raffaello Bellavista

 

“Fashion Confidential”: dietro le quinte della moda con Mariella Milani

Un ritratto fotografico di Mariella Milani (foto © Simona Filippini)

In TV, al Tg2, incastonati tra le notizie di cronaca, sport ed economia, spiccavano i servizi dedicati alla moda: erano piacevoli parentesi, preziose oasi di evasione dove una voce fuori campo commentava, con garbo unito a una sottile arguzia, le creazioni più sublimi proposte dai couturier e i look di volta in volta chic, minimal o eccentrici che sfilavano in passerella. Quella voce, inconfondibile, apparteneva a Mariella Milani, giornalista e critica di moda che vanta una carriera di ben 33 anni in RAI. Per me, televisivamente parlando, dire “fashion world” e dire “Mariella Milani” sono ancora oggi un tutt’uno. Adoravo il suo eloquio, la sua narrazione; il suo modo di raccontare la moda che risultava coinvolgente per qualsiasi tipologia di spettatore, dall’ “archetipa” casalinga di Voghera ai più quotati esperti del fashion system. Con lei, quel mondo spesso considerato effimero, esclusivo, distante dalle esigenze della gente comune, si calava felicemente nella realtà quotidiana. La Milani era in grado di esaltare l’ eccellenza sartoriale di un abito e, al tempo stesso, di illustrare con bonaria ironia certe eclatanti stravaganze. Inutile dire che il pubblico televisivo, perlopiù ancorato al concetto di portabilità dei capi, la venerasse. Questo suo tipo di approccio, che contribuiva senza dubbio ad avvicinare la moda alle masse, probabilmente scaturiva da un background professionale che aveva incluso ruoli di conduttrice del Tg2, cronista d’assalto, inviato speciale, capo redattore, autrice di reportage…Settori molto lontani dalla moda ma quanto mai contigui alle problematiche sociali, agli umori della gente. Un’ esperienza culminata con “Diogene”, la sua, rubrica quotidiana che la vedeva nelle vesti di paladina dei diritti dei consumatori. Al “fashion”, la Milani è approdata nel ’94 e sarà lei stessa, nella conversazione che segue, a raccontarci in che modo. Va detto che, da allora, il suo amore per la moda (seppure mantenendo sempre un occhio critico) si è elevato a livello esponenziale. Oggi del “regno delle passerelle” parla su Instagram, dove organizza dirette, dialoghi virtuali con i protagonisti del Made in Italy e con le influencer più significative, cura speciali rubriche incentrate sui capi cult, su mitici designer e sulle icone di stile. Ma oltre ad occuparsi di moda sul suo feed, Mariella Milani ha deciso di approfondirne il mondo: ce lo presenta in un volume, “Fashion Confidential“, pubblicato per i tipi di Sperling & Kupfer nel Febbraio scorso. La passione per il cinema dell’ autrice si riflette in tutti i capitoli, i cui titoli citano quelli di film pertinenti con l’argomento trattato; nelle pagine del libro, tuttavia, sono la moda e soprattutto il suo universo il nucleo portante. Perchè in “Fashion Confidential”, con estrema competenza e il consueto tono  tra l’ironico e il disincantato, di moda si parla a tutto campo: personaggi, eventi irripetibili (un esempio? La leggendaria sfilata di Fendi lungo la Grande Muraglia cinese), talenti eccelsi e mai dimenticati, ricordi personali e aneddoti, ma anche atmosfere, zone d’ombra, mood e modelli comportamentali si alternano in un pot-pourri ricco di sfaccettature. Ampio spazio, naturalmente, è dedicato al profondo mutamento che l’ avvento del Covid-19 ha imposto al settore. E’ un mondo in continuo divenire, il fashion world, e oggi lo è più che mai; gli influencer la fanno da padroni e la digitalizzazione si estende a macchia d’olio. Cosa pensa Mariella Milani di tutto questo? Lo scopriremo leggendo il suo libro o ascoltandolo, in versione podcast, ogni lunedì su Spotify Italy (qui trovate il link) e sulle principali piattaforme di podcast hosting. Intanto, però, godetevi questa brillante intervista che mi ha fatto l’ onore di concedermi.

Ha iniziato a raccontare la moda nel 1994, con la RAI, ma il suo background annoverava settori totalmente differenti: si è occupata di cronaca, di dossier, di difesa dei diritti del cittadino, e ha esplorato universi, come quello della criminalità organizzata, ben distanti dal glamour delle passerelle. Come ha vissuto questo totale cambio di rotta?

Ho iniziato quasi per caso, per una proposta che ironicamente definisco “indecente”. Mi occupavo di tutt’altro ma, come spesso accade in RAI, la mia redazione era stata chiusa e l’allora direttore del Tg2 Clemente Mimun volle affidarmi la moda perché la raccontassi con un tono dissacrante e ironico, adatto a un pubblico generalista. Confesso che inizialmente mi sembrava riduttivo, avendo affrontato mondi ben più insidiosi, ma con la curiosità di una bambina – che mi appartiene ancora oggi – mi sono buttata a capofitto in un’avventura assolutamente nuova.

La moda, comunque, non le era indifferente…Penso agli impeccabili tailleur Armani che amava indossare, di cui peraltro parla nel suo libro. Come e quando è scoccata la scintilla con il pianeta dello stile?

È iniziata esattamente quando, negli anni Ottanta, mi è stata affidata la conduzione dell’edizione delle 13 del Tg. Volevo apparire come una giornalista seria e affidabile e niente come una giacca o un tailleur di Armani, simbolo indiscusso del power dress, avrebbero potuto darmi l’autorevolezza che cercavo. Devo confessare che dilapidavo fortune nelle sue boutique…

 

L’ immagine che Mariella Milani ha scelto per il suo profilo Instagram e per il podcast di “Fashion Confidential”

Il suo debutto come giornalista di moda e di costume risale agli anni ’90, l’epoca d’oro degli stilisti-superstar, del boom del Made in Italy e delle top model. Com’è stato immergersi in quel mondo ambitissimo dove il lusso, il sogno e la fantasia a briglia sciolta (basti pensare alle favolose creazioni di John Galliano per Dior Haute Couture) rappresentavano i vessilli supremi?

Non posso nascondere che all’inizio mi sentivo un’aliena catapultata in un universo sconosciuto. Mi chiedevo come avrei potuto catturare l’attenzione del pubblico del telegiornale, generalista per definizione… al professore universitario o alla “famosa” casalinga di Voghera non sarebbe certo importato nulla della lunghezza degli orli delle gonne ma, con ironia e un pizzico di irriverenza, sono riuscita a trovare il mio stile e il mio posto in quell’universo patinato e accattivante.

Quali eventi, personaggi o situazioni ricorda, di quel periodo, a titolo emblematico del suo splendore? Nel libro che ha scritto ne cita molti; ce ne menzioni qualcuno per chi non l’ha letto ancora.

Sicuramente la sfilata di John Galliano per Dior nel Foyer de l’Opera di Parigi nel 1998 è uno dei momenti più belli che ho vissuto nella moda. Eleganza e sontuosità senza eguali… e non a caso è anche uno dei prossimi racconti che farò nel Podcast di “Fashion Confidential”. Altra esperienza meravigliosa è stata la sfilata di Fendi sulla Grande Muraglia cinese nel 2007: ottanta metri di passerella per il primo – e unico credo – show visibile anche dalla Luna.

A proposito del suo libro, uscito di recente: “Fashion Confidential” ha come sottotitolo “Quello che nessuno vi ha mai raccontato sul mondo della moda”. Come è nata l’idea di esplorare un universo – che conosce ormai a menadito – da un’angolazione diversa, potremmo dire “da dietro le quinte”?

Per vocazione – e scelta – sono sempre stata una giornalista senza peli sulla lingua e il mio libro non poteva certo avere un approccio diverso… Volevo raccontare il mio punto di vista perché sono consapevole di aver vissuto anni che non torneranno più e se non avessi messo la mia esperienza nero su bianco, sarebbe andata perduta.

 

La copertina di “Fashion Confidential”, edito da Sperling & Kupfer

Pensa che il pianeta moda venga a tutt’ oggi mitizzato? E a suo parere, per quale motivo?

Assolutamente sì. La moda viene vista come un sogno, un mondo aspirazionale ma credo che questo succeda perché, in realtà, pochi sanno cosa ci sia davvero dietro le quinte. Non è tutto party e bling-bling, è prima di tutto un lavoro per milioni di persone e spesso ci si dimentica di questo aspetto.

L’ avvento del web, e soprattutto della pandemia di Covid, hanno stravolto radicalmente le coordinate del fashion system. Cosa ci aspetta in tal senso? La moda continuerà a mantenere il suo appeal o la digitalizzazione dilagante e le nuove priorità esistenziali lo ridimensioneranno definitivamente?

Panta rei, tutto scorre, diceva Eraclito… e, anche se gli anni che ho vissuto non torneranno , credo che nulla sia definitivo. Il mondo della moda è stato messo a dura prova negli ultimi anni e nell’ultimo periodo in particolar modo, ma spero – soprattutto per i giovani – che ci sarà un nuovo Rinascimento.

Nell’introduzione di “Fashion Confidential” scrive: “La vera moda è eccessiva, geniale, carismatica, ironica, sempre capace di reinventarsi, in bilico tra sogno e realtà”. Quali designer o Maison dell’era pre-pandemica assurgerebbe ad esempi di questa sua opinione?

Sicuramente Yves Saint Laurent, Valentino Garavani, Azzedine Alaïa, Cristobal Balenciaga, Rei Kawakubo… ma sono tanti per citarli tutti.

La sostenibilità e il concetto del “buy less, buy better” saranno i cardini della moda post-Covid?

Assolutamente sì, la sostenibilità è una priorità per la moda – e la società in generale. Non a caso ho dedicato a questo tema due capitoli del libro…

Cito ancora dal suo libro: “se sei una persona di valore ma non hai un potere reale o virtuale, hai poche speranze”, dichiara, rivolgendosi ai tanti giovani che vorrebbero dedicarsi alla comunicazione della moda. Eppure la moda è anche cultura, genialità creativa, fenomeno di costume, espressione. Privilegiare la visibilità a discapito del valore non rischia di relegarla allo stereotipo che la associa unicamente all’ apparenza, all’effimero?

Al di là di rischi e stereotipi, purtroppo questa è la realtà e non si può fingere di non vederla. Posso dire, però, che negli ultimi tempi si stanno riscoprendo il valore della qualità e della competenza e questo non può che essere un bene anche se, al primo posto, per emergere nella moda è fondamentale avere le relazioni giuste.

 

 

La moda è una geniale combinazione di arte e marketing. Oggi, tuttavia, i vari influencer hanno pressoché soppiantato la figura del giornalista, il web ha spodestato la carta stampata e molte riviste si vedono costrette a chiudere i battenti. Cosa pensa di questo fenomeno?

Analizzando il grande successo raggiunto, attraverso i social, da influencer e blogger – diventati i nuovi brand ambassador – ho riflettuto su una parola: democratizzazione. Credo siano da ritrovarsi in questo bisogno, che era evidentemente impellente, le ragioni un tale cambiamento. Il digitale è stato una sorta di “tana libera tutti” e l’informazione classica non ha tenuto il passo con l’evoluzione degli ultimi anni. È rimasta pressoché immobile, ancorata a un linguaggio e a strumenti quasi obsoleti e questo ha fatto sì che perdesse terreno.

Che consiglio darebbe a un giovane che sogna un futuro nel giornalismo di moda?

Spesso mi viene chiesto come poter fare il mio mestiere ma la verità è che nemmeno io so rispondere. È un lavoro che si è fortemente evoluto e, come dicevamo, il digitale ha avuto un impatto non indifferente. Sicuramente un’esperienza all’estero potrebbe essere molto utile per capire da che parte sta andando il mondo e cosa aspettarci dal futuro e soprattutto avere uno sguardo più cosmopolita.

Nel suo libro non risparmia critiche, sempre benevole e ironiche, al cosiddetto “circo della moda”. Lo definisce “un universo (…) popolato da designer spesso isterici e narcisisti, modelle dive o trattate come numeri, buyer considerati star, star, stylist, influencer, giornalisti, fotografi e PR (…) occupati in funamboliche capriole per dimostrare di essere il perno della giostra. Non è tutt’oro quel che luccica?

Ebbene no. È ora di sfatare questo mito. (sorride, ndr)

 

 

Tra pandemia, cambiamenti climatici e emergenza ambientale, si preannuncia un futuro contrassegnato dall’ incertezza. Crede che un nuovo Rinascimento sia possibile, che la moda possa tornare ai suoi proverbiali fasti, o vede più impellente un mutamento radicale del sistema?

L’ultimo capitolo del mio libro si chiama “Il sipario strappato”, dal famoso film di Hitchcock. Ho scelto questo titolo perché, anche se non c’è futuro senza passato, gli anni d’oro che ho vissuto non torneranno e siamo difronte a un momento di grande cambiamento. Concludo con la frase di un visionario come Steve Jobs: “think different”, perché penso che la moda debba davvero iniziare a pensare in modo diverso.

Vorrei concludere questa intervista con una riflessione. La moda è, da sempre, espressione dei tempi: lo stile hippie, ad esempio, incarnava la nascita di un mondo nuovo e di nuovi ideali. Oggi, l’attenzione dei giovani si concentra prevalentemente sul marchio e sui modelli di sneakers che è imprescindibile avere. Dove finisce la moda e dove comincia l’omologazione? Non a caso, lei ha concluso il suo libro citando appunto lo slogan “Think different” di Steve Jobs…

Senza sapere quale fosse l’ultima domanda l’ho preceduta… credo che l’omologazione sia una delle cause della disaffezione dei consumatori a cui la moda doveva far fronte anche prima che scoppiasse la pandemia. Finché l’imperativo sarà esclusivamente vendere, continuerà a esserci sicuramente più omologazione che moda.

 

 

 

 

“Le sorelle Chanel”: un libro per celebrare il 50esimo della morte di Mademoiselle

 

Il 10 Gennaio del 1971, a Parigi, moriva Coco Chanel. Il cinquantesimo della sua morte rappresenta un’ ulteriore occasione per celebrare una stilista che è già un’ indimenticata icona: senza dubbio, la più nota ed osannata couturière del panorama mondiale. Rivoluzionò il concetto di moda e di stile, impose una nuova femminilità, i capi che creò sono immortali. E, last but not least, fu uno dei primi esempi di “self-made woman”, tanto per usare un termine che con la sua vita calza a pennello: alle spalle non aveva una famiglia abbiente, ne’ dei prestigiosi studi nel settore. Eppure, il suo background fu altrettanto formativo delle migliori scuole. In questi giorni ce lo racconta un libro, “Le sorelle Chanel”, firmato dalla scrittrice statunitense Judithe Little e pubblicato dalla casa editrice Tre60. L’ ennesima biografia di Gabrielle Bonheur Chanel, vi state chiedendo? Niente affatto, o meglio: una biografia, certo, ma approfondita da un punto di vista sicuramente inedito. Judithe Little sceglie Antoinette (detta Ninette), la minore delle tre sorelle ChanelJulia-Berthe era la maggiore, Gabrielle la mezzana – per dar voce ad un racconto sincero e spassionato sul loro percorso esistenziale. Figlie di Henri-Albert Chanel, un venditore ambulante, e di Jeanne DeVolle, dopo la morte della madre le tre sorelle vengono affidate alle cure delle suore dell’ orfanatrofio di  Aubazine. Alphonse e Lucien, i due figli maschi di Henri-Albert e Jeanne, trovano invece rifugio presso una famiglia di agricoltori che aiutano nelle incombenze quotidiane. Per anni Julia-Berthe, Gabrielle e Antoinette vivono nella speranza che il padre le porti via dall’ orfanatrofio e le tenga con sè, finchè capiscono che ciò (nonostante le promesse iniziali) non avverrà mai. Continuano quindi a respirare le austere atmosfere del convento di Aubazine, dove le suore le abituano a una severa disciplina e sono obbligate ad indossare una spartana divisa. Non tutto, però, in quei luoghi è rigidità e rigore. Tanto per cominciare, le sorelle Chanel imparano a padroneggiare l’arte del cucito. Il monastero stesso, poi, si tramuta (soprattutto per Gabrielle) in una profonda fonte di ispirazione. Narra Antoinette all’ inizio del libro: ” Certi dettagli di Aubazine sarebbero rimasti con noi per sempre. Il bisogno d’ordine. L’ amore per la semplicità e il profumo di pulito. Uno spiccato senso del pudore. L’ attenzione per la cura artigianale, le cuciture impeccabili. La serenità del contrasto tra bianco e nero. Le stoffe ruvide, sgualcite, dei contadini e degli orfani. “…I rosari che cingono la vita delle suore, i mosaici intrisi di una simbologia mistica fatta di stelle e mezzelune, le vetrate istoriate, gli stessi spazi ampi, sgombri e desolanti del convento rappresentano dettagli che fomentano l’ immaginazione. Se di giorno è la disciplina ad imperare, di sera le sorelle – complici i libri e i magazine femminili – si abbandonano al sogno di un’ altra vita, dove l’eleganza, il lusso e il fascino sono i protagonisti principali. Ogni minima suggestione assorbita ad Aubazine entrerà a far parte dell’ archivio ispiratore della futura Maison Chanel, della sua iconografia, sia per quanto riguarda gli abiti che i bijoux. Quando a diciotto anni Gabrielle e Ninette lasciano il monastero, sono più determinate che mai: a Moulins lavorano e si perfezionano nel cucito, ma frequentano assiduamente anche i Café-Chantant (dove Gabrielle si esibisce come cantante per un periodo), a Vichy le si può incontrare nelle sontuose sale da concerto, ma è a Parigi che inizia la loro grande avventura. Coco Gabrielle viene così ribattezzata grazie al titolo di una delle sue canzoni, “Qui a vu Coco?” – inizia a creare cappelli nella Ville Lumière, e poco dopo (finanziata dal suo grande amore Boy Capel) apre la storica boutique di Rue Cambon 31. Ai cappelli, che riscuotono un successo incredibile perchè sono semplici pagliette ornate da fiori o piume, segue la creazione dei suoi capi di vestiario, innovativamente pratici e essenziali, e poco tempo dopo l’ apertura di boutique Chanel in esclusive località balneari quali Deauville e Biarritz. Ninette affianca la sorella costantemente, ma la Prima Guerra Mondiale segna un punto di svolta decisivo. Per Coco e Antoinette è una nuova lotta, ma stavolta mette in gioco la sopravvivenza, la realizzazione di sè e un’ inevitabile separazione. Il resto è storia: la Maison Chanel rimane un colosso della Couture, mentre per quanto concerne il rapporto tra le due sorelle vi rimando al libro senza fare spoiler. “Le sorelle Chanel” si accinge ad uscire in ben dieci paesi. E’ risaputo che Coco Chanel non amasse parlare della sua vita nè della sua famiglia, e che nel tempo si “costruì” un passato imbastito perlopiù sulla fantasia. Puntare su Antoinette come narratrice ha permesso a Judithe Little di rimuovere il velo della finzione per conoscere la verità così com’era, nuda e cruda. Ma le parole della minore delle sorelle Chanel non rivelano solo una realtà abilmente camuffata, bensì il grande dolore che sottostà a questa rielaborazione: il dolore dell’ abbandono, una ferita per sempre sanguinante nell’ esistenza di Coco/Gabrielle.

 

Foto di Coco Chanel via chariserin from Flickr, CC BY 2.0